< STAGIONE 2011-12
 






dal sito www.gazzetta.it
1° aprile 2012

E' MORTO GIORGIO CHINAGLIA TRICOLORE CON LA LAZIO NEL '74
L'ex cannoniere biancoceleste e della Nazionale era stato colpito da un infarto venerdì ed è morto in una clinica in Florida dopo due giorni. Vita complicata in campo e fuori: da 5 anni all'estero dopo essere stato coinvolto nel tentativo illegale di scalata alla Lazio di Lotito

E' morto Giorgio Chinaglia. Un infarto venerdì, il ricovero in una clinica in Florida, dove viveva da anni, la morte la domenica a 65 anni compiuti a gennaio. Centravanti della Lazio degli anni '70, cannoniere di primissimo piano, in Nazionale con Valcareggi al Mondiale '74, con un "vaffa" al c.t. dopo una sostituzione che gli costò un mare di polemiche, ma anche bandiera della Lazio di Maestrelli che conquistò con lui goleador il primo scudetto della propria storia nel 1974. Fu di Chinaglia, leader di un gruppo di uomini fuori dal comune, il gol della vittoria sul Foggia che consegnò il tricolore.
TANTA LAZIO — Alcuni suoi gesti da calciatore laziale hanno fatto storia, come quello della corsa col dito indice alzato sotto la Curva Sud dopo un gol alla Roma. Sbarcò nella capitale nel 1969, a 22 anni, arrivando dall'Internapoli. In brevissimo tempo conquistò a suon di gol i tifosi biancocelesti, spesso dopo sgroppate terribili e tiri di potenza che bucavano la rete. In Nazionale per lui 14 partite e 4 gol, prima del polemico addio all'Italia per andare a giocare in Usa nei Cosmos. Quindi il rientro da salvatore della sua Lazio nel 1983 come presidente. Un'avventura terminata con una disastrosa retrocessione in B due anni dopo. Poi solo l'oblio in Usa, con il coinvolgimento nel 2006 nello scandalo legato alla scalata illegale alla Lazio di Lotito, avventura chiusa con due mandati d'arresto e di conseguenza il mancato ritorno in Italia e la residenza in Florida. Dove è morto.



Giorgio Chinaglia, il primo in piedi da sinistra, con la Lazio scudettata del 1974
(dal sito www.gazzetta.it)





Giorgio Chinaglia con Tommaso Maestrelli, 1973-74





11 maggio 1975, Milan vs Lazio 1-1





Milan Lazio 75-76, Giorgio Chinaglia a colloquio con Gianni Rivera



dal sito www.ilmessaggero.it
1° aprile 2012

E' MORTO GIORGIO CHINAGLIA LA BANDIERA DELLA LAZIO AVEVA 65 ANNI
Mondo del calcio in lutto. Si è spento in Florida l'ex centravanti della Lazio e simbolo dello scudetto del 1974. Fu campione in campo e poi presidente del club. Aveva avuto venerdì un infarto da cui non si è ripreso

