Mario LIBERALATO
"Il lungo"

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(Archivio Magliarossonera.it)



Scheda statistiche giocatore
  Mario LIBERALATO

Nato il 05.08.1937 a Mestre (VE), † il 12.07.2022 a Mestre (VE)

Portiere (P), m 1.86, kg 79

Stagioni al Milan: 2, dal 1961-62 al 1962-63

Soprannome: "Il lungo”

Proveniente dalla Mestrina

Esordio nel Milan in gare ufficiali e in Campionato (Serie A) il 27.08.1961: L.R. Vicenza vs Milan 0-3

Ultima partita giocata con il Milan l'08.06.1963: Milan vs Lens 2-0 (Coppa dell'Amicizia)

Totale presenze in gare ufficiali: 20

Palmares rossonero: 1 Scudetto (1961-62), 1 Scudetto "Cadetti" (1961-62), 1 Coppa dei Campioni (1963)

Lasciò il calcio all'età di 30 anni per fare il tipografo




Ha giocato anche con la Mestrina (C), il Prato (B), l'Hellas Verona (B).

"Un cognome, una figurina: nella raccolta "Panini" del 1961-62 lo trovate alla pagina del Milan, alla voce "altri titolari", accanto a Gigi Radice. E' il portiere di riserva, il che lo rende doppiamente indimenticabile. In quel campionato, vittorioso per i colori rossoneri, sostituisce il titolare Ghezzi in sette occasioni e l'anno successivo le presenze sono cinque. Nel '63 lo ritroviamo al Prato in Serie B: sei partite con retrocessione. L'anno dopo è al Verona: una gara appena." (Dal "Dizionario del Calcio Italiano, Baldini & Castoldi Editori, 2000)




Il Milan 1962-63
(da "Il Corriere dei Piccoli")



Dal sito www.calciomestre.tifonet.it

MARIO LIBERALATO
Mario Liberalato, portiere, cominciò a giocare nei pulcini della Mestrina a 11 anni. Arrivò in prima squadra prima della guerra, ma le sue stagioni più importanti alla Mestrina furono dal 1957 al 1961. Nel 1961 fu chiesto in prova dal Milan, che lo provò in amichevole a San Siro contro il Santos di Pelè: quest'ultimo provò a tirare da tutte le posizioni ma Liberalato parò tutti i tentativi e venne preso dal Milan di Rivera, col quale giocò in serie per due stagioni.
Nell'ambito del suo trasferimento il Milan giocò un'amichevole allo stadio "F. Baracca" di Mestre (vedi la foto di Rivera sul campo di Mestre).




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(by Stefano Omacini)
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(by Stefano Omacini)



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(by Stefano Omacini)



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(by Stefano Omacini)
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(by Stefano Omacini)



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Stagione 1961-62, Oliviero Conti, Sandro Salvadore e Mario Liberalato firmano cartoline
(by "Lo sport nei ricordi di carta")



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Permesso di soggiorno per la tournée del Milan in Brasile nell'estate del 1962
(per gentile concessione di Ivano Piermarini)





Figurina "Panini", 1962-63
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(by Stefano Omacini)



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Autografi del Milan Campione d'Europa 1962-63
(Archivio Ermanno Vittorio, Torino)
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(da "MilanInter" del 16 settembre 1963)



