< STAGIONE 2010-11
 


Condividiamo parola per parola questo bellissimo articolo, semplicemente grandi gli amici di ML Since 1899 !


Da Milanisti Liberi Since 1899
2 gennaio 2011

IL TRADIMENTO DI LEONARDO
Leonardo è il nuovo allenatore dell’Inter. E’ quasi strano scriverlo, fa senso pronunciarlo. Leonardo, il ragazzo d’oro dal sorriso smagliante e dall’eloquio soave, il benefico creatore di Fondazione Milan, il “filosofo” prestato al calcio e rossonero doc è divenuto allenatore dell’Inter. Incredibile eppure verissimo.
Come era logico attendersi, una simile scelta da parte di Moratti non poteva che scatenare le reazioni di tifosi e addetti ai lavori che fondamentalmente hanno dibattuto in questi giorni attorno ad unico punto focale: Leonardo è o non è un traditore?
Il problema che ho riscontrato è che in realtà la discussione non sia neanche iniziata. Tutto il triste giornalismo sportivo italiano si è schierato dalla parte del brasiliano esibendo con snobismo e altezzosità lo stereotipo abusato del “non ci sono più le bandiere nel calcio”. Un argomentazione talmente banale che non meriterebbe nemmeno di essere commentata ma che rappresenta il punto di vista univoco sulla vicenda. Coloro che osano schierarsi contro questa idea semplicistica della questione vengono malamente tacciati di estremismo o di essere portatori di mentalità da ultras. Nella migliore delle ipotesi l’accusa più garbata è quella di essere rimasti legati ad un calcio poetico che non c’è più.
Eppure è ancora fresco in memoria il trattamento riservato a personaggi come Kakà, Shevchenko o Ronaldo. Gli ultimi due indiscutibilmente traditori per ragioni diverse ma nel caso di Ricky si era poi scaduti direttamente nel comico, con Bosco Leite accusato persino della fame nel mondo e Kakà descritto come un avido mercenario alla Tony Montana. Peccato che si fosse trascurato un piccolo particolare: era stato il Milan a cedere il giocatore per esigenze di bilancio. Ciò non era bastato ai giornalisti esaltati dal sacro fuoco della denuncia etica per abbassare i toni e descrivere la vicenda per ciò che realmente era (una cessione decisa dalla presidenza stufa di investire ogni anno nel Milan). Dunque davanti ad una simile integrità morale e rigidezza di pensiero era lecito aspettarsi commenti infuocati nei confronti di una persona che aveva passato 13 anni in una società per poi passare direttamente dall’altra parte del Naviglio. Invece si sono sprecate le parole di supporto al brasiliano e le testi denigratorie nei confronti di coloro che usavano il termine “tradimento”. “E’ il calcio moderno, non esistono più le bandiere. Leonardo ha fatto una scelta professionale” è il leit motiv di questi giorni da parte degli opinionisti calcistici. La furia etica che si era abbattuta su Kakà evidentemente è stata dimenticata a casa in qualche cassetto abbandonato o forse quello di Kakà non era ancora il calcio moderno dove “non esistono più le bandiere”.
Certo è che risulta difficile, per non dire impossibile, accettare argomentazioni così fragili senza battere ciglio. Allora voglio sfruttare l’opportunità gentilmente concessami da questo blog per dire la mia sulla delicata questione.
Partiamo dalla storia. Dopo i primi quattro anni da giocatore rossonero e un commovente addio dopo Milan-Brescia (in cui aveva giocato da capitano), Leo torna in Brasile per concludere la carriera e si ritira al termine della stagione 2001/2002. Partecipa alla festa d’addio di Boban e regala numeri e gol dimostrando un ottima forma. Berlusconi ne rimane colpito e chiede a Galliani di riassumerlo. Caso unico o quasi di giocatore ritirato che riceve un contratto da una grande squadra. Leo accetta e si aggrega al Milan di Ancelotti. Gioca poco ma riesce a segnare due volte in Coppa Italia. Ad Aprile si ritira e inizia a lavorare al fianco di Galliani, il quale realizza su sua richiesta una associazione benefica con il nome di “Fondazione Milan”. Leo ne diventa il responsabile principale e realizza un lavoro eccezionale. Nel frattempo continua a collaborare con Galliani e negli anni riesce ad assicurare alla società tre grandissimi talenti brasiliani: Kakà, Pato e Thiago Silva.