ROMA - Lutto nel mondo del calcio che scuote la Lazio. Giorgio Chinaglia, centravanti bandiera del club biancoceleste è morto questa mattina in Florida. Aveva 65 anni.
la notizia è inizialmente arrivata grazie a un twitter di un dirigente del Milan Umberto Gandini, poi è stata rilanciata da Sky. Chinaglia venerdì scorso era stato colpito da un infarto, sembrava essersi ripreso e invece non ce l'ha fatta. Chinaglia era nato a Carrara il 24 gennaio del 1947.
La carriera. Nato a Carrara, Chinaglia si trasferì con la famiglia a Cardiff all'età di nove anni. La sua carriera ebbe quindi inizio in Galles con lo Swansea City, con cui disputò le stagioni 1964-1965 e 1965-1966. Arriva poi il trasferimento in Italia alla Massese, Serie C, e poi all'Internapoli, sempre in C, per passare infine alla Lazio (neopromossa in Serie A) nell'annata 1969-1970.
Un ariete dotato di grande forza fisica e grande temperamento segnò 12 gol nel primo anno e 9 nel secondo, in coincidenza però con un'amara retrocessione in Serie B. Nella stagione 1971-1972 vince la classifica cannonieri della serie cadetta e contribuisce con i suoi 21 gol al ritorno in A. Come giocatore di B, conquista addirittura la Nazionale azzurra: esordio con gol-lampo in Bulgaria, il 21 giugno del 1972.
Nella stagione 1972-1973 la Lazio neopromossa sfiora lo scudetto. Un gruppo di grandi calciatori come Pino Wilson, Luciano Re Cecconi, Felice Pulici e Renzo Garlaschelli, del giovane Vincenzo D'Amico e di Luigi Martini, di Mario Frustalupi e Giancarlo Oddi, ma principalmente è la Lazio di Chinaglia, trascinatore. E l'anno successivo, con 24 reti, mette il suggello sulla galoppata che porta allo scudetto. E' il momento migliore della sua carriera: ai Mondiali tedeschi del 1974 parte titolare, ma i problemi con l'allenatore Ferruccio Valcareggi lo relegano in secondo piano (dopo una sostituzione Chinaglia lo manda platealmente a quel paese in mondovisione)
Parabola discendente. Anche nella Lazio, dopo un quarto posto (ed un bottino personale di 14 reti) e la fascia di capitano, iniziano i problemi. A poche giornate dalla fine del torneo 1975-1976, di lasciare l'Italia per andare a giocare nei New York Cosmos. Sono i Cosmos di Pelé, Franz Beckenbauer, Carlos Alberto e, anche se per sole due partite, di Johan Cruyff.
Giorgio Chinaglia fu il miglior marcatore della storia della North American Soccer League: in sette anni segnò 193 gol in 213 partite. Vinse il premio come miglior marcatore della NASL per ben 5 volte, tra il 1976 e il 1982. Giudicato miglior giocatore del torneo nel 1981, fu tra i protagonisti delle quattro Soccer Bowl vinte dai Cosmos nel 1977, 1978, 1980 e 1982.
Nel 1983, ritorna in Italia, questa volta come presidente della Lazio, accolto dai tifosi come un mito. Alla fine dello stesso anno è costretto a cedere la Lazio, per problemi economici, a Franco Chimenti.
Ritorna negli States occupandosi sempre di calcio (è stato coinvolto in vicende societarie di Ferencvaros, Foggia, Lanciano e di nuovo Lazio). Da questo momento in poi si susseguono anche i problemi con la giustizia italiana, viene iscritto nel registro degli indagati della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, con l'accusa di riciclaggio, con l'aggravante di aver agevolato l'attività della camorra. Fino al terribile primo aprile 2012.


dal sito www.repubblica.it
1° aprile 2012

CHINAGLIA, IL FIGLIO IN LACRIME "MIO PADRE È MORTO"
La notizia del decesso dell'ex campione e presidente della Lazio confermata al telefono dagli Stati Uniti da Anthony Chinaglia: "Aveva subito un'operazione cardiaca ma si era ripreso. Stamattina dopo essersi svegliato si è rimesso a letto ma poi non si è più alzato"

''Mio padre Giorgio Chinaglia è morto questa mattina''. Dopo le notizie circolate su Twitter è stato il figlio di Giorgio Chinaglia, Anthony, a confermare dagli Stati Uniti via telefono la notizia della morte di suo padre, storica bandiera ed ex presidente della Lazio. Anthony in lacrime ha riferito che il grande campione biancazzurro è deceduto questa mattina in Florida.
''La morte - ha aggiunto disperato Anthony Chinaglia - è avvenuta intorno alle 09.30. Era stato operato una settimana fa dopo un attacco di cuore. Gli erano stati impiantati 4 stent e l'operazione era andata bene. Era stato rimandato a casa dove sembrava essersi ripreso. Stamattina si era svegliato per prendere una medicina e si era rimesso al letto. Poi sono andato a controllarlo ed ho scoperto che non respirava più. Ho provato a rianimarlo ma non c'è stato niente da fare''.



