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Articolo di Colombo Labate
26 aprile 2012


“GIORGIO CHINAGLIA E’ IL GRIDO DI BATTAGLIA”
Quando, nel primo pomeriggio del 1° aprile , quasi casualmente, ho saputo della scomparsa di Giorgione Chinaglia, pensavo si trattasse di uno scherzo, di uno di quei cosiddetti “pesce d’aprile” di cui, volentieri, si farebbe a meno. Ed invece era vero, era tutto maledettamente vero. Il grande condottiero biancazzurro, l’icona per antonomasia del primo, storico scudetto della “Banda Maestrelli” aveva lasciato, quasi per uno scherzo del destino, una volta per tutte questo mondo per andare a ricongiungersi una volta per tutte con il “Maestro” Tommaso Maestrelli, che lo aveva adottato come fosse un figlio, facendolo crescere come uomo e cercando di smorzare, per quanto possibile, quel suo carattere a volte spigoloso, sfrontato, ma comunque sempre leale, a qualsiasi costo. Un carattere che lo aveva portato più volte ad agire di impulso magari in maniera avventata per “troppo amore” nel confronti di una maglia e di una tifoseria che ha sempre onorato e portato nel cuore, fino all’ultimo, nonostante tutto, nonostante qualche errore di valutazione pagato a caro (a volte carissimo) prezzo. Una tifoseria che lo ha amato (lo ama e lo amerà) visceralmente, in un rapporto simbiotico, che lo aveva eletto a suo paladino, fin da un vecchio Lazio Vs Milan del settembre 1969, quando trafisse Fabio Cudicini dando una vittoria quasi insperata alla neopromossa Lazio nei confronti di una squadra che neanche un mese dopo andò a conquistare il titolo di Campione del Mondo per Club.
Da lì in poi scoccò la scintilla, nacque l’impareggiabile favola di Long John, dell’uomo che incarnava in campo lo spirito della Lazialità, quella con la L maiuscola, cioè un Modus Vivendi per tante generazioni che hanno frequentato, sono cresciuti e si sono formati seguendo le sue gesta o facendosele raccontare dai propri padri (rimarrà impressa per sempre nella memoria quell’immagine del dito puntato sotto la Curva Sud romanista dopo un gol segnato in un derby). Giorgio era un tifoso che giocava con la maglietta della propria squadra, motivo per cui era rispettato dal resto delle tifoserie e “odiato” dall’altra parte della città eterna, quella giallorossa, che vedeva in lui un “simbolo” da colpire, ma che lui non ha mai avuto paura di affrontare, in qualsiasi circostanza, e di questo gli va dato atto, per tutti questi motivi “Giorgio Chinaglia è il grido di battaglia” come urlavano a squarciagola i ragazzi del Commandos Monteverde Lazio 1971, storici precursori del tifo ultras laziale. Di lui si puo’ dire di tutto ed il contrario di tutto, ma non che non abbia sempre agito esclusivamente “per il bene della Lazio”, anche quando magari era meglio che si fosse messo in disparte. Ma lui era Giorgione, Long John, considerato quasi un Messia dal suo popolo, e qualsiasi cosa facesse era salutata con entusiasmo travolgente. Ecco Giorgio, io ti voglio ricordare così, con il tuo carattere un po’ guascone, con il tuo modo di essere, di eterno ragazzo, di eterno ultras. Ci mancherai, Giorgio, ma non mancherai più ai tuoi compagni di squadra “Cecco” , “Frusta” e Gigi Polentes, a Bob Lovati, al dr. Ziaco, a padre Lisandrini, altri pezzi di Lazialità che ti hanno preceduto per andare a costituire quasi un’altra Lazio nell’eternità. Ciao Long John, e, da avversario sul campo ti dico grazie, grazie per aver contributo a rendere una parte della mia infanzia indimenticabile. Che la terra ti sia lieve.
Colombo LABATE, Maglia Rossonera, Old Style Casciavìt