Dal sito www.ytali.com

"IO, ROCCO, RIVERA E LA COPPA DALLE GRANDI ORECCHIE"
Dal "Baracca" di Mestre a Wembley, via San Siro, e ritorno: la storia di Mario Liberalato
Quattro anni fa, assieme ai vari Rivera, Altafini, Maldini, Pivatelli, Lodetti, Pelagalli, alla grande festa organizzata dalla Regione Lombardia per ricordare i cinquant'anni dalla conquista della prima mitica Coppa dei Campioni da parte di una squadra italiana, il Milan, c'era anche lui. Quando gli chiediamo però di fotografarlo con in mano la riproduzione in argento della "coppa dalle grandi orecchie" donatagli dal governatore Maroni, deve chiedere alla moglie Nives, dove sia finita, perché da quel giorno, tornato una volta a casa da Milano nella "sua" Mestre, non l'ha più nemmeno guardata. Mario Liberalato, classe 1937, alla soglia degli ottant'anni (li compirà in agosto) non vive certo di ricordi, e ancora meno di rimpianti, anche se la sua carriera di calciatore, se non ci fossero stati così tanti infortuni, avrebbe potuto essere ancora più importante.
Di incidenti - ci racconta - ne ho avuti davvero tanti: il primo addirittura quando ero "pulcino". Giocavo già in porta con la Mestrina, e mi ruppi un braccio: uno stop che divenne addirittura di due anni, perché i medici mi avevano trovato troppo gracile per giocare a calcio, e dovetti aspettare appunto un biennio, per rinforzarmi e poter tornare ad allenarmi.
A diciassette anni Liberalato riesce comunque a esordire in prima squadra. Un fisico asciutto, più alto dei portieri del suo periodo (a grandi livelli, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, lo sono più di lui solo Cudicini e Miniussi), si mette presto in luce.
Tornato anzitempo dal militare per problemi di cuore, che non gli impediscono comunque di continuare la carriera, diventa titolare fisso della squadra arancione, allora militante in serie D, quando però a Torviscosa subisce un terribile incidente.
Stavo effettuando - ci dice - un'uscita bassa: l'attaccante avversario, credo senza cattiveria, mi finì addosso. Un impatto tremendo: per me doppia frattura della mandibola, restai quaranta giorni con una sorta di 'maschera di ferro'. Però, appena tornato, dopo otto giorni ero di nuovo in campo: c'era bisogno di me, ed il mio amore per la Mestrina è sempre stato infinito.
Ormai molte squadre di categoria superiore lo seguono: è in pratica già stato acquistato dalla Pro Patria, in serie B, ma lo mandano a Como, per un ulteriore provino. Altro scontro: questa volta a rimetterci è un menisco, che gli fa saltare anche il passaggio a Busto Arsizio.
Per il grande calcio le occasioni sembrano oramai perdute, quando invece per una volta il destino gli è amico.
Stava finendo il campionato '60/'61 e la Mestrina, in serie C, aveva sfiorato addirittura la promozione, mettendo in luce vari giocatori. Fummo così invitati da Viani e Rocco a Milano, per una partita amichevole all'Arena contro il Milan. Loro volevano visionare due miei compagni, Fin e Bellemo, ma a colpirli alla fine fui io. Rocco pochi giorni dopo mi chiamò a Padova per un ulteriore provino: per un'ora mi bombardarono di tiri lui, Scagnellato e altri giocatori del Padova, sino a che il 'paron fu convinto. Mi portò col Milan a fine campionato per alcune amichevoli: prima col Flamengo e poi in Svizzera, a Losanna. Feci bene e così fui ingaggiato per la stagione successiva, 1961/62. Di Rocco posso dire solo bene, visto che fu lui a portarmi in rossonero, anche se qualche delusione me l'ha pure data. All'inizio del campionato giocai subito da titolare, ma poi tornò Ghezzi: era uno dei portieri più famosi del tempo, anche se ormai cominciava ad essere un po' avanti con l'età e divideva la sua attività di calciatore con quella di albergatore. Rocco alla fine preferì affidarsi di nuovo a lui. Il 'paron' era davvero come viene ancora oggi descritto, estroverso e nello stesso tempo burbero: però questo suo secondo aspetto preferiva rivolgerlo non ai giocatori 'big', piuttosto a quelli un po' più giovani o meno importanti. Per assurdo il ricordo più bello che ho di lui è legato.a una mia ennesima esclusione. Eravamo in spogliatoio a Brescia, alla fine di una partita del campionato Riserve, e alcuni giocatori gli esternarono il loro malcontento per non giocare mai con la prima squadra. Lui li fulminò con lo sguardo e rispose loro nel suo colorito, ma comprensibilissimo, dialetto triestino: 'e ora cossa el dovaria dir Liberalato che el xe sempre el mejo in allenamento e non lo fasso mai zugar?'   Per me, che parlavo poco e mi tenevo dentro tante cose, fu davvero una grande soddisfazione!
