dal sito www.gazzetta.it
SEGNA SEMPRE REBIC E IL MILAN VA. TORO, QUINTA SCONFITTA DI FILA
Il croato regala a Pioli il sesto posto in coabitazione con Verona e Parma. Per Longo secondo k.o. in due uscite. Esordio in Serie A per Gabbia
Se il Milan sarà quello visto con la Juve e il Toro quello dell'ultimo mese, si raccontavano i tifosi entrando allo stadio, difficilmente la partita resterà in bilico. Lo è stata, parzialmente, per una ventina di minuti della ripresa, quando i granata hanno preso metri al Diavolo, ma la realtà dei fatti dice che il Milan ha meritato questo successo, che avrebbe potuto essere ben più rotondo nel risultato. I rossoneri trovano tre punti vitali per restare aggrappati al treno dell'Europa League (la Champions dista sempre dieci lunghezze ed è meglio evitare di pensarci), mentre i granata inciampano nella quinta sconfitta di fila in campionato (più l'eliminazione in Coppa Italia, sempre a San Siro contro il Milan) e ora devono seriamente fare attenzione alle zone bollenti: il Genoa, terzultimo, è soltanto cinque punti più sotto. Pioli conferma il 4-2-3-1 delle ultime uscite, sistema che – come ha spiegato bene in vigilia – gli ha permesso una svolta non solo tattica, ma anche nell'approccio all'avversario. Il tecnico rossonero avrebbe voluto confermare in blocco l'undici che ha pareggiato con la Juve in Coppa Italia, ma il forfait dell'ultima ora di Calhanoglu (lesione muscolare che sarà valutata meglio nei prossimi giorni) lo ha costretto a un cambio nella zona nevralgica dell'attacco, dietro Ibrahimovic. E allora spazio a Paquetà, talento brasiliano ancora in attesa di esprimersi, che non partiva titolare da novembre. In casa granata Longo alla fine ha dovuto rinunciare a Verdi, alle prese con l'influenza da qualche giorno, mentre Edera – al debutto stagionale dal primo minuto - ha vinto il ballottaggio con Millico e si è piazzato accanto a Belotti dando forma a un 3-5-2 in cui i due attaccanti si sono parlati pochissimo. In difesa Bremer ha rilevato lo squalificato Izzo mentre in fascia si è rivisto titolare Ansaldi a due mesi dall'infortunio.
SPRINT - Il Milan ha iniziato la sfida come ormai sta diventando consuetudine: testa bassa, pressione alta, linee corte e avversario ingabbiato nella propria metà campo. L'unica differenza è stata nell'intensità, parzialmente calata rispetto alle esibizioni con Inter e Juve. Ma è stata comunque sufficiente, considerato l'approccio del Toro: leggero, svagato, non adeguato a un gruppo che, come ha ricordato bene l'allenatore, deve guardarsi seriamente le spalle. I granata hanno abbozzato qualche timida trama, ma si sono smarriti presto in mezzo a una selva di errori non solo sulla trequarti, ma anche in uscita. E lì sono stati dolori perché il tridente rossonero alle spalle di Ibra aspettava con ferocia. A dire la verità non è stata una prima frazione spumeggiante: sul taccuino resta un tiro di Ibra deviato quasi nella sua porta da Lyanco, un'ottima combinazione granata – l'unica dei primi 45 – Edera-De Silvestri-Berenguer, con lo spagnolo che spreca da posizione molto invitante, un sinistro di precisione di Paquetà che chiama alla deviazione complicata Sirigu, e infine il gol rossonero: Kessie e Castillejo portano via palla a Berenguer con molta decisione (cosa che porterà il Toro a protestare vivacemente con Fabbri), Paquetà lancia Castillejo, cross e l'ormai solito Rebic infila Sirigu. È il 25' e il Toro si sfalda ulteriormente, chiudendo il tempo in bambola pressoché totale, con errori imbarazzanti della linea difensiva. Nel Milan esce di scena Kjaer, infortunato, che viene rilevato da Gabbia (al debutto in campionato) e qui c'è un giallo: Musacchio, che si stava scaldando, non entra per un presunto problema a un polpaccio dell'ultimo secondo. E Pioli non la prende benissimo.
