Tratto da "La favolosa epopea dell'Unione Sportiva Milanese"
ARTURO BOJOCCHI
"Il suo calcio era polvere, sassi, erba alta, era viaggi in terza classe, era semplicità se non povertà. Arturo Bojocchi, con la J invece della I di mezzo, fu il primo funambolo del calcio italiano. Prima di lui nessuno, in Italia, aveva esibito un tale repertorio di astuzie, di finte, di mezze piroette, di guizzi col pallone tra i piedi per ingannare l'avversario. Piccolo, veloce, agile, furbo come una vecchia volpe, coadiuvava magnificamente i propri compagni ed era pericolosissimo sotto rete, o sotto il goal come si diceva a quel tempo. Dopo di lui salì alla ribalta Luigi Cevenini III, il popolare "Zizì", giocatore a tratti incontenibile, adorato dal pubblico e, a volte, odiato dai compagni per quel suo "caratterino", quel continuo parlottare, rimproverare, chiamare la palla, mandare tutti a quel paese. Zizì tutto estro e fantasia, croce e delizia degli appassionati milanesi, d'un tratto s'accendeva ed era capace di vincere le partite da solo. Bojocchi era un'altra cosa. Pensava solo a giocare, incantando la platea con quel modo elegante di accarezzarre il cuoio. Di quella squadra con la casacca a scacchi, l'Unione Sportiva Milanese, era il il più strano, ma la sua stranezza aveva qualcosa di garbato, di raffinato e impeccabile. E, nei ghirigori della stranezza, faceva brillare di luce viva la gemma della sua classe. Tutti gli volevano un gran bene, compagni e avversari lo stimavano perché sul terreno di gioco era di una correttezza esemplare. Mai un fallo, mai un'ammonizione nel corso della sua lunga carriera. In un calcio dove era concessa la carica al portiere e le risse erano all'ordine del giorno, Arturo era ammirevole. Con una piccola macchia. Lo chimavano "manina", per via del vizio di bloccare i palloni tesi che gli arrivavano dai back o dall'estrema destra, ovvero dalla parte opposta a quella che lui normalmente presidiava. Si era specializzato negli stop della palla tenendo una mano appoggiata davanti al corpo, in modo che osservato da dietro si potesse ritenere regolare l'azione anche quando era stata compiuta con frode. Era la disperazione degli arbitri, o meglio dei referee dell'epoca che, a lungo andare, il più delle volte lo punivano per senso d'intuito sicuri di cogliere nel segno, tanto che Bojocchi fu il primo a riconoscere che il comodo e redditizio sistema aveva fatto il suo tempo e poteva essere messo in pratica solo contro i novellini ignari delle sue molteplici attitudini. Il numero 1 del 1915 de "Lo Sport Illustrato" lo celebra così in uno dei suoi medaglioni:"Appartiene alla categoria dei piccoli prodigi sportivi. Sembra un giovinetto ancor oggi: invece è dell'epoca dei Rampini e dei De Bernardi, dei Capra e Goccione e infine è già da tempo papà ..." (Luca Dibenedetto - facebook) |