dal sito amarcordmilan.blog.lastampa.it
MAGGIO '84, L'ULTIMA RETE ROSSONERA DI BLISSETT
Il "Paganini dei bidoni", il "Pelè all'incontrario", l'attaccante che sbagliava anche i gol più facili
Erano anni in cui il centro sportivo di Milanello veniva affittato per banchetti matrimoniali. Una scelta imposta da esigenze di cassa, con una squadra reduce dal secondo viaggio nel purgatorio della cadetteria, scaturito da una pesante bocciatura sul campo. Questo lo scenario che, nell'estate del 1983, portò in maglia rossonera Luther Loide Blissett, nato a Falmouth (Giamaica) ma di nazionalità inglese. Un giocatore passato alla storia come il "bidone milanista per eccellenza", l'attaccante capace di superare persino "lo sciagurato Egidio" in tema di errori e svarioni sottoporta. Giunse al Milan proveniente dal Watford di Elton John con cui aveva conquistato la palma di miglior goleador della First Division inglese.
A convincere il presidente Farina fu lo score di questo giocatore: 95 gol in 245 partite, con tanto di convocazione in nazionale inglese, uno dei primi "coloured" ad indossare la maglia bianca della Perfida Albione. E in nazionale firmò subito una tripletta (dicembre '82) contro il modesto Lussemburgo. Furono i primi ed ultimi gol con la maglia dell'Inghilterra.
Farina presentò Blissett come il punto di forza del neopromosso Milan, intenzionato a puntare alla zona Uefa. Le prime dichiarazioni del nuovo centravanti, furono un pieno di entusiasmo per i tifosi rossoneri. "Farò più gol di Platini - dichiarò alla Gazzetta - e diventerò l'idolo dei tifosi ispirandomi a Gianni Rivera.". E fu proprio l'ex golden boy, ad inizio stagione, a consegnarli la scarpa d'oro di miglior cannoniere del calcio inglese 82/83. Ma si trattava di affermazioni impalpabili come l'aria, inattendibili e mendaci come il calcio d'agosto. In un editoriale d'annata apparso su Forza Milan, l'autore si disse convinto che Blissett avesse risolto presto il problema del gol e quello dell'ambientamento. Auspicio rivelatosi fallimentare in ambedue le direzioni.
Il presidente milanista puntò anche sul belga Eric Gerets, un difensore stabilmente nel giro della nazionale del suo Paese, costretto a tornare in patria per una vicenda di partite truccate. L'avventura rossonera di Blissett durò una stagione. Mesi contrassegnati da prestazioni nettamente al di sotto delle aspettative, tra errori grossolani, sfottò dei tifosi avversari e disperazione di quelli rossoneri.
Eppure, l'esordio in campionato davanti al pubblico di San Siro fu incoraggiante: Luther segnò un gol al Verona nel 4-2 che permise al Milan di mettere in cassaforte il primo successo stagionale. In quella partita, Blissett si mosse con buona disinvoltura, palesando velocità ed imprevedibilità in zona gol e con una buona capacità nel gioco aereo.
Sempre a San Siro, contro la Lazio, andò in gol di testa anticipando Cacciatori, uscito dai pali in modo scriteriato. Dopo quel gol, seguì un digiuno di oltre due mesi prima della marcatura successiva di Blissett, durante un rocambolesco Milan-Udinese. Contro i friulani, per deviare la palla in rete di testa, l'anglo-giamaicano si schiantò sul palo della porta avversaria. Il 3-1 di Blissett, a 9' dal termine, sembrò chiudere la partita ma in quell'Udinese spiccava la stella di Artur Antunes Coimbra detto Zico. Il brasiliano, che due anni prima era stato in procinto di trasferirsi al Milan, accorciò le distanze e propiziò il pareggio di Causio per il 3-3 finale.
Il rendimento del numero nove rossonero nei primi mesi del 1984 fu da "simpatiche canaglie": errori grossolani in rapida sequenza e stop sbagliati da fare impallidire anche un attaccante del campionato di prima categoria. Bastava dargli la sfera e le risate erano assicurate. Blissett partiva in velocità, scartava un paio di avversari, poi s'incartava e scodellava il pallone oltre la tribuna. In una circostanza, a due passi dalla porta sguarnita, riuscì a metterla incredibilmente a lato. I tifosi del diavolo capirono il perché del soprannome di Luther, quel "Miss it" (sbaglialo) che indicava la sua principale caratteristica: fare cilecca anche nelle palle gol più facili.
