testo in parte tratto da "Almanacco Illustrato del Milan" - Ed. Panini Modena, 2005 Luigi Radice è il nuovo allenatore del Milan, ed il cambio in panchina non si rivelerà una scelta felice. Dopo anni viene acquistato uno straniero, lo scozzese Joseph "Joe" Jordan, un acquisto di ripiego, visto che era stato già acquistato il belga Ceulemans, il quale arrivò in Italia con la moglie, fece anche le visite mediche, ma ritornato in patria, rifiutò misteriosamente il trasferimento.
Lo scozzese, pur entrando ben presto nel cuore dei tifosi, dimostrando un'elevata professionalità e notevoli doti umane, mise a segno due sole reti in campionato. Si dice anche che fu un allenamento particolarmente duro di Radice nei suoi confronti a limitarne il rendimento in campo, causa anche una serie di infortuni dovuti proprio a quella circostanza. Arriva anche dall'Ascoli (per 1 miliardo e 320 milioni, cifra eccessiva per un giocatore della sua caratura tecnica) Adelio Moro. Esordisce in prima squadra un altro prodotto del vivaio, Giuseppe Incocciati. Il Milan affronta con entusiasmo la nuova stagione ma già in Coppa Italia si intravedono i segnali di un'annata negativa. Il 2-2 subito all'89' con l'Internazionale gli nega la qualificazione. In campionato la squadra non ha gioco e trova difficoltà a segnare (saranno appena 21 le reti in tutto il torneo). Radice si dimostra un "sergente di ferro" e non lega con i giocatori; viene esonerato dopo la sconfitta interna con l'Udinese. In tutto questo marasma, la società latita, perché Morazzoni non ha poteri decisionali e Colombo è divorato dai dubbi, "Ma come, un allenatore che ho scelto io non si è dimostrato all'altezza?"
La squadra è affidata ad Italo Galbiati (per un breve periodo affiancato anche da Francesco Zagatti), ma la reazione non c'è e il Milan sprofonda, quasi rassegnato. A Como (sconfitta per 2 a 0) c'è anche una pesante contestazione dei tifosi e Fulvio Collovati, divenuto, grazie a Radice capitano della squadra a scapito di Aldo Maldera, viene colpito alla testa da un sasso (il gesto costerà due giornate di squalifica di San Siro, cosicchè le gare interne con l'Ascoli, in cui Battistini sbaglia un calcio di rigore, e con la Roma, vengono disputate sul campo neutro di Verona) e qualcosa si rompe definitivamente. Baresi viene colpito da una lunga malattia causata da una misteriosa infezione e manca per quattro mesi, fatali per le sorti della stagione. Dopo l'allucinante sconfitta interna ad opera del Catanzaro allenato da Bruno Pace, Felice Colombo decide di vendere la società e si fa avanti Giuseppe Farina, ex presidente del Vicenza dei miracoli (quello di Paolo Rossi), che il 19 gennaio 1982 diventerà appunto presidente del Milan, ma il primo a non gradire è Gianni Rivera. Al posto di Vitali arriva Antonio Cardillo, uomo di fiducia del nuovo presidente. Il tardivo risveglio non da la salvezza ai rossoneri. Il Genoa sfugge alla retrocessione all'ultima giornata solo negli ultimi minuti della partita con il Napoli al San Paolo, grazie anche ad un incredibile "errore" del portiere partenopeo Luciano Castellini che si lascia sfuggire la palla dalle mani mandandola in angolo. Su susseguente corner, il genoano Faccenda mette in rete. A nulla vale la splendida vittoria in rimonta dei rossoneri a Cesena, seguiti da tantissimi tifosi (da 0-2 a 3 a 2), il Milan è condannato alla retrocessione, questa volta sul campo. La vittoria nella Mitropa Cup quattro giorni prima del nuovo declassamento è il segno di un destino decisamente contrario. A luglio la Nazionale vince il Mondiale spagnolo, il Milan è rappresentato da Franco Baresi (che però non disputa neanche un incontro) e da Fulvio Collovati, entrato in contrasto con la tifoseria rossonera, nel frattempo ceduto da Farina all'Internazionale per Pasinato, Canuti e Serena, ma questa è un'altra storia.