Nel 2009 su forte pressione di Galliani Leonardo diventa allenatore del Milan in una situazione difficile con Kakà ceduto al Real e un assenza quasi totale di campagna acquisti. Nonostante le difficoltà della rosa, Leo fa un buon lavoro e addirittura riesce a lottare per lo scudetto quasi fino alla fine. Berlusconi, rinchiuso nella torre d’avorio della sua ignoranza calcistica e della sua proverbiale arroganza, non vede il miracolo e si lamenta del gioco, forse dimentico della scarsa qualità della rosa. Leonardo, a ragione, non gradisce e risponde a tono al presidente definendosi “incompatibile” con lui. Per questo motivo a fine anno rassegna le dimissioni e lascia il Milan. I tifosi sono tutti dalla sua parte. Durante l’ultima partita di campionato, Milan-Juventus, Leonardo riceve cori e applausi dal pubblico, l’abbraccio dei suoi giocatori dopo ogni rete realizzata e persino l’abbraccio finale di Adriano Galliani. Il messaggio è forte e chiaro: squadra, dirigenza e tifosi sono dalla parte di Leonardo e contro Berlusconi.
Ed ora arriva la notizia che non ti aspetti: Leonardo allenerà l’Inter. Una scelta folle, insensata e di cattivo gusto che non può che cancellare quanto di buono fatto nei 13 anni di esperienza milanista. La sensazione di essere stati presi per i fondelli da Leonardo è molto forte. Proprio lui che aveva dichiarato di essere “troppo milanista per allenare la Roma” solo due mesi fa. Come può Leonardo giustificarsi di fronte a quei tifosi milanisti che per tutta l’estate lo hanno difeso a spada tratta contro colleghi di tifo o supporters di altre squadre che lo attaccano per aver osato sfidare Berlusconi? Come può sentirsi "libero" di fronte a milioni di milanisti che lo hanno amato da giocatore anche quando era sempre in infermeria e che lo hanno stimato da allenatore nonostante le difficoltà e le sconfitte anche umilianti (vedi derby)? Come può non provare vergogna al pensiero di aver tradito la fiducia dei suoi giocatori che lo avevano abbracciato e portato in trionfo alla fine dell’ultima partita o di Galliani che si è esposto sempre in prima persona per difenderlo e sostenerlo? Anche con loro era incompatibile? Anche loro sono narcisi? Anche noi tifosi lo siamo?
Leonardo mi ricorda quel marito che per punire la moglie che lo tradisce decide di evirarsi. Non comprende che in realtà si sta autopunendo e che Berlusconi trarrà dalla vicenda solo e soltanto benefici. A maggio la situazione era diversa. C’era l’Inter del triplete, il Milan che arrancava in campionato e sul mercato non spendeva. I tifosi non avevano dubbi su chi scegliere tra lui e Berlusconi. Ma ora il Milan è primo in classifica, continua a mettere a segno colpi di mercato mentre Leonardo è l’allenatore di un Inter con la pancia piena e allo sbando. Berlusconi potrà sfoderare il suo canonico “ve lo avevo detto” e i suoi proni giornalisti spendere fiumi d’inchiostro per dire ai tifosi che “Berlusconi aveva intuito che qualcosa non andava in quel ragazzo troppo gentile per essere vero”. Una montagna di balle che Leonardo ha autorizzato a scrivere con la sua decisione infantile e profondamente stupida. Se voleva colpire Berlusconi ha clamorosamente mancato il bersaglio. In un momento di crisi politica e giudiziaria, il cavaliere non è certamente interessato alle vicende calcistiche e se c’è un uomo che non avverte la rivalità con l’altra metà di Milano è proprio lui, nerazzurro conclamato. Inoltre se alla fine dell’anno dovesse arrivare lo scudetto a Milanello sarebbe proprio Berlusconi a godere e non viceversa.
