Ferdinando VALLETTI
"Nando"

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(Archivio Magliarossonera.it)
  Ferdinando VALLETTI

Nato il 05.04.1921 a Verona, † il 23.07.2007 a Milano

Centrocampista (C), m 1.75, kg 70

Stagioni al Milan: 3, dal 1941-42 al 1943
-44, solo partite amichevoli

Soprannome: “Nando”

Proveniente dal Seregno

Esordio nel Milan in gare amichevoli l'11.09.1941: Milano vs Dopolavoro Falck Sesto S. Giovanni 5-0

Ultima partita amichevole giocata con il Milan il 30.08.1942: Seregno vs Milano 2-3

Totale presenze in gare amichevoli: 4

Reti segnate: 0

Partite amichevoli documentate da tabellino in Magliarossonera.it:
- 11.09.1941: Milano vs Dopolavoro Falck Sesto S. Giovanni 5-0
- 14.09.1941: Seregno vs Milano 0-5
- 14.05.1942: Vigevano vs Milano 2-7
- 30.08.1942: Seregno vs Milano 2-3




Dal sito www.wikipedia.it

Calciatore prima dell'Hellas Verona, poi del Seregno e dell'AC Milan, gioca con la squadra milanese due stagioni (1942/1943 e 1943/1944) nel ruolo di mediano. Dopo alcune amichevoli, una lesione al menisco e soprattutto la deportazione nazista ne interrompono la carriera sportiva.
Viene catturato dalle SS tedesche per aver aderito allo sciopero del marzo 1944 all'Alfa Romeo. Inviato prima al carcere di San Vittore, dal binario 21 della Stazione Centrale di Milano viene quindi deportato al campo di concentramento di Mauthausen e successivamente a quello di Gusen.
Condivide la prigionia con il pittore milanese Aldo Carpi, che lo citerà più volte nel suo Diario di Gusen. Riesce a tornare a casa anche grazie ad un pizzico di fortuna: per il suo trascorso nel Milan viene chiamato da un Kapo' a sostituire un giocatore di calcio nella squadra delle SS: in seguito a questo fatto gli viene concesso di lasciare il lavoro alla cava di pietra e di lavorare come sguattero nelle cucine, riuscendo così a portare cibo anche ai compagni e contribuendo a salvare loro la vita. Viene liberato dalle truppe alleate il 5 maggio 1945. Nel 1947 è insignito della Medaglia Garibaldina al valore militare e gli viene riconosciuto il Brevetto di Partigiano Combattente.
Terminata la seconda guerra mondiale continua il suo percorso lavorativo all'Alfa Romeo di Milano e diventa dirigente, lascia il lavoro nel 1978. Nel febbraio del 1976 è insignito dell'Ambrogino d'oro dal sindaco di Milano Aldo Aniasi; nel 1979, su iniziativa del Presidente della Repubblica, diviene Maestro del Lavoro.
Dal 1970 è docente presso l'Associazione Meccanica e presso l'I.S.E.O. e partecipa come relatore al Salone Internazionale della Movimentazione e della Logistica di Padova.
Successivamente si dedica con l'ANED e l'ANPI allo svolgimento di conferenze e seminari con lo scopo di tramandare alle nuove generazioni la propria tragica esperienza nei lager nazisti. Dal 1993 la sua salute viene minata da gravi patologie, l'ultima delle quali, il morbo di Alzheimer, lo costringe nel 2000 a rinunciare all'attività didattica e lo porterà alla morte, avvenuta nel 2007.
«Io ero già un po' instupidito dalla malattia, e poi non potevo camminare; e c'era Ferdinando Valletti, altro operaio, un bravo giovane qui di Milano che, ogni volta che correvo il pericolo di rimanere sotto lo scarico dei sassi, mi gridava: "Professor, professor" e correva a prendermi per un braccio e mi tirava lontano. Un'altra volta quel bravo ragazzo mi ha strappato dalle rotaie mentre stavo per finire sotto il treno. Valletti era un amico del Borghi, un operaio dell'Alfa Romeo; si è salvato. Poi quando finiva il lavoro ero proprio stanco, non ne potevo più, avevo le mani e i piedi martoriati, le gambe non mi reggevano. Allora Valletti e un altro dei miei compagni mi prendevano sottobraccio e mi aiutavano a camminare incolonnato con gli altri.»




