Ha giocato anche con il Palmanova (Dil.), la Lazio (A), il Cesena (C, D).
Ha allenato il Cesena (C), il Forlì (C), la Pro Patria (C), l'Omegna (*).
"È l'ala destra capace di saltare l'avversario ma anche di puntare a rete. Tredici le sue realizzazioni complessive nel corso della stagione che ne fanno un elemento fondamentale. Funambolo." (Luigi La Rocca, Milano 2001)
"Ala veloce, di grande movimento, spazia indifferentemente da destra a sinistra, ricoprendo all'occorrenza anche il ruolo di interno. Ha un'ottima base di velocità e numeri tecnici ragguardevoli, con uno spiccato fiuto per il gol." (Da "La Grande Storia del Milan", Gazsport 2005)
Dal sito www.bustocco.it
ALMANACCO BIANCOBLU'
Palmanova del Friuli (Ud) 10 ottobre 1927 - Milano 25 ottobre 2019
330 presenze complessive in Serie A con 183 gol, tra Milan (uno scudetto 50-51, 190 presenze e 87 reti con la maglia rossonera) e Lazio dal 1953 al 1959, vincendo la Coppa Italia del 1958, per 148 presenze complessive (140 in campionato e 8 in Coppa Italia) con i biancocelesti, 40 gol (35 in campionato e 5 in Coppa). Attaccante tecnico, ambidestro, versatile, poteva agire da centravanti ma preferiva la posizione di ala sinistra, posizione che occupò durante gli anni al Milan e in cui si distinse per la sua agilità. Nel periodo alla Lazio arretrò il suo raggio di azione giocando prevalentemente a centrocampo. Nel 1948, viene incluso da Vittorio Pozzo nella spedizione italiana alle Giochi Olimpici di Londra, anche se non scenderà mai in campo.
Nel 1951, fa il suo esordio in Nazionale a Lisbona, in un'amichevole contro il Portogallo, al debutto segna il suo unico gol azzurro, contribuendo alla vittoria finale per 4-1. Vestirà l'azzurro in altre tre occasioni; poco più di quattro anni dopo giocò la sua ultima partita.
Numeri che la dicono lunga su chi sia stata Renzo Burini calciatore. Poco purtroppo viene valutato e ricordato il suo lavoro da vice-allenatore e soprattutto tecnico istruttore di giovani talenti, quanti e di che qualità ne ha svezzati nel corso degli anni. Rimane il rammarico che i suoi periodi alla Pro Patria, non siano stati valutati a rivalutati nel tempo. Soprattutto nella prima avventura in biancoblu con Carlo Regalia nella seconda metà degli anni 60. In coppia hanno fatto invece le fortune di altre piazze. Burini che fa parte anche dei tanti friulani che in epoche diverse, fecero le fortune della Pro.
Renzo Burini era nato nel 1927 a Palmanova, in provincia di Udine. Nell'estare del 1947, a vent'anni viene scovato in Serie C, da un osservatore, fratello dell'allora dirigente del Milan Antonio Busini, passa al Milan, con cui debutta in Serie A il 4 gennaio 1948, in una partita casalinga contro il Bari: realizza subito una doppietta, contribuendo così all'8-1 finale per i rossoneri.
Il padre di Burini espresse più di un dubbio riguardo al trasferimento del figlio al Milan, ma la società meneghina lo convinse, assicurando a Renzo un impiego in un maglificio della zona, stabilendosi poi per sempre a Milano.
Con i rossoneri, impiegato prevalentemente come ala sinistra, forma l'attacco, assieme agli svedesi del Gre-No-Li. Nella stagione 1949-50, come compagno di reparto, alternandosi nel ruolo di mancino d'attacco, si ritrova anche il bustocco e tigrotto Enrico Candiani, con cui firma una storica vittoria del Milan sulla Juve a Torino, per 7-1. Chiuse la carriera da calciatore con un triennio a Cesena, dal 1959 al 62, ricoprendo il doppio ruolo di allenatore-giocatore nell'ultima stagione. Fu poi allenatore del Forlì, in Serie C per il campionato 1962-63, ma andò incontro a un nuovo esonero.