Dall’esperienza nerazzurra Leonardo ha poco o niente da guadagnarci. Non solo da un punto di vista emotivo perché per i tifosi nerazzurri sarà semplicemente uno dei tanti ma anche sotto l’aspetto tecnico. L’Inter è alla fine di un ciclo e se Benitez ha mollato la barca che stava affondando un motivo doveva averlo. Lo stesso si potrebbe dire di Mourinho che è fuggito a Madrid ben conscio dell’impossibilità di ripetersi. Del resto i nerazzurri sono una delle squadre più vecchie della serie A e incominciano ad avere una panchina corta. Biabiany e Coutinho sono troppo giovani per sopportare il peso dell’essere titolari e gente come Lucio, Maicon e Milito dà l’idea di essersi ormai seduta sui tanti trofei conquistati. Inoltre Moratti non sembra più disposto ad investire sul mercato come accadeva un tempo. In questo quadro Leonardo ha solo da perderci, tenendo conto che su di lui aleggia lo spettro di Mourinho, che secondo i soliti ben informati potrebbe tornare a giugno sulla panchina interista.
Certo Leonardo potrebbe allora diventare dirigente e tornare a fare ciò che gli compete ma la dirigenza nerazzurra è fin troppo folta e non sarà facile e indolore trovare il giusto spazio al brasiliano. Il recente caso di Oriali spiega come certe questioni in casa nerazzurra possano divenire molto spinose.
Allora si torna al punto di partenza. Perché andare all’Inter? Mi sembra evidente che la motivazione principale risieda nello spirito di rivalsa nei confronti di Berlusconi. I soldi non penso che abbiano influito più di tanto perché le alternative in questo senso non sarebbero mancate e se davvero fosse un uomo venale Leonardo avrebbe aspettato l’esonero del Milan e non se ne sarebbe andato rinunciando al suo emolumento da contratto. Invece il desiderio di dimostrare che il premier aveva torto e la voglia di fargli uno sgarbo hanno prevalso sul buon senso e sulla razionalità oltre che sull’etica personale. Infatti Leonardo dimentica che è stato il Milan il primo club di alto livello a concedergli la possibilità di giocare al top ed è stato sempre il Milan a riassumerlo quando ormai si era già ritirato. Il Milan ha creato su misura per lui Fondazione Milan, il Milan lo ha eletto dirigente e infine anche allenatore, pur non avendo neanche il patentino. I tifosi lo hanno sostenuto come se fosse un fenomeno assoluto da giocatore (quando non lo era affatto) e lo hanno trattato come una bandiera alla Maldini ad ogni suo addio (sia da calciatore che da allenatore). Leonardo non può che essere un traditore se si è dimenticato di tutti questi attestati di stima e affetto per sacrificarli sull’altare della mera vendetta personale. Strano che proprio lui che ha demonizzato Berlusconi come nessun altro allenatore rossonera aveva mai osato abbia finito con il concedergli il più grande complimento che si potesse immaginare: lo ha identificato con il Milan. Evidentemente per Leonardo Berlusconi e Milan sono la medesima cosa e dunque passare all’Inter deve essergli sembrata la scelta migliore per rispondere alle sue critiche e al suo comportamento scorretto.
La verità è che il Milan non è di certo Berlusconi e lo spirito rossonero non si misura con gli umori e le idee presidenziali. Il Milan è composto anche da calciatori, dirigenti e tifosi che la pensano diversamente dal presidente e che gli hanno sempre dimostrato fiducia e amore incondizionati. Leonardo probabilmente lo ignora oppure se ne è conscio non pensa di averli feriti con la sua scelta pseudo professionale. C’è da chiedersi dove abbia abitato Leonardo negli ultimi 13 anni per non aver compreso l’importanza della rivalità cittadina tra Milan e Inter. Se non si tratta dell’ipocrisia e del paraculismo di rito, allora Leonardo è meno intelligente di quanto appaia nel dichiarare di non aver mai visto l’Inter come un rivale. Ma non posso crederlo e dunque sono portato a pensare che Leonardo ben sapesse cosa significasse divenire allenatore dell’Inter. Dentro di sé cova risentimento e vendetta che spera a giugno di poter rinfacciare al suo ex datore di lavoro. Se il prezzo da pagare è perdere l’amore dei tifosi del Milan e l’amicizia di Galliani, Leonardo è disposto a farlo. Probabilmente per lui poter affermare che Berlusconi si era sbagliato vale di più di una bellissima ed intensa storia durata 13 anni.
