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(foto "Guerin Sportivo", grazie a Guido Santini)




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(foto "Guerin Sportivo", grazie a Guido Santini)
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(foto "Guerin Sportivo", grazie a Guido Santini)



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Buticchi dittatore "Il Milan sono me!" sul "Guerin Sportivo" nr.33 di dicembre 1974



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(dalla "Gazzetta dello Sport")
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(dal "Guerin Sportivo", gennaio 1975)



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Buticchi si confessa, sul "Guerin Sportivo" nr.3 del 1975
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Milano grida "Giù le mani da Rivera"
sul "Guerin Sportivo" nr.17 del 1975



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Le ultime lettere di Gianni Rivera e lettera aperta a Buticchi sul "Guerin Sportivo" nr.18 del 1975



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"Chi c'è dietro Rivera", sul "Guerin Sportivo" nr.19 del 1975



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Buticchi: "Questo matrimonio
s'ha da rifare", sul "Guerin Sportivo"
nr.21 del 1975
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"Rivera da Sinatra, Giagnoni dallo psichiatra"
sul "Guerin Sportivo" nr.22 del 1975
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"Dicono che Buticchi...",
articolo di Rosanna Marani
sul "Guerin Sportivo" nr.32 del 1975



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"Perchè Buticchi non è più presidente del Milan" e lettera aperta a Gianni Rivera di Italo Cucci sul "Guerin Sportivo" nr.36 del 1975



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"E diranno che Buticchi ha salvato il Milan", sul "Guerin Sportivo" nr.37 del 1975
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Rivera si prepara al rientro nel Milan,
sul "Guerin Sportivo" nr.37 del 1975



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Intervista a Gustavo Giagnoni su "Gente", 1975



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Nella "guerra fredda" tra Buticchi ed il Golden Boy, il tecnico sardo si schierò dalla parte del presidente spezzino



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Via Piccolomini, presso San Siro, 1975
(per gentile concessione di Renato Orsingher)



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25 maggio 1975, Internazionale vs Milan 0-1,
contestazione dei tifosi rossoneri al presidente
Albino Buticchi per la lite con Gianni Rivera
(by Guido Santini)
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Un'immagine dei tifosi rossoneri schierati a favore di Rivera, 1974-75



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Gianni Rivera ai tempi della "guerra" con Buticchi e Giagnoni, stagione 1974-75



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Gianni Rivera con Padre Eligio
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Stagione 1974-75, ennesima sostituzione di Gianni Rivera
da parte di Gustavo Giagnoni




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(dalla "Gazzetta dello Sport" di aprile 1975,
per gentile concessione di Giorgio Brambilla)
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(da "TuttoSport" di aprile 1975,
per gentile concessione di Giorgio Brambilla)



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27 aprile 1975, Milan vs Cesena 3-0, insulti a Giagnoni e Buticchi e cori per Gianni Rivera
(da "La Stampa")



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(dalla "Gazzetta dello Sport" di aprile 1975,
per gentile concessione di Giorgio Brambilla)
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(dalla "Gazzetta dello Sport" del 1° maggio 1975)



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11 maggio 1975, Milan vs Lazio 1-1,
Gianni Rivera riceve fiori dai tifosi
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11 maggio 1975, Milan vs Lazio 1-1,
Gianni Rivera riceve fiori dai tifosi rossoneri,
che contestano Albino Buticchi
(da "L'Unità")



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(dal "Corriere Sportivo" del 14 maggio 1975,
per gentile concessione di Giorgio Brambilla)



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(dalla "Gazzetta dello Sport" di maggio 1975, per gentile concessione di Giorgio Brambilla)




Articoli de "L'Unità" sul duello Buticchi - Rivera
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Articolo del 22 aprile 1975
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Articolo del 23 aprile 1975
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Articolo del 24 aprile 1975
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Articolo del 25 aprile 1975
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Articolo del 30 aprile 1975
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Articolo del 1° maggio 1975
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Articolo del 3 maggio 1975
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Articolo del 6 maggio 1975
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Articolo del 7 maggio 1975
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Articolo del 10 maggio 1975
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Articolo dell'11 maggio 1975
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Articolo del 13 maggio 1975
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Articolo del 14 maggio 1975
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Articolo del 16 maggio 1975
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Articolo del 17 maggio 1975




da A.C.MILAN - INFERNO E PARADISO DEL "DIAVOLO"

di Giorgio Mottana
pp.7-86, Tabelle riassuntive, pp.87-96, Firenze, Edi Grafica, 1977