Il buon Renzo arrivò poi alla Pro dalla stagione 1968-69 con i tigrotti in Serie C, alle prese con "la linea verde" voluta dal presidente Enrico Candiani, affidata alle cure di Carlo Regalia. Burini fu il vice di Regalia a tutto campo, occupandosi in special modo di far crescere i più giovani per poi portarli in prima squadra. Impartiva ai giovani tigrotti, delle vere e proprie lezioni di vita e di tecnica calcistica. Contribuì tra gli altri a far crescere e sgrezzare Luciano Re Cecconi, che metteva a lavorare per ore al muro con la palla. Regalia e Re Cecconi, che poi seguiranno le orme di Burini alla Lazio, Oltre al "wolkswagen" si prese cura tra gli altri di Romano Cazzaniga, Alessandro Turini, Michele Solbiati, Ettore Frigerio, Vittorio Panucci, Oliva, Gambazza e tantissimi altri, per un settore giovanile biancoblù tra i migliori di sempre, con tantissimi giovani, lanciati in prima squadra e poi verso le serie maggiori, pescati dal territorio in una zona che aveva il suo punto più a Nord Malnate e quello più meridionale Nerviano. Dopo l'abbandono di Regalia, divenne allenatore della prima squadra che portò ad una soffertissima salvezza in Serie C, ai danni della Triestina per migliore differenza reti.
Passò poi all'Omegna in Serie D, raggiungendo Regalia, dove in coppia cesellano un altro lavoro importante, che permetterà ai cusiani praticamente di vivere di rendita per diversi anni, sfornando talenti su talenti, tra cui Eligio Nicolini, Piraccini e Pioletti. Dopo il periodo sul lago d'Orta, si sposta in Brianza dove dalla metà degli anni 70' si occupa del settore giovanile del Monza, sfornando una serie incredibile e continua di talenti, su tutti Patrizio Sala, Buriani, Angelo Colombo, Massaro e Monelli. Senza dimenticare l'innumerevole schiera di biancorossi che formerà per anni l'ossatura della prima squadra monzese, che arriverà anche a sfiorare più volte la Serie A.
Per la stagione 1981-82 torna alla Pro, ricoprendo il doppio ruolo di allenatore in seconda e di responsabile del settore giovanile tigrotto, andando a formare la triade tecnica con Hofling e Siegel. Rimarrà anche per l'infausta stagione successiva, svolgendo lo stesso ruolo con Carlo Soldo. Per la stagione 83-84, fa ancora tappa ad Omegna, andando a raggiungere questa volta Leo Siegel, lanciando Giuseppe Scienza. Per il campionato successivo prova ancora "l'ebrezza" di guidare la prima squadra dei lacuali, ma non è una cosa per lui, trovando un nuovo esonero, ma proponendo ancora tanti giovani interessanti.
Persona affabile e corretta, grande maestro di tecnica calcistica, non ha abbandonato i campi da gioco sino agli ultimi tempi, legato sia a Regalia che a Leo Siegel, con cui condivideva anche la residenza milanese, i viaggi verso lo "Speroni" per gli allenamenti, assieme a Paolo Frara e Gigi Sartirana.
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Dal sito www.juventus1897.it
UN PAZZO 1-7 IN CASA CON IL MILAN
Correva il campionato 1949-50.
Il "Grande Torino" è scomparso a maggio, nel rogo di Superga, la Juventus, come se ricevesse un'ideale fiaccola olimpica, ne ha subito preso il posto, dominando il campionato. La squadra che negli anni precedenti aveva dato qualche delusione di troppo è stata rivoluzionata. Ora c'è Viola in porta; Bertuccelli e Manente terzini; in mediana Mari e Piccinini ai fianchi del grandissimo Parola, l'uomo che gli inglesi ci invidiano; i magnifici cinque dell'attacco sono Muccinelli, Martino, Boniperti, John Hansen, Praest. Tutti campioni che sono stati in Nazionale o stanno per andarci; in attacco è impossibile scegliere il migliore; forse svetta su tutti, per tecnica e continuità, il giovanissimo Giampiero Boniperti, che i nemici chiamano "Marisa", appellativo che giustamente lo irrita, spingendolo a reagire a suon di goals terrificanti.
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Il campionato è a venti squadre. L'anno solare 1949 finisce con la Juventus davanti al Milan con sei punti di vantaggio. I giochi sembrano fatti, ma la palla è rotonda ed il calcio è uno sport nel quale tutto può accadere ed infatti alla diciottesima giornata i bianconeri perdono in casa con la Lucchese, che naviga in zona retrocessione. Due a uno, il goal della sconfitta è realizzato dall'ex juventino Kincses, a due minuti dalla fine. Il Milan pareggia a Trieste, rimanendo distaccato di cinque punti, che salgono a sette quando la Juventus batte la Sampdoria ed il Diavolo perde a Roma.