Nella stagione 1961/62 il Milan, trascinato da un giovanissimo Rivera, da Sani e da Altafini, con un grande girone di ritorno, vince il campionato a mani basse, con cinque punti di vantaggio sull'Inter di Herrera: Liberalato contribuisce al successo inanellando sette presenze.
Il Milan - sottolinea Liberalato - era una società all'avanguardia, guidata dal presidente Rizzoli, coadiuvato dal suo vice Carraro, mentre come direttore tecnico c'era un vecchio marpione come Gipo Viani. Io mi sono inserito senza grossi problemi in quell'ambiente: ero amico di tutti e i giocatori mi stimavano. Rivera anche se solo diciannovenne era già un calciatore straordinario, il più grande: lui era 'il calcio'. Sani arrivò a novembre, prese in mano la squadra e le fece fare il salto di qualità, mentre Altafini ero lo stoccatore. Tra tutti i compagni quello di cui ho un ricordo più vivo è comunque Radice, con cui spesso pranzavo.
L'anno successivo le cose vanno meno bene in campionato (alla fine il Milan sarà terzo) ma c'è un grande obiettivo da raggiungere: la Coppa dei Campioni, che sinora nessuna italiana è riuscita a conquistare.
Anche in quella stagione - ricorda Liberalato - sembrava dovessi partire titolare, invece poi giocò Ghezzi. Collezionai comunque due presenze in Coppa dei Campioni, contro l'Union Luxembourg, nei sedicesimi, e l'Ipswich Town, agli ottavi. Poi Rocco si affidò di nuovo a Ghezzi: ma la cavalcata in Coppa fu comunque anche per me straordinaria. Per la finale, a Wembley contro i campioni uscenti del Benfica, arrivammo a Londra una settimana prima. Io la partita la vidi dalla tribuna (ancora non esistevano i 'panchinari') ma fu davvero un'emozione fortissima quando potei anche io alzare quel trofeo a cui avevo comunque contribuito, con due partite giocate.
L'anno successivo Liberalato sembra destinato a prendere defintivamente la successione di Ghezzi, ma qualcosa è cambiato al Milan: non c'è più Rocco, sostituito da Carniglia.
I miei compagni - ci racconta - continuavano a dirmi che sicuramente sarei stato io il titolare, però Carniglia non mi 'vedeva' molto. Ad "eliminarmi" ci pensò comunque il solito infortunio. Durante un allenamento, finii, tuffandomi, su un pezzo di vetro: risultato nove punti di sutura e il Milan che acquistò, in attesa della mia guarigione, un altro portiere, Balzarini. Me ne tornai deluso, e ancora in convalescenza, a Mestre, con l'idea di smettere di giocare: per aiutare mio padre e mio fratello rimasti senza lavoro, proprio in quei mesi avevo infatti aperto una tipografia. Una volta guarito accettai però l'offerta in serie B del Prato. Ma anche qui appena sei partite, e poi un nuovo grave infortunio alla spalla. Tornai a giocare l'anno dopo, sempre in B, col Verona. Ma il destino era di nuovo in agguato. Alla mia prima partita in maglia gialloblu, dopo mezzora di gioco, esco in presa alta, agguantando la palla, quando Muzio, attaccante della Spal, mi tocca mentre sono ancora in volo. Mi sbilancio e cado malissimo: doppia frattura del braccio: per "riattaccarmelo" mi prelevarono quindici centimetri di osso dalla tibia. Stavolta davvero la mia carriera era finita.
Liberalato comunque non si arrende: due anni dopo accetta le offerte della sua Mestrina, e torna in campo, anche se oramai, non può più avere il rendimento dei bei tempi.
Sono tornato a Mestre - ci confida - per il grande amore che ho sempre avuto per la società arancione. Per me era più emozionante scendere in campo al Baracca che a San Siro, perché giocavo per la mia gente e i miei colori. La Mestrina, in quegli anni, in serie C, non viveva certo momenti belli, eppure è legato proprio all'ultima stagione, il mio ricordo più bello da calciatore. Partita esterna, contro il Verbania: vengo subissato di tiri dagli avversari, subisco tre gol ma paro ugualmente l'inverosimile, tornando per un giorno come ai bei tempi. A fine partita vengo acclamato anche dai tifosi avversari, al grido "Liberalato di nuovo al Milan". A fine stagione comunque la Mestrina retrocesse e io, anche se avevo solo trent'anni, decisi di appendere definitivamente le scarpe al chiodo. Le mie soddisfazioni le ho comunque avute, giocando con grandi campioni. Il portiere che più ammiravo? Di sicuro Sarti: aveva grande stile, era freddo, con un ottimo senso della posizione, era essenziale e non concedeva nulla alla platea. È stato un po' dimenticato, anche dagli stessi tifosi interisti, e me ne dispiace un po'.




