Dal sito www.ilmiomilan.it
30 luglio 2010 - di Alessandro Jacobone e i 29.000 Milanisti “Non evoluti”
LETTERA DEI "MILANISTI NON EVOLUTI" A GALLIANI
"Egregio Dott. Adriano Galliani,
oggi è il suo compleanno e Le scrivo a nome di tutti i milanisti che in
questo
momento non capiscono in quale direzione stia andando la società e,
cosa ancor
più preoccupante, se ci sia davvero una direzione che tenga conto dei
colori
che noi amiamo più di ogni cosa al mondo, quelli rossoneri.
Le facciamo i nostri auguri che, seppur “non evoluti”, sono sinceri.
Sinceri come l’appello che Le facciamo tutti insieme affinché finisca
questo
incubo nel quale ci siamo trovati all’improvviso.
Ci vorremmo svegliare sudati e col cuore a mille ma con il televisore
lasciato
acceso la sera prima che comunica che il nostro Milan è sempre la
squadra
padrona della Madonnina; Andare allo stadio tutti insieme e vedere la
curva
esporre un’ennesima coreografia sbeffeggiante i cugini nerazzurri;
Vorremmo pensare alle vacanze con la tranquillità e la fiducia che
abbiamo
sempre riposto verso di Lei e la società. Quella sensazione che il
vicino
interista avrebbe potuto esultare solo da luglio a fine agosto e che a
settembre le cose sarebbero state sempre le stesse.
Ad oggi tutto questo sembra un ricordo lontano, un po’ come la sua
corsa in
mezzo al campo insieme ad Arrigo Sacchi al goal di Evani durante l’
Intercontinentale del ’89.
Una volta le Sue “bugie” erano dolci come il miele e mentre dichiarava
che
Nesta non sarebbe mai arrivato al Milan, eccolo spuntare dal tunnel di
San Siro
con ancora in mano il biglietto Roma-Milano. Adesso non parla più con
noi, lo
fa con gli sponsor. E quando ci tranquillizza dicendo che la visita a
Madrid
era solo di cortesia verso il suo amico Perez, in realtà è per
consegnarli il
nostro giocatore migliore e al quale eravamo tutti affezionati.
Non se la prenda Dott. Galliani, sappiamo che non è il solo
responsabile di
tutto questo e che vorrebbe presentarsi in conferenza stampa portando i
giocatori che servono alla causa senza dover cercare i fondi come si fa
quando
si cercano le monete nei cappotti conservati in armadio. Sappiamo che
c’e’ la
crisi poiché, da persone normali, contro la stessa combattiamo ogni
giorno;
sappiamo che la squadra va sempre sostenuta e che lo stadio strapieno è
bello
per i giocatori ma ancor di più per il nostro cuore rossonero. Ma
perché crede
che ricordarcelo sia la sua missione? Perché non ci parla più col cuore
in mano
dando l’idea di poter comandare una nave che al momento si trova in
mezzo alla
tempesta? Perché ci ha costretti a diventare fiscalisti per esser in
grado di
capire le esigenze di bilancio, le plusvalenze e tutto quello che col
calcio,
come lo vediamo noi tifosi, non dovrebbe mai avere nulla a che fare?
Perché ha
diviso la tifoseria milanista, unita storicamente, in Evoluti e Non
evoluti?
Gli anni passano e le cose cambiano, è vero, ma l’amore che noi tifosi
abbiamo
per il Milan è immortale ed infinito e va al di là di ogni vittoria o
insuccesso, di ogni giocatore che abbia indossato la nostra maglia o
che la
indosserà, di ogni dirigenza che lo ha gestito o lo gestirà.
Oggi è il Suo giorno e come tutti gli anniversari ci si merita un
regalo.
Bene, il nostro regalo è aver consegnato nelle Sue mani la cosa per noi
più
importante, il Milan.
Ne sia contento, fiero e responsabile.
Un saluto
Il Manifesto dei Tifosi non Evoluti
26 marzo 2010 - Autore: milanologo
Era il 27 giugno del 2009 quando l’amministratore delegato del Milan
Galliani,
dal consueto appuntamento estivo del workshop in terra sarda, si
esprimeva
così: < I tifosi evoluti capiranno [...] che il Milan sta operando
bene sul
mercato [...] evoluti sono i tifosi che rinnoveranno l’abbonamento>.
