(Archivio Magliarossonera.it)
|
|
Arrigo SACCHI |
|
Nato l'01.04.1946 a Fusignano (RA)
Allenatore, m ....., kg .....
Stagioni al Milan: 5, dal 1987-88 al 1990-91 e 1996-97 (subentrato a Oscar W. Tabarez il 2 dicembre 1996)
Soprannome: “Il Profeta di Fusignano”
Proveniente dal Parma
Esordio sulla panchina del Milan in gare amichevoli il 02.08.1987: Milan vs Solbiatese 7-0
Esordio sulla panchina del Milan in gare ufficiali e in Coppa Italia il 23.08.1987: Milan vs Bari 5-0
Ultima partita sulla panchina del Milan l'01.06.1997: Milan vs Cagliari 0-1 (Campionato)
Totale panchine in gare ufficiali: 220
Palmares rossonero: 1 Scudetto (1987-88), 2 Coppe dei Campioni (1989, 1990), 2 Coppe Intercontinentali (1989, 1990), 2 Supercoppe Europee (1989, 1990), 1 Supercoppa Italiana (1989)
Esordio sulla panchina della Nazionale Italiana il 13.11.1991: Italia vs Norvegia 1-1
Ultima partita sulla panchina della Nazionale Italiana il 06.11.1996: Bosnia vs Italia 2-1 (amichevole)
Totale panchine in gare ufficiali della Nazionale: 53 (34 vittorie, 11 pareggi e 8 sconfitte)
Palmares azzurro: Vicecampione del Mondo (USA '94)
|
Ha allenato anche il Fusignano (II e I Categoria), l'Alfonsine (I Categoria), il Bellaria (D), la Primavera del Cesena (1977-82), il Rimini (C1, 1982-83), le squadre Giovanili della Fiorentina (1983-84), il Parma (C1, B, 1985-87), la Nazionale Italiana (1991-96), l'Atletico Madrid (A, 1998-99, dimesso dall'incarico) e di nuovo il Parma (A, 2001-02, dimesso dall'incarico dopo 3 giornate).
"Fortemente voluto da Silvio Berlusconi, Arrigo Sacchi approda al Milan tra lo stupore generale. La scelta appare molto azzardata visto che l'uomo di Fusignano non ha mai allenato in serie A e non ha un passato da calciatore professionista. Ma il presidente è rimasto colpito dalla dura lezione che il Parma di Sacchi ha dato al Milan in Coppa Italia e vuole puntare decisamente sul modulo dell'emiliano: la zona - pressing. E il suo gioco spettacolare, dopo un avvio difficile, si rivela vincente. I rossoneri dominano per anni gli avversari, soprattutto in campo internazionale. Le punte massime del credo calcistico di Sacchi vengono raggiunte nella finale di Coppa dei Campioni contro la Steaua di Bucarest (4-0) e nell'indimenticabile semifinale di ritorno con il Real Madrid (5-0). Sacchi lascia il Milan per andare a guidare la nazionale italiana e portare una ventata di novità nel gioco azzurro. Nonostante il secondo posto ai mondiali del '94 le critiche non mancano e, dopo l'eliminazione dagli Europei del '96, torna sulla panchina rossonera al posto di Tabarez." (Dal sito ACMilan.com)
"Il Calcio è la cosa più importante delle cose non importanti" (Arrigo Sacchi) |
Sulla panchina del Milan |
Con Marco Van Basten |
In Nazionale |
Arrigo Sacchi bambino |
Arrigo Sacchi allenatore della Primavera del Cesena.
