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LASLO KUBALA EROE DI TRE NAZIONALI, COLONNA DEL BARCELLONA CON SUAREZ
L'immagine è chiara... ma indubbiamente c'è un
errore. Ferenc Puskas e Alfredo Di Stefano in
maglia... blaugrana!? Come mai?
Fu per una partita sola, una partita speciale giocata
nei colori... "nemici" per questi fuoriclasse in
omaggio ad un giocatore straordinario. Il 30 agosto
1961, i "forofos" (tifosi) del Barcellona si
radunavano per un evento speciale.
L'addio di Ladislao Kubala, il biondo fantasista che
aveva illuminato i colori blaugrana per un decennio
esatto. Un vero zingaro del pallone, nato a Budapest
il dieci giugno del 1961.
Gli inizi sono ungheresi: fa il raccatapalle nel
Ferencvaros. Nonostante l'interessamento di suo padre
perché calciasse nel prestigioso club, lui comincia a
nemmeno dodici anni ingaggiato dal Ganz, squadretta di
terza divisione dipendente di un'azienda metallurgica.
Fa tutto subito: segna due gol nel suo debutto, e
resta fino al 1944 quando passa finalmente al
Ferencvaros.
A metá degli anni Quaranta, avendo cittadinanza ceca
per via materna, arriva a giocare al Bratislava e
cambió maglia diventando per 10 volte giocatore della
loro Nazionale (aveva debuttato per Ungheria nel
Prater appena conclusa la Seconda Guerra) Nel 1947,
ritorna in patria, stavolta al Vasas Budapest,
giocando le ultime 14 gare e regalando il titolo alla
squadra capitolina. Gioca di nuovo in Nazionale e
tutto sembra avviato per un suo solido ritorno in
patria.
Ma é qui che la avventura ricomincia. Scontento col
regime ungherese dell'epoca, "Laszlo" esce
segretamente del paese, e arriva in Italia, dove gioca
con la Pro Patria e poi forma l'Hungaria, squadra che
raduna gli ungheresi nell'esilio. Arriva con questa
squadra in Spagna e Real come Barca restano incantati
di lui. Ha soli 23 anni e talento da vendere: é capace
di palleggiare seduto per terra, gambe all'aria, senza
perdere il controllo del pallone.
La lotta per i suoi servizi la spunta la squadra
condale: gioca in coppa e diventa un fenomeno assai
grande che il presidente dei blaugrana comincia a
costruire un nuovo stadio piú adatto alle multitudini
che vogliono vedere Kubala. Fu cosí che nacque il Camp
Nou. Nel 51 arriva la stagione "delle 5 coppe":
vincono lo scudetto, la Coppa, la coppa Latina (antica
coppa dei campioni), la Coppa Duward ed il trofeo
Martini Rossi, nel 52 vincono Liga e Coppa. Sull'onda
della Kubala-mania, il giocatore debutta in Nazionale
(spagnola) il 5 luglio 1953 contro l'Argentina.
Giocherá altre 8, unico al mondo ad indossare tre
maglie di tre Nazionali diverse. Purtroppo, non giocó
mai una partita ai Mondiali.
Undici anni al Barca, dove vince quattro volte la
Liga, cinque coppe spagnole, due Coppe di Ferie (coppa
UEFA di oggi), giocó 329 partite e s'iscrisse con 272
gol, con un rapporto di 0,82 gol/partita. Il talento,
purtroppo, non solo gli diede fama e fortuna, ma gli
procuró ben tredici infortuni tra il 1951 e il 1960.
Poi, il canto del cigno: lasció il Barca dopo la
sconfitta di Coppa Europea contro il Benfica nel 1961,
andó all'Español - il rivale cittadino del Barca - al
Zurich svizzero e chiuse ai Toronto Falcons del
Canada.
Ironie del destino. Questo grandissimo campione
volle fare un campione di suo figlio Branco: prima gli
insegnó a calciare, poi lo invió alle giovanili del
Milan, all'Arsenal. Il ragazzo fu selezionato
giovanile per Spagna, allora papá Kubala lo iscrisse
nella squadra amatoriale dipendente del Real Madrid.
Sforzo inutile, visto che Kubala junior semplicemente
non aveva la stoffa del campione, e non andó piú in
lá.
Fece il corso per allenatori quando ancora era
giocatore, laureatosi con onori. Quando chiuse la
carriera girovagó per squadre spagnole, iniziando al
Murcia, salvando dalla B poi ando all'Canada e poi al
modesto Cordoba: nel luglio 1967, quattordici anni
dopo il suo esordio in Nazionale spagnola, assunse la
carica di selezionatore spagnolo, qualificando le
Furie Rosse per i Mondiali argentini e lasciando solo
dopo l'Europeo di Italia 1980.
Immortalato anche nei canti del trovatore catalano
Joan Manuel Serrat, Kubala resterá un simbolo
folgorante del Barca, ancora piú di Kocsis, di Suárez,
di qualsiasi altro giocatore a suo fianco. Tanto, che
appena diventa pubblica la sua scomparsa, Joan
Gaspart, presidente del club catalano, interruppe la
conferenza stampa che segna il ritorno di Louis Van
Gaal alla panchina blaugrana. "Kubala era parte della
storia del Barca. Sono sicuro che Van Gaal mi scuserá
se chiedo un minuto di riflessione." Un gesto meritato
per un giocatore della sua statura ed importanza.
Negli ultimi anni lui forse non si ricordava di molte
delle sue geste: soffriva del morbo di Alzheimer. Ma
la cittá di Barcellona non se lo dimenticó mai, quel
biondino che arrivó a giocare un bel giorno del 1951 e
che, in fondo, pure quando andó via, chiamato del suo
sangue zingaro, non se ne andó mai dei loro cuori.
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