Giorgio Chinaglia con la maglia della Lazio
(dal sito www.repubblica.it)





dal sito calciomercatoam.blogspot.it
9 marzo 2012

LAZIO, INCREDIBILE INTERVISTA A GIORGIO CHINAGLIA
Clima mite che sa di primavera, una primavera che da queste parti non tramonta mai. Naples, Florida a sei mila miglia di distanza dall’Italia. Un Oceano di mezzo e un mondo completamente diverso in cui decidere di vivere. Giorgio Chinaglia lo ha scelto, trasformandolo in un piacevole ‘esilio volontario’, dopo l’ultimo scandalo che lo ha visto coinvolto nel nostro paese. Si tratta della tentata scalata alla SS Lazio del 2006, quella che costò a lui un mandato di cattura europeo per riciclaggio (Chinaglia per questo è attualmente latitante) e a tanta gente allora implicata nella vicenda persino la galera. Una brutta storia insomma, una pagina oscura di un campione d’altri tempi, che aggiunge un capitolo controverso ad una già stravagante esistenza. “Entrate, prego, ho appena finito la mia trasmissione radio. The Football Show…”, ci accoglie così Long John allo doppio squillo del campanello di casa sua. A spalancarci la porta del suo appartamento, alle 10 del mattino è un uomo grande, alto, dal passo lento e i lineamenti duri, scavati dal tempo. Ma la testa incassata nelle spalle e lo sprint dei tempi andati che non c’è più, non cancellano affatto quell’alone di fascino che lo circonda. “Andato bene il viaggio?! Avete sentito che clima c’è qui ? In Florida fa caldo tutto l’anno, anche per questo si vive meglio…”. È lui Giorgione, il campionissimo degli anni ’70, l’idolo più amato e al contempo più odiato dai tifosi della Lazio. Calcio e cazzotti, gol e successi, un carattere forte in mezzo al campo, ma anche un’abilità innata ad infilarsi nei guai. Uno scudetto vinto a Roma nel ’74, l’avventura con i Cosmos di Pelè e Beckenbauer, la presidenza della ‘sua Lazio’ negli anni ’80, naufragata sull’orlo di un fallimento, per chiudere poi con il capitolo degli scandali: quello con il Foggia qualche anno fa e quello con la Lazio nell’era Lotito.
Chi è il vero Chinaglia? “E’ quello che vedi ogni giorno. Non mi piace la gente bugiarda e per questo dico sempre quello che penso. La mia vita è molto semplice, porto con me i ricordi di sempre e ringrazio Dio per il fisico e la salute che ancor oggi mi conserva. Poi se invece parliamo della mia carriera il vero Chinaglia lo ritrovo nella mia esperienza da calciatore, ma non in quella da presidente…”
Come mai? “Scelte sbagliate. Ero troppo innamorato della Lazio, non vedevo i difetti e mi sono fidato troppo di chi mi circondava. Per il resto il calcio me lo sono vissuto a pieno come una professione anche lontano dalla stanza dei bottoni. Da commentatore Tv prima e conduttore radiofonico ora…”
The Football Show, giusto? “Si, è un programma sul calcio, che conduco ogni mattina su Sirius XM. È un canale satellitare che conta 35 milioni di abbonati. Qui negli States le radio nelle macchine ricevono dal satellite e i nostri ascoltatori pagano un abbonamento annuale di 10 dollari. Io trasmetto direttamente da casa. Cuffie e microfono ogni mattina e durante le mie ore arrivano i picchi di ascolto… Ricevo tantissime telefonate e in diretta intervengono dei pezzi grossi del calcio internazionale. Da Ancelotti a Mourinho, da Ferguson a McLeish dell’Aston Villa. La gente impazzisce ”.
