John Angelo Valdemar Østergaard HANSEN

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(dal sito www.wikipedia.it)
John Angelo Valdemar Østergaard HANSEN

Nato il 27.07.1924 a Copenaghen, † il 12.01.1990 a Copenaghen

Attaccante (A), m ....., kg .....

Stagioni al Milan: 1, 1948-49
, solo partite amichevoli (utilizzato come prestito dalla Juventus)

Esordio nel Milan in gare amichevoli: .....

Ultima partita amichevole giocata con il Milan: .....

Totale presenze in gare amichevoli: ...

Reti segnate: ...

Partite amichevoli documentate da tabellino in Magliarossonera.it:
- 17.06.1949: Rappresentativa Giovanile Copenaghen vs Milan 2-6

Esordio in Nazionale Danese: nel 1948

Totale presenze in Nazionale Danese: 10

Reti segnate in Nazionale Danese: 8




Ha giocato anche con il Frem Copenaghen (A), la Juventus (A), la Lazio (A).



Dal sito www.wikipedia.it

CLUB
Inizia la sua carriera agonistica nel BK Frem Copenaghen, dove nel 1943-1944 conquista il titolo di campione nazionale e un titolo di capocannoniere nel 1947-1948.
Dopo i Giochi olimpici del 1948 c'è subito un contatto con i dirigenti del Torino per portare Hansen in maglia granata, ma il giocatore passa ai rivali cittadini della Juventus il 18 novembre 1948 firmando un contratto triennale. Il 21 novembre esordisce in maglia bianconera a Torino contro il Bari.
Rimane alla Juventus per sei stagioni, fino al 1954, giocando 189 partite (187 in Serie A e 2 in Coppa Latina), segnando 124 reti e vincendo 2 scudetti, di cui uno come capocannoniere. Gioca poi una stagione nella Lazio per poi ritornare in Danimarca nelle file del BK Frem Copenaghen come giocatore-allenatore e dove chiude la sua carriera agonistica nel 1960.

NAZIONALE
Il 5 agosto 1948, in occasione dell'incontro alle Olimpiadi di Londra fra la Nazionale azzurra di Vittorio Pozzo e quella danese, Hansen firma 4 dei 5 gol (ai minuti 31, 55, 75 e 81) con cui la Danimarca (che poi arriverà a vincere la medaglia di bronzo) batte l'Italia per il 5-3 finale. Con 7 reti è capocannoniere di quel torneo a pari merito con lo svedese Gunnar Nordahl.
Nel 1969 diventerà anche CT.






(dal sito www.wikipedia.it)


(dal sito www.ilpalloneracconta.blogspot.com)



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17 giugno 1949, amichevole: Rappresentativa Giovanile Copenaghen vs Milan 2-6
(da "Il Calcio Illustrato")



