21 dicembre 2010, è mancato Enzo Bearzot, lo storico C.T. di Spagna '82 |
Dal sito www.gazzetta.it
E' MORTO ENZO BEARZOT. ADDIO AL C.T. DI SPAGNA '82
Friulano d'origine, aveva 83 anni. Giocò da mediano anche nell'Inter, prima di allenare con Rocco, Fabbri e Bernardini. Alla guida della Nazionale dal 1975, conquistò il quarto posto ad Argentina '78 e vinse il Mondiale quattro anni dopo con Rossi e Cabrini. Suo il record di presenze sulla panchina azzurra: 104
MILANO, 21 dicembre 2010 - Il “vecio” se n’è andato. Enzo Bearzot, il commissario tecnico del trionfo in Spagna nel 1982, è morto. Curiosamente si è spento proprio il 21 dicembre, come Vittorio Pozzo, il c.t. che vinse i due Mondiali prima di lui, nel 1934 e 1938, scomparso il 21 dicembre di 42 anni fa. Aveva 83 anni. Ci lascia in eredità una straordinaria avventura, maturata in un’estate rovente, costruita pezzo dopo pezzo all’insegna del gruppo. Nomi che sono diventati leggende. Zoff, Collovati, Scirea, Cabrini, Gentile, Bergomi, Oriali, Conti, Tardelli, Graziani, Rossi, Altobelli, Antognoni. Chissà quante volte avrà ripetuto questi nomi. Tutti figli suoi.
la carriera — Enzo Bearzot nasce ad Aiello del Friuli il 27 settembre 1927. E' un mediano con spiccate doti difensive e gioca nella squadra locale. Ma nel 1946 qualcuno si accorge di lui e vola in serie B nelle fila della Pro Gorizia. Davvero bravo; così tanto da passare all’Inter. Quindi tre anni al Catania ancora tra i cadetti e poi nel Torino dove costruisce la sua carriera: 164 presenze, dal 1957 al 1964. La Nazionale ? Una sola presenza nel 1955. L’addio al calcio coincide con l’ultimo anno al Toro in cui prende in mano le giovanili granata per poi diventare assistente di Nereo Rocco e Edmondo Fabbri. Dopo una breve esperienza al Prato, il primo impatto con l’azzurro: era il 1969. Resterà alla guida dell’Under 23 fino al 1975; il trampolino di lancio per la Nazionale maggiore. Dopo il fallimento in Germania nel 1974 condivide la panchina con Fulvio Bernardini fino al 1977.
mundial 82 — Il resto è storia. L'Italia conquista il quarto posto in Argentina nel 1978, grazie anche a scelte coraggiose; come le convocazioni dei giovani Paolo Rossi e Antonio Cabrini. Proprio Rossi, convocato nel 1982 dopo la famosa squalifica, sarà l’artefice del trionfo spagnolo; una conquista strepitosa contro avversari fortissimi (Brasile, Argentina e Germania), contro la feroce critica della stampa italiana contro la quale Bearzot "inventò" il silenzio stampa. Meno fortunato il prosieguo sulla panchina azzurra: nel 1986 i campioni del Mondo escono agli ottavi contro la Francia. Bearzot si dimette dopo 104 panchine. Più di Vittorio Pozzo che ne collezionò 97. Il suo resterà un record ancora imbattuto.
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Dal sito www.ilgiornale.it
E' MORTO ENZO BEARZOT. IL CT DEGLI AZZURRI CAMPIONI DI SPAGNA '82
L'ex commissario tecnico degli azzurri si è spento all'età di 83 anni. Friuliano, nato nel 1927, prima di allenare fu calciatore: militò anche nell'Inter e nel Torino. Poi la carriera di allenatore: fu l'assistente di Nereo Rocco ed Edmondo Fabbri
MILANO, 21 dicembre 2010 - E' morto Enzo Bearzot, ct della nazionale campione del mondo nel 1982. Nato di Aiello del Friuli (Udine) nel 1927, prima di iniziare ad allenare aveva fatto il calciatore, arrivando a calcare i campi della serie A, con le maglie dell'Inter e del Torino. Coronò la sua carriera di giocatore con due presenze nella Nazionale. Ma alla maglia azzurra diede un contributo ben più importante sedendo in panchina, con la splendida vittoria nel Mondiale di Spagna nel 1982.