da E. Tosi – Forza Milan! – La storia del Milan ("Il decennio della Stella e il buio dei primi Anni Ottanta"), maggio 2005
Per la stagione 1981-82 viene ingaggiato come allenatore Gigi Radice, già giocatore del Milan negli anni '50 e '60; volti nuovi sono quelli del regista Adelio Moro, proveniente dall'Ascoli, e di Joe Jordan lo "Squalo", centravanti scozzese del Manchester United. Metà della stagione passa alla vana ricerca di un gioco, con incomprensioni tra un tecnico dai metodi alquanto ruvidi e giocatori con poco carattere. Purtroppo la retrocessione in B sembra aver deteriorato più del previsto l'ambiente milanista; la lunga indisponibilità di Franco Baresi per una rara malattia del sangue fa precipitare la situazione. La squadra non si schioda dal fondo classifica, i giocatori sono abulici e neppure le aperte contestazioni dei tifosi sembrano scuoterli; si prova di tutto, dal cambio di presidente (da Morazzoni a Giussy Farina in gennaio '82) e di allenatore (da Radice a Galbiati) a quello inconsueto del capitano (da Aldo Maldera a Fulvio Collovati). Tutto sembra inutile: nelle ultime cinque giornate, però, con 8 punti su 10 disponibili, il Milan tenta una disperata rimonta. AI fischio finale dell'ultima partita (vittoria dei nostri a Cesena per 3-2) la squadra è virtualmente salva, ma a Napoli si giocano ancora gli ultimi minuti di Napoli-Genoa; da un clamoroso errore del portiere partenopeo Castellini nasce il gol del pareggio genoano e, con questo, la nuova dolorosissima retrocessione, proprio nell'anno del trionfo della nostra Nazionale al Mondiale spagnolo. Ma pur nel momento più basso della sua storia, il Milan lancia un flebile segnale di sfida che quasi nessuno avverte: quattro giorni prima di Cesena, il 12 maggio 1982, a San Siro, superando 3-0 i cecoslovacchi del Vitkovice di Ostrava, vince la più antica (e, un tempo, più prestigiosa) coppa internazionale europea, la Mitropa Cup (o Coppa dell'Europa Centrale, dal tedesco "Mitteleuropa"). Anche dal baratro in cui è piombato, il Milan sembra voler ricordare che la sua radicata vocazione internazionale non verrà meno.
Stagione 1981-82, per la prima volta compare una scritta pubblicitaria sulla maglia del Milan.
Da sinistra in piedi: Mariconti (massaggiatore), Collovati, Baresi, Tassotti, Buriani, Piotti, Battistini, Mandressi, Jordan, Maldera III, Gambino, Ribolzi (massaggiatore). Seduti da sinistra: A. Moro, A. Minoia, Romano, Monti (medico sociale), Ferretti (allenatore in seconda), Radice (allenatore), Grandi (preparatore atletico), Novellino, Antonelli, Cuoghi.
Seduti in basso da sinistra: Incontri, Incocciati, Icardi, Cambiaghi, M. Gadda, Evani, Tumiatti, F. Galli, Perdetti, Donà (Archivio Magliarossonera.it) |
dal sito www.wikipedia.org
1981-82: LA NUOVA RETROCESSIONE E LA MITROPA CUP
Nel 1981 la società è ceduta a Giuseppe "Giussy" Farina (in carica dal 19/01/1982, in precedenza presidente del Vicenza). Nel 1981-82 retrocede nuovamente in Serie B, questa volta sul campo, a seguito di una stagione fallimentare (24 punti in 30 partite). Anche se all'ultima giornata la vittoria sul Cesena sembra aver momentaneamente risparmiato la nuova onta, in Napoli-Genoa, a cinque minuti dal termine, il portiere del Napoli, Luciano Castellini, commette un errore che regala al Genoa il calcio d'angolo da cui nasce il gol del 2-2, di Mario Faccenda, il quale sancisce, di fatto, la retrocessione del Milan. Questa seconda retrocessione in Serie B è l'unica sul campo in tutta la storia del Milan. A pesare sul rendimento negativo dei rossoneri fu anche l'assenza di Franco Baresi per quattro mesi, a causa di una malattia. In quel campionato molto deludente la squadra realizzò appena 21 reti in 30 partite, vincendo 7 partite, pareggiandone 10 e perdendone 13. Dei 10 pareggi 6 furono per 0-0, mentre delle 13 sconfitte 10 furono con un gol di scarto, e ben 6 per 1-0. Questa difficoltà nel trovare la via della rete fu dovuta anche alla cattiva stagione dello scozzese Joe Jordan, che realizzò solo 2 gol in 22 partite. L'acquisto di Jordan dal Manchester United fu perfezionato dopo un tentativo fallito di ingaggiare il brasiliano Zico, il quale, due anni dopo, sarebbe passato all'Udinese con ottimi risultati. Dopo la sconfitta interna contro l'Udinese (0-1), il 24 gennaio 1982 viene esonerato Luigi Radice e la squadra è affidata ad Italo Galbiati, il quale non riuscirà ad evitare la retrocessione. In quella stagione negativa il Milan fu sconfitto in entrambi i derby con l'Inter (0-1 e 1-2). Quattro giorni prima della retrocessione (il 12 maggio) la squadra vince la Mitropa Cup. La situazione di classifica, nelle posizioni di coda, prima dell'ultimo turno, era la seguente: Cagliari 24, Genoa 24, Bologna 23, Milan 22, Como 16, quest'ultimo già retrocesso. Le partite in programma erano: Ascoli-Bologna, Cagliari-Fiorentina, Cesena-Milan, Napoli-Genoa. Ad Ascoli il Bologna, dopo essere passato in vantaggio, fu rimontato e sconfitto 2-1, retrocedendo in B per la prima volta. A Cesena il Milan rimontò da 0-2 a 3-2, ben sapendo che se Cagliari e/o Genoa non avessero perso sarebbe retrocesso. A Napoli, dove il Genoa chiuse il primo tempo in vantaggio, il Napoli ribaltò il risultato nel corso del secondo tempo, portandosi sul 2-1, prima del 2-2 sopra descritto. A Cagliari, invece, la partita finì 0-0, con recriminazioni dei viola, in lotta con la Juventus per lo scudetto, per alcune discutibii decisioni arbitrali a loro sfavore.
