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1° giugno 2012 - by Sertac
LA FIRMA DI AGO NEL DERBY DELL’OTTOBRE ‘84
Nel diciottesimo anniversario della tragica ed improvvisa scomparsa di Di Bartolomei, riviviamo la stracittadina che sancì l’inizio della fine del ciclo del “Piccolo Diavolo”
L’ingaggio da parte del Milan di Agostino Di Bartolomei, capitano e colonna portante della Roma campione d’Italia e vicecampione d’Europa, fu ufficializzato il 23 giugno del 1984. L’accordo era già stato raggiunto da un paio di settimane. Il centrocampista decise di seguire Liedholm che, a distanza di un lustro, tornava sulla panchina rossonera.
A ventinove anni e dopo undici campionati in giallorosso, Di Bartolomei approdava al Milan trovando l’allenatore che lo aveva valorizzato alla Roma. L’ex capitano romanista si fece apprezzare presto dai tifosi rossoneri. Con lui, il centrocampo registrò un tasso di qualità ben più elevato in termini tecnici e di esperienza. Geometrico, ordinato, mai un pallone buttato via a casaccio, lanci precisi di lunga gittata ed un tiro potente, soprattutto nei calci piazzati. Una caratteristica che i tifosi evidenziavano spesso, intonando un motivetto prima delle sue punizioni (“Agostino gol”).
Già dalle prime battute della stagione 84/85, Di Bartolomei dimostrò di essere a suo agio negli schemi voluti dal Barone svedese. I rossoneri uscivano da un ciclo molto difficile, con due retrocessioni in B sul groppone, altrettante promozioni ed un’annata senza infamia e senza lode (83/84).
Con gli innesti degli inglesi Hateley e Wilkins e l’arrivo di una punta dall’elevato fiuto del gol (Virdis), oltre all’acquisto di Di Bartolomei, il Milan puntava ad un campionato d’alto livello. L’obiettivo minimo era l’ingresso in Zona Uefa. Nelle prime due partite ufficiali (in Coppa Italia, contro Parma e Brescia), Di Bartolomei andò in gol trasformando due calci di rigore.
Ad ottobre, il diavolo rossonero spiccò il volo grazie a due vittorie casalinghe. Contro la Roma, fu proprio l’ex capitano giallorosso a sbloccare le marcature, in avvio di ripresa, aprendo la strada per la vittoria. Di gran classe il commento di Gianni Mura: “Di Bartolomei ha portato il suo gol a riprova dell'esistenza di Dio. Senza arrivare a tanto, è curioso notare che l'ex romanista, che segna poco e in genere su rigore e punizione, segni alla Roma su azione”. E Brera di rimando: “Torno entusiasta del Milan, che per la prima volta vedo a San Siro. Il centromediano metodista Di Bartolomei effettua lanci lunghi e appoggi che smentiscono di netto i miei guardoni vicini e lontani”.
Nel derby del 28 ottobre ’84, Di Bartolomei insaccò alle spalle di Zenga un assist di Virdis, pareggiando, poco dopo la mezzora di gioco, l’iniziale marcatura di Altobelli. A rendere “indimenticabile” la stracittadina numero 194 fu il terrificante colpo di testa di Mark Collo d’Acciaio Hateley. L’inglese umiliò in elevazione lo stopper nerazzurro Collovati, “l’ingrato transfuga” di due stagioni addietro.
Gianni Brera scrisse su Repubblica: “A questo Milan non posso che inchinarmi”. Brera aggiunse: “Il campo ha legittimato la vittoria del Milan. Sento qualche fratello bauscione maledire a Castagner, colpevole secondo lui di essersi lasciato stracciare da Liedholm. Sono diversivi concessi al proprio dispetto”. Il Gran Giuan assegnò a Di Bartolomei 7 in pagella, sottolineando: “A mio parere il Milan farà faville finchè potrà avvalersi di Wilkins e di altri almeno degni della sua diligenza, dico gli Evani, i Verza e, dietro loro, i Di Bartolomei”.
Nella stagione 84/85, Di Bartolomei disputò in campionato 29 partite su 30, segnando sei reti (meglio di lui fecero solo Virdis con 9 e Hateley, 7). Un’ottima annata dopo essere stato troppo frettolosamente sbolognato dalla Roma. Quel Milan chiuse il campionato al quinto posto, raggiungendo anche la finale di Coppa Italia dove dovette arrendersi alla Sampdoria di Bersellini. Era un diavolo un po’ meno piccolo, anzi, pronto a diventare il diavolaccio, quello che porta sulla maglia il simbolo del club più titolato al mondo.
Di Agostino, che decise di farla finita con la vita il 30 maggio 1994, ci piace ricordare la serietà del giocatore, il suo essere “uomo vero” in un ambiente dominato da squali e regolato, ieri come oggi, da cinghiali laureati in matematica pura.
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