Assistente di Rocco e Fabbri - Al termine della sua carriera da giocatore, nel 1964, iniziò l’apprendistato tecnico sulla panchina del Torino prima come preparatore dei portieri e poi da assistente di Nereo Rocco, poi di Fabbri e, successivamente, nella stagione 1968-1969, divenne allenatore del Prato (in serie C). Entrò ben presto nei quadri federali, inizialmente come allenatore delle giovanili (under 23 all’epoca) ma ben presto venne promosso ad assistente di Valcareggi nella Nazionale maggiore e quindi a vice del suo successore, Fulvio Bernardini.
Ct degli azzurri dal 1975 - La nomina a commissario tecnico arrivò nel 1975, anche se condivise la panchina con Fulvio Bernardini fino al 1977. I primi importanti frutti del suo lavoro iniziarono a vedersi ai mondiali del 1978, terminato al quarto come l’Europeo casalingo del 1980.
Il Mondiale del 1982 - Il "miracolo" avviene in Spagna nel 1982: nonostante una critica feroce da parte dei giornalisti (che lo portò a introdurre la novità del silenzio stampa), riuscì a portare la Nazionale sul tetto del mondo, grazie anche a una preparazione morale, basata sulla forza del gruppo, oltre che tecnica e grazie a giocatori come Cabrini, Zoff, Conti, Collovati, Scirea, Gentile, Bergomi, Oriali, Tardelli, Graziani, Rossi, Altobelli, Antognoni.
Soprannominato il Vecio - Dopo il Mondiale vinto, non riuscì a qualificarsi all’Europeo successivo, dimettendosi dopo il deludente Mondiale 1986. Il "Vecio", soprannome con il quale era ormai famoso, non si riconosceva più nel calcio ultramiliardario. Ancora oggi Bearzot detiene il record di panchine azzurre: 104, davanti alle 97 di Vittorio Pozzo.
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Dal sito www.repubblica.it
ADDIO A ENZO BEARZOT, CT DELL'ITALIA MUNDIAL
Aveva 83 anni, le sue foto con Pertini sono sui libri di storia. Guidò la squadra in tre campionati del mondo
MILANO, 21 dicembre 2010 - E' morto a Milano Enzo Bearzot, ct campione del mondo dell'Italia nel 1982. Il "vecio", allenatore amatissimo, se n'è andato in silenzio: era gravemente malato, ma non voleva dirlo a nessuno. Era nato nel settembre del '27, aveva dunque 83 anni. La sua foto con Pertini, e in mezzo la Coppa del Mondo, è sui libri di storia. E' stato un esempio di stile e compostezza, sia da calciatore che da allenatore. Lascia la moglie Luisa, i figli Glauco e Cinzia, e un immenso rimpianto dentro e fuori il suo mondo.
E' stato alla guida della Nazionale, dal '75 al 1986. Esordì con un Italia-Finlandia 0-0. Fu ct in tre Mondiali, ottenendo un insperato quarto posto in Argentina. Un Mondiale in cui sbocciarono giovani come Gentile, Cabrini, Scirea, Tardelli e Paolo Rossi. Un gruppo fantastico che poi Bearzot avrebbe portato alla vittoria nel Mondiale del 1982. E fu per le ragioni del cuore che confermò un gruppo ormai sfiorito nel 1986, quando la Nazionale fu eliminata in Messico agli ottavi di finale dalla Francia di Platini. Fu la sua ultima partita alla guida della squadra azzurra.
Ora è forse ovvio dire che Bearzot non c'entrava nulla con il calcio di oggi. Non avrebbe mai elencato i tredici errori arbitrali come ha fatto Mourinho l'altro giorno. Si può parlare di uno stile Bearzot, certo. Uno abituato a combattere con la stampa ogni mattina, ad affrontare -come successe davanti a un albergo di Roma - un giovane tifoso che lo chiamò scimmione perché non aveva convocato Beccalossi. Alla fine - la storia insegna - ha avuto ragione lui.