Il calcio piace ancora negli Stati Uniti allora? “Certo che piace. Qui seguono tantissimo la Premier League e la Liga. Un po’ meno la Serie A…”
E la Major? “La Major sta tornado importante, ma è ovvio che tutto è legato ai risultati. Bisogna vedere anche cosa farà la nazionale: per me non andrà da nessuna parte e la colpa è di Klinsmann. Non capisce nulla di tattica. Zero schemi e allenamenti inadeguati, ma non lo dico solo io lo ha detto anche Beckenbauer. Non mi piace affatto!”
Intanto però i Cosmos stanno ripartendo… “Si è vero. Hanno sede a New York, ma attualmente sono un cantiere in allestimento. Il progetto è quello di entrare nella Lega, ma devono pagare 100 milioni di dollari. Penso che possano farcela. C’è stata una mini rivoluzione nel settore dirigenziale. Ora c’è un gruppo saudita alla guida: Pelè fa il presidente onorario ed io l’Ambasciatore. Cantonà invece si è defilato. Presto andrà via, lui era il Direttore Sportivo”.
Con i Cosmos è un amore iniziato negli anno ’70, proprio come la Lazio? “Non scherziamo la Lazio è la Lazio, anche se con i Cosmos ho passato anni stupendi. Vennì in vacanza qui nel ’72 e conobbi questa nuova sfida americana chiamata: Cosmos. A giocare con loro però arrivai nel ’76, dopo lo scudetto. Era un progetto ambizioso: introdurre il calcio nella cultura americana. Avevamo stadi pieni tutte le domeniche, più di 75 mila spettatori a partita e all’inizio fu un successone, poi il fenomeno si sgonfiò. Le stelle andarono via e la Major League sparì…”
Lei giocò con Pelè e Beckenbauer… “No un momento: erano loro a giocare con me! Loro erano solo calciatori io invece facevo anche il dirigente. Nonostante mi dividessi fra campo e scrivania riuscii comunque a togliermi delle belle soddisfazioni. Ho segnato 243 gol in 253 partite. Nella classifica mondiale IFFHS sono attualmente l’attaccante numero 33 al mondo e il primo in Italia. Ho scavalcato anche Silvio Piola…”
Ma con Pelè che successe? “Avevo un ottimo rapporto con tutti i miei compagni. Ho chiamato ai Cosmos anche Pino Wilson il mio capitano. Con Pelè i rapporti erano buoni, ma in campo avevamo un problema…”
Ossia? “Lui veniva sempre al centro dell’attacco e ci pestavamo i piedi. Allora gli ho detto: “Vai a giocare sull’esterno così hai più spazio”. Lui non la prese bene, allora da dirigente gli dissi: “O fai così oppure te ne vai…”
Ride divertito Long John, mentre si accende la sua seconda sigaretta della mattinata. Mettere a tacere Pelè non è cosa da tutti e lui lo sa. Ma per uno che ha mandato a quel paese in mondo visone il CT della Nazionale forse lo è… “Italia-Haiti la ricordo bene come se fosse ieri. La sera della vigilia mi sono ritrovato con tutta la squadra in una stanza dell’albergo. In campo qualcosa non andava. La questione era il duo Rivera-Mazzola. Con tutti e due titolari si concedeva un uomo all’avversario. Allora mandammo ai voti chi escludere e la maggioranza scelse di far giocare Rivera. Mi feci portavoce della decisione e scrissi su un foglio la formazione che sarebbe dovuta scendere in campo il giorno dopo. Bussai alla porta E lì che successe? “Niente… Lui insonnolito mi disse: “Vai a dormire ci penso io…”. Poi la storia la conoscete. Giocarono sia Rivera che Mazzola, e nel secondo tempo fui sostituito. A quel punto mi arrabbiai molto. Forse era più giusto lasciarmi negli spogliatoi, non togliermi in corsa e a quel punto c’è stato il vaffa. In più ero su tutte le furie per un altro motivo. Pensavo alla Lazio, a noi che avevamo vinto lo scudetto. In quegli anni eravamo i più forti, ma in c’ero solo io, Re Cecconi e Frustalupi. Assurdo!”