Queste parole furono pronunciate esattamente 19 giorni dopo l’annuncio
ufficiale della vendita di Kakà al Real Madrid e nel bel mezzo di un
calciomercato che aveva appena visto fallire clamorosamente le
trattative per l’
esterno Cissokho e per l’attaccante Edin Dzeko. La teoria della “non
evoluzione” dì lì a poco avrebbe scatenato un tam tam mediatico non
indifferente a tal punto che, tra il serio e il faceto, Galliani si
trova di
fronte all’inizio di Settembre ad una realtà che molto probabilmente
non aveva
neanche immaginato: il numero di abbonati è pressochè dimezzato. Questo
significa una sola cosa: la metà della popolazione rossonera è di fatto
“non
evoluta”, perchè non si riconosce nella politica passiva di una società
che non
ha parlato chiaro con la tifoseria, che non ha manifestato apertamente
i suoi
programmi, che ha tenuto nascosto un progetto di ridimensionamento
ormai
evidente. Così succede che alcuni tifosi, accomunati dalla passione per
il
Milan e indignati dal comportamento della società, decidono di dare
voce alla
“non evoluzione” fondando su Facebook, il gruppo “Milan club non
Evoluti” che,
ad oggi, conta quasi 200 iscritti. Ma perchè con orgoglio rivendichiamo
la
nostra “non evoluzione” ??
La gestione della trattativa Kakà – Il giocatore simbolo della
squadra, dopo
le avvisaglie del Gennaio precedente, è stato “svenduto” al Real
Madrid, con
una trattativa lampo, gestita da Galliani, il venditore, direttamente
nelle
sede di Perez, il compratore. La società, impaurita, da una possibile
reazione
della tifoseria, ha preferito concludere l’affare a casa del “nemico”,
o finto
“amico”, come più volte Galliani lo ha definito. Quello che il gruppo
non
evoluti ha sempre sottolineato è come non sia stata la vendita di Kakà
il
problema ma come è avvenuta e cosa ha comportato. In particolare: a) la
segretezza totale con la quale è stata portata avanti la trattativa,
con un
blitz repentino di poche ore. Forse che l’affare era già in piedi da
mesi? b)
la assoluta mancanza di chiarezza da parte della società sulle ragioni
vere che
hanno portato alla vendita del fenomeno brasiliano. c) il Real aveva in
quel
momento tanti giocatori in esubero, in tutte le zone del campo.
Galliani non ha
saputo ottenere una adeguata contropartita tecnica. Anzi, poche
settimane dopo,
abbiamo acquistato dallo stesso Real un giocatore pagandolo a peso
d’oro. Alla
faccia dell’amicizia e della riconoscenza. Insomma, l’errore fatto con
Shevchenko, è stato follemente ripetuto d) la vendità di Kakà poteva
essere
assorbita solamente a patto di una adeguata politica di rafforzamento
della
squadra in tutti i reparti. Con i soldi incassati e con un acume
calcistico, si
poteva acquistare tanto e bene, forse risparmiando anche qualcosa.
La politica “dei se e dei ma” – La stagione in corso potremo dire che
non è
frutto di una programmazione di una società seria e preparata, ma il
risultato
di un vero e proprio azzardo. Basandosi infatti solamente su
congetture, si è
data in mano a Leonardo una sfera di cristallo molto fragile, una
macchina con
parecchi chilometri dal funzionamento non garantito. Molte infatti
erano le
scommesse: puntare tutto su Dinho, un giocatore che nell’anno
precedente non
aveva fatto vedere tutto il suo valore. Solo la cura psicologica,
fisica e
tattica di Mister Leonardo poteva restituire al calcio un giocatore in
parabola
discendente. b) scommettere sul recupero fisico di Nesta, il perno
della difesa
che aveva alle spalle più di un anno di inattività, senza prevedere un
sostituto adeguato, nè giovane nè affermato sperando che Thiago Silva
si
rivelasse un campione di livello mondiale. c) pensare di risolvere il
problema
delle fasce laterali con giocatori obsoleti (Oddo, Zambrotta e
Jankuloski) o
con giocatori troppo inesperti (Antonini e Abate) d) non fornire a
Leonardo una
rosa impostata al suo sistema di gioco, il 4-3-3. Alcune di queste
scommesse
sono state perse, altre vinte, moltegrazie a Leo e alle sue invenzioni.