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Dal sito www.acmestre1929.it
13 luglio 2022

MARIO LIBERALATO: ADDIO AD UNO DEI PIU’ GRANDI FIGLI DI MESTRE
“Sono tornato a Mestre per il grande amore che ho sempre avuto per la società arancione. Per me era più emozionante scendere in campo al Baracca che a San Siro, perché giocavo per la mia gente e i miei colori”.
Succede che alle volte, presi dall’entusiasmo del momento, si usi il sostantivo “campione” un po’ a sproposito o forzatamente. Bene, non è questo il caso.
Mario Liberalato, scomparso in questi giorni, lo è stato davvero. Un campione particolarmente sfortunato, almeno dal punto di vista sportivo.
Mestrino di nascita, a 11 anni entrò a far parte della grande Mestrina, quella della serie B. A 17 anni era già titolare inamovibile fra i pali degli arancioni con un radioso futuro davanti. Nella partita con il Torviscosa, a causa di uno scontro con l’attaccante avversario, subì la doppia frattura della mandibola. Non era il primo brutto infortunio: già nei Pulcini aveva subito la frattura di un braccio e si era dovuto allontanare dal calcio per due stagioni. Il terribile incidente alla mandibola non gli impedì di tornare in campo, pur con una protezione (di ferro!), solo otto giorni più tardi: “c’era bisogno di me, ed il mio amore per la Mestrina è sempre stato infinito”, raccontò molti anni dopo.
Un grande campionato, quello del 1960/61 in cui la Mestrina sfiorò il ritorno in serie B, suscitò l’interessamento di molti osservatori dei più grandi clubs.
Il Milan di Rocco invitò quindi la Mestrina ad un’amichevole all’Arena di Milano, proprio con lo scopo di visionare alcuni dei talenti mestrini. Il “paron” fu talmente colpito dal portiere arancione che a fine stagione lo volle in prova nel Milan di Ghezzi, Sani, Altafini, Radice, Rivera.
Un giro di amichevoli con il Flamengo e con il Losanna lo videro titolare fra i pali dei rossoneri. Ma fu l’amichevole col Santos di Pelé a convincere tutti: colui che fu poi considerato dalla FIFA il “Calciatore del Secolo“, ci provò in tutti modi a battere il giovane mestrino, ma il fuoriclasse uscì dal campo sconsolato per non essere riuscito a superare quel giovane fenomeno in porta.
Era fatta, il Milan lo mise immediatamente sotto contratto e una fulgida carriera pareva prirsi davanti a lui. Nel ruolo di titolare di quel Milan c’era un certo Giorgio Ghezzi, un vero mito e già portiere della Nazionale, ma Liberalato, più giovane, era considerato un predestinato, in vista del ritiro del portiere titolare.
Nel campionato 61/62 il Milan vinse lo scudetto con 5 punti di vantaggio sull’Inter di Herrera. Liberalato contribuì attivamente al titolo con sette presenze da titolare. L’anno successivo arrivò anche il traguardo più importante: la vittoria della Coppa dei Campioni a Wembley. Quel Milan fu la prima squadra italiana a vincerla e anche il questo caso Liberalato fu protagonista come titolare in due partite.
Con Ghezzi avviato a fine carriera, la strada era spianata: compagni di squadra e tifosi erano convinti che il titolare del Milan del futuro sarebbe stato lui. Ma la sfortuna fece ancora capolino: in allenamento, tuffandosi, finì sopra un pezzo di vetro che gli procurò un brutta lacerazione e punti di sutura. Il Milan non aspettò il recupero e prese al suo posto Balzarini.
Mario tornò a Mestre deluso, pensando di ritirarsi definitivamente dal calcio. Ma la stagione successiva fu chiamato dal Prato in serie B. Dopo sei giornate fu ancora un infortunio a costringerlo anzitempo a chiudere quel campionato.
L’anno dopo fu il Verona a chiamarlo, ma la sfortuna non si era certo dimenticata di lui: nella partita di esordio (!) contro la Spal, dopo mezz’ora di gioco, il portierone si proiga in un’uscita volante; viene toccato dall’avversario e cade in malo modo: altra doppia frattura del braccio. Particolarmente grave, visto che per sistemarlo gli prelevarono 15 cm di osso dalla tibia.
Carriera finita? No, perché Mario dopo due anni di riabilitazione, decise di tornare a giocare nella sua squadra del cuore, quella della sua città.
I gravissimi infortuni però, avevano condizionato il suo rendimento. Nonostante questo, Mario considerava il suo più bel ricordo da calciatore, quello di una partita con la maglia della Mestrina, quando sul campo del Verbania parò l’inverosimile. Tanto da uscire fra gli applausi del pubblico di casa che dalle tribune gridava: “Liberalato di nuovo al Milan!“.
Il portiere mestrino concluse la sua sfortunata carriera a soli 30 anni e si dedicò fino ad età avanzata, all’attività di famiglia che tutti i mestrini conoscono: la tipografia che portava il suo nome.
Mario Liberalato è stato un campione, un figlio di questa città, orgoglioso di esserlo.
Per questo motivo auspichiamo che in futuro sia ricordato degnamente, magari intitolando a suo nome una struttura sportiva cittadina. Perché la memoria, la nostra storia, non va dimenticata.
I funerali di Mario si terranno domani, 14 luglio alle ore 9.00, presso la chiesa di Carpenedo, a Mestre.