Dal sito www.bbc.co.uk
By Richard Padula - BBC World Service Sport

The Second World War interrupted many football careers, but few can claim that the sport saved their lives during those turbulent times.
But that was the case for the former AC Milan player Ferdinando Valletti.
Born in 1921, Valletti was part of the pre-war Milan side which included the legendary Giuseppe Meazza, but in 1944 he was arrested for his part in a strike while working at an Alfa Romeo car factory. He was sent to the infamous Gusen concentration camp.

Ferdinando Valletti factfile
. Born 5 April 1921 in Verona
. Played for Hellas Verona and Seregno before joining AC Milan for two seasons (1942-1943 and 1943-1944)
. A defensive midfielder, Valletti played alongside the legendary Giuseppe Meazza
. Injuries cut short his final season for AC Milan and he goes to work at the Alfa Romeo car factory
. In 1944 he was arrested and sent to the Mauthausen concentration camp
. Died in July 2007 aged 86

"He was betrayed by some of his colleagues - he was just 22 - and he was taken to a concentration camp. He left Milan, his family, my pregnant mother all alone," his daughter Manuela told the BBC's World Football programme.
"My mother didn't even know where to find him, or even whether he would ever return. They hadn't really heard about the concentration camps, they had no idea that they existed, so she just didn't know where he had gone."
Unknown to his family, Ferdinando was close to being killed.
But, once his captors learned of his background, he was selected to play in a team made up of SS prison guards. It was a stroke of luck that would help to keep him alive.
"One day, one of the guards had obviously taken note that my father knew how to play football and he took him off the train which was heading for the quarries," she explained.
"He was taken to an SS officer and was asked again, could he play football, and he said: 'Yes, I played football for Milan.' But he knew that it was a bit of a risk to say he could play football, as he was incredibly malnourished and he could hardly stand, let alone play the kind of football he used to play.
"They said: 'OK, let's give it a go; if you told the truth, fine, and if you are lying, we will kill you straight away.'
"He tried very hard to show that he could play well enough, he really pushed himself, and he made it. So that's how he became a reserve player for the SS team."
Italian film-maker Mauro Vittorio Quattrina was inspired by Valletti's dramatic story and has retold it in a recent documentary.
"The conditions (in the concentration camps) were terrible," said Quattrina.

Gusen concentration camp
. Located in northern Austria, it was founded in 1938
. Site included quarries and munitions factories
. By January 1945, contained 85,000 prisoners, predominantly political enemies of Nazi regime
. Liberated on 5 May 1945 by American forces

"Hunger, beatings, back-breaking work in the stone quarry with the presence of death at every moment. Valletti weighed 70kg but on his return to Italy he weighed just 35kg.
"In life it also takes a little luck. It was because he played good football that he was transferred to the kitchens. He was the kitchen boy. This fact allowed him to bring food to his friends. Valletti in this way saved many lives".
After the war, Valletti went home to Italy to be reunited with his wife and the daughter he never knew he had. "I was just 10 months old when my father came home," continued Manuela.
"And from what he told me, he was totally emotional when he met me, he didn't know if I had been born, he didn't know if I was a girl or a boy, and so he just broke down. It was a very emotional and lovely moment for him.
"We had a very special relationship, we were always very close.
"It was a bit of a miracle, because he left not knowing that my mother was pregnant, and it was very emotional for him, and it is for me now thinking back".
Now Manuela is campaigning for AC Milan to honour her father with a permanent memorial.
"I would really like that," she concluded. "Milan have recognised everything - my father is in their archives - but, as his daughter, I would love it if they put up a plaque in the San Siro stadium just mentioning my father and his contribution to the club and what happened to him.
"I would love that and I think my father would be very proud of that too. He was a Milan fan until the day he died. We all are, so that would just be wonderful for us."