Oggi è ancora così secondo lei in nazionale per i giocatori di certi club? “Intanto lodo il lavoro di Prandelli. Lui è un grande tecnico. Per il resto penso che Juventus, Milan, e Inter abbiano qualcosa in più rispetto alle altre ed è ovvio che si peschi maggiormente nelle loro rose. Sono contento invece che siano uscite di scena certe persone dallo sport nazionale” A chi si riferisce? “Ad esempio Carraro, mi diede del ‘disadattato’. Allora un giorno in aereo lo invitai a sedersi vicino a me e gli dissi: “Ringrazia che non stiamo soli sennò ti davo tante di quelle botte...”.
Oggi si riparla di scommesse. Che ne pensa? “Che sono dei pazzi! Con tutti quei soldi che guadagnano cercano ancora altro denaro”.
Che carattere Giorgio. Come quello di quella Lazio del ’74… “Bèh si un bel gruppo bene assortito. Dobbiamo tutto a Tommaso Maestrelli che per me fu come un padre. Gestirmi non era semplice. Pensate: in allenamento facevamo sempre delle partite che non finivano mai. Terminavano solo dopo il gol che mi regalava la vittoria. Una volta era calato il sole. Stavo perdendo di un gol di scarto. Alla fine due miei compagni schierati fra gli avversari rinunciarono e se ne andarono. Io segnai e la partita finì. Ma eravamo 7 contro 5…”
C’erano invidie in quella squadra? “No direi di no. Gli invidiosi li mandavamo via” Ad esempio chi? “Papadopulo! Mi stava sempre addosso, mi invidiava. Una volta arrivai in ritardo in allenamento perché dovevo vedere una ragazza molto carina. Lei abitava davanti casa sua. E lui mi spiò. Quando arrivai al campo voleva dirlo a Maestrelli, ma io l’avevo preceduto. Con Tommaso ero in simbiosi”
Di quegli anni si narrano un fiume di aneddoti stravaganti. Ce ne racconta uno inedito? “Ve ne racconto uno, fu dopo un Napoli-Lazio finito 1-0 per loro. Mi trovavo in auto con mio padre e stavo andando verso Fuorigrotta. Ad un certo punto dei tifosi del Napoli ci circondarono. Allora io uscii dalla macchina con il mio Winchester e sparai due colpi in aria. In un attimo fu il vuoto. Risalii e ce ne andammo”.
La Lazio è sempre la Lazio, la segue ancora? “Si certo sempre. E’ la squadra del mio cuore e sto seguendo tutte le partite. Mi piace Klose è forte, anche se ho l’impressione che possa calare di rendimento nel girone di ritorno. Cissè invece è stata una vera delusione. La Lazio la vedo in corsa per il quinto sesto posto, non di più”
Lazio croce e delizia della sua vita. Le ultime vicissitudini in chiave biancoceleste le sono costate care: un mandato di cattura europeo, un’accusa di riciclaggio, un’altra di rapporti con clan camorristici e un’ammenda per 4,2 milioni di euro da parte della Consob per aggiotaggio. Oltre all’ira dei tifosi laziali… “Tutto risale al 2006, quando delle persone mi avvicinarono spiegandomi che c’era la possibilità di acquisire la società Lazio, assicurandole un futuro migliore. Era un periodo buio per la storia del club. Gli stadi erano vuoti, non c’era entusiasmo ed anche ora non mi sembra che la situazione sia migliorata. Detto questo, ripeto io fui avvicinato da Guido Di Cosimo (facente parte del fantomatico gruppo farmaceutico. Anche lui poi finito in carcere, ndr) che mi parlò