I calciatori rossoneri scesi in campo a Cesena il 16 maggio 1982 erano: Piotti; Tassotti; Maldera; Battistini; Minoia; Baresi; Romano (87° Venturi); Novellino; Jordan; Evani (75° Moro); Antonelli. Da segnalare la presenza in organico di Fulvio Collovati (che non disputò quella partita) e Franco Baresi, campioni del mondo in Spagna circa due mesi dopo, di Mauro Tassotti ed Alberigo Evani, protagonisti dei successi del Milan negli anni a venire, di Aldo Maldera, campione d'italia con la Roma l'anno successivo, e di Francesco Romano, campione d'italia con il Napoli nel 1986-1987.
AVVENIMENTI
Il campionato precedente ai trionfali Mondiali di Spagna fu vinto sul filo di lana dai campioni uscenti della Juventus, giunti al secondo titolo consecutivo e, soprattutto, al traguardo del ventesimo scudetto: la Vecchia Signora diventò così la prima società italiana a poter cucire sulle maglie la seconda stella dorata. Il campionato ebbe però molte pretendenti, anche perché gli sponsor fecero la loro comparsa sulle maglie, e gli introiti vivacizzarono il calciomercato: in primis, sognava la Roma, uscita sconfitta e arrabbiata dalla corsa-scudetto dell'anno prima, ma anche l'ambizioso Napoli, il neopromosso Milan, con l'obiettivo di un'impresa storica (che riuscì, ma nella direzione opposta a quella voluta) e la Fiorentina, che vantava all'interno della rosa grandi nomi come Graziani e Cuccureddu, oltre al difensore emergente Pietro Vierchowod.
Il campionato partì il 13 settembre 1981 e la Juventus fece subito la voce grossa, battendo 6-1 il neopromosso Cesena e infilando sei vittorie di fila. Poi, l'imprevisto infortunio di Bettega rallentò la corsa dei piemontesi, che si lasciarono sorpassare dalla Roma e avvicinare dall'Inter: fu in questo frangente che la Fiorentina, nonostante il grave infortunio alla testa che aveva colpito Giancarlo Antognoni, approfittò della lotta serrata tra le tre rivali, scattò e vinse il platonico titolo di campione d'inverno il 17 gennaio 1982.
Alla diciottesima giornata, il 7 febbraio, la Fiorentina non andò oltre il pareggio ad Ascoli Piceno e si lasciò così agganciare dalla Juventus. Le squadre coabitarono per un mese, poi i bianconeri stroncarono a domicilio le ambizioni della Roma mentre la Fiorentina subì in extremis il pareggio dal Torino; anche dopo lo scontro diretto di Firenze, un solo punto divideva i torinesi dai viola. Toccò dunque alla Fiorentina saper approfittare del pareggio in Juventus-Ascoli per raggiungere i bianconeri in testa. La marcia delle due squadre fu uniforme ed entrambe arrivarono all'ultima giornata, il 16 maggio, a 44 punti: entrambe erano impegnate in trasferta, la Juventus a Catanzaro, la Fiorentina a Cagliari. Logico che prenda forma lo spettro dello spareggio-scudetto, anche perché le partite sembravano ferme sullo 0-0. A Cagliari la Fiorentina si vide annullata una rete per un dubbio fallo sul portiere intorno al quindicesimo del secondo tempo. Fu invece un rigore di Brady, alla sua ultima partita con la Juve, a premiare i bianconeri a un quarto d'ora dalla fine.
Il capocannoniere, per il secondo anno consecutivo, fu Roberto Pruzzo della Roma, che venne però clamorosamente escluso dalla lista dei convocati ai Mondiali di Bearzot, in favore di un Paolo Rossi che, causa squalifica, nel corso del campionato aveva giocato solamente tre partite con la maglia della Juve: anche se le proteste furono vibranti, i fatti daranno ragione al ct della Nazionale. Nomi importanti tra le retrocesse: oltre al Como, crollarono in Serie B dopo un'ultima giornata al cardiopalma il Milan, partito con grandi ambizioni ma incappato nella deludente stagione dell'attaccante scozzese Joe Jordan che segnò solo due reti in 22 partite (fu acquistato dopo non essere riusciti a prendere Zico), divenendo il principale protagonista in negativo dell'unica retrocessione sul campo della storia milanista, oltre alla lunga malattia di Franco Baresi, costretto a saltare 12 partite di campionato (dal 04/10/1981 contro la Juventus fino al 31/01/1982, quando rientrò contro la Fiorentina) e, per la prima volta nella sua storia, il Bologna, nonostante l'ottimo esordio in serie A di Roberto Mancini: Juventus e Inter rimasero le uniche due squadre ad aver partecipato a tutti i campionati di Serie A. La delusione fu bruciante per i rossoneri: salvi fino a cinque minuti dal termine, furono indirettamente condannati, oltre che dal discusso annullamento della rete della Fiorentina a Cagliari, anche da una papera di Luciano Castellini, portiere di un Napoli con un punto matematicamente sicuro dell'accesso in Europa, da cui scaturì un insperato pareggio dei genoani, che si salvarono così in extremis. E proprio da questo episodio, poi, nacque uno storico gemellaggio tra Napoli e Genoa. Anche il neopromosso Cesena conquistò un'altra stagione nella massima serie.