Fu arrestato nel maggio 1944 e rinchiuso nel carcere di San Vittore (Milano) perchè si oppose alle razzie tedesche in Alfa Romeo, dove conobbe Mike Bongiorno (rinchiuso perché italo-americano). In seguito venne internato a Mathausen, dove si salvò giocando al calcio per le SS. (Notizie desunte dall'archivio di Luigi La Rocca, Milano)




Dal sito www.storiedicalcio.altervista.org

BREVEDAN E VALLETTI...CALCIATORI VANNO IN GUERRA
Le storie dei milanisti Erminio Brevedan e Ferdinando Valletti. Il primo morì in battaglia sul Monte Piana, nel primo conflitto bellico; il secondo venne internato in un campo di sterminio e costretto a giocare con le SS per salvare la sua vita e quella di altri compagni di sventura. Erminio Brevedan, attaccante del Milan nella stagione 1914/15, compagno di reparto del primo grande cannoniere della storia milanista, il belga Louis Van Hege, fu il primo calciatore rossonero caduto nella Grande Guerra del 1915-18. Nato a Treviso alla fine di novembre del 1893, Brevedan esordì in maglia rossonera nell'ottobre del '14, giorno in cui il Milan annientò l'Audax Modena con un 13-0 difficilmente eguagliabile in partite ufficiali. Erminio firmò una tripletta (il sesto, il settimo e l'undicesimo gol). Nell'edizione d'annata del Corriere dell'Emilia, il cronista commentò: "l'Audax non poteva avere più avversa la sorte.". Nell'unica stagione disputata con il Milan, il giovanissimo Brevedan totalizzò 5 presenze e 3 reti. La squadra rossonera, dopo il primo posto nel girone federale dell'Alta Italia, conquistando 19 punti su 20 ed approdando alla fase finale, valida per l'assegnazione del titolo italiano. In quella stagione erano arrivati, inoltre, i successi nella "Scarpa d'argento Radice", nella "Coppa Marx" e nel torneo "Città di Milano". Ai vertici societari sedeva Piero Pirelli, la squadra era affidata ad una Commissione Tecnica, un triumvirato composto da Stabilini, Beltrami e Colombo. Ceduto Renzo De Vecchi al Genoa, in quella squadra spiccavano soprattutto Marco Sala (difensore dall'eleganza sopraffina in campo, vero leader di quella squadra e considerato anche la prima bandiera della storia rossonera), il baffuto Soldera, l'estremo difensore Barbieri e il già citato Van Hege, bomber insaziabile ed infallibile (22 gol in 20 partite in quella stagione).
Per l'assegnazione del titolo italiano, il girone finale mise di fronte Genoa, Torino, Inter e Milan. Quella stagione, tuttavia, non arrivò alla sua naturale conclusione. L'entrata in guerra dell'Italia, infatti, fermò tutto ]Lasciati i panni dell'attaccante, Brevedan indossò quelli del sottotenente dell'esercito italiano, componente della Brigata Marche, 55° Fanteria, che in tempi di pace era di stanza a Treviso. Allo scoppio delle ostilità, la Brigata si trasferì in Cadore, nelle Valli del Boite, dell'Ansiei e del Padola. Non ostacolata dal nemico, la Marche occupò il fronte Forca-Tre Croci, lembo orientale del Piano della Bigontina. Qui, il sottotenente Brevedan, per l'intero mese di giugno, rimase con i compagni di reparto, impegnati nei lavori di rafforzamento delle trincee che richiedevano ricognizioni continue. A metà luglio si registrò il primo sanguinoso scontro contro le posizioni nemiche. Due battaglioni del 55° avanzarono verso Monte Piana, esposti al micidiale fuoco austriaco. L'avanzata dei soldati italiani riprese tra il 17 e il 20 luglio. In quei giorni la Brigata Marche registrò il grosso delle perdite in battaglia: 87 morti (tra cui 8 ufficiali) e quasi 800 persone fuori combattimento. Il bollettino di guerra riportò, tra i deceduti, anche il nome di Brevedan Erminio di Elia, sottotenente, caduto sul Monte Piana il 20 luglio 1915. Non aveva ancora compiuto 22 anni. Brevedan fu il primo calciatore milanista a morire nella Grande Guerra. Altri rossoneri persero la vita nel Primo Conflitto Mondiale: Enrico Canfari, Edoardo Colombo, Domenico Moda, Egidio Rovelli, Giuseppe Soldera, Lorenzo Gaslini, Alessandro Calderari, Arlando Carito, Luigi Forlano, Glauco Nulli (medaglia d'oro al valor militare), Gilberto Porro Lambertenghi, Paolo Wilmant e Mario Azzolini. In una delle montagne che fu teatro di sanguinose battaglie nella Grande Guerra, costate la vita a milioni di persone, anni dopo qualcuno lasciò una targa: "Tempio di silenzio, dove l'uomo, adorando, ascolta Iddio". La federazione calcistica nazionale decise di assegnare il titolo alla squadra che in quel momento si trovava in testa alla classifica, ovvero il Genoa.
