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IL PALLONE RACCONTA: KARL AEGE HANSEN
Karl Aage Hansen nasce a Meringe, in Danimarca, il 4 luglio 1921. Comincia la sua carriera a Copenaghen a soli 17 anni, nelle file dell'Akademic Bold Club, diventando presto un campione. Fa parte di quella squadra che umilia gli azzurrini alle Olimpiadi di Londra nel 1948: anche se non segna alcuna rete, Karl viene giudicato il migliore in campo. Chiaramente, dopo quella partita, attira le attenzioni di qualche club italiano e, nel 1949, viene acquistato dall'Atalanta. Arriva alla Juventus l'anno seguente e rimane in bianconero per tre stagioni, durante le quali totalizzerà 86 presenze con 37 realizzazioni.
Karl Aage è un giocatore universale, molto solido fisicamente ed atleticamente. È sufficiente vederlo in campo per capirne l'abilità sia nel gioco di difesa, sia di costruzione, sia di realizzazione, grazie ad un tiro micidiale che lo rende un implacabile esecutore di calci piazzati.
Il primo campionato di Karl è straordinario; segna addirittura 23 goals, ma la squadra non ingrana ed il centrocampo è un "colabrodo". Con l'arrivo di Sarosi, si cambia: il tecnico chiede a Karl di dare più protezione al centrocampo, riservando le sue giocate da fuoriclasse solo quando necessario. Si consacra, in questo modo, come uomo squadra e la Juventus ne trae subito beneficio, vincendo il campionato. «In quel campionato segnammo 98 reti. Vincemmo il derby per 6-0; due goals di Boniperti, due di John Hansen, uno di Vivolo e l'ultimo lo segnai io; era una Juventus scapigliata ed allegra, tutti giocavano in qualsiasi ruolo. A Torino, contro l'Atalanta nel giugno del 1951, la Juventus schierò una prima linea inedita, composta in prevalenza da mediani e terzini; c'erano Muccinelli, Parola, Boniperti, Bizzotto e Bertuccelli. Ebbene: segnarono tutti un goal ciascuno, mentre il sesto lo mise a segno il mediano Mari».
Qualche ricordo in bianconero.
«C'era un arbitro che aveva un fatto personale con me. Era il triestino Pieri: aveva l'abitudine di non vedere o annullare i miei goal. Ricordo di uno stranissimo goal segnato su calcio di rigore a Legnano, la seconda partita di campionato della stagione 1951/52. Il mio bolide, con il portiere Gandolfi fermo sulla linea di porta, colpì lo spigolo inferno del palo destro, la palla passo dietro alla schiena del portiere, naturalmente al di là della linea del goal, poi rimbalzò contro l'altro palo e Gandolfi, girandosi, se la trovò tra le braccia. Era un goal sacrosanto, ma Pieri non lo convalidò. Il caso più clamoroso, però, avvenne nel maggio della stagione precedente, quando a Torino battemmo il Genoa per 4-1. Aveva segnato per primo il mio connazionale Praest, aveva pareggiato Dante per il Genoa e sul risultato di 1-1 era terminato il primo tempo. Nella ripresa la Juve attaccò a fondo e, dopo pochi minuti, sferrai un tiro da fuori area con inaudita potenza. La palla si infilò nel sette, alla destra del portiere Bonelli: ma la rete era un po' logora ed il pallone, tanto potente, l'aveva sfondata. Tutti avevano vista che la palla era entrata in rete, solo l'arbitro non lo aveva notato. Ma la cosa che mi fece diventare paonazzo per la rabbia fu il fatto che il signor Pieri si rifiutò di constatare la rottura della rete e fece praticamente continuare la partita in condizioni di palese irregolarità, piuttosto che darmi la soddisfazione del goal; soddisfazione, tuttavia, che mi presi alcuni minuti dopo deviando da pochi passi un delizioso passaggio di Boniperti».