della possibilità che Bertarelli avrebbe potuto prendere la Lazio. Il mio ruolo nella vicenda doveva essere solo quello di colui che doveva rappresentare all’opinione pubblica la possibilità di acquisizione della SS Lazio da parte di un gruppo farmaceutico. Per fare questo mi avevano promesso 500 mila dollari. Poi a quel punto il mio compito si sarebbe esaurito ed io sarei tornato in America. Ovviamente non ho ricevuto nulla”. Sta dicendo che non ha mai parlato con nessuno che non sia Di Cosimo? “Io ho parlato solo con Guido Di Cosimo. Lui ha convocato la stampa, mi ha spedito in Consob con un foglio dove mi aveva scritto il nome di un’azienda ungherese. Mi aveva fornito il materiale che ho letto, in una conferenza stampa presso un hotel all’Eur. Come facevo a sapere che non era vero?” Non esita neanche un attimo nel raccontare un misfatto che ha spezzato per sempre un idillio fra lui e la sua gente. Giorgione non si sottrae alle domande, anzi incalza e gira il tutto verso il suo nemico di sempre: Claudio Lotito… “Sono passati più di cinque anni e ancora è tutto aperto. Sto aspettando la fine del processo. Ci tengo a ricordare però che la questione dei rapporti con i Casalesi ormai è stata risolta. Io non le ho mai conosciute queste persone. I Casalesi non c’entrano nulla nella vicenda. La colpa è di Lotito che mi ha infangato e i giornalisti hanno rincarato la dose. A me non importava nulla di questo progetto. Io volevo i 500 mila dollari e poi me ne sarei tornato a casa…”
Ma alla gente laziale non si sente di chiedere scusa ? “Scusa e per cosa?? Io mi sono fatto portavoce di una possibilità, non sapevo altro. Ho sempre detto anche a chi mi stava vicino, che non avevo nessun mandato per trattare con Lotito. Facevo solo quello che mi diceva Guido Di Cosimo. Ero venuto a Roma per i soldi che mi avevano promesso e per dare una nuova possibilità alla Lazio. Mi dispiace solo per i ragazzi che sono finiti in galera..”.
Da casa al mare la giornata di Giorgio Chinaglia scivola via recitando sempre lo stesso spartito. Sole, passeggiate e qualche sapore italiano. “Vi porto da mio figlio Anthony. Lì si che respirate un po’ d’Italia. Il suo ristorante è caviale e champagne, ma io prefersco il ragù alla bolognese come lo sa fare lui…”
Le manca l’Italia? “Certo. Sono italiano. Mi mancano gli amici di un tempo ed ho nostalgia dei sapori del nostro Paese. Adoro il pollo ai peperoni, ma qui nessuno sa cucinarlo. A volte vado a New York dove sanno preparare dei buoni piatti italiani”
Nel futuro cosa c’è per lei? “I Cosmos. Spero che si costituisca presto la società, anche se mi pesa molto tornare a lavorare a New York. Poi spero che la Lazio venga acquistata da un’importante società per diventare grande come ai tempi di Cragnotti”.
C’è qualcosa che non rifarebbe nella sua vita? "Non ascolterei più Di Cosimo. Alla fine si è rivelata tutta una truffa. A volte mi dico che credo troppo nel prossimo, ma sono fatto così…”
Lo sguardo si incupisce, il sorriso si spegne. L’irriverente sicurezza del Chinaglia che fu sparisce dietro lo sguardo incerto del vecchio campione di oggi. “Presto chiarirò ogni cosa e tornerò in Italia. Ditelo, ditelo a tutti”.
Ci liquida così Long John prima di salutarci. “Giorgio Chinaglia è il grido di battaglia”, cantava anni fa la curva nord. Addio campione d’altri tempi. Good bye Long John. (Tuttomercatoweb)