Dal sito www.ilmessaggero.it
10 agosto 2009 - di Bob Lovati
L'ADDIO A ROZZONI, "SIGNORE DEL CALCIO"
ROMA - Stento a credere che sia andato via il buon vecchio Orlando. Sono rimasto di sasso appena ho saputo che non c'era più. C'eravamo un po' persi per strada e l'ultima volta che l'avevo sentito, credo fosse tre anni fa. Davvero una bravo ragazzo, ma seriamente. Non è una parola messa lì, per caso e tanto per fare bella figura. Un bel compagno, ma soprattutto un amico. Lui si che era uno che aveva capito tutto, secondo me, e sin da quando eravamo giovani calciatori alla Lazio. Molti di noi, a parte il pallone e gli allenamenti, durante i ritiri o la vita di tutti i giorni, si faceva tante cose un po' per divertirsi, tipo giocare a carte, biliardo o altro. Insomma, cose da ragazzi. Cose che per un calciatore dell'epoca erano lo svago quotidiano, diciamo così. C'era anche Orlando, per carità, ma lui era un po' diverso e, passatemelo, così per gioco, niente a che vedere con il suo cognome.
Orlando Rozzoni era uno che si interessava a tutto e a lui piaceva conoscere un po' di tutto. Lo vedevano spesso leggere libri o giornali di ogni tipo, e parlare di argomenti che con il calcio avevano poco a che vedere, anche perché, diceva spesso, che nella vita bisogna essere pronti a tutto e conoscere un po' di tutto. Piaceva molto alle donne e tra di noi c'era anche un po' di invidia. Ad ogni modo, era anche molto piacevole sentirlo parlare perché di giocatori come lui, di quel tipo, in quegli anni non ce ne erano molti. Tutt'altro. Magari a volte si interrompeva una partitina a carte perché Orlando si appassionava in una discussione e, alla fine, in un certo senso, riusciva a coinvolgere la maggior parte di noi. Chi lo vedeva in campo, correre in modo un po' sgraziato e dare l'anima, forse aveva un'opinione diversa o diametralmente opposta rispetto alla nostra. Una delle prime volte che l'ho visto in campo, mi sembrava uno dei tanti, invece, settimana dopo settimana, cominciai a capire che per quella Lazio lì, era una fortuna avere un ragazzone alto quasi un metro e novanta che con il suo modo di fare riusciva a trascinare tutti. Con il pallone tra i piedi non era certo un fuoriclasse, ma lo era in area di rigore, a mio parere. Sicuramente.
E meritava anche qualcosa di più. A furia di spallate, colpi di testa e sponde per i compagni riusciva sempre a creare qualcosa di pericoloso. Un derby, ad esempio, l'abbiamo vinto solo grazie a lui. Dopo una ventina di minuti eravamo in svantaggio, ma lui ha iniziato a incoraggiare la squadra come un leone, tanto da ribaltare la situazione in cinque minuti. I tifosi erano già innamorati di lui e credo che già lo chiamassero "Orlando Furioso". E mai nome fu azzeccato perché quel ragazzo quando si arrabbiava in campo faceva davvero paura. E' proprio un peccato che sei andato via, caro Orlando. Un centravanti d'altri tempi dal cuore nobile e gentile e soprattutto una brava persona.
Ciao amico mio.
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