L'ultima partita disputata da Brevedan, prima di partire per il fronte, fu il derby del 2 maggio 1915. Vinsero i nerazzurri che, stando al resoconto di allora della Gazzetta, disputarono un incontro perfetto e con una linea d'attacco "poderosa" mentre i rossoneri furono definiti "paurosi". Il Milan segnò solo su rigore (Ferrario) dopo tre reti interiste. Fu una disfatta. La rivincita si sarebbe dovuta disputare il 21 maggio ma un brevissimo comunicato federale annullò tutto: "In seguito mobilitazione per criteri opportunità sospendesi ogni gara". L'Italia scendeva in guerra a fianco degli Stati dell'intesa e contro gli Imperi centrali. Il 24 maggio del '15 il Regio Esercito sparò la prima salva di cannone contro le postazioni austriache asserragliate in Friuli. Il calcio lasciò spazio al conflitto bellico, il pallone ai fucili e alle baionette, le maglie alle divise militari, i campi di gioco alle trincee. Per molti, la Guerra sarebbe stata veloce e con poche azioni pungenti. Ebbe ragione il britannico Lord Kitchener, che predisse "un lungo conflitto, pregno di morti", sbagliò tutto Guglielmo II, propugnatore di un conflitto che sarebbe finito già a Natale del '14. . Scaligero di nascita (aprile 1921), Ferdinando Valletti approdò al Milan nei primi anni 40, proveniente dal Seregno. Piedi piuttosto ruvidi, nelle due stagioni che lo videro indossare la maglia rossonera, il suo nome finì solo nei tabellini di alcune partite amichevoli, complice qualche problema di troppo ad un ginocchio. La sua vita cambiò nel marzo del 1943. Accusato di aver fatto volantinaggio durante uno sciopero allo stabilimento milanese dell'Alfa Romeo, fu arrestato e condotto al carcere di San Vittore, tappa intermedia prima di essere deportato nel campo di concentramento nazista di Mauthausen e successivamente in quello di Gusen dove venne salvato dagli americani nel maggio del 1945. Il cammino di dolore, sofferenza e speranza del "casciavit" Valletti fu raccontato in ogni suo particolare dalla figlia Manuela, venuta al mondo quando il calvario del padre era cominciato da qualche mese. Nel 2008, infatti, è stato pubblicato il libro Deportato I57633 - Voglia di non morire dal quale è stato tratto l'omonimo documentario di Mauro Vittorio Quattrina. L'inizio del viaggio verso l'inferno dell'abominio concentrazionario ebbe inizio da quello sciopero all'Alfa Romeo. Ferdinando, da buon gregario, aveva accettato di correre il rischio di divulgare tra gli operai i volantini con le ragioni di quella manifestazione. Nando se la cavava molto bene con i libri. Riuscì a conseguire il diploma di perito industriale che in futuro gli avrebbe consentito di fare strada in ambito lavorativo, fino a diventare dirigente dell'Alfa Romeo. Ex componente della Brigata Garibaldi, sgradito ai fascisti, che avevano seguito tutti i suoi movimenti durante i giorni precedenti lo sciopero, Valletti fu arrestato nella sua casa milanese. Alcuni sgherri bussarono alla sua porta intimandogli di scendere per "semplici accertamenti". A San Vittore vi arrivò in ciabatte, poi lo misero su un treno in partenza dal binario 21, direzione Mauthausen. Il calcio, tuttavia, gli avrebbe salvato la vita. Le SS del campo, infatti, erano solite organizzare partite amichevole per aumentare lo spirito "cameratesco", giusto per dare calci anche ad un pallone e non solo a degli esseri umani.
Ad una squadra mancava proprio il mediano. Una delle belve feroci travestita da essere umano si ricordò di quell'italiano targato "I57633". Valletti, ridotto ad un mucchio di ossa di soli 39 kg, raccolse tutte le sue forze per rispondere alla convocazione che gli avrebbe consentito di diventare "sguattero", addetto alla distribuzione delle scorze di patata per i prigionieri. Dopo un breve provino arrivò l'ok. Da panchinaro rossonero a titolare in una compagine di aguzzini: il peggior salto all'indietro possibile per appurare, da molto vicino, ambiti in cui il concetto di umanità si era diradato a tal punto da scomparire. La promozione a sguattero, permise a Fernando di aiutare parecchi prigionieri con gli scarti dei pasti delle SS. La libertà arrivò il 5 maggio del '44. Giunse a casa in condizioni pietose, dieci mesi dopo la nascita della figlia. Nel 1950 tornò, con alcuni colleghi dell'Alfa, a Mauthausen. Circa mezzo secolo dopo, decise di togliere il velo sulla sua terribile esperienza, raccontandola ai ragazzi attraverso una serie di incontri a scuola che registrarono un grande seguito. La figlia Manuela, giornalista e scrittrice di provata fede milanista, ha fatto conoscere la storia del padre attraverso numerosi incontri con gli studenti delle scuole superiori. La storia di Nando, capace di resistere alle sofferenze del lager, è stata tramandata alle nuove generazioni. Nella speranza che non si ripetano mai più orrori simili, dettati da un terribile e prolungato "sonno della Ragione". Parafrasando Giorgio Gaber . qualcuno era milanista perché sul Monte Piana conobbe il tenente Erminio Brevedan e in un lager nazista Ferdinando Valletti, piedi da mediano e cuore da fuoriclasse.




