Luigi VICINI

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(Archivio Magliarossonera.it)
  Luigi VICINI

Nato il 07.08.1892 a Milano, † il 05.01.1969 a Bologna

Difensore (D), m ....., kg .....

Stagioni al Milan: 1, 1912-13, solo partite
amichevoli

Esordio nel Milan in gare amichevoli in dicembre 1912: Juventus vs Milan 0-3

Ultima partita amichevole giocata con il Milan: .....

Totale presenze in gare amichevoli: ...

Reti segnate: ...

Partite amichevoli documentate da tabellino in Magliarossonera.it:
- dicembre 1912: Juventus vs Milan 0-3
- 22.12.1912: Juventus vs Milan 3-3
- 01.05.1913: Modena vs Milan 1-3




Ha giocato anche con l'U.S. Milanese.



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1° maggio 1913, amichevole Modena vs Milan 1-3. La formazione del Milan scesa in campo a Modena
In piedi, da sinistra: Giuseppe De Rocco (arbitro, socio del Modena e già socio del Milan), Sala, Bovati (in borghese), Marchesi,
Vicini, Cappelli, Avanzini, Roberts, C. De Vecchi, Girolamo Radice (trainer di giornata secondo un giornale locale e arbitro).
Sdraiati: Er. Morandi, Malerba, Cazzaniga, R. Ferrario
(dalla collezione del Sig. Loris Cuoghi, grazie a Filippo De Rienzo)



da "La favolosa epopea dell'Unione Sportiva Milanese"

"...Nella seconda metà degli anni Cinquanta, sciolto il legame con Zironi, Gigi andò in pensione. All’improvviso si rese conto di essere senza famiglia, soffrendo la solitudine e fingendo di fuggire la compagnia degli amici che invece segretamente cercava. Cedette anche l’abitazione di via Calari e affittò una camera ammobiliata da Maria Giovannini. La donna, in via D’Azeglio, gestiva un piccolo alberghetto, se così si può chiamare, con due sole stanze; l’altra era occupata da un agente di commercio. Pranzavano e cenavano insieme tutti e tre ogni santo giorno. Con Maria, che aveva un anno in meno di lui, Gigi instaurò un legame che andava oltre la comprensione reciproca e che sfociò nel matrimonio il 5 aprile 1959. La donna, vissuta quasi sempre senza un compagno, mai si sarebbe immaginata, a sessantasei anni, di trovare chi le volesse bene. Era pazza di felicità.
Ogni domenica mattina, a piedi, Gigi e Maria si recavano da Isa, nel frattempo unitasi a Giulio Casadio, ingegnere romagnolo che insegnava matematica al Liceo scientifico “Enrico Fermi”. Si fermavano per il pranzo, che si trasformava in un momento di allegria e festa collettiva, in cui i commensali chiacchieravano e scherzavano fra loro, facendo battute per le quali ridevano insieme. Isa serviva i passatelli fumanti, i bicchieri sempre colmi di vino, e intorno al vecchio tavolo fiorivano i racconti della prima metà del secolo. Isa si era oramai rappacificata con il padre: con gli anni le tensioni si erano placate e gli animi rasserenati; le era rimasto solo lui, la madre era scomparsa il 4 febbraio del 1956. Nel pomeriggio, i quattro passeggiavano in centro insieme ai due nipotini: Silvana di sette anni, e Guido di tre. Maria pretendeva da loro che la chiamassero “nonna”. La serenità e la spensieratezza di quei giorni, però, non durarono a lungo. Maria si ammalò di cancro e la sua agonia fu breve. Gigi si ritrovò per lunghe ore al suo capezzale, sempre perseguitato da una sensazione di angoscia e di inutilità. Era al suo fianco anche quando la donna esalò l’ultimo respiro, il 13 gennaio 1960. Subito dopo, gli eredi testamentari della Giovannini vendettero l’abitazione di via D’Azeglio, costringendo Gigi alla ricerca di un nuovo posto dove andare a vivere. Scelse quello che amava chiamare “ricovero”, una casa di riposo posta dietro la Veneta, la vecchia stazione delle corriere. Gli assegnarono una sorta di suite, con salotto e camera da letto, arredata con i mobili che lui già possedeva. Aveva investito male i suoi risparmi e navigava in cattive acque, tanto che, puntualmente, provvedeva la sorella Antonia a pagargli la retta. Ormai anziano, ma sempre ben conservato, Gigi non aveva smesso le sue abitudini. Leggeva molto e alla domenica sedeva al Dall’Ara per le partite casalinghe del Bologna. Sempre in giacca, cravatta, panciotto e pantaloni ben stirati. E le donne? Qualcuno giurò di averlo visto girare per il centro in compagnia di una ragazza sui cinquant’anni, alta, snella, avvolta in un giaccone chiaro e stretto in vita da una cintura, i capelli fluttuanti che il vento scompigliava scoprendo il collo esile e lungo, il braccio sotto il suo, le mani che forse si stringevano… o così, almeno, parve di intravedere. La mattina del 3 gennaio 1969, un inserviente della casa di cura lo trovò riverso sul letto, il volto terreo, il respiro affannoso, lo sguardo spaventato: un attacco di cuore. Si allontanò correndo a chiamare aiuto. L’ambulanza arrivò in pochi minuti e il personale fu rapido ed efficiente. Un’ora dopo Gigi era ricoverato all’ospedale Maggiore, pallido, sofferente, il petto nudo puntellato di dischi, cavi e fili che tracciavano linee impazzite sui monitor accanto al letto. Passata qualche ora, tutto lasciava presagire che l’infarto fosse superato. Isa, tornata dalla montagna dov’era andata a passare il Capodanno, lo vide, a sera: il volto livido ma, tutto sommato, in buone condizioni. Lo pregò di evitare il fumo. Gigi, stringendo in tasca il pacchetto di sigarette, annuì, facendo l’occhiolino all’infermiera. Fu l’ultima volta che si videro."




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Nella foto si scorge, di lato, la bottega dei Vicini