Di nuovo giochi fatti ??? Per niente: la Juventus non va oltre il pareggio a Firenze, mentre il Milan liquida la Sampdoria 5 a 1; la domenica successiva la Juventus perde nuovamente in casa, questa volta con la Lazio, 2 a 1, il Milan sale a soli quattro punti di distacco. La settimana dopo, i bianconeri pareggiano a Bari, 0 a 0, mentre il Milan elimina il Venezia; il distacco è ridotto a tre punti.
Il Milan si fa pericoloso, bisogna allontanarlo a tutti i costi, l'occasione è quella giusta perché il 5 febbraio, giorno di pioggia e di fango, i rossoneri scendono allo stadio torinese. La squadra bianconera, però, appare un po' stanca e viene deciso un "ritiro" disintossicante al sole della Riviera, a Rapallo. È carnevale, l'aria tiepida propizia il buonumore e l'allegria; il Milan, che la domenica successiva arriverà a Torino sperando di ridurre ulteriormente i tre punti di distacco, avrà pane per i suoi denti. La squadra si rilassa e si riposa, ma quando il sabato sera rientra a Torino rabbrividisce di colpo: la città è avvolta da neve e gelo, un impatto durissimo che sarà decisivo.
Ed è questo il giorno che non dimenticheremo mai. La formazione della Juve è quella base: Viola; Bertuccelli, Manente; Mari, Piccinini, Parola; Muccinelli, Martino, Boniperti, John Hansen, Praest. Il Milan presenta Buffon; Belloni, Foglia; Annovazzi, Tognon, Bonomi; Burini, Gren, Nordhal, Liedholm, Candiani. La squadra rossonera è comporta da giocatori abbastanza normali, se non fosse per quel trio centrale d'attacco, il famoso " Gre-No-Li" rimasti nella memoria e nelle cronache come una impressionante macchina da goals. Comunque i favori sono per i bianconeri che giocano in casa ed i cinquantamila spettatori presenti giurano, per i nove decimi, sulla vittoria dei bianconeri.
Sono passati solo tredici minuti (conterà anche la scaramanzia, in questa folle partita !!!) ed Hansen realizza su passaggio di Praest, dopo una galoppata solitaria. È evidentemente il principio della fine, si dicono i nove decimi di cui sopra. Hanno ragione, ma non immaginano che la fine riguarda la sorte della Juventus, non quella del Milan.
Al 15' pareggia Nordhal su calcio d'angolo, al 23' segna il "professore" Gren, i tifosi non credono ai loro occhi; il Milan straripa, è come un'alluvione inarrestabile, al 24' segna Liedholm, al 25' ancora il "pompiere" Nordhal. E fa quattro a uno. Incredibile !!!. Il tifo juventino è annichilito, si vedono solo bandiere rossonere.
Qualche giocatore bianconero perde la testa ed è il solitamente calmissimo e sportivissimo Parola che a1 41' rifila un calcione a Nordhal, reo di qualche scorrettezza di troppo; il buon Carletto viene espulso. Per la Juventus, rimasta in dieci, è notte fonda ed il secondo tempo è un interminabile calvario; l'incontro si trascina senza storia, in un silenzio glaciale, non fosse per altre tre reti milaniste, che portano il totale a sette: gli autori sono Nordhal, Burini e Candiani. La "tragedia" sportiva si è consumata fino in fondo, sotto quel cielo basso e grigio come il morale degli juventini. Alla fine, qualcuno, sventolando un gagliardetto bianconero, riesce a gridare: «Il campionato è ancora lungo !!!» Gli risponde un beffardo coro rossonero: «È proprio quello che ci piace !!!».
Commenta Vittorio Pozzo: «Nessuna meraviglia che il numero uno della classifica venga battuto dal numero due, ma è il modo quello che conta. La Juventus si è fatta male cadendo. Ha perso per l'inusitato e sorprendente punteggio di sette a uno e si è fatta espellere, con conseguenze certo notevoli per l'avvenire immediato, il suo capitano, che era anche il suo uomo più valido e più a posto. La Juventus è sempre in testa, ma ha il Milan ad un solo punto di distanza, quel Milan che, ad un certo momento del campionato, era riuscita a staccare di ben otto lunghezze. E dietro il Milan spunta, con intenzioni tutt'altro che pacifiche, l'altra squadra milanese, l'Internazionale. Sono quindi due gli avversari che possono contendere il primato alla Juventus. Ed uno di essi, l'Internazionale, deve incontrare sul proprio campo i torinesi. Ed ambedue sono lanciatissimi, perché mentre i rossoneri vincevano a Torino per sette ad uno i nerazzurri debellavano a San Siro la Triestina per sei ad uno. I bianconeri soffrono per le ripercussioni della sconfitta subita più ancora in senso morale che in senso tecnico. Nella lotta per il titolo si riparte ora, alla ventiquattresima tappa, col vantaggio di un punto per i torinesi, che la situazione però, nei suoi diversi aspetti, minaccia senza'altro di annullare. Come si era già detto in occasione precedente, è la Juventus sola contro Milano tutta.»