Accosciato, si riconosce il portierone, futuro rossonero, Sebastiano Rossi |
Arrigo Sacchi giocatore del Baracca Lugo e allenatore delle Giovanili del Cesena. Il portiere è Sebastiano Rossi
(dal "Guerin Sportivo") |
Arrigo Sacchi alla guida dell'Alfonsine, 1976-77 (da pagina facebook "Il Nobile Calcio di Provincia") |
Arrigo Sacchi ai tempi in cui allenava le Giovanili della Fiorentina |
Mister Arrigo Sacchi, 1987-88 |
Arrigo Sacchi, il Profeta di Fusignano |
Arrigo Sacchi in versione familiare |
Dal sito www.wikipedia.org
Gli esordi
Praticante del calcio solo per diletto, in gioventù lavorò nell'azienda di calzature del padre. Dal 1977 al 1982 allenò con alterni risultati la squadra giovanile del Cesena. Nell'anno del Mondiale di Spagna frequentò insieme a Zdenek Zeman il corso di Coverciano, al termine del quale si diplomò allenatore professionista.
Successivamente guidò il Rimini in Serie C1 e le giovanili della Fiorentina, ma fu con il Parma che si affacciò nel grande calcio: dapprima portò i ducali in Serie B, poi alla loro guida eliminò il Milan dalla Coppa Italia. Il suo gioco spettacolare, basato sulla difesa a zona e sul pressing piacque al presidente dei rossoneri Silvio Berlusconi, che lo volle con sé.
Il Milan degli Immortali
Occorre considerare che in quegli anni ai vertici del calcio italiano c'era il Napoli di Maradona che si schierava, come la stragrande maggioranza delle squadre partecipanti al massimo campionato, in modo tradizionale. Arrigo Sacchi, invece, anziché uniformarsi al canovaccio tattico in voga, decide di schierare il Milan con un rivoluzionario 4-4-2.
La base su cui poggiava il suo progetto era quella di riuscire a creare una squadra in cui ogni giocatore avesse compiti importanti sia in fase difensiva che offensiva, una squadra quindi dove la collaborazione assumesse un aspetto rilevante. Sacchi riuscirà, con il tempo, anche ad influenzare la mentalità calcistica, inculcando nella testa dei propri giocatori il concetto del "calcio totale".
Una volta capita la parte teorica, rimane quella pratica: Sacchi vuole una squadra che imposti e imponga il proprio gioco, che aggredisca l'avversario e lo obblighi a sottostare al proprio ritmo. La soluzione è semplice quanto rivoluzionaria: il calcio totale dell'Olanda di Cruijff, il pressing asfissiante, le ripartenze fulminanti. La squadra che ha in mente, una volta andata in vantaggio non si risparmierà, ma continuerà ad attaccare con la stessa intensità, perché l'unico modo di giocare che conoscerà sarà il calcio offensivo.
Per realizzare questo progetto si intensificano le sedute di allenamento a Milanello, si mandano a memoria schemi e movimenti provando e riprovando fino alla nausea situazioni di gioco. Tra le altre virtù che contraddistinsero le squadre di Sacchi fu l'imperforabilità della difesa: nonostante il calcio offensivo, Sacchi dedicava grande attenzione ai movimenti difensivi, a tal punto che quasi sempre le sue squadre si contraddistinguevano per essere le meno perforate a fine campionato.
Guidò il Milan dal 1987 al 1991, vincendo molti trofei: uno scudetto (1987/1988), due Coppe dei Campioni (1988/1989 e 1989/1990), due Coppe Intercontinentali (1989 e 1990), due Supercoppe Europee (1989 e 1990) e 1 Supercoppa Italiana (1988).
Nella prima stagione, 1987/1988, pur penalizzato per larga parte del campionato da un serio infortunio occorso a Marco van Basten, il Milan di Sacchi riuscì a superare in campionato il Napoli di Maradona e Careca. Dopo un girone di ritorno esaltante, la squadra di Sacchi arrivò allo scontro diretto del San Paolo a un solo punto di distacco dai partenopei, riuscendo nell'impresa di sconfiggere il Napoli per 3-2 in una partita leggendaria. L'undicesimo scudetto della storia rossonera, il primo titolo dell'era Berlusconi, arrivava dopo otto anni di delusioni.
Contemporaneamente il Milan di Sacchi praticò in Europa un gioco divertente e spettacolare. Grazie al perfetto connubio tra tecnica, tattica e potenza, secondo alcuni esperti questo calcio è da considerarsi il migliore della storia per la qualità che seppe esprimere. Campioni come Marco van Basten, Paolo Maldini, Franco Baresi, Mauro Tassotti, Carlo Ancelotti, Frank Rijkaard, Roberto Donadoni e Ruud Gullit contribuirono a questi straordinari risultati.
