Ha giocato anche con l'F.C. Pratense di Buenos Ayres (*), il Barletta (C), il Brescia (B), la Pro Cavese (C, C1).
Giuseppe "Josè" Cafaro nativo di Briatico (CZ), classe 1948, crebbe calcisticamente nella Platense di Buenos Aires. Unica presenza ufficiale nel Milan, il derby di Coppa Italia del 1° maggio 1974, perso 1-2 con l'Inter. Poi venne ceduto al Brescia, dove "rubò" il posto a Borghese disputando una grande stagione. L'anno seguente le sue prestazioni calarono. (nota di Gianni Dell'Orfano)
Josè Cafaro, stagione 1973-74 (per gentile concessione di Renato Orsingher) |
5 dicembre 1973, Campionato Under-23, Legnano vs Milan 1-3
(per gentile concessione di Renato Orsingher) |
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Dal sito www.cavese.it
di Vincenzo Paliotto
Josè Cafaro: italiano d'Argentina
Quando nella stagione del 1977/78 la Cavese tornò a disputare il campionato di Serie C dopo oltre trent'anni, la dirigenza metelliana pensò bene di puntare sui giovani, senza disdegnare però di affidarsi ad uomini di una certa esperienza già affermatisi nelle categorie anche superiori. Pertanto nell'estate del 1977 uno degli acquisti in casa aquilotta di maggior sensazione, ma anche sorprendente, fu quello del portiere argentino Josè Cafaro, che andava a sostituire tra i pali il gigantesco Liseo Filadi, che aveva vinto trionfalmente il campionato di Serie D. Due estremi difensori che tecnicamente e stilisticamente interpretavano il ruolo di portiere in maniera diametralmente opposta. Composto ed essenziale, senza troppi interventi spettacolari Filadi, decisamente estroso, sempre imprevedibile, un po' plateale Cafaro, che ereditava tutte le caratteristiche dell'arquero argentino, un po' bizzoso, più propenso alle uscite, ma effettivamente forte, spesso imbattibile. Il neo portiere dei metelliani in pratica ricalcava perfettamente il suo collego argentino ben più famoso tale Hugo Gatti, estremo difensore del Boca Juniors, preparatissimo tra i pali, ma anche follemente imprevedibile nelle uscite, abile addirittura a giocare anche il pallone con i piedi. Un aspetto estetico ed una maniera non proprio sicura di interpretare un ruolo delicato come il portiere, che costrinse il sezionatore dell'Argentina Campione del Mondo Julio Cesar Menotti a convocare tra i pali il suo collega Ubaldo Matildo Fillol del River Plate, in luogo del numero uno del Boca. Una decisione caldeggiata anche in parte dalla carta stampata, ma soprattutto avallata dalle convinzioni di Menotti, poco incline a cercare negli uomini a sua disposizione la spettacolarità, anche se doveva essere espressa da un estremo difensore. Del resto il selezionatore dei rioplatensi lasciò a casa anche un certo Diego Armando Maradona.
Effettivamente anche Cafaro si portò dietro tutta l'arco della sua carriera quell'etichetta di "loco", che in argentino significa matto, che talvolta condizionò le scelte degli allenatori che lo ebbero alle loro dipendenze. Era nato il 21 luglio del 1948 a Briatico in provincia di Catanzaro, ma piccolissimo era emigrato in America Latina con i genitori, ricevendo un'educazione non solo calcistica prettamente sudamericana. Era soltanto uno dei tanti emigranti che tenevano ben saldo quel ponte infinito e lunghissimo che lega l'Italia all'Argentina ormai da tempo immemorabile. Un italiano d'Argentina in pratica, legato al suo paese d'origine, ma amante allo stesso modo della bellissima terra delle pampas.
Josè Cafaro esordì giovane tra le file del Platense, uno dei tanti club della sterminata Buenos Aires, fin quando fu notato da qualche emergente osservatore italiano e convinto a cercar fortuna nella nostra penisola. In effetti, l'emergente arquero trovò degli estimatore non da poco nel Milan, che lo tesserò agli inizi degli Anni Settanta. Anche se con i rossoneri non trovò mai spazio in prima squadra, chiuso come prevedibile da autentici mostri sacri, quali William Vecchi, Belli, Albertosi, il giovane Franco Tancredi. Fu prestato, dunque, prima al Barletta nel 73/74 e quindi successivamente, dopo aver fatto ritorno a Milano, passò al Brescia, con cui visse due bellissime stagioni in Serie B. Nel 75/76 con l'allenatore argentino in panchina Juan Valentin Angelillo sfiorò con le rondinelle la promozione in Serie A.
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Dopo un bellissimo torneo, il Brescia si piazzò al 5° posto, grazie anche alle 25 presenze e alle convincenti parate di Cafaro, che strappò dopo le incertezze iniziali la maglia di titolare a Garzelli. Giocava in bella compagnia con Beccalossi, Altobelli e Gigi Cagni, figurando sulle figurine Panini con il nome di Giuseppe Cafaro, in luogo dello spagnoleggiante Josè. Rimase in Lombardia anche per il torneo del 76/77, in cui collezionò altre 27 presenze, non abbastanza evidentemente per convincere le rondinelle a confermarlo. Probabilmente anche per qualche sua bizzaria tra i pali che costò qualche punto importante alla formazione di Angelillo.