Gioca senza cedimenti di forma fino a 35 anni, disputando ottime annata anche nella Sampdoria e nel Catania. «Ricordo che quando ho giocato a Torino con la maglia blucerchiata, disputai un'ottima partita contro i miei ex amici bianconeri; il primo tempo terminò a reti involate, malgrado gli sforzi di Hansen e Praest, Con me, nelle file della Sampdoria, c'erano altri ex bianconeri; Mari, sicuramente e la mezzala Coscia, mi pare. In quella partita, Parola giocava come laterale, perché lo stopper era "Rinone" Ferrario. A pochi minuti dalla fine, la Juventus riuscì a segnare il goal della vittoria; sapete chi realizzò? Lui, naturalmente, Boniperti. La Juventus vinse anche a "Marassi", nella partita di ritorno, con un goal dell'argentino Ricagni; un tipo buffo, ma ricco di classe».
Raramente il suo gioco è individuale, nonostante ne abbia le capacità; è un lavoratore al servizio della collettività, sfruttando al massimo la sua razionale condotta tattica, la rapidità delle sue concezioni di manovra, l'utilità della sua collaborazione.
Così lo ricorda Caminiti:
La prima volta che Boniperti mi parlò di Karl Hansen, ne fissò le capacità, lui che in poche parole sa sintetizzare un mondo (Boniperti è un immenso cranio calcistico) con queste parole: «Karl avrebbe potuto giocare tre partite in un giorno». Non so se risulta a verità, ma temo di sì. Indubbiamente, Karl Aage Hansen come giocatore era uno stakanovista. È stato uno dei centrocampisti più grandiosi e creativi della storia. Il lettore non pensi che noi esageriamo. Non si esagera mai quando si parla di questi strabilianti pedatori arrivati da lontano, da terre per lo più fredde, nelle nostre calde ed amene contrade. Poderoso centrocampista anche incontrista, cursore che non si dava requie, noi ci eravamo imbattuti in lui, parlo di noi italiani, il 5 agosto 1948, all'Olimpiade inglese, nella sfida di "Highbury": Danimarca 5, Italia 3.
Formazioni:
Danimarca: Nielsen; Jensen e V.Overgaard; Pilmark, Oernvold ed Jensen; Loeger, K.A. Hansen, Praest, John Hansen e Seebach.
Italia: Casari; Giovannini e Stellin; Maestrelli, Neri e Mari; Cavigioli, Turconi, Pernigo, Cassani e Caprile.
Quattro goals di John Hansen ed una grandissima regia di Karl Hansen spiegano dinanzi alla storia quella solennissima batosta della nostra Nazionale olimpica. E, da lì in poi, danesi a gogò, occupano, presidiano, rappresentano, l'Atalanta e la Juventus se ne arricchiscono. Karl Hansen, partito, anzi ripartito, Rinaldo Martino per l'Argentina, passa alla Juventus.
L'Atalanta di Daniele Turani non aveva frapposto indugi, riuscendo a portarlo a Bergamo nell'estate del 1949 che in mezzo ad un mare di tristezze, vivevamo l'angoscia della fine del "Grande Torino", annunciava nuovi prodigi. Karl Hansen fu grandioso. L'Avvocato Gianni, amatore di calcio dal fiuto inimitabile, aveva visto bene. In assemblea degli azionisti, aveva annunciato che avrebbe sostituito l'ineffabile ed infelice Rinaldo Martino con il più grande interno d'Europa! Ed aveva mantenuto la promessa! Quando mai l'Avvocato, diciamolo pure, ha sbagliato una desinenza calcistica? Karl Hansen, che aveva fatto salto con l'asta in gioventù, che correva senza palla andando ad occupare le posizioni strategiche del gioco, e che arrivava sempre primo sui palloni da far convergere verso la testa prensile e pure magica di John Hansen, il "Gazzellone", aveva altruismo innato, era mezzala, ma di più, uomosquadra, come da noi pochi se ne sono visti, anche se il suo apporto alla Juventus in tre anni sarebbe stato tormentato: 86 partite e 37 goals, per via di dolori intermezzi fisici. La Juventus lo avrebbe poi ceduto alla Sampdoria e da Genova andava a giocare a Catania all'altezza di un magistero per quella società, davvero indimenticabile ed impareggiabile. Karl Hansen, dice bene Boniperti, avrebbe potuto giocare tre partite in un giorno. I suoi polpacci si industriavano a lavorare il campo su e giù, ininterrottamente.
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