dal sito amarcordmilan.blog.lastampa.it
Gli anni del Piccolo Diavolo
1981-82: L'ANNUS HORRIBILIS
La stagione 1981-'82 la si può tranquillamente titolare come "l'annus horribilis per eccellenza della storia del Milan". Tornato in A dopo il declassamento a tavolino, il diavolo non ne imbroccò una, finì incredibilmente al terz'ultimo posto, tornando immediatamente in B. Le avvisaglie di un'annata negativa si percepirono sin dalla scelta del giocatore straniero. La società aveva puntato su alcuni nomi altisonanti: il brasiliano Zico, ad esempio, suggerito dal nuovo tecnico Radice, o il tedesco Rummenigge. Queste ipotesi furono presto accantonate. L'obiettivo divenne, quindi, il belga Ian Cuelemans che aveva ben figurato agli Europei del 1980. Sembrava tutto definito per l'acquisto ma, poco prima di siglare il contratto con il club rossonero, Cuelemans fu convinto . dalla mamma (già andò proprio così, stando alle cronache di quel tempo) a rifiutare l'ingaggio e restare in Belgio. Nel frattempo, tra i mugugni dei tifosi che assistevano al rafforzamento di tutte le altre squadre, il Milan spostò le strategie di mercato verso il calcio britannico.
Il nome che cominciò a circolare fu quello di Joe Jordan, centravanti della nazionale scozzese e del Manchester United che aveva affrontato i rossoneri nella finale di Coppa delle Coppe del 1973, risolta da un gol di Chiarugi. A suggerire Jordan alla dirigenza rossonera sarebbe stato il giornalista Tony Damascelli. Il bomber, nato a Carluke, giunse a Milano nel luglio del 1981, entrando subito nel cuore dei tifosi milanisti. Soprannominato "lo squalo", a causa della mancanza degli incisivi, persi in uno scontro di gioco, le sue prime parole in italiano furono chiare: "sono venuto per azzannare l'Inter". E l'inizio fu incoraggiante. In un derby di Coppa Italia, incornò in rete alle spalle di Bordon, con uno stacco da ariete di razza. In campionato, però, la musica cambiò presto. La prima parte stagionale fu di devastante inconcludenza. "Lo squalo non emerge" ebbe a sottolineare più volte l'indimenticabile Beppe Viola nei suoi servizi televisivi. Per vedere un gol di Jordan, i tifosi dovettero attendere l'inizio di novembre (Milan-Como 1-1), con la squadra già penultima in classifica dopo un avvio caratterizzato da una sconcertante anemia realizzativa (2 reti in otto giornate, tra cui un autogol) e di risultati (1 vittoria, 4 pareggi e 3 sconfitte).
Gli schemi di Radice penalizzavano il centravanti scozzese, spesso confinato in panchina. Né miglior rendimento ebbe l'altro nuovo acquisto, l'ex atalantino Adelio Moro, chiamato per illuminare il gioco e disperso nel generale disastro stagionale della squadra. A complicare le cose giunse anche l'infortunio di Franco Baresi. Il libero rossonero, già punto fermo della squadra, saltò gran parte della stagione e la sua assenza pesò, eccome. Di settimana in settimana aumentava lo sconcerto dei tifosi per un Milan troppo brutto per essere vero. Il fondo fu toccato il 22 novembre '81: ultimi in classifica dopo aver perso anche ad Ascoli. Inutile tirare in ballo la "dea bendata", che pure voltò spesso le spalle ai rossoneri in quel campionato. L'esonero di Radice (inizio gennaio '82) fu la logica conseguenza dopo aver raggranellato la miseria di 12 punti in 16 partite. "Non potendo esonerare tutti i giocatori, - affermò il vicepresidente Rivera - cambiamo allenatore". Lapalissiano. La squadra, penultima in classifica, fu affidata a Italo Galbiati, mentre Giuseppe Farina prendeva in mano la presidenza societaria. Contro la Juventus, campione d'Italia in carica, il Milan giocò per la prima volta in rispetto del suo blasone. E pazienza se alla fine fu sconfitta, maturata grazie ad uno scatenato (quanto sconosciuto) Beppe Galderisi che Trapattoni prelevò dalla squadra primavera impegnata al torneo di Viareggio. La partita vide il Milan capace di rimontare due volte la prima in classifica. La speranza di uscire dal vortice della zona retrocessione riapparve nitidamente.