Nel 1988/1989 Sacchi guidò il Milan al 3° posto in campionato alle spalle di Inter e Napoli e condusse il club rossonero alla conquista della sua terza Coppa dei Campioni. Nella semifinale di ritorno della massima competizione europea per club sconfisse sonoramente il Real Madrid a San Siro per 5-0 in quella che è stata definita da molti la partita più bella che il Milan abbia mai disputato. Nella finale di Barcellona il Diavolo di Arrigo Sacchi si impose con un clamoroso 4-0 sulla Steaua Bucarest.
Nella stagione 1989/1990 la squadra di Sacchi condusse un'altra stagione ad altissimo livello. Dopo essere stata in lizza in tutte le competizioni, fu costretta a cedere il campionato al Napoli di Maradona in un finale fortemente segnato dalle polemiche. Alla 33a giornata, il 22 aprile, mentre il Napoli vinse a Bologna, il Milan, come già nel 1973, fu sconfitto a Verona in un match molto teso e finito in un vespaio di polemiche per il controverso arbitraggio di Rosario Lo Bello, autore di quattro espulsioni dei milanisti (Sacchi al 63°, Rijkaard all'83°, Van Basten all'87° e Costacurta all'89°). A un minuto dal termine dell'incontro il Verona realizzò il gol della vittoria, che consegnò di fatto lo scudetto del Napoli. Pochi giorni dopo il Milan perse anche la finale di Coppa Italia contro la Juventus ma scongiurò il pericolo di una stagione fallimentare conquistando la seconda Coppa dei Campioni consecutiva (la quarta nella storia della società milanese), superando a Vienna il Benfica per 1-0 con un gol di Rijkaard. Il trofeo si aggiunse alla Coppa Intercontinentale, vinta a dicembre.
Nel 1990/1991 i rossoneri si mantennero ai vertici del campionato, sebbene non andarono oltre il secondo posto ex-aequo con l'Inter dietro alla Sampdoria scudettata. L'eliminazione del Milan in Coppa dei Campioni ad opera del Olympique Marsiglia ed i dissapori con alcuni giocatori (si parlò di contrasti con Marco Van Basten) spinsero Sacchi ad abbandonare il Milan, che lo sostituì con il quasi esordiente Fabio Capello.
La Nazionale vicecampione del mondo
Nel 1991 Sacchi fu assunto alla guida della nazionale italiana. L'avventura azzurra visse fasi alterne ed in definitiva il tecnico di Fusignano non riuscì ad ripetere in azzurro i trionfi ottenuti in rossonero.
Azeglio Vicini perse il posto dopo la mancata qualificazione per gli Europei 1992 (tuttavia i dissapori tra Vicini e la federazione erano vecchi di più di un anno, cioè da quando l'Italia perse la semifinale del mondiale casalingo del 1990), Sacchi poté quindi utilizzare le ultime inutili partite di qualificazione per gli europei come test. In queste partite Sacchi esordì con un 1-1 sulla Norvegia e poi 2-0 alla squadra di Cipro.
La prima competizione fu la USA Cup 1992, un piccolo torneo che doveva servire alla federazione americana come prova per i mondiali di due anni dopo. L'Italia pareggiò 0-0 con il Portogallo, vinse 2-0 sull'Irlanda e pareggiò 1-1 con i padroni di casa consegnando loro il trofeo. Nell'ottobre del 1992 si comincia a fare sul serio con le qualificazioni mondiali, e l'inizio fu pessimo: 2-2 con la Svizzera (sotto 2-0 a 7 minuti dalla fine, Roberto Baggio e Stefano Eranio salvano la giovane panchina di Sacchi), 0-0 alla Scozia e risicato 2-1 contro Malta, poi un ottimo 3-1 al forte Portogallo, goleada a Palermo contro Malta (6-1), 2-0 all'Estonia e poi un nuovo scivolone con la Svizzera (0-1 rete di Hottiger al 55') fece tremare per la qualificazione, ma il 3-0 all'Estonia seguito dal 3-1 alla Scozia ed infine 1-0 al Portogallo e si ottenne la qualificazione.