Magliarossonera.it è lieta di pubblicare la mail ricevuta in data 18 dicembre 2009 da Manuela Valletti, figlia di Ferdinando,
e alcune interessanti notizie e curiosità da lei riferite in ricordo del padre:


"Buongiorno,
sono Manuela Valletti, figlia di Ferdinando Valletti.
Mio padre è nato a Verona il 5 aprile 1921 e se ne è andato nel 2007, è giunto a Milano nel 1938 e aveva giocato nel Milan in prima squadra nel 1942-43 proveniente dal Seregno. Ha fatto poche partite perchè si è rotto il menisco e poi, nel marzo 1943, è stato deportato a Mauthausen. Il fatto di essere stato un giocatore del Milan e di saper destreggiarsi con la palla, alla fine gli ha salvato la vita.
Sulla deportazione di mio padre ho scritto un libro: "Deportato I57633, Voglia di non morire".

Manuela Valletti







Ferdinando Valletti (1921-2007)
(per gentile concessione di Manuela Valletti)



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(per gentile concessione di Manuela Valletti)





(per gentile concessione di Manuela Valletti)



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Milano, Chiesa del Sacro Cuore, 25 novembre 1943:
il matrimonio di Ferdinando Valletti
(per gentile concessione di Manuela Valletti)
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25 novembre 1943, Ferdinando Valletti il giorno delle sue nozze
(per gentile concessione di Manuela Valletti)






Gunnar Nordahl, Andrea Bonomi (con la fascia da capitano), Omero Tognon e Valletti sugli spalti dello stadio del Milan, stagione 1949-50
(per gentile concessione di Manuela Valletti)


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Ferdinando Valletti viene insignito del Diploma di Medaglia Garibaldina
(dal sito milanometropoli.com, by "Nella Nebbia Di San Siro" - facebook)