Di
certo una politica così poco ponderata può portare ad un risultato
immediato ma
non ad una certezza futura.
il buco di Bilancio – Una affermazione ricorrente è che Kakà sia stato
venduto
per problemi di bilancio. Ci sovvengono due considerazioni: la prima è
che,
qualora il buco di bilancio fosse realmente presente, esso non può che
essere
stato causato dagli stessi soggetti che ora lo vorrebero estirpare come
un
cancro che non gli appartiene; secondo, dove sono finiti i soldi della
vittoria
in champions, della vittoria della fifa world cup, delle vendite di
Sheva, di
Gilardino, di Tomasson, di Gourcuff (solo per citarne alcuni)? Alcuni
sono
stati investiti bene, altri male, ma quasi sicuramente non tutti. La
politica
delle piccole cessioni in comproprietà per raccimolare qualche
spicciolo in più
paga nel presente, ma non nel futuro, quando sei costretto a ricomprare
un
giocatore di proprietà a peso d’oro (vedi Borriello).
una dirigenza poco “evoluta” – La crisi c’è per tutti: per le aziende,
per la
famiglie e anche per le squadre di calcio. Ma è proprio in questi
momenti di
“difficoltà” che si vede l’acume della dirigenza. La sensazione diffusa
è che
nel periodo di laute possibilità economiche fosse facile acquistare e
soffiare
giocatori alla concorrenza. La bravura del dirigente, invece, si vede
quando i
contanti a disposizione latitano e le idee si moltiplicano. Se i soldi,
quando
c’erano, fossero stati spesi in modo oculato e attento per creare una
squadra
vincente nel presente, affidabile nel futuro, allora anche i conti
economici
sarebbero tornati
la staticità sul mercato – Nel calcio non si può stare fermi. Un
piccolo passo
falso, una piccola disattenzione e sei perduto. Ti giri un secondo, e
il
giocatore tanto agognato è già acclamato da un’altra tifoseria.
Servirebbero
rinforzi in tutti i reparti: un difensore di livello che possa
sostituire
Nesta, due esterni di caratura internazionale, un attaccante che sappia
fare la
differenza. Il primo assalto (speriamo non l’ultimo) a Dzeko è fallito,
il vice-
nesta non si vede all’orizzonte, mentre ci siamo permessi con il
promettente
Cissokho una figuraccia degna di Fantozzi.
l’incertezza del futuro – Berlusconi ha trasformato il Milan in una
macchina
perfetta, dal bel gioco e dalle grandi vittorie. Ma, d’altra parte, il
Milan è
stato il giocattolo attraverso il quale ha ottenuto prestigio
internazionale,
consenso personale e visibilità industriale.
Il marchio Milan è stato
il
lasciapassare verso la gloria. Ora quello che ci preoccupa è la totale
mancanza
di entusiamo, che si manifesta in uscite provocatorie e destabilizzanti
e che
si traduce in una politica di investimenti ridotta al lumicino. Le
vittorie
sono importanti, ma lo è ancora di più il sogno di poter guardare al
futuro in
modo luminoso. Un anno o due di transizione possono essere accettati ma
non
devono diventare la norma, e devono essere utilizzati per programmare
le
stagioni successive. Se il presidente non ha più l’entusiasmo di una
volta, i
sogni vincenti del passato, allora forse è meglio lasciare spazio a chi
ha un
progetto e una capacità di investimento degni del nome Milan.
l’infrangersi di un sogno – Ci siamo sempre illusi di essere diversi
dagli
altri, abbiamo sempre avuto il sogno che il nostro Milan fosse “più che
un
club” (come si direbbe in Catalogna), che le nostre vittorie fossero
anche la
logica conseguenza di un ambiente dove il senso di appartenenza fosse
il valore
cruciale, per i giocatori, i tifosi e per tutto lo staff. Ora stiamo
pericolosamente degenerando verso una direzione di massa. La vendita di
Kakà è
stato la scintilla che ci ha fatto ipotizzare, magari sbagliando, che
stiamo
diventando una mera attività industriale/commerciale attenta solamente
alla
contabilità di fine anno e alle entrate e alle uscite di bilancio. Non
vogliamo
in nessun modo diventare una squadra impersonale, dove è il denaro
l’unico
motore, dove i buchi di bilancio diventano l’unico alibi per
giustificare
vittorie e sconfitte. Vogliamo tornare a sognare una squadra dalle
storie
favolose, in cui Ancelotti vince da allenatore e da giocatore, in cui
papà
cesare e figlio Paolo alzano a distanza di 40 anni la coppa dei
campioni.
Questo è il Milan che vogliamo, questo è e sarà sempre il punto di
riferimento.
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