< STAGIONE 2011-12
 





Articolo di Corrado Izzo
22 maggio 2012


Caro Pippo,
ho seguito la tua carriera fin dagli albori.
Nel 1993 guardavo il lunedì pomeriggio la trasmissione A tutta B, condotta da Gianni Vasino, tu giocavi nel Verona e cominciavi a fare gol con una certa frequenza.
Devo premetterti una cosa: all’inizio non mi eri simpatico, anzi per dirtela tutta mi stavi sui marroni.
Quella faccia da furbetto, quel modo di stare sempre sulla linea del fuorigioco, avevo la sensazione che tu fossi un rapinatore senza grandi mezzi tecnici, adatto alla serie B, ma nulla di più.
Infatti dopo qualche altalena tra A e B, fosti dirottato a Bergamo. Il mio rapporto conflittuale nei tuoi confronti cominciò in un pomeriggio d’autunno del 1996, si giocava Milan-Atalanta a San Siro.
Era il Milan effimero di Tabarez, che di lì a poco si sarebbe miseramente sciolto come neve al sole. Dopo una ventina di minuti ricevesti palla da Gigi Lentini (ex cuore rossonero) sul lato sinistro dell’area di rigore, finta secca a rientrare su Billy (lo stopper della nazionale, mica l’ultimo arrivato) e botta di destro sotto la traversa, ad annichilire il prode Sebastiano, recordman di imbattibilità del calcio italiano. Il tutto servito sotto la curva Sud. Gelo a San Siro.
In quella partita poi ti facesti espellere per un brutto intervento in ritardo su Costacurta. “Guarda questo – pensavo –non solo ci fa gol ma gioca anche scorretto”. Sembrava avessi qualcosa di personale contro di noi. L’anno dopo passasti alla Juve e fu peggio che andar di notte. Col mio ricordo saltiamo alle brume di una serata invernale, a San Siro andava in scena Milan-Juventus.
Il Milan targato Capello seconda edizione cercava faticosamente di venir fuori dalle secche di un brutto inizio di stagione. Pronti via, e sugli sviluppi di un corner Ferrara fa autogol, 1-0 per noi. Poi si infortuna Nick Amoruso ed entri tu. “ Maledizione ancora lui. Qua finisce che questo ci fa ancora gol” – Il mio è un sinistro presagio. Detto fatto.
Su un pallone innocuo Carneade Taibi , in netto vantaggio su di te, si avventura in una improbabile battuta di dribbling. Forse non ti ha studiato bene, forse non sa che certe giocate irridenti non funzionano con Superpippo, che ingoia la nocciolina magica e ti frega. Gli rubi palla con una facilità impressionante, per poi depositarla in rete. Ancora sotto la Sud. Perdonami Pippo, non sai quella sera quante ne ho dette, a te e al povero Taibi. Dopo alcune buone partite quel Milan si sbriciolò in primavera. Nella gara di ritorno giocata a fine marzo a Torino, tu e Alex Del Piero scherzaste contro ciò che rimaneva dell’Invincibile Armata di Capello.
Due gol a testa e finì 4-1, e ci andò anche bene. Il Castigo di Dio si abbatteva su di noi ogni volta che vedevi davanti a te maglie rossonere, fossero partite di Campionato, di Coppa Italia o il Trofeo Berlusconi. La prima volta che ti vidi giocare dal vivo fu a Napoli, mi regalarono un biglietto per assistere a Napoli-Juve di Coppa Italia, in una fredda serata di mezzo inverno. Dopo mezzora di sbadigli, su una palla vagante in area, ti materializzasti come un fantasma nella nebbia. Gol, 1-0.
“ Ma come fa questo qui, ti sbuca alle spalle dal nulla, e quando ti accorgi di lui, è già tardi.” Confesso che cominciavi a stizzirmi. Per la cronaca la Juventus vinse 3-1 a Napoli.
L’avversione che provavo nei tuoi riguardi veniva comprensibilmente mitigata nelle occasioni in cui ti vedevo con la maglia azzurra della nazionale. Nell’Europeo bello e sfortunato del 2000, ricordo ad esempio un tuo gol alla Romania e alcune buone prestazioni.
Insomma lì ho fatto anche il tifo per te, ma con moderazione. L’ultima me la combinasti in una notte di Febbraio del 2001. Juventus-Milan a Torino, pronostico chiuso per la truppa di Zaccheroni, quella Juve era troppo più forte.