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(dal "Gazzettino" del 13 luglio 2022)



Da pagina facebook "Milan, 120 anni di storie rossonere"
20 luglio 2022

ADDIO A LIBERALATO - PORTIERE CHE FECE IMPAZZIRE PELE'
Classe 1937, nativo di Mestre, Mario Liberalato si è spento a quasi 85 anni lo scorso 13 luglio. Ricordato con il soprannome di “lungo”, per via dei suoi 186 centimetri, Liberalato esordì in A con il #Milan nell’agosto ’61, in un Lanerossi Vicenza-Milan vinto dai rossoneri 3-0 con doppietta di Altafini e rete di Greaves.
Il diavolo #rossonero lo notò nella stagione 1960/61 dove si distinse come guardiapali della Mestrina che sfiorò il ritorno in B. Il Milan di Rocco organizzò una partita all’Arena di Milano e il Paron rimase colpito soprattutto da quel portiere che fu messo in prova in una squadra dove spiccavano Ghezzi, Sani, Altafini, Radice e Rivera.
Le amichevoli contro Flamengo e Losanna lo videro titolare fra i pali dei rossoneri. Il Milan lo ingaggiò per fare da secondo a Giorgio Ghezzi. Nell’annata dello scudetto (61/62) Liberalato collezionò sette presenze da titolare. Nella stagione successiva, culminata con la conquista della Coppa dei Campioni a Wembley contro il Benfica, Liberalato difese la porta milanista in trasferta contro il Luxembourg e a #SanSiro al cospetto dell’Ipswich, mantenendo la porta imbattuta.
L’attimo fuggente, Liberalato lo colse contro il Santos di #Pelé in una partita valida per il Trofeo Città di Milano, giocata a San Siro nel giugno ‘63. Il futuro “Calciatore del Secolo“ le provò tutte per far gol, trovando nel giovane mestrino un baluardo insuperabile tra i pali. Al resto pensò Altafini autore dei quattro gol nel poker rifilato ai brasiliani. Sul Corriere della Sera, Gianni De Felice evidenziò l’ottima prova dell’estremo difensore schierato da Rocco.
Un infortunio in allenamento (dopo un tuffo, un pezzo di vetro gli procurò un brutta lacerazione e punti di sutura) gli tarpò le ali. Il Milan prese al suo posto Balzarini. Si concluse così la sua parabola #rossonera. La sua ultima presenza fu in Coppa dell’Amicizia contro i francesi del Lens (2-0 per il Milan). A 30 anni, lasciato il calcio, Liberalato lavorò come tipografo.
Nella storia del Milan sarà ricordato per aver negato il gol a Pelè in quella sfida giocata un mese dopo il trionfo europeo di Wembley.



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