Dal sito www.ilpalloneracconta.blogspot.com

IL PALLONE RACCONTA: JOHN HANSEN
Quando John Hansen giunge a Torino, nel 1948, il presidente della Juventus, l'avvocato Agnelli, manda a chiamare Pozzo per confermare che il giocatore danese sia effettivamente quello che alle Olimpiadi di Londra aveva giocato meravigliosamente bene ed aveva segnato quattro reti alla squadra azzurra. Pozzo riconosce immediatamente nel lungo giocatore l'atleta che ci aveva dato i quattro famosi dispiaceri ed Hansen entra a far parte della squadra juventina. Gli inizi sono molto difficili: poche partite, a causa di alcuni infortuni. Va fuori forma ed alcuni arrivano a dire che il suo fisico non gli consente uno sforzo continuato. Per fortuna non è così, è semplicemente la conseguenza di allenamenti sbagliati, ma questo lo si capirà più avanti. L'allenatore juventino, in quel periodo è Chalmers, che ha ottimi numeri come allenatore, ma conosce poco gli uomini che gli erano stati affidati, non sa dosare lo sforzo di ciascuno, fa lavorare troppo chi si stanca presto e viceversa.
Così Hansen, che pure ha classe da vendere, non convince l'allenatore, che gli preferisce Jordan, Cergoli o Sentimenti III, insomma chiunque. Chalmers sostiene che Hansen è lento e discontinuo. Quando finalmente il danese trova posto, il 21 novembre 1948, con la Juventus già lontana dal Torino capolista, si capisce di che pasta sia fatto questo attaccante moderno e versatile, capace di risolvere la partita in cinque minuti.
Succede a Busto Arsizio il 12 dicembre, si ripete a Torino contro il Palermo la domenica successiva. Boniperti ha al suo fianco un compagno che parla la sua stessa lingua, e quando Muccinelli sull'out ha fatto fuori il terzino, non deve preoccuparsi di altro che metterla in mezzo, sicuro di trovare il danese pronto a colpire. Quarto posto per quella Juventus, 15 goals per John, al pari di Boniperti.
Il resto è cammino trionfale. 1949-50, dopo quindici anni torna lo scudetto, e John Hansen timbra la stagione con 28 reti in 37 partite. In leggera flessione l'anno dopo, con lo scudetto che sfugge più per distrazioni juventine che per meriti altrui, e comunque i goals del danese sono 20.
Riecco il John Hansen trionfante nella Juventus più bella, quella del 1951-52: 30 reti in 36 partite, segnate in tutti ma proprio tutti i modi previsti dal regolamento. Rimane alla Juventus fino all'estate del 1954, totalizzando 187 presenze e 124 goals, che lo collocano al settimo posto dei marcatori di sempre della storia juventina. Pochi sanno che questo fuoriclasse autentico rischiò di andare al Torino. Lo stesso Hansen ci racconta come andò: «Giocavo ancora nel Frem di Copenaghen, quando il presidente Mr. Bernhard Langvold, direttore di una grande ditta di vini, occupandosi di importazioni, si trovava in Italia. Un dirigente del Torino gli chiese se fosse possibile avere dalla Danimarca una mezz'ala di valore e la somma per il trasferimento. Mr Langvold fece il mio nome, ero conosciuto in Italia per aver realizzato quattro goals contro la vostra Nazionale olimpionica a Londra. Con grande stupore del dirigente italiano, Langvold rispose che nessun compenso spettava alla squadra, della quale lui era presidente, in quanto in Danimarca i giocatori non avevano nessun vincolo con i clubs, essendo questi puramente dilettantistici. Così venni interpellato dal mio presidente per telefono ed invitato a fissare la cifra di trasferimento al Torino. Ma una seconda telefonata venne a mutare il primitivo progetto: questa volta è il Dott. Boella della Nordisk Fiat di Copenaghen, che, per incarico dell'avvocato Agnelli, desidera avere un colloquio per contrattare un mio eventuale passaggio alla Juventus.
Optai per la Juventus ed il giovedì 18 novembre 1948 firmai un contratto triennale per la società italiana, rappresentata dal signor Secondo Artino, segretario amministrativo e delegato del club. Il signor Artino, esperto in materia di trasferimenti, mi convinse a partire immediatamente per l'Italia, promettendo le vacanze in Danimarca dell'imminente Natale 1948, con relativo rimborso spese, affinché potessi sistemare e definire le mie pratiche private. Domenica 21 novembre 1948, feci il mio esordio nella Juventus contro il Bari. Conoscevo appena il colore della mia nuova maglia, non conoscevo i compagni, e scendendo in campo, trovavo strano schierarmi a salutare il pubblico: dovevo abituarmi, ero ormai professionista. Fui felice a fine partita per la vittoria (1-0, rete segnata allo scadere del tempo da Muccinelli), ma non per il mio esordio difficile per molteplici ragioni, fondo campo duro, clima, ambientamento, ed infine perché era il mio primo match da professionista.
Nel corso del mio primo campionato in Italia, una grave sciagura colpì il football italiano: la tragedia di Superga. Fui fra i primi ad accorrere a Superga, dove un uomo, bianco in volto, con capelli grigi, con le lacrime agli occhi, stava ritto in mezzo ai cadaveri. Era Mr. Pozzo, che lacrimante diceva: "I miei ragazzi, i miei ragazzi..." Così ho rivisto per l'ultima volta chi era stato mio cavalleresco avversario: Mazzola, Ballarin, Gabetto, Ossola, con i quali ero solito consumare i pasti da "Mamma Gina"».