Tra occasioni perdute e rigurgiti di assoluta inconsistenza, il diavolo a cinque giornate dalla fine del campionato era penultimo, staccato dalle altre pericolanti. Per salvarsi servivano uno scatto d'orgoglio e tanta fortuna. |
|
Quella che assistette i rossoneri a Marassi (Genoa-Milan 1-2, con gol capolavoro di Maldera) e in casa contro l'Avellino, dove la sforbiciata vincente dello stesso Maldera fece riaffiorare tra i tifosi, splendidi nel loro supporto ad una squadra sgangherata, concrete opportunità di salvare una stagione da incubo perenne. A tre giornate dal termine l'imperativo categorico era uno: vietato sbagliare. Tuttavia, due pareggi contro Cagliari e Torino trasformarono la situazione dei rossoneri da difficile a disperata.
Per salvarsi non sarebbe bastato vincere l'ultima partita di Cesena, occorreva la concomitanza di altri risultati. Il tuo futuro legato agli altri: a quel Milan toccò in sorte il destino degli sfigati e dei mediocri.
|
dal sito www.storiedicalcio.altervista.org
1981/82: E IL DIAVOLO TORNÒ IN PURGATORIO...
Trent'anni fa, al termine di una stagione clamorosamente negativa, il Milan retrocesse in B per la
seconda volta. Viaggio nell'annata 1981/82 del "Piccolo Diavolo" per capire i perché di quel tracollo
Trent'anni fa, il Milan retrocedeva per la seconda volta, al termine di un campionato incredibilmente negativo e dopo una sequela di errori che finirono per ricacciare il diavolo nel purgatorio della cadetteria, stavolta per demeriti calcistici. La disamina completa dell'annata 1981/82, l'Annus Horribilis nella storia della gloriosa società rossonera, non può non cominciare dalla metà di giugno del 1981.
Massimo Giacomini, dopo aver centrato la promozione in A, si dimetteva in aperta polemica con la dirigenza rossonera che già da alcuni mesi gli aveva preferito Gigi Radice, artefice di una strepitosa salvezza ottenuta con il Bologna. Walter Novellino, punto di forza di quel Milan, sentenziò: "Con un paio di acquisti mirati potremmo essere da scudetto". Tuttavia, le strategie societarie durante il mercato estivo furono all'insegna dell'improvvisazione e del piccolo cabotaggio.
Accantonata quasi subito l'idea Cruijff, dopo una comparsata dell'olandese al Mundialito '81, fallito un tentativo, quasi patetico, di ingaggiare Zico senza averne i fondi, saltato all'ultimo momento persino l'acquisto del belga Ceulemans, il Milan ripiegò sul centravanti scozzese Joe Jordan, giocatore non più giovane ma subito amato dai tifosi che gli riservarono una grande accoglienza al suo arrivo a Linate. L'altro rinforzo fu l'ex ascolano Adelio Moro, ritenuto il giocatore giusto per le geometrie di centrocampo.
I superstiziosi individuarono nella data del raduno precampionato (venerdì 17 luglio '81) il preludio ad un anno negativo. In effetti, dopo la prima fase di Coppa Italia, in molti se la presero con la dea bendata. Nel derby, decisivo per il passaggio del turno, un guizzo di Bergomi allo scadere sancì la qualificazione dell'Inter proprio a discapito dei rossoneri che con Novellino e un gran colpo di testa di Jordan avevano rimontato il gol di Altobelli.
Poi, fu campionato, cominciato con due pareggi senza gol, uno dei quali contro la quotata Fiorentina di De Sisti, regina del calciomercato. La fortuna strizzò l'occhio ai rossoneri al San Paolo, con un successo di misura, scaturito da un tiro senza pretese di Novellino deviato da Ferrario alle spalle di Castellini. Nelle successive sei partite, la squadra di Radice inserì la retromarcia, toccando il fondo della classifica.
Il ciclo terribile cominciò a San Siro contro la Juve, corsara grazie ad un gol di Virdis, proseguì nel derby (deciso da Oriali), si aggravò dopo la batosta di Catanzaro (3-0), il pareggio interno contro il modesto Como e la sconfitta di misura ad Ascoli. Il 22 novembre '81, il Milan era ultimo in classifica con la miseria di sei punti conquistati in nove giornate ed appena due gol all'attivo. Uno score terrificante, capace di smentire qualsiasi pronostico formulato ad inizio stagione.
In alcuni casi, la squadra di Radice disputò delle buone partite ma senza raccogliere punti. Fu così contro il Torino, al Comunale, dove un gol allo scadere di Dossena tolse ai rossoneri un punto meritato. Alla prima di ritorno, dopo la sconfitta casalinga ad opera dell'Udinese, il neo presidente Giuseppe Farina decise l'esonero di Gigi Radice. Al suo successore, Italo Galbiati, fu affidato il difficile progetto salvezza.
La scossa ci fu in termini di prestazioni ma non di punti, come nel caso delle trasferte con le prime della classifica, Fiorentina e Juventus. Il campo di Torino si rivelò stregato: una tripletta di un centravanti prelevato direttamente dal Torneo di Viareggio, Giuseppe Galderisi, piegò il Milan, capace per due volte di pareggiare con Collovati e Antonelli.