SECONDO TEMPO - Nella ripresa il Toro si è dato una registrata, non tanto tecnicamente (ancora parecchi gli errori), quanto nello spirito. E ha iniziato a rubare metri al Diavolo, soprattutto nei primi venti minuti, trovando varchi interessanti soprattutto a sinistra. Belotti, un fantasma nei primi 45, ha finalmente iniziato ad andare a prendersi palloni qualche metro più indietro, aprendo spazi e costringendo i rossoneri al fallo. Una discreta reazione rispetto al nulla quasi assoluto del primo tempo, ma non sufficiente a mandare davvero in apnea il Milan. Che per parecchi minuti ha smarrito certezze – un tasto su cui Pioli dovrà ancora lavorare parecchio – ma ha comunque avuto i palloni migliori per raddoppiare: uno con Ibra (piatto destro a pochi centimetri dal palo), due con Castillejo (la prima delle quali colossale) e una con Bonaventura. Longo a metà frazione ha tolto Edera per Zaza, ma il cambio non ha prodotto effetti. Serviva una scossa che non è arrivata, ma è una scossa che occorre a tutta la stagione, che così rischia di precipitare.
Marco Pasotto
dal sito www.milannews.it
LE PAGELLE - CASTILLEJO-REBIC, LA PREMIATA DITTA FUNZIONA. ROMAGNOLI "MATA" BELOTTI
G. Donnarumma 6: il Toro non calcia mai nello specchio della porta e lui si fa trovare pronto sulle palle alte scodellate dai granata in area di rigore. In sostanza, un lunedì sera da spettatore, che ogni tanto non guasta.
Calabria 6: Ansaldi non lo impensierisce mai, anche perché gioca con il destro orientato verso l’interno del campo. Attento in tutte le fasi della gara, anche quando Millico si sposta nella sua zona.
Kjaer 6,5: si mangia Edera in un sol boccone, senza soffrirlo in nessuna circostanza. Peccato per il guaio muscolare che lo manda ko nel finale di primo tempo. (dal 44’ Gabbia 6,5: esordio in Serie A con ottimo senso della posizione, belle letture in anticipo e anche qualche uscita palla tipica di chi è stato, come lui, un centrocampista centrale prima di passare in difesa. Può e deve essere una risorsa).
Romagnoli 7: vince il duello tra gli azzurri in discussione per l’europeo con Belotti, annullando il capitano del Torino. Infonde sicurezza anche a Gabbia e questo fa stare più tranquilla tutta la squadra.
Theo Hernandez 6: primo tempo ruspante, anche se meno del solito. Secondo più guardingo, con un ottimo recupero sul tentativo di break di Ola Aina nel finale di gara.
Kessie 6: si fa preferire a Rincon nel duello dei mastini in mezzo al campo. La sua fase di crescita si vede nella pulizia dei passaggi anche nel finale di partita, zona temporale nella quale – tradizionalmente – fa fatica.
Bennacer 6,5: ha personalità da vendere. I giovani da prendere sono gente come lui, che se avesse al fianco il Bakayoko dello scorso girone di ritorno, sarebbe ancora più forte. Si prende rischi anche quando il campo alle spalle non è coperto al massimo dai compagni, ma è in fiducia piena e si vede. E le cose gli riescono. Peccato per il giallo numero 11 in campionato.
Castillejo 7: serve a Rebic una palla al bacio, che il croato tramuta nel gol della vittoria. Non fa mancare mai il suo apporto in entrambe le fasi. Da matita rossa l’errore nella ripresa con cui non manda definitivamente in ghiaccio la partita.
Paquetà 5,5: altalenante, ma rimangono negli occhi il tiro che Sirigu gli toglie dalla porta e i tanti passaggi filtranti mal dosati che potevano portare i compagni ad arrivare soli davanti a Sirigu. (dal 68’ Bonaventura 6: gestione intelligente di alcuni palloni, soprattutto nel finale di gara quando non si fa tentare dal filtrante e tiene palla, abortendo sì il contropiede, ma facendo scorrere il tempo. Ha dato segnali positivi anche a livello fisico).
Rebic 7: è l’uomo in più di questa fase di stagione. Gol numero sei, ancora una volta decisivo. E arriva grazie ad un’entrata di prima su assist di Castillejo, che lo invita al rimorchio vincente. Nel secondo tempo cala un po’, ma corre come un matto su tutta la fascia mancina. (dall’87 Leao sv).
Ibrahimovic 6: forse meno incisivo di altre occasioni, ma è sempre e comunque il faro psicologico della squadra. Si divora il 2-0 nel secondo tempo e la curva lo incoraggia. Fa a sportellate con Nkoulou e vince quasi tutti i contrasti.
ALLENATORE:
Pioli 6: vittoria che porta il Milan al sesto posto, in un momento in cui la squadra sta un po’ perdendo i pezzi. Out Calhanoglu, Musacchio si chiama fuori per un fastidio al polpaccio e Kjaer è da valutare. Serviva vincere dopo la sconfitta nel derby e il pareggio amaro con la Juventus. Ma la sua squadra deve crescere nella fase di chiusura delle partite.
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