Il ritratto di Vladimiro Caminiti, da "Hurrà Juventus" del marzo 1990:
«Tra Caprile che non afferrava l'intenzione della mezzala, e Boniperti, che aveva preso l'abitudine di restare prevalentemente in posizione arretrata, John Hansen non sapeva più come orientarsi. Egli non è una mezzala di sfondamento, l'azione personale non lo tenta, è uomo di manovra, un realizzatore sì, ma tendenzialmente un tattico; un atleta che reca nel gioco un apporto di idee le quali costituiscono il tema di un coro e non di un assolo. Rompere i collegamenti che Hansen costantemente cerca, equivale ad isolare e rendere nulla una viva sorgente di gioco».
Per scrivere così di calcio, bisogna essere grandi giornalisti di calcio; che a capire calcio, spiegandolo al popolo, ne siano rimasti molti come l'autore dei due stralci con i quali vi presento John Hansen, proprio non credo. Io credo che a parte pochissimi esemplari, il nostro mestiere si sia imbarbarito in un tecnicismo di maniera, e che sia conformistico in tutto, il modo di porgere e spiegare calcio. In realtà, Ettore Berra negli anni Quaranta, l'articolo è datato ottobre 1949, è stato un luminare della materia, io non posso negare di averlo fatto punto di riferimento nella mia formazione professionale.
Chi è stato allora John Hansen? Questo spilungone danese, con lentiggini come ceci, un gran ciuffo fulvo nei giorni del 1948 quando giocava a Torino, gazzella del gioco aereo, tempista incursore dai gol saettanti, è stato un momento importante per la evoluzione del gioco in Italia. I padroni amano i fuoriclasse, vivono il calcio "per" ed "in funzione" dei fuoriclasse, si deve dire che non sempre il fuoriclasse (raramente si vorrebbe dire) serve l'evoluzione del gioco.
L'hanno forse servita fuoriclasse come Sivori o Platini? Ho i miei dubbi. Sivori è stato irripetibile come Platini. Al progresso del calcio, nel senso della tattica applicata, e delle superiori strategie, sono serviti certi fuoriclasse specialissimi, ed uno pensa subito a Di Stefano più che allo stesso Pelè od a Maradona.
John Hansen ha aiutato il calcio nostro ad uscire dalle secche dell'individualismo più o meno di maniera, è stato un fulcro, è stato un artificiere di gioco, con lui, e specialmente per lui è nata la Juventus irresistibile 1949-50, e seguenti, anche 1951-52, con Giorgio Sarosi allenatore, quando Jesse Carver era stato estromesso, dai giochi tentacolari della "Signora". La "Signora" del calcio, inimitabile e strepitosa, con un presidente mecenate inimitabile e strepitoso, congegnava in campo meccanismi perfetti. Li aveva studiati a tavolino. Gianni Agnelli aveva visto personalmente la partita all'Olimpiade di Londra in cui la Danimarca ci rifilò cinque legnate in testa a tre, e tre goals furono dello stangone, lo stesso che Gianni ricevette in ufficio, nella principesca sede di piazza San Carlo, e volle che fosse presente anche Vittorio Pozzo, l'allenatore della Nazionale Olimpica bastonata, perché non ci fossero dubbi che era proprio lo stangone dei tre goals i a "Bepi" Casari: «Sì, è luì», ammise Pozzo, granata di ferro, ma stimatissimo, e legatissimo all'Avvocato:
Cominciò da questo momento la carriera juventina di John Hansen. Né si può dire che furono subito rose e fiori. La Juve doveva ancora darsi una regolarità ed un indirizzo tattico. L'allenatore Chalmers era forse un competente, ma certamente un bizzoso. Per lui, era meglio Angeleri, un "half" puro all'ala destra, al posto del piccolo serpentineggiante Muccinelli! É tutto dire. Chalmers allenava Sentimenti IV nei vagoni ferroviari con molliche di pane! Era un desso che qualcuno ha ritenuto fesso, come allenatore di calcio, intendo. L'Avvocato prediligeva in materia gli inglesi e con Carver, seppur limitatamente, ci avrebbe azzeccato. Nel campionato 1948-49, l'ultimo del "Grande Torino" terreno, John Hansen gioca ventiquattro volte e segna 15 goals. Il suo valore è patentato, riconosciuto e sottoscritto, e John diventa un pilastro per la gloria successiva con 28 goals in 37 partite, l'attacco irresistibile e tranciante comprendeva da destra a sinistra Ermes Muccinelli, Rinaldo Martino, Giampiero Boniperti, John Hansen e Aage Praest. Forse, e senza forse, l'attacco più forte in assoluto (io lo preferisco a quello della Juve "platiniana") della storia bianconera.
John, la cui precoce scomparsa ha avvilito tutti i supporter juventini, aveva un carattere smagato e pressappoco innocente, pur con fondo di orgoglio che lo portò a schierarsi nettamente contro Jesse Carver dopo la famosa intervista di Emilio Violanti all'allenatore britannico, ed alla quale si fa risalire l'inizio del giornalismo sportivo contemporaneo. Nascevano in quell'estate del 1951 i due punti e virgolette, che poi ironicamente visitati da un Gianni E.Reif avrebbero avuto tanta fortuna. Dice Boniperti, nel ricordo nostalgico del campione: «John Hansen era un bravissimo ragazzo ed un grande professionista. Ecco, lui amava allenarsi, e molto, a differenza mia. Lui era giovialone, sempre contento, non era molto attaccato al denaro, non aveva vizi, era un buono».
Sì, John Hansen era così. Si era subito ambientato a Torino, trovandola città estremamente simpatica, e in pochi mesi aveva imparato a parlare un buon italiano. Andava a mangiare, come tutti di quella Juventus, in un ristorante toscano al centro della capitale sabauda, da "Biagini", in quegli anni abbastanza memorabili anche perché in parte sognanti, smemorati.
Nella Juventus avrebbe giocato in tutto 187 partite con 124 goals, e giudichino i lettori della sua stessa travolgente forza deflagratrice. Ritornava spesso in Italia, e la trovava molto cambiata: Si isolava nell'ufficio di Boniperti, nella sede di Galleria San Federico, e stavano ore a parlare di calcio, come era una volta e come oggi non è più.
E non è nemmeno la "Gazzella danese", il trampoliere del goal. Il goal che arriva dall'alto e da lontano. Il goal modellato nel coro, di un campione strategico per eccellenza, tra i grandi del calcio di ogni tempo, da considerare davvero tra quelli "alati".