La speranza, riaffiorata battendo in casa il Bologna con i gol di Moro e Buriani, divenne illusione dopo il derby di ritorno e, soprattutto, al cospetto del Catanzaro, maramaldo a San Siro grazie ad un guizzo di Bivi sotto la Curva Sud. Il 21 marzo '82 fu la domenica della guerriglia scatenata da un gruppo di tifosi rossoneri dopo la disfatta di Como, contro l'ultima in classifica. Un sasso, lanciato dal settore occupato dai supporters milanisti, colpì al capo Fulvio Collovati, costretto ad abbandonare il campo. Nel dopopartita successe il finimondo.
La squadra, in una crisi senza fine, fu costretta a giocare sul neutro di Verona le partite contro Ascoli e Roma che portarono la miseria di un punto in classifica. Restavano le ultime cinque giornate per centrare la salvezza. La classifica era impietosa: Milan penultimo, a quattro lunghezze dal quartultimo posto. Per rimanere in A occorreva praticamente un'impresa.
L'ultimo tratto del campionato 81/82 mise in mostra, finalmente, un Milan all'altezza del suo blasone. A Genoa cominciò la riscossa contro una concorrente per la salvezza. Una prodezza di Maldera (gran gol con un pallonetto al volo) ed un rigore trasformato da Baresi rimontarono la rete rossoblù di Briaschi. Stessa musica contro l'Avellino, passato in vantaggio con Juary, raggiunto da Novellino e superato da una spettacolare rovesciata di Maldera, giocatore della provvidenza.
A Milanello tornò la fiducia. A tre giornate dalla fine, malgrado mesi di occasioni mancate e stomachevole pochezza, la squadra era ancora in linea di galleggiamento. A Cagliari, i rossoneri mancarono il tris di vittorie, facendosi raggiungere da Selvaggi dopo il vantaggio di Battistini. Contro il Torino dell'ex Giacomini occorreva vincere per non vedere il baratro da vicino. Più che una partita fu un assedio nell'area granata. Antonelli e Novellino ci provarono più volte, trovando sempre pronto l'estremo difensore Copparoni. Nel finale, Maldera sfiorò il terzo gol salvezza: il suo colpo di testa, a portiere battuto, si stampò sulla traversa. L'uscita dal campo fu a capo chino.
La situazione in classifica era disperata: Cagliari e Genoa 24, Bologna 23, Milan 22. Quattro squadre per due posti salvezza, con il Como già matematicamente retrocesso. I rossoneri, per restare in A, dovevano vincere a Cesena e sperare nelle sconfitte di almeno due squadre tra felsinei, sardi e genoani, avendo con le tre rivali una migliore classifica avulsa. Il 16 maggio '82 fu una domenica di passione, emozioni e colpi di scena a getto continuo. Al 63', dopo il raddoppio del cesenate Piraccini, l'elettroencefalogramma del Milan era piatto. Il gol di Jordan sembrò il canto del cigno di una squadra ormai spacciata.
Quando Francesco Romano indovinò l'incrocio dei pali, con un fendente dalla distanza, la speranza tornò a materializzarsi: 2-2. Con il Genoa sottò di un gol a Napoli ed il Bologna raggiunto dall'Ascoli, bastava segnare il terzo gol per conquistare una clamorosa salvezza. A 9' dal termine, Antonelli prese palla a centrocampo, superò come birilli tre difensori avversari e, quasi dal fondo, lasciò partire un diagonale che s'insaccò alle spalle di Recchi. Uno dei più bei gol della storia rossonera.
Dopo prodezze del genere, avendo rimontato due reti, la salvezza sembrò il giusto premio per un finale di campionato a buoni livelli. Ma la fortuna si voltò ancora una volta dall'altra parte. Al San Paolo, un errore di Castellini, definito "quel pasticciaccio brutto del portiere napoletano", regalò il corner che portò al pareggio del Genoa, firmato da Faccenda.
A Cesena la festa si trasformò in profonda delusione: al capolinea del campionato 81/82 giungeva un Milan nuovamente retrocesso in B.
L'inutile rimonta in terra romagnola sembrò come l'eroico tentativo di Giro Batol (il coraggioso tigrotto dello sceneggiato televisivo Sandokan) che nel tentativo di uccidere James Brooke, riesce a resistere ai rangers prima di cadere, esanime, ai piedi del Rajah bianco di Sarawak.
Le cause di una stagione così negativa furono individuate nell'attacco asfittico (peggio fece solo il Como), nel mancato adattamento di Jordan (appena due reti segnate), spesso relegato da Radice in panchina, nella perdita di capacità realizzativa di Antonelli, appena un anno prima capocannoniere in serie B, non tralasciando lo scarso rendimento di Moro, la brutta copia del giocatore ammirato ad Ascoli.