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Il foglio matricolare dell'Esercito Italiano di Ferdinando Valletti
(per gentile concessione di Manuela Valletti)
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Ferdinando Valletti
(per gentile concessione di Manuela Valletti)



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"Una vita da mediano per salvarsi dal lager"
(da "Il Giornale" del 27 gennaio 2010)
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(da "L'Arena" del 10 febbraio 2019, grazie a Giorgio Verzini)






26 gennaio 2013, Servizio su Ferdinando Valletti a 'Dribbling', Rai 2




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Ferdinando Valletti su "L'Arena" del 24 gennaio 2014
(grazie a Giorgio Verzini)
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(per gentile concessione di Manuela Valletti)



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(dalla "Gazzetta dello Sport" del 27 gennaio 2017, grazie a Luigi La Rocca)



Dal sito www.lavocedelceresio.it
7 maggio 2028 - di Stefania Pedrazzani

FERDINANDO VALLETTI: DA CALCIATORE DEL MILAN A DEPORTATO
Fra i tanti villeggianti di cui la nostra zona fra Lario e Ceresio può vantare di aver ospitato, c’è anche FERDINANDO VALLETTI, un uomo la cui storia è balzata agli onori della cronaca solo in tempi recenti, sebbene lui abbia trascorso le sue ferie in Valle Intelvi dal dopoguerra in poi per parecchi anni, e gli eventi che lo videro protagonista risalgano alla Seconda Guerra Mondiale. Ma, come narrato dalla figlia in un libro, e in un docu-film, ricordare la sua storia, “quella storia”, è sempre e comunque importante, anche oggigiorno.
Anche ora che lui c’è più. A maggior ragione, ora che lui, e quelli della sua generazione, non ci sono più.
Per non dimenticare.
FERDINANDO VALLETTI, GIOCATORE DEL MILAN - Ferdinando Valletti nacque a Verona nel 1921 e si trasferì a Milano nel 1938, avendo trovato lavoro all’Alfa Romeo. Con i libri se la cavava piuttosto bene, tanto che alla scuola interna della fabbrica raggiunse il diploma di perito industriale.
In parallelo, però, la sua passione, e le sue doti naturali, gli avevano già permesso di distinguersi nel mondo del pallone: aveva intrapreso, infatti, una “vita da mediano”, prima nelle file dell’Hellas Verona, poi in quelle del Seregno.
Fu però presto notato dal Milan, (allora “Milano”) e così fu inserito nelle fila della squadra rossonera. La carriera da mediano durò poco, per colpa di un menisco capriccioso che si ruppe.
LO SCIOPERO DEL 1 MARZO 1944 - Il primo marzo 1944 è una data importante nella storia della seconda guerra mondiale, e quella data cambiò profondamente anche la vita di Valletti.
Infatti, il 1° marzo 1944 i lavoratori delle fabbriche delle regioni d’Italia ancora occupate dai tedeschi e dai fascisti scesero in sciopero: per una settimana la grande industria italiana si fermò e così la produzione per la Germania. Epicentri del grande movimento di lotta furono le città di Torino e di Milano, dove gli operai vivevano ormai in condizioni di estrema precarietà, perennemente sottoposti alla minaccia della deportazione. In Piemonte, soprattutto a Torino, entrano in sciopero i lavoratori della Fiat, di tutte le aziende collegate, mentre in Lombardia quelli dell’Alfa Romeo, della Breda, della Ercole Marelli, della Falck. Alla protesta partecipano anche gli operai toscani delle Officine Galileo e della Pignone, e in Emilia Romagna quelli delle Officine Meccaniche Reggiane e della Ducati. Fra gli operai dell’Alfa Romeo di Milano vi era anche il giovane Ferdinando, che, da buon gregario, aveva fatto volantinaggio. Quella collaborazione però gli valse l’arresto: infatti, fu prelevato a casa – ove viveva con la moglie, da poco incinta-, e portato dapprima nel carcere di San Vittore, poi al famigerato binario 21 della Stazione Centrale di Milano. Destinazione: Mauthausen, campo di concentramento, con altri 22 compagni dell’Alfa Romeo.