Ricordo che riuscimmo a rimanere in partita fino alla metà del secondo tempo, i bianconeri vincevano solo 1-0, per un gol di Tudor, ma era un Milan che ribatteva colpo su colpo. Poi, su un improvviso capovolgimento di fronte, palla vagante a un metro dalla nostra linea di porta, arriva Zidane….gol.
Vediamo il replay : “Nooo..maledizione..non è possibile…di nuovo lui..” Non aveva segnato Zidane, all’ultimo momento era arrivata la gamba di qualcuno ad anticipare tutti, compagni e avversari. Indovinate un po’ di chi era quella gamba? Quiz da zero euro.
Quando, nell’estate del 2001, arrivasti al Milan, accolsi il tuo arrivo con riluttanza. “E’ un giocatore cotto – pensavo – e poi alla Juve mica sono scemi che danno via i campioni. Almeno non ci farà più gol…almeno questo”. Ed invece, caro Pippo, come è vero che dall’odio spesso nasce l’amore, devo dirti che tu sei diventato il mio idolo, nonostante io non fossi più un ragazzino, ma un signore che nel frattempo aveva messo su famiglia, oltre a qualche chilo, e quindi vivessi le vicende calcistiche con maggiore distacco rispetto a qualche anno prima. Sono stati undici anni bellissimi, non c’è bisogno che io adesso te li snoccioli, ma potrei descriverti una ad una tutte le partite che hai giocato, tutti i gol che hai segnato, tutte le tue esultanze.
Io credo che tu sia la sintesi perfetta di ciò che dovrebbe essere un calciatore: professionalità, impegno, amore per la maglia che si indossa, rispetto per compagni, avversari e soprattutto per il pubblico che ti da amore e quindi merita amore.
Per me, come per tutti coloro che amano il rosso e il nero, è stato un sogno e forse solo ora, che probabilmente sta per calare il sipario, io capisco davvero che persona sei stato.
Caro Pippo, quanto deve essere stato duro il legno della panchina per uno come te, abituato a vivere l’adrenalina dell’area di rigore, e quanto ti ammiro per aver sopportato in silenzio, senza mai una parola fuori posto, nonostante ti si leggesse in faccia che soffrivi quella situazione.
Di questo sogno, durato 11 anni, porterò sempre nel mio cuore due momenti in particolare: non già la doppietta di Atene o quella di Yokohama, non già gli scudetti o le coppe alzate, non le tue esultanze mitiche, e nemmeno l’urlo pazzesco di San Siro dopo il tuo pallonetto a Lobont (mai sentita una cosa simile, credimi).
Si tratta di due momenti, forse ai più passati inosservati, relativi alla stagione 2001-02, la tua prima nel Milan, due momenti che descrivono benissimo il tipo di persona che sei, ma anche l’effetto che hai sugli altri.
Il primo è rappresentato dalle tue lacrime dopo lo scontro con Lupatelli e il grave infortunio in Milan-Chievo.
Quando ho visto quelle lacrime ho capito che su di te mi ero sbagliato per troppo tempo, e che saresti tornato più forte di prima. Il secondo, qualche mese dopo. Marzo 2002, c’è Milan-Torino a San Siro.
Il momento è difficile, la squadra viene da alcune sconfitte, c’è il pericolo di non centrare l’obiettivo minimo, il quarto posto. L’atmosfera è inquieta quella sera allo stadio, c’è un silenzio irreale. Carletto ti porta in panca, sei reduce dal grave infortunio al ginocchio e non hai i novanta minuti nelle gambe.
Il primo tempo termina 0-0, in uno stadio che sembra narcotizzato. Poi, nell’intervallo, ti alzi e cominci il riscaldamento. San Siro si rianima, si ode un brusio che cresce mano mano, diventa sempre più forte, ed ecco che finalmente ritorna la luce.
Risultato: il Milan gioca un gran secondo tempo, vince 2-1, e tu sei il trascinatore della squadra. Il pubblico finalmente ha ritrovato il Campione che più di tutti era mancato. Vedi Pippo, questo è l’effetto che hai provocato sulla gente per ogni singolo giorno di questi undici anni, e perciò noi tutti dobbiamo solo dirti grazie.
Pippo Inzaghi, uno di noi, uno da Milan.
Corrado Izzo