"..Le cose andarono così. Sabato 19 aprile 1975 in tribuna, all'Olimpico, prima di Italia-Polonia, parlando con due giornalisti, al presidente del Milan scappò detto che Rivera avrebbe potuto essere scambiato a fine campionato con Claudio Sala..Da Torino Pianelli si fece sentire sardonicamente: 'Prendere Rivera? Non faccio mica l'antiquario!'. Rivera si adontò: si sentiva tradito dalla società e soprattutto si sentiva messo alla berlina. Come immediata reazione lasciò l'allenamento e corse a rifugiarsi a Cozzo Lomellina, nel castello di padre Eligio, suo consigliere personale. Come si rifece vivo, si presentò al Consiglio d'Amministrazione del Milan: contestava la gaffe del presidente ed esprimeva pareri personali sulla conduzione tecnica della squadra. I suoi pareri erano a sfavore di Giagnoni. Stranamente, parve finire a tarallucci e vino..Il giorno dopo, quando il giocatore si ripresentò agli allenamenti, Giagnoni spedì Rivera ad allenarsi coi ragazzi e lo informò che la domenica successiva (aveva piantato in asso la squadra) sarebbe stato escluso dalla stessa. Reagì anche Buticchi annunciando che era pronto a cedere il pacchetto di maggioranza delle azioni del Milan. Come Rivera fece sapere, in un comunicato, che accettava la sfida e che era disposto a rilevare il Milan, Buticchi confermò però che l'operazione era possibile a patto che il Consiglio d'Amministrazione l'avesse avallata. Il Consiglio si sarebbe riunito lunedì 12 maggio..
Ben sei ore durano i lavori e alla fine viene emesso un comunicato in cui si avverte che Buticchi non è più disposto a vendere. Quanto a Rivera, il Consiglio lo deplora..Allora Rivera annuncia a sua volta che si ritira, che smette di giocare..Buticchi si sente stremato, ha i nervi rotti, la fa breve: il Milan è di Rivera se gli fa avere due miliardi in tempo brevissimo..Il Milan passa a Rivera.
Con quali soldi Rivera aveva pensato di far fronte a questa impresa? Non certo i suoi, perché non ne aveva. Glieli prestò un giovane personaggio della nuova borghesia arricchita, tale Ambrosio. Che mire aveva Rivera?..Rivera pensava a un Milan senza più mecenati, a un'organizzazione societaria impostata su una FINANZIARIA APERTA ANCHE ALL'AZIONARIATO POPOLARE, un'utopia ispirata verosimilmente dai consigli di padre Eligio..Venne il momento che Ambrosio, viste sfumare le sue ambizioni, rivolle indietro i quattrini e Rivera si trovò nei guai più grossi della sua vita..Intanto, contemporaneamente a Buticchi, se n'era andato Giagnoni, per evidente incompatibilità con la nuova situazione.. Presidente provvisorio della società era diventato nel frattempo l'ing.Pardi, un consigliere anziano..Allenatore unico ridiventa nel frattempo Trapattoni, con Nereo Rocco richiamato da Trieste in qualità di supervisore..Rivera trovò finalmente il finanziatore in grado di rilevare il pacchetto di maggioranza e lo trovò in un anziano industriale di tubi, Vittorio Duina. Questi, con uno staff di sua scelta e insieme col D.S. Vitali (che aveva avuto e aveva screzi con Rocco) pose le basi per il Milan 1976-77. Questo Milan comportava l'ingaggio d'un allenatore giovane, Pippo Marchioro e nuovi orientamenti tecnici, che escludevano in pratica Rocco..Per giunta il Milan e Marchioro ebbero alle spalle un presidente come Duina che parlava troppo e a sproposito. Celebri divennero alcune sue frasi: 'Che schifo!' il suo commento dopo una partita positiva almeno nel risultato; 'Scemo e bidone!' gridato dalla tribuna a Bologna all'indirizzo di Capello, cui poi andò a chiedere scusa; l'accusa prima generica e poi particolareggiata ai 'parassiti' e ai 'brocchi' che il Milan aveva in squadra; l'accusa a Marchioro di non prendere provvedimenti.. Intanto il Milan scivolava al limite della zona retrocessione..
[L'ultima giornata, ndc] Al Milan, favorito da una migliore differenza reti nei confronti della Sampdoria, sarebbe bastato un pari a Cesena. Vinse invece 2- 0, con due gol di Rivera.
Intanto Duina cedeva le sue azioni a Felice Colombo, 40 anni, industriale brianzolo di Bellusco, un paese vicino a Monza.Il secondo passo fu l'assunzione di Nils Liedholm, 55 anni, rilevato dalla Roma, come nuovo allenatore, con Rocco in veste di direttore tecnico.
Il terzo passo, la decisione di Rivera di continuare a giocare nonostante i suoi trentaquattro anni.
Il traguardo (più o meno vicino): la 'stella' del sospirato decimo scudetto.": pp.77-86.