Alcune voci, circolanti in quegli anni, associarono l'acquisto di Blissett ad un mero scambio di persona. In realtà, qualcuno aveva segnalato un attaccante di colore, John Barnes, che negli anni seguenti si sarebbe messo in evidenza con la maglia del Liverpool. Erano anni in cui Milanello veniva affittato, all'occasione, per ricevimenti matrimoniali, allo scopo di fare cassa.
Di quell'annata, Luther ricorda la fredda accoglienza di Milanello che, a suo dire, incise negativamente sulle sue prestazioni. Farina, avendo capito dopo alcuni mesi di campionato la bidonata subita, indicò in un giardiniere londinese la fonte del suggerimento decisivo per l'acquisto di Blissett. Il "bombardiere nero" s'incartava perennemente e Gianni Brera gli appioppò il nomignolo di "Callonissett". In una partita di Coppa Italia si avviò sul dischetto del rigore: corsa decisa e conclusione potente, con palla che superò . il terzo anello. I tifosi, letteralmente impietriti, dopo un istante di smarrimento, lasciarono partire un lungo applauso di incoraggiamento. Un gesto che, almeno allora, tracciava una netta differenza tra gli impietosi bauscia e gli affettuosi casciavit. Durante il derby di ritorno, Blissett divorò una ciclopica occasione da gol a porta spalancata. Un errore che rischiò di far venire l'ulcera a parecchi tifosi della Curva Sud. Contro la Fiorentina, su un lancio millimetrico, partì in velocità superando il pallone per poi stramazzare al suolo nella più comica delle cadute. Al futuro portiere milanista Giovanni Galli scappò quasi da ridere.
Il presidente rossonero scrisse persino una lettera a Blissett. "Caro Lutero, quando sbagli a due passi dalla porta mi sembra di sognare.". In quel periodo, il Milan vinceva un derby solo quando la santa pasqua cadeva di mercoledì. Se le statistiche prendessero a riferimento i gol mangiati, Blissett si troverebbe almeno nelle prime tre posizioni. Dopo il pari interno contro la Fiorentina, alla nona d'andata, Farina chiese chiarimenti a Castagner sul rendimento dell'attaccante. "Se è il caso, lo lasci in panchina", disse il presidente, sentendosi rispondere dal mister: "Abbiamo solo Luther come punta, quindi non ho scelta".
Solo su una cosa nessuno osò contraddire il centravanti rossonero: quando affermò che Franco Baresi sarebbe diventato la bandiera indiscussa del Milan. Almeno in quella occasione ebbe perfettamente ragione (ma era molto difficile sbagliare). La mediocrità fu il leit motiv della stagione di Blissett e di quel Milan, finale di campionato a parte. L'ex centravanti del Watford ebbe infatti uno scatto d'orgoglio mentre i rossoneri che stazionavano senza ambizioni a metà classifica, come lo studente che, raggiunta la sufficienza ed avendo completato le interrogazioni, si reca a scuola solo per riscaldare il banco.
Blissett fu decisivo al "Comunale" contro il Torino (golletto facile facile a porta vuota) e nell'incontro successivo, a San Siro, contro il Pisa (zampata vincente dopo un contrasto al limite dell'area toscana). Inoltre, diede un contributo notevole nella successiva vittoria, a Udine, che consentì al Milan di chiudere in bellezza la stagione del ritorno in A, seppure a 11 lunghezze di ritardo dalla Juventus campione d'Italia (la vittoria valeva 2 punti).
Luther fece peggio in Coppa Italia, dove segnò un solo gol, nella vittoriosa gara di ritorno degli ottavi di finale contro il L.R. Vicenza. Tornò mestamente al Watford mentre Farina si apprestava ad ingaggiare Mark Hateley e Ray Wilkins, coppia straniera finalmente all'altezza del blasone rossonero. La non esaltante carriera di Blissett si concluse nel 1993 con il Derry City. Eppure, ancora oggi, sono in tanti a ricordarsi di lui. In un sondaggio effettuato nel 2000, nella classifica dei bidoni, Blissett contese il primato a Pancev, il "ramarro interista" che riuscì persino a superare in broccaggine il Lutero di Falmouth.
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