Per altri, la disfatta rossonera dipese dalla lunga assenza di Franco Baresi. Il libero milanista si sentì male ad inizio ottobre '81, prima del confronto d'andata contro la Juventus. Si parlò di pubalgia o strappo muscolare, altri ipotizzarono qualcosa di molto grave e in grado di porre fine alla sua carriera. Baresi perdeva peso a vista d'occhio e venne sottoposto ad una lunga serie di esami clinici che scongiurarono la presenza di malattie incurabili.
Il suo rientro in campo, tre mesi e mezzo dopo, diede una scossa positiva all'intero ambiente ma si rivelò tardivo. La squadra, nell'arco del campionato, aveva perso troppi punti che alla fine della stagione si rivelarono decisivi in chiave salvezza. Lo spogliatoio non riuscì o non volle metabolizzare i sistemi e gli schemi di gioco di Radice, allenatore tutt'altro che sprovveduto.
Parecchi anni dopo, Walter Novellino, nel corso di un'intervista per il programma Sfide, smentì la fama di sergente di ferro affibbiata al tecnico di Cesano Maderno, capace di vincere uno scudetto con il Torino (1976) e già insignito del prestigioso "Seminatore d'oro". Alcuni esperti di questioni rossonere definirono la retrocessione del maggio '82 come il punto d'uscita di un lungo periodo di crisi societaria, cominciato a metà degli anni settanta, mascherato dalla stella del 1979 e riesploso dopo il primo campionato di serie B.
Eppure, guardando i nomi in rosa, quel Milan avrebbe potuto disputare un campionato d'alta classifica, come pronosticato da Enzo Bearzot alla seconda giornata dopo aver visto i rossoneri all'opera contro la Fiorentina. L'undici base annoverava un portiere d'elevata affidabilità (Piotti), una linea difensiva composta da Tassotti, Maldera (abile anche in zona gol) e Collovati, non tralasciando Baresi, pur indisponibile per larghi tratti del campionato e mal rimpiazzato da Venturi.
Ed ancora, giovani di talento come Romano, Battistini, Evani ed Icardi; uno stantuffo come Buriani, non più ai livelli di qualche anno prima ma pur sempre affidabile; Moro, arrivato dopo aver disputato un'ottima stagione con l'Ascoli e Novellino, chiamato a confermare quanto di buono aveva fatto vedere l'anno precedente. In quanto all'attacco, poi rivelatosi il vero punto dolente di quella stagione, nomi come Joe Jordan (stagionato ma non ancora al tramonto) e Roberto Antonelli non consentivano sogni da primato ma neanche incubi come quelli vissuti dai rossoneri tra settembre '81 e maggio '82.
"Una retrocessione gratis dopo quella a pagamento", commentò sarcasticamente l'avvocato interista Prisco mentre la Juventus, proprio quel 16 maggio di trent'anni fa, festeggiava la conquista della seconda stella. L'unica nota positiva della stagione 81/82 furono i supporters rossoneri, rimasti sempre accanto alla squadra malgrado una mortificante mediocrità. "Oggi, i tifosi sono la parte più sana del Milan", commentò allora l'indimenticabile Beppe Viola. Aveva ragione.
|
|
dal sito www.amarcordmilan.blog.lastampa.it
MITROPA CUP, IL TROFEO FANTASMA DELLA BACHECA ROSSONERA
di Sergio Taccone
Quattro giorni prima di retrocedere in B, il Milan si aggiudicò la Mitropa Cup, denominazione britannica della Coppa dell'Europa Centrale. Un trofeo dal passato illustre. Si tratta infatti della più antica competizione calcistica europea per squadre di club, prima antesignana della Coppa dei Campioni, definitivamente cancellata nel 1992. Negli anni '30 il Bologna se la aggiudicò due volte, traguardo mancato, nella stesso decennio, da Inter e Lazio, battute in finale da Austria Vienna e Ferencvaros. Dalla fine degli anni '70, la Mitropa è riservata alle squadre vincitrici dei campionati di serie B in Austria, Ungheria, Italia, Jugoslavia e Cecoslovacchia.
Il diavolo aveva acquisito il diritto a partecipare all'edizione '81-'82 di questa coppa dopo aver vinto il campionato cadetto nella stagione precedente. Un diversivo internazionale in un'annata che avrebbe dovuto sancire il ritorno ad alti livelli del Milan dopo un anno di purgatorio. Il 20 ottobre del 1981 la squadra rossonera esordì contro i cecoslovacchi del Vitkovice, compagine di Ostrava, città che ospita un mausoleo con i resti di 317 italiani, prigionieri di guerra che qui furono sepolti tra il 1916 e il '18.
Un avvio sfortunato, nella settimana che precedeva il derby d'andata con l'Inter (perso di misura, gol di Oriali). Dopo il vantaggio di Antonelli, i padroni di casa impiegarono pochi minuti per pareggiare e al 90' fu il nazionale ceco Gajdusek a firmare su rigore il gol della vittoria. Poche settimane dopo, il Milan conquistò la prima vittoria a spese degli ungheresi dell'Haladas, piegati dalle reti di Collovati e Incocciati. |
Dopo aver pareggiato contro gli jugoslavi dell'Osijek (1-1, gol rossonero di Novellino), aver battuto l'Haladas in trasferta (Battistini) e l'Osjiek in casa (2-1, Antonelli e Baresi su rigore), la partita decisiva i rossoneri la giocarono il 12 maggio 1982, a San Siro, contro il Vitkovice.