Il suo capolavoro fu la preparazione del Mondiale 1982. Una squadra assediata, un mondo allo sfascio che usciva dal calcioscommesse, un centravanti -Paolo Rossi- reduce da una lunga squalifica. Bearzot creò un gruppo perfetto, con un allenatore in panchina, e uno in campo che si chiamava Zoff. Fu un Mondiale a nervi tesi quello in Spagna, nacque il famoso fenomeno del silenzio stampa, poi replicato infinite volte.
Fu la vittoria del "noi soli contro tutti", con una stampa e un paese totalmente ostili, con un giovanissimo Antonio Matarrese presidente di Lega che "voleva prenderli tutti a calci del sedere" dopo la deludente amichevole pre-mondiale. Ma in Spagna fu un crescendo. Un girone eliminatorio deludente, condite da feroci polemiche sul pareggio con il Camerun (1-1) che diede la qualificazione all'Italia. Bearzot ha sempre respinto con sdegno le insinuazioni sul risultato, e ne rimase ferito.
La seconda fase fu un trionfo: Gianni Brera, che era appena arrivato a Repubblica, la raccontò magistralmente. L'Italia mise in fila Argentina e Brasile cancellando la loro supponenza, fece risbocciare quello che da quel momento diventò Pablito, e cioè Paolo Rossi. Ma quel Mondiale segnò la scoperta di una delle ultime ali vere, Bruno Conti, il ragazzo di Nettuno, che in Nazionale ci era arrivato perfino tardi.
Arrivati alla semifinale con la Polonia, l'Italia di Bearzot sembrò non avere più rivali, spinta da un paese intero. Bearzot si permise perfino il lusso di lanciare un diciottenne di nome Bergomi, uno che si fece crescere i baffi per sembrare più adulto. Da allora fu detto "lo zio". L'Italia superò i polacchi, poi sbaragliò la Germania in finale, con quelle scene che vanno e rivanno sui siti e sui tg di tutto il mondo in queste ore: Pertini in piedi con Juan Carlos, l'urlo di Tardelli, la Coppa alzata al cielo da Zoff, ma poi anche da lui: elegantissimo, in giacca bianca.
Poi il viaggio di ritorno sull'aereo del presidente Pertini, con quella partita a scopone con Zoff, Causio e il presidente, quasi più combattuta della finale con la Germania, fra rimproveri e sorrisi. Il ritorno all'aeroporto di Ciampino, con la gente fuori e gli azzurri stremati dai festeggiamenti.
Forse a quel punto Bearzot avrebbe dovuto lasciare la Nazionale, ma non era nel suo stile e nella sua natura. Insistette sul gruppo dei vincitori, andando incontro a problemi simili a quelli della Nazionale post-Germania. Fallì la qualificazione agli Europei. Puntò tutto sui Mondiali in Messico, ma si portò fino alla fine una incredibile indecisione sui portieri, Galli e Tancredi. Scontava un momento di magra del calcio italiano, puntò su un Antonio Di Gennaro come cuore del gioco italiano, ma l'esperimento fallì. Un po' per stanchezza, un po' per consunzione, l'Italia uscì quasi subito, nel Mondiale che incoronò il genio di Maradona.
Dopo l'addio alla Nazionale, si ricorda poco di Bearzot. Se non la certezza per il calcio di avere un padre della patria, un garante di onestà, un vecchio saggio che ogni tanto ricordava, anche solo con una smorfia, che si stava esagerando.
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(da "Leggo Milano" del 22 dicembre 2010) |
(dal sito www.virgilio.it) |
Almanacco Illustrato del Calcio 1983 |
Immagini tratte dal sito www.gazzetta.it |
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Alcune pagine della "Gazzetta dello Sport" del 22 dicembre 2010 |
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(da "Pub and Gradinate", Facebook) |
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