Nelle amichevoli di lusso pre-mondiali l'Italia perse 1-0 con la Francia (grande esclusa della competizione) ed una rocambolesca sconfitta con la Germania 2-1 (Dino Baggio al 44', Klinsmann un minuto dopo e al secondo del secondo tempo).
Nel 1994 l'Italia ottenne una storica finale ai Mondiali statunitensi. Dopo un girone iniziato tra mille difficoltà, la nazionale disputò una serie di partite durissime ma tatticamente molto ben giocate, eliminando la Nigeria agli ottavi, la Spagna ai quarti e la sorprendente Bulgaria, che si era disfatta nei quarti della Germania, in semifinale. Tutte e tre le gare furono vinte per 2-1. La finalissima contro il Brasile, a Pasadena, si concluse sullo 0-0 dopo 120 minuti di gioco, malgrado l'Italia fosse penalizzata dalle assenze per squalifica di Mauro Tassotti e Alessandro Costacurta e dalle non perfette condizioni fisiche di Roberto Baggio e Franco Baresi, che rientravano da infortuni. Ai rigori vinse il Brasile, dopo gli errori di Baresi, Daniele Massaro e Roberto Baggio.
Dopo il 1994, quando giocatori come Tassotti e Franco Baresi diedero l'addio alla maglia azzurra, Sacchi provò a svecchiare la squadra. Anche Roberto Baggio, a soli 27 anni, fu accantonato dal commissario tecnico, che preferì puntare sul giovane Del Piero. Dopo due anni di discreto livello, gli azzurri si qualificarono per l'Europeo 1996 con buone credenziali. Tuttavia gli azzurri, che pure avevano messo in mostra un gioco di buon livello durante le qualificazioni, furono eliminati nel girone iniziale, finendo terzi nel girone di Germania, Repubblica Ceca, che alla fine furono le due finaliste, e Russia, anche a causa del rigore della potenziale vittoria contro la Germania sbagliato da Gianfranco Zola nella partita decisiva del girone.
Il ritorno al Milan e la Spagna
Dopo questa disfatta in terra britannica, l'avventura di Sacchi alla guida della nazionale era segnata: egli rimase in sella ad interim per qualche mese solo perché la Federazione non aveva ancora scelto ufficialmente il suo successore.
Il 6 novembre dello stesso anno, dopo la sconfitta per 2-1 in un'amichevole contro la Bosnia Erzegovina giocata a Sarajevo, Sacchi lasciò l'incarico di commissario tecnico della nazionale per tornare ad allenare il Milan, subentrando in dicembre ad Oscar Tabárez, ma senza riuscire ad ottenere i risultati di un tempo. La stagione del Milan, ormai compromessa, terminò con un pessimo 11° posto in campionato.
Nel 1998/1999 Sacchi divenne l'allenatore dell'Atlético Madrid, squadra della Liga spagnola, ma dopo sette mesi decise di dare le dimissioni.
Direttore tecnico
Nel 2000 fu commentatore televisivo per le reti Mediaset. Nel 2001 ricoprì per un breve periodo la carica di allenatore del Parma ma, in seguito a problemi di salute per l'eccessiva tensione nervosa provocatagli dalla sua professione, cambiò mansione, diventando direttore tecnico.
Iniziò a svolgere questo incarico nel Parma (riuscendo ad allestire ottime formazioni anche con ridotti budget economici e scoprendo giovani campioni come Alberto Gilardino) e poi, dal 2004 al dicembre del 2005, nel Real Madrid. Dal 2007 è opinionista fisso della trasmissione calcistica di Italia 1 Controcampo. Inoltre ogni giovedì pomeriggio ha uno spazio tutto suo nell'emittente radiofonica romana Radio Radio.
|
Dal sito www.ilveromilanista.it
SACCHI DI EMOZIONI