Sullo stesso giornale, in altra pagina, si legge: «Per la sconfitta della Juventus un manovale è impazzito !!!» E, nel sottotitolo: «L'ossessionante visione delle fasi della partita; dopo una notte d'incubo, il ricovero al manicomio». È significativo, questo articolo, per far capire come, anche senza arrivare a certe esagerazioni, la costernazione dopo quel 7-1 fosse generale.
Il Milan, gonfio d'entusiasmo, è ormai vicino. I giochi sembrano un'altra volta fatti, ma, anche stavolta, in senso contrario. Sulla Juventus, ridotta al vantaggio di un punticino, più che vinta, disfatta ed umiliata, non c'è più da scommettere un centesimo. Ma i bianconeri non sono abituati a mollare così facilmente e, fugando i timori di Pozzo e di tutti, si dimostrano campioni proprio nel momento più difficile. I bianconeri vinceranno otto partite di seguito, battendo l'Inter a San Siro e portando a casa lo scudetto.
Le cifre finali sono impressionanti: prima la Juventus con 62 punti, secondo il Milan con 57. La Juventus ha segnato 100 reti, subendone 43; il Milan 118 contro le 45 subite. Un gran bel finale, insomma, ma quell'incredibile uno a sette, come scrisse un giornalista milanese, «rimase, per la "Vecchia Signora", come una macchia di ragù su un manto di ermellino».
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Fronte retro figurina "Nannina Tuttocolor" di Renzo Burini, 1947-48 (by Giorgio Boccellari) |
Olimpiadi Londra 1948, Burini, Pozzo, Maestrelli (per gentile concessione del Lazio Club Milano) |
Spogliatoi di San Siro al termine della partita con la Lazio: si festeggia lo scudetto appena conquistato.
Andrea Bonomi, Toni Bellocchio, Renzo Burini. Quello che accarezza Bonomi dovrebbe essere il massaggiatore, Domenico Magnani, mentre quello in basso con la cravatta Germano Trezzi (per gentile concessione di Antonella Bellocchio) |
(dalla "Gazzetta dello Sport" del 18 marzo 1950) |
(da "Il campionato in cifre - 1950-51", per gentile concessione di Ivano Piermarini) |
(dalla "Gazzetta dello Sport" del 17 luglio 1951) |
Cartolina di Burini, 1950-51
(per gentile concessione di Ivano Piermarini del sito www.laziowiki.org) |
Cartolina di Burini, 1951-52
(per gentile concessione di Ivano Piermarini del sito www.laziowiki.org) |
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Sopra a sinistra, Renzo Burini stagione 1950-51. A destra, stagione 1951-52.