da milan blog club

RIVERA CEDIBILE E SCOPPIÒ IL CAOS
Pubblicato 8 febbraio 2011 - by Sertac

Aprile 1975, clamorosa indiscrezione: il numero 10 al Torino in cambio di Claudio Sala. Fu l’inizio della guerra tra il fuoriclasse rossonero e il presidente Buticchi.
Nell’aprile del ’75, ormai fuori dal novero delle pretendenti allo scudetto, il Milan fu dilaniato dallo scontro (fu vera guerra) tra il presidente Albino Buticchi e Gianni Rivera, la bandiera rossonera, l’idolo incontrastato della stragrande maggioranza dei tifosi milanisti. Tutto partì da un’intervista, pubblicata dal Corriere della Sera, in cui il presidente si disse possibilista su uno scambio di mercato che avrebbe portato Rivera al Torino in cambio del ventottenne Claudio Sala, aggiungendo: “Naturalmente, con il consenso dell’ interessato”.
Manni, general manager dell'Inter, si fece subito avanti: “Noi ci stiamo a comperarlo. Bisognerà prima chiedere un parere al nostro tecnico”. I vertici societari milanisti diedero l’impressione di volersi sbarazzare del capitano il quale opponeva un aut-aut: rimanere in rossonero oppure chiudere col calcio. La squadra era affidata a Gustavo Giagnoni che non si sbilanciò ma non sembrò contrario all’ipotesi cessione.
Buticchi si soffermò, inoltre, su altre operazioni di mercato, mirate a costruire un Milan da scudetto per la stagione 75/76. Gli obiettivi dichiarati erano il viola Antognoni e l’attaccante Francesco Graziani. Dopo il ritiro di Schnellinger, il Milan era tornato ad essere interamente italiano. L’acquisto più importante, nel mercato dell’estate ’74, fu il portiere Albertosi, vicecampione del mondo nel 1970 e guardiapali del Cagliari che conquistò lo scudetto nello stesso anno.
Le dichiarazioni del presidente Buticchi scatenarono l’ira dei tifosi: “Rivera non si tocca”. La società, tuttavia, tirò dritto, incurante dei segnali che arrivavano dalla tifoseria, sempre più sul piede di guerra. Ad aumentare la polemica, contribuì anche il botta e risposta tra il presidente granata Pianelli e Rivera. Il massimo dirigente del Toro, al quotidiano La Stampa, affermò: “Rivera al Toro? Non faccio l’antiquario”. La replica del Golden Boy non tardò ad arrivare: “Pianelli non potrebbe esercitare la professione di antiquario perché per farlo occorrono cultura, intelligenza e buon gusto”.
Il presidente del Milan, legato da un rapporto di amicizia con il patron granata, si disse pronto a prendere provvedimenti contro il suo numero dieci. Intanto, dopo un’ottima prestazione contro la Lazio, Rivera veniva messo fuori rosa. L’incompatibilità con Giagnoni era arrivata al punto di non ritorno. L’ allenatore sardo non era tipo da dimenticare facilmente le offese. In barba ai comunicati rassicuranti, usciti dal quartier generale milanista, era chiaro che il fuoco covava sotto la brace. “Rivera non può permettersi anche il lusso di replicare ad una frase scherzosa di Pianelli con una battuta offensiva”, aggiunse Giagnoni.
Il capitano rossonero, sulla sua paventata cessione, fu esplicito: “Dopo tanti anni col Milan, mi sembrava naturale che la società, se fosse entrata nell'idea di cedermi, mi avrebbe dovuto comunicare la notizia personalmente e non attraverso i giornali. Ecco perché mi sono offeso per quanto avevo letto disertando cosi gli allenamenti. Dovevo prendere una decisione importante come uomo e come calciatore, anche quella, forse, di lasciare per sempre il calcio”.