La Pro Cavese fu allora abile a fiutare l'affare e ad assicurarsi le prestazioni di un portiere dal valore indiscutibile ed anche di grande carisma e personalità. Del resto i metelliani rinnovarono quasi totalmente il loro parco giocatori, puntando su elementi di indubbie qualità. Tra i volti nuovi, ad ogni modo, Josè Cafaro fu quello che attirò le maggiori attenzioni, per il suo valore di portiere e per la sua personalità e grinta tipicamente argentina, rappresentando un oriundo fuori dal tempo, ma assolutamente efficace. Mister Fontana si affidò a lui sin dalla prima partita di campionato all'Ezio Scida di Crotone e gli aquilotti già in terra calabrese si scoprirono brillanti protagonisti di quel campionato. La Pro Cavese conservò la propria imbattibilità per i primi tredici turni di campionato, per poi cadere di misura sul terreno della Nocerina. Cafaro fu uno dei protagonisti indiscussi della squadra, guidando una difesa forte con Gregorio, Belotti, De Biase e Verdiani. Anche se dopo la sconfitta di Nocera, qualcosa nell'armonia della squadra venne meno e gli aquilotti accusarono qualche battuta a vuoto di troppo. Risultati negativi che costrinsero il presidente Cipriano a dare il benservito al tecnico Fontana, dopo la pesante sconfitta di Brindisi per 3-1. Cipriano in realtà fu colto anche di sorpresa dalle dimissioni di Fontana ed affidò la squadra temporaneamente a Lello Pagano, un allenatore di Salerno, giusto in tempo per compiere un autentico capolavoro. Infatti, la domenica successiva alla sconfitta di Brindisi, il 15 marzo del 1978 la Pro Cavese riceveva tra le mura amiche la Salernitana per un derby atteso tantissimi anni. Al cospetto delle maglie granata la Pro Cavese in crisi di risultati ritrovò il suo orgoglio, infierendo sui cugini. Con due gol che portavano la firma di Cassarino e Vanni Moscon. La quotata Salernitana digeriva malamente quel passivo, anche perchè l'impeccabile Cafaro si oppose ai numerosi tentativi di Tivelli, De Tommasi e Mujesan. Anzi, calandosi pienamente nel clima del derby, Cafaro trovò anche il tempo di dileggiare i tifosi ospiti accorsi al Comunale di Cava. Dopo l'ennesimo battibecco con la tifoseria ospite, qualche tifoso granata pensò di invadere il terreno di gioco per dare una lezione a quel portire argentino imbattibile e senza paura. Non fecero in tempo le forze dell'ordine a fermare gli invasori, anche perchè non ce ne fu bisogno. In quanto quando i tifosi della Salernitana si avvicinarono minacciosi a Cafaro, il portiere della Cavese li stese con un paio di colpi ben assestati. Fu un episodio indimenticabile, che elesse Cafaro ad idolo indiscusso della folla dello stadio della Cavese. Oltre che per le qualità tecniche, i portiere si mise in luce anche per il suo invidiabile carisma. In effetti, Cafaro visse una stagione impeccabile con ben 38 presenze all'attivo e premiato con il titolo di "Aquilotto dell'anno", prestigioso riconoscimento istituito da Radio Metelliana. Le prestazioni dell'arquero valsero alla squadra, che nel frattempo era passata a Viciani, la promozione nella neo-costituita C1, che la Pro Cavese raggiunse con merito.
Il buon Josè rimase a Cava de' Tirreni anche nella stagione successiva per guidare quella bella Cavese ormai negli ambienti del cacio di un certo prestigio, giocando un'altra stagione da protagonista con altre 32 presenze all'attivo, lasciando un po' di spazio anche all'emergente Vannoli, che presto sarebbe diventato titolare con ottimi risultati. Aiutando quindi a fare la giusta esperienza al giovane portire prelevato dallo Spoleto. Alla fine di quel soddisfacente torneo, però, l'impagabile Cafaro pensò di salutare la compagnia, salutando quell'Italia dalla quale probabilmente si aspetta va maggiori soddisfazioni. Soddisfazioni che Cafaro raccolse soprattutto in quella Cava de' Tirreni così affezionata a lui, dopo un derby che nessuno mai aveva vissuto da protagonista come lui.
Cafaro fece ritorno in Argentina per indossare la prestigiosa maglia del Talleres di Cordoba, formazione di Serie A, lasciando un ottimo ricordo in Italia e soprattutto in quella Cava de' Tirreni, dove le imprese e il nome di "el loco", quell'italiano d'Argentina, rimangono ormai indelebili. Hasta luego Josè, su erte.
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(dal profilo facebook di Giuseppe Cafaro) |
(dal profilo facebook di Giuseppe Cafaro) |
José Cafaro ai tempi del Brescia, 1976 |
Giuseppe Cafaro, dicembre 2019 (dal profilo facebook di Giuseppe Cafaro) |
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