Sotto, foto "Farabola" autografata da Renzo Burini, 10 marzo 1953
(per gentile concessione di Ivano Piermarini del sito www.laziowiki.org. Foto ricolorate by Lorenzo Mondelli) |
Foto autografata di Renzo Burini
(Foto Farabola, 10 marzo 1953) |
Foto autografata del Milan 1952-53 (dal sito del Lazio Club Milano) |
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Giugno 1953, il Milan fa visita al Re d'Italia, in esilio in Portogallo, Vittorio Emanuele III
(Archivio Luigi La Rocca) |
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(da "Il Calcio Illustrato") |
Renzo Burini in compagnia di Amleto Frignani (da "Lo Sport Illustrato") |
(Archivio Luigi La Rocca) |
(by Luigi La Rocca) |
(da Almanacco Ufficiale del Milan "Panini") |
(da "Il Calcio Illustrato") |
(dal sito www.bustocco.it) |
Vecchie Glorie Rossonere: Todeschini, Frignani e Burini, 1978 |
La Pro Patria 1981-82 (dal sito www.bustocco.it) |
La Pro Patria 1982-83. Renzo Burini è il primo in alto a destra (dal sito www.bustocco.it) |
Maglia Rossonera incontra Renzo Burini
27 settembre 2017, Milano
Renzo Burini intervistato per Maglia Rossonera da Marco Giussani
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Dal sito www.acmilan.com
25 ottobre 2019
RENZO BURINI, UN GRANDE ROSSONERO
È mancato uno dei pilastri della storia rossonera: Renzo Burini si è spento a 92 anni
Burini, Gren, Nordahl, Liedholm e Candiani. Era questo l'attacco titolare del Milan del Gre-No-Li. Oggi è venuto a mancare uno dei pilastri di quello Scudetto 1950-51, il titolo tricolore della storica resurrezione rossonera. È mancato Renzo Burini, uno dei due grandi rossoneri nati negli anni venti ancora in vita. L'altro è Lorenzo Buffon, nato nel 1929. Dello Scudetto del Gre-No-Li spesso si ricordano i 34 gol del Pompierone svedese, Gunnar Nordahl, ma furono importanti anche i 16 gol di Carlo Annovazzi, i 16 del Barone Liedholm e i 12 di Renzo Burini.
Scomparso all'età di 92 anni, il papà di Roberto e Franco, i suoi due figli che l'hanno vegliato in ospedale in questi ultimi mesi della sua vita, era stato titolare - con una rete al suo attivo - anche nella mitica partita vinta 7-1 dal Milan sul campo della Juventus nel febbraio 1950. "È sempre stato milanista, era molto amico di Daniele Massaro, visto che mio papà Renzo è stato nei quadri tecnici del Monza", racconta Roberto Burini, il figlio del giocatore fino a poche ore fa più vecchio ad indossare il rossonero. Tutto il Milan ne ricorderà l'eleganza, la passione e l'esempio. |
(dalla "Gazzetta dello Sport" del 26 ottobre 2019) |
(dal "Corriere della Sera" del 26 ottobre 2019)
(da "Il Giornale" del 26 ottobre 2019) |
(dal "Corriere della Sera" del 29 ottobre 2019) |
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Dal sito www.ilgiornale.it
26 ottobre 2019
ADDIO BURINI, IL NONNO DEL DIAVOLO
Con il Gre-No-Li riportò lo scudetto al Milan dopo 44 anni
Non era famoso come Liedholm, non era devastante come Nordhal, non era celebrato come Gren. Ma segnava come nessuno: 87 gol in 190 partite con il Milan, praticamente una partita si e una no. Dribbling secco, tiro con tutti e due piedi, meglio se in corsa, era il quarto uomo, il ragazzo con la pistola al servizio del Gre-No-Li, il trio svedese che ha cambiato il destino del Diavolo, da squadra di casciavit, proletaria e un po' sfigata, ad aristocrazia del calcio mondiale. Renzo Burini, friulano di Palmanova, se ne è andato ieri al Trivulzio dove aveva deciso di vivere il tramonto della vita: aveva compiuto 92 anni da quindici giorni, ed era il nonno dei milanisti, quello sbarcato nel 1947, a guerra appena finita, nessuno fino a ieri, tra i vivi, poteva dire di essere arrivato in rossonero prima di lui. Pensare che, bambino, era tifoso dell'Inter. All'inizio, oltre a giocare nel Milan, lavorava come impiegato in maglieria.
Era uno dei ragazzi che riportarono lo scudetto al Milan dopo 44 anni (e la Coppa Latina, la madre della Coppa dei Campioni), come Carletto Annovazzi el negher di Porta Romana, Ciapin Bonomi che arrivava da Cassano D'Adda, Sandokan Silvestri. Gioca anche in Nazionale, 18 partite compresa l'Italia B, e non perde mai, grazie a un suo gol il Milan dei Casciavit batte il Grande Torino un anno prima di Superga. Lo giudicano bravo ma timido, uno che scompare quando la lotta si fa dura, i tifosi glielo fanno pesare. Lui ne soffre, così contro il Napoli segna un gol alla Weah, parte da centrocampo, dribbla tre avversari e fulmina il portiere. Al pubblico mostra il gesto che tutti immaginate, ma i tifosi lo perdonano con una risata. Passa alla Lazio, al Cesena, per un po' allena poi apre un ristorante, il tempo passa veloce. Ma il sorriso è rimasto sempre giovane.
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Immagini dal funerale di Renzo Burini
(per gentile concessione di Luigi La Rocca) |
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