Roberto BOERCI

< PREPARATORI E MASSAGGIATORI
  Ritorna all'Home Page



(Archivio Magliarossonera.it)
  Roberto BOERCI

Nato nel 1956 a Milano

Massofisioterapista

Stagioni al Milan: 16, dal 1999-00 al 2014-15




Da "Il Cittadino" del 21 agosto 2020
di Andrea Grassani

Boerci e la "famiglia" del Milan: "Berlusconi mi cambiò la vita, Maldini chiede ancora massaggi" Ha curato i muscoli dei più grandi campioni del Milan, vincente come mai nella sua storia, tra il 1986 e il 2017, vivendo l'epopea dei grandi successi targati Silvio Berlusconi, con cui conserva tutt'ora un grande rapporto d'amicizia. Roberto Boerci però ha scoperto un po' per caso che quella panchina sarebbe diventata il suo trono per oltre trent'anni e non certo come allenatore. Curioso come lei capisce che forse il campo da calcio è meglio guardalo da fuori. Ce lo racconta?
"Avevo un allenatore alla Pro Melegnano che non mi faceva mai giocare e mi teneva sempre in panchina. Allora mi dissi, dopo un'attenta autocritica: qui certamente farò carriera. Diciamo che ero un predestinato".
Il calcio è sempre stato nei suoi pensieri quindi?
"Per niente, anzi a un certo punto, dopo che mi ero fatto male, iniziai a odiarlo. La domenica prendevo il mio Garelli e andavo a Monza a guardare le gare di automobilismo".
Fino a quando?
"Ho conosciuto mia moglie che abitava proprio a ridosso del campo di Sesto Ulteriano e così mi sono di nuovo avvicinato al calcio. Andavo a vedere qualche partita, poi i dirigenti della Sestese, sapendo che lavoravo in ospedale, mi proposero di fare il massaggiatore".
Inizia quindi tra i dilettanti il tuo lungo percorso?
"Esattamente, fino al 1975 con la Sestese, poi passai al Borgolombardo fino al 1984 e nel frattempo, dopo essermi diplomato come massofisioterapista al "Galeazzi", venni chiamato dal Milan".
Comincia però dal basso
"All'inizio mi occupavo del settore giovanile, poi quando arrivò Berlusconi, nel 1986, mi chiesero di seguire gli allenamenti della prima squadra e quindi nel 1989 feci il mio esordio ufficiale in panchina".
In un modo curioso se non sbaglio?
"Proprio così, perché in realtà rimpiazzai il mio collega che si era fatto male, perché anche i massaggiatori si infortunano. Era una partita di Coppa Italia, Milan-Bari, finita 1-0 con gol di Simone al 20' del secondo tempo".
Che memoria, e alla fine come si sentì?
"Felicissimo anche perché al fischio finale, Giovannino Stroppa (l'allenatore del Crotone, fresco di promozione in Serie A, ndr) sapendo che come lui ero di Mulazzano venne ad abbracciarmi e mi regalò la sua maglia".
Restando in tema di territorio, la storica amichevole tra Melegnanese e Milan del 1 aprile '88 a Melegnano, se la ricorda?
"Certo, ero con la squadra, anche se in quell'occasione non andai in panchina".
Lei ha un legame che dura ancora con molti calciatori?
"Assolutamente sì, anche perché molti di loro li ho visti crescere quasi come dei figli. I vari Maldini, Albertini, Costacurta, erano poco più che ragazzini quando arrivai al Milan e dopo qualche anno me li ritrovai in prima squadra. Oggi manteniamo ancora un grande rapporto di amicizia, tanto che con parecchi di loro, mi sento tutt'ora".
E magari la chiamano ancora prima di una partitella tra amici?
"Proprio così, Maldini quando deve fare qualche partita vuole sempre i miei massaggi e di Inzaghi a un certo punto sono diventato il suo massaggiatore privato".
In 33 anni di Milan ne ha viste di vittorie?
"Ho un palmares ricchissimo, con 29 trofei conquistati, direi non male".
Quale ricorda con più piacere?
"La prima Coppa dei Campioni nel 2003 contro la Juventus, a fine partita venne Maldini con la Coppa in mano e mi disse: questa è anche tua".
Ma anche qualche sconfitta.
"La più dolorosa quella di Istanbul (la finale di Champions con il Liverpool, da 0-3 a 3-3, ndr), lì capimmo che il calcio tanto ti dà e tanto ti toglie, ma anche la rimonta subìta a La Coruna. Ricordo ancora le parole di Ramaccioni (lo storico team manager, ndr) che disse sul 4-1 per noi "questo gol ci costerà caro".
Come viveva durante la settimana?
"Ero praticamente fuori di casa sette gironi su sette, tra allenamenti, ritiri e partite, e grazie a mia moglie Cristina che mi ha sopportato. Avendo tra l'altro il diploma di infermiere ero abilitato a fare le iniezioni e capitava che il medico sociale, il dottor Tavana, mi chiedesse di andare a casa dei calciatori per fargliele. Andavo spesso da Van Basten o da Gullit, ma anche da tanti altri".
L'avvento di Berlusconi le ha cambiato la vita quindi?
"Sicuramente, io ho vissuto in parte anche gli anni prima che arrivasse, ma lui ha rivoluzionato tutto a cominciare dal rapporto umano. Il Milan con Berlusconi è diventata una grande famiglia".
Ci racconta qualche aneddoto?
"Ricordo che dopo la vittoria del primo campionato nel 1987, andai a ritirare lo stipendio e mi accorsi che nella busta c'era il doppio di quello che normalmente prendevo. Tornai quindi in ufficio e dissi che c'era un errore, ma il capo del personale mi rispose: no, ha detto il presidente che quando si vince, si vince tutti insieme". Berlusconi era così".
Oggi è cambiato non solo il calcio, ma anche il ruolo del massaggiatore?
"C'è stata un'evoluzione dal punto di vista sanitario, che è stata introdotta da Milan Lab, ossia sono comparse alcune figure come lo psicologo o il mental coach che hanno consentito da un lato di migliorare tutto il settore, ma dall'altro si sono persi alcuni rapporti. Una volta i calciatori avevano solo il massaggiatore come riferimento. Si creava una sorta di simbiosi che ti portava a sapere tutto di loro e diventare anche un po' psicologo e per i più giovani quasi un padre".
A proposito, lei ne ha visti tanti di muscoli, ma qual è stato il calciatore più esplosivo?
"Sicuramente a livello muscolare Seedorf, ma anche Gullit era devastante".
Lei ha lasciato il Milan nel 2017, come Berlusconi?
"Tutto ha un inizio e una fine, oggi gestisco il mio centro fisioterapico, ma il Milan resta sempre una parte di me."