MAUTHAUSEN 1944 - La vita da deportato è durissima, per alcuni più dura che per altri. Nando fu trasferito in uno dei sottocampi, a Gusen, ove conobbe il Professor Carpi, un grande pittore. L’artista è più anziano, in condizioni assai precarie, ormai allo stremo delle forze, tanto debole che rischia quotidianamente di finire sotto i vagoncini del treno che trasporta le pietre. Nando gli si affeziona, e lo aiuta, sempre pronto a strapparlo al pericolo, rischiando di essere visto e punito duramente. Fortunatamente le SS scoprirono che l’uomo è un grande artista, e lo mandarono in infermeria e poi a farlo dipingere per loro.
La salvezza per Valletti venne dal pallone, il giorno in cui le SS chiesero ai deportati chi sapesse giocare a calcio, per sostituire un difensore. Valletti si propose, e, pur sfinito, magrissimo e ai limiti delle forze, Nando a piedi nudi, sul campo di calcio di Mauthausen superò il test d’ammissione e fu inserito nelle file della squadra di calcio delle SS. Questo gli valse la vita e gli permise di aiutare i compagni: trasferito nelle cucine, riuscì a passare ai compagni meno fortunati gli avanzi della mensa, rischiando la pelle pur di poterli aiutare. All’arrivo degli americani, Nando, il giorno della liberazione, caricò l’amico Romanoni su una carrozzina da bambino e lo spinse fuori dal recinto del campo per fargli assaporare la riconquistata libertà, insieme con gli altri amici dell’Alfa Romeo.
LA VITA DOPO IL CAMPO - Tornato a Milano, abbracciò per la prima volta la figlia Manuela, nata durante la sua prigionia, ed oggi testimone della sua storia, che afferma: “Mio padre non parlò di quell’esperienza straziante e disumana per tanti anni, ma ogni domenica mattina, insieme, andavamo a trovare quegli amici preziosi.” Solo in età più avanzata decise di dedicarsi a diffondere la memoria dell’Olocausto nelle scuole, “senza peraltro mai spendere una parola di odio nei confronti dei suoi carnefici” afferma la figlia. Per questo ha senso mantenerne vivo il ricordo, per non dimenticare, e, a maggior ragioni in luoghi tanto amati da Valletti. Numerose le estati trascorse a Montronio in Valle Intelvi, e a Lanzo sul monte Generoso, luoghi che Valletti amava molto, e dove da qualche mese risiede la figlia Manuela, che da anni si occupa a mantenere viva la memoria di Valletti e della sua storia. Presentato a Lanzo sabato 28 aprile, c’è il prezioso volume “Deportato I57633. Voglia di Non morire”, ove la storia di Valletti è intensamente descritta dalla figlia, così come lo è nel docu-film di Mauro Vittorio Quattrina. Il regista, dopo aver letto la storia del calciatore-eroe, ne ha realizzato un documentario andando alla ricerca dei fatti storici e dei luoghi ove Valletti visse: il campo di calcio a Mauthausen, le abitudini delle SS, il collegio veneto (Quattrina ha ritrovato anche le pagelle di Valletti), le immagini originali del Binario 21 e spezzoni di documentari storici. Il trailer del documentario è anche disponibile su youtube https://www.youtube.com/watch?v=ccjEQfv_8cg
Recentemente (sabato 28 aprile scorso, ndr) la Pro Loco di Lanzo d’Intelvi ha dedicato a Valletti, alla presenza della figlia Manuela Valletti, una serata con la proiezione del docufilm “Deportato I 57633 – Voglia di non morire”. Una splendida serata ricca di emozioni e commozioni, contenuti e memoria.
Il volume “Deportato I57633. Voglia di Non morire” è disponibile anche su Amazon.
La storia si può leggere anche nel libro di Davide Grassi “L’attimo vincente”, che contiene anche un’intervista a Manuela.




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(per gentile concessione di Manuela Valletti)
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(dal "Corriere di Verona" del 25 gennaio 2020,
grazie a Luigi La Rocca)



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Pagina 5 del "Corriere della Sera" - edizione di Milano del 24 gennaio 2025