Da Appiano Gentile, rimbombarono le affermazioni dell’interista Suarez, rimasto sorpreso dalle affermazioni di Buticchi circa la possibile cessione di Rivera: “Queste parole – commentò Luisito – suonano come prova di sfiducia nei confronti del capitano rossonero. In passato, simile possibilità non sarebbe stata neppure sfiorata”.
Il durissimo scontro tra Buticchi e Rivera era appena alle battute iniziali. A fine aprile, durante una clamorosa conferenza stampa a Milanello, Gianni Rivera chiese il ritorno di Nereo Rocco e l’allontanamento di Buticchi e Giagnoni. Si parlò anche di una finanziaria disposta a spendere due miliardi (cifra indicata dal presidente per la cessione del 65% del pacchetto azionario) per rilevare il Milan.
Contestato senza sosta dai tifosi, in rotta di collisione persino con il general manager Sandro Vitali, il presidente era sempre più intenzionato a lasciare, spiazzato dalle pieghe che aveva preso la situazione. “Se Buticchi non cede, me ne andrò io”, aggiunse Rivera, consapevole che l’azionista di maggioranza non sarebbe resistito alle pressioni della tifoseria.
La stagione si concluse con il quinto posto dei rossoneri, utile per l’accesso in Coppa Uefa. Andò male, invece, la finale di Coppa Italia. Privo di Rivera, il Milan fu sconfitto 3-2 dalla Fiorentina. Era il 28 giugno ‘75. Giagnoni, confermato per la stagione successiva, venne esonerato nel settembre dello stesso anno, non riuscendo a cominciare il campionato.
Tre anni dopo, nel corso di un’intervista, Giagnoni ricordò la sua breve avventura rossonera. “Stavo lavorando bene, poi dovetti andarmene”. Immancabile la domanda su Rivera. “Credeva che fosse un giocatore finito invece gioca ancora e bene”, gli chiese il giornalista, alla vigilia della stagione 78/79 (l’ intervista fu pubblicata dalla Gazzetta dello Sport Illustrata). Secca la risposta di Giagnoni. “Per voi Rivera gioca sempre ad ottimi livelli, lo fate sempre più bravo di quello che è. Tuttavia, non l’ho mai definito un giocatore finito. Per me, non è più esistito come giocatore quando non si è presentato agli allenamenti. Ma non ho mai sobillato Buticchi contro di lui. Rivera disse che io non andavo bene per il Milan: in realtà, non andavo bene a lui. Come Trapattoni. E la Juventus lo sta ancora ringraziando”.
Lo scontro Buticchi-Rivera, conclusosi con la resa del presidente, per molti conoscitori di vicende rossonere fu l’inizio di una lunga crisi societaria che avrebbe portato la squadra, dopo la conquista della Stella, alla doppia discesa nel purgatorio della cadetteria. Un’onta che fu preceduta da una serie di gestioni all’insegna del pressapochismo e dell’improvvisazione, con alcuni personaggi piuttosto “chiacchierati” che finirono per peggiorare le cose.
Esistono pagine di mirabile giornalismo che spiegano, con ampi e dettagliati riferimenti, il regresso dirigenziale rossonero iniziato nel ’75 e che registrò il punto più negativo nel 1982. “Le vicende societarie rossonere – commentò Beppe Viola poche settimane dopo la seconda retrocessione in B del Milan – oscillano tra un film western mediocre ed una farsa di bassissimo profilo”.
Accostare la carriera di Rivera da dirigente milanista a quella dell’immenso campione ammirato con la maglia rossonera negli 60 e 70? Impossibile! Sarebbe come mettere insieme i brani dei Ricchi e Poveri con quelli dei Pink Floyd e sostenere che siano la stessa cosa.