< STAGIONE 2013-14
 






dal sito www.ilsecoloxix.it
27 aprile 2014

È MORTO VUJADIN BOSKOV
GENOVA - È morto Vujadin Boskov, storico allenatore della Sampdoria: da tempo malato, avrebbe compiuto 83 anni il prossimo 16 maggio.
Nato nel 1931 a Begec, villaggio a 15 chilometri da Novi Sad in Voivodina (in Serbia), Boskov prima che grande allenatore è stato un calciatore: ha trascorso quasi tutta la carriera (dal 1946 al 1960) nel Vojvodina di Novi Sad (185 presenze e 15 gol) non raccogliendo grandi vittorie, ma solo perché i tornei jugoslavi in quegli anni erano a esclusivo appannaggio delle “grandi” Stella Rossa, Partizan e Hajduk. Complessivamente disputa anche 57 incontri con la Nazionale jugoslava nei ruoli di mediano o mezzala, disputando un’Olimpiade e due Mondiali. Nel 1953, a 22 anni, era stato convocato dalla Fifa nella formazione del Resto d’Europa per una gara da disputare a Wembley contro l’Inghilterra: l’incontro si chiuse 4-4.
A 30 anni, nel 1961, inizia il suo rapporto d’amore con la Sampdoria: è la società blucerchiata che lo ingaggia prima come calciatore nella stagione 1961-1962. Non è un successone, perché il serbo in quel periodo non è al meglio dal punto di vista fisico (13 presenze, 1 gol). Dal 1962 al 1964 gioca quindi in Svizzera, negli Young Boys, di cui diviene successivamente allenatore. Ed è appunto come allenatore, dal 1963 al 2001, che Boskov scrive le pagine del suo mito per i successi in campo. ma anche per le celebri massime e per i tantissimi talenti lanciati.
Allena la “sua” Fk Vojvodina, la nazionale jugoslava, il Den Haag e il Feyenoord nei Paesi Bassi, Real Zaragoza, Real Madrid (conquistando una finale di Coppa dei Campioni, un campionato e due Coppe di Spagna) e Sporting Gijon in Spagna, quindi in Italia l’Ascoli, la Sampdoria, la Roma, il Napoli e il Perugia.
Nel nostro paese, però, la gloria è legata soprattutto allo storico scudetto conquistato con la Sampdoria, l’unico della storia blucerchiata, nel 1991. E alla finale di Wembley di Coppa dei Campioni (1992), persa contro il Barcellona per il gol su punizione di Ronald Koeman. Era la Sampdoria di Paolo Mantovani che con l’ingaggio di uno «zingaro della panchina» (definizione bonaria del serbo) iniziò un ciclo di vittorie e di simpatia. Coppe vinte e perse, scudetti vinti e sfiorati. La premiata ditta Boskov puntava sui gemelli del gol, Vialli e Mancini, ma era basata su una squadra irripetibile, leggendaria: Vierchowod e Lombardo, Pari e Dossena, Cerezo e Mannini. Un gruppo allegro e affiatatissimo dentro e fuori dal rettangolo verde che aveva in Boskov la guida e il collante, il maestro e il regista.
L’astuto Boskov dirà: «Nella mia vita ho vinto, ma lo scudetto con la Samp è il più bello e più dolce. Perché l’ho conquistato nel campionato più difficile ed equilibrato del mondo e perché era il primo per una società che doveva ancora compiere mezzo secolo di vita. È un po’ come quando ti nasce il primo figlio: gioia e allegria sono maggiori». Quando allenava la Samp, c’era chi diceva: la formazione la decidono Vialli e Mancini. Risposta di Boskov: «Questi discorsi non mi facevano né caldo né freddo. L’ unica cosa che mi dà fastidio è la sconfitta».