Il calendario mise questo confronto quattro giorni prima dell'ultima giornata di campionato. Per il Milan, nella settimana che l'avrebbe portato a giocarsi la permanenza in serie A in quel di Cesena, si presentò l'opportunità di alzare al cielo una coppa europea. Ma occorreva vincere. All'arrivo a Milano, l'allenatore Dubai chiese delle foto di Gianni Rivera da giocatore. Il golden boy, nonostante si fosse ritirato da alcuni anni dall'attività agonistica, era ancora il campione italiano più popolare in Cecoslovacchia. Il tecnico rossonero, Italo Galbiati, tenne a riposo alcuni titolari in vista della trasferta decisiva di campionato. Spazio al giovane Cambiaghi e a Venturi. Dopo 12', l'arbitro Vlaijc assegnò un rigore ai rossoneri. Dal dischetto Baresi spiazzò il portiere avversario con un tiro forte e centrale.
La reazione avversaria fu spenta da un paio di parate di Piotti (giocatore rossonero tra i pochi a salvarsi nel naufragio collettivo di quella stagione) e, in avvio di ripresa, da un gran gol di Cambiaghi. Il 3-0 giunse ancora su rigore. I tifosi chiesero che a tirare il penalty fosse Jordan e furono accontentati. Lo squalo non fallì, realizzando dagli undici metri. Nei festeggiamenti del dopo partita un grido si alzò dagli spalti: "Resteremo in serie A". Per i giocatori del Vitkovice il ritorno a casa fu un'odissea: 28 ore di viaggio in autobus, da Milano ad Ostrava, con colazione e pranzo a sacco.
Come hanno giustamente scritto gli autori del sito http://www.mitropacup1982.com/, la conquista di quella coppa fu "l'unico sorriso di una triste stagione. Ci sono tifosi del Milan che, pur essendo all'epoca in età tale da ricordarsi, fanno finta di essersi dimenticati di quella stagione. Per fortuna ci sono tifosi veri che si ricordano anche degli anni bui e ne vanno fieri.". Questo blog sottoscrive queste parole, contribuendo a togliere il velo d'oblio fatto calare su quel periodo della storia del Milan. |
STAGIONE 1981-82 |
Ragione sociale |
Milan Associazione Calcio S.p.A. (A.C.M.) |
Luigi Radice,
allenatore rossonero
fino a gennaio 1982 |
|
Colori sociali |
Rosso e nero a strisce verticali |
Data di fondazione |
13 dicembre 1899 |
Sede |
Via Filippo Turati, 3 - MILANO
|
Centro Sportivo |
Milanello - Carbonolo di Carnago (VA)
|
AREA DIRETTIVA |
Presidente |
Gaetano Morazzoni fino al 18 gennaio 1982, poi Giuseppe Farina |
Vice-presidenti |
Angelo Colombo, Felice Colombo, Gianni Nardi, Renato Pigliasco, Gianni Rivera |
AREA TECNICA |
Direttore Sportivo |
Alessandro Vitali, poi Antonio Cardillo |
Allenatore |
Luigi Radice II fino a gennaio 1982, poi Italo Galbiati e Francesco Zagatti |
Allenatore in Seconda |
Mirko Ferretti |
Preparatore Atletico |
Aristide Facchini, Enzo Grandi |
Allenatore Primavera |
Italo Galbiati |
AREA SANITARIA |
Medico Sociale |
Giovanni Battista Monti |
Massaggiatore |
Paolo Mariconti, Ruggero Ribolzi |
SQUADRA |
Capitano |
Aldo Maldera III, poi Fulvio Collovati |
Sponsor |
Pooh Jeans |
Campo sportivo |
Stadio San Siro - MILANO |
Giocatori di partite ufficiali |
Roberto Antonelli, Franco Baresi II, Sergio Battistini, Ruben Buriani, Alberto Cambiaghi, Fulvio Collovati (cap.), Stefano Cuoghi, Dario Donà II, Alberico Evani, Massimo Gadda, Andrea Icardi, Giuseppe Incocciati, Joe Joseph Jordan, Aldo Maldera III (cap.), Roberto Mandressi, Alberto Minoia, Adelio Moro, Walter Alfredo Novellino I , Ottorino Piotti, Francesco Romano, Mauro Tassotti, Fabio Fabrizio Valente, Maurizio Venturi |
Palmares |
Mitropa Cup
La Squadra "Berretti" vince il 2° titolo di Campione d'Italia
La Squadra "Allievi Nazionali" vince il Trofeo "Grossi-Morera" under 18
La Squadra "Allievi Nazionali" vince il Trofeo "Città di Rovigo"
La Squadra "Esordienti" vince il 3° Memorial "Alvaro Gasparini"
La Squadra "Esordienti" vince il Trofeo "Virgilio Maroso"
La Squadra "Esordienti" vince il Torneo di Parma
Torneo "Juniores di Croix" under 19 |
|