Leonardo sarebbe potuto andare in Inghilterra e costruirsi lì una carriera da allenatore-manager che sarebbe stata osservata con affetto e partecipazione da tutti i tifosi rossoneri. Avrebbe potuto diventare l’ambasciatore per i mondiali del 2014 che si terranno in Brasile e avrebbe dato una mano a sviluppare la terra che così tanto ama. Avrebbe potuto anche andare alla Roma e costruirsi una nuova credibilità all’ombra del Colosseo e i milanisti lo avrebbe compreso e supportato. Ma andare all’Inter è una scorciatoia che manca di rispetto a chi con lui si è sempre comportato bene e che gli si ritorcerà contro. E quando sarà abbandonato dall’Inter, non potrà più contare sull’appoggio di Galliani, sulla disponibilità della società Milan e sulla passione dei supporters milanisti. Sarà un uomo solo che fuori da Milano sarà giudicato solo in base agli scadenti risultati ottenuti da allenatore e su una carriera da calciatore costituita più da ombre che da luci. Si definisce uomo libero ma non si rende conto che è schiavo delle sue risibili rivendicazioni personali.
Purtroppo la realtà è difficile da raccontare, soprattutto quando è poco edificante e poco nobile. Nel periodo natalizio è meglio adornare le notizie e renderle più belle di quanto in verità siano. E’ preferibile dare a lettori e spettatori una versione edulcorata per non urtare la loro sensibilità. Oppure i loro interessi, calcistici o meno. Dipende dai punti di vista. E allora solo così si può spiegare la ridicola presa di posizione dei giornalisti sportivi italiani, pronti ad insorgere al solo sentire nominare la parola “tradimento”. I tifosi non vanno più bene. Troppo appassionati, troppo emotivamente coinvolti, troppo idealisti. A leggere certi commenti verrebbe da pensare che la materia di cui si discute sia ingegneria meccanica e non calcio. Se davvero dovessimo applicare al calcio la razionalità paventata da giornalisti e affini, dovremmo derubricare il nostro amato sport alla triste descrizione di undici uomini in mutande che rincorrono un pallone. Visione che fidanzate, sorelle e madri ripetono da almeno cinquant’anni a fidanzati, fratelli e figli italiani.
Ma il calcio è lungi dall’essere una materia razionale (per fortuna) e si alimenta della passione aprioristica e totalizzante dei tifosi. I giornali sportivi e le trasmissioni calcistiche che demonizzano il tifoso, reo di amare la sua squadra al punto da non poter accettare il tradimento del passaggio agli odiati rivali, non comprendono che senza la rivalità Milan-Inter e senza l’amore irrazionale dei tifosi verso questo sport non esisterebbero nemmeno. Logica vorrebbe che ci si dovrebbe dedicare ad interessi più costruttivi sul piano culturale. Eppure se quando andiamo al bar sfogliamo sempre la Gazzetta prima di altri quotidiani è perché ci piace il calcio proprio per la sua capacità di regalarci emozioni. Voi direte che sono banalità sconcertanti e sono d’accordo con voi. Il problema è che una semplice verità di questo tipo appare incomprensibile a coloro che dovrebbero essere invece deputati a descrivere questo mondo. Se non si può neanche più definire traditore Leonardo per difendere quel distacco e quella razionalità che appaiono fuori luogo nel calcio, allora è meglio smettere di seguire questo sport. Perché ad essere razionali ci si dovrebbe domandare perché tifiamo una squadra e se traiamo beneficio dalla vittoria del nostro club preferito. Invece i giornalisti accettano e approvano la figura del tifoso, il quale permette loro di generare importanti ricavi, ma ne condannano le ovvie contraddizioni e i naturali eccessi sentimentali. Non significa allora tollerare e giustificare la violenza degli ultras ma neanche inveire contro coloro che ancora sperano di potersi affezionare ai campioni che vestono la maglia che amano.
Pier Paolo Pasolini sosteneva che il calcio fosse l’ultima rappresentazione sacra rimasta in Italia dimostrando di aver profondamente compreso la natura quasi religiosa e dogmatica del tifoso appassionato. Questi giornalisti invece preferiscono il politicamente corretto attaccando quelle passioni che loro stessi contribuiscono a creare con articoli infuocati contro il malcapitato giocatore di turno e con falsi scoop atti solo ad alimentare la tensione prima di una partita importante.
Alla faccia loro e di tutti i benpensanti e finti moralisti del calcio, di tutti coloro che davvero strumentalizzano la passione rossonera per attacchi politici, dal cuore mi sgorga limpido e chiaro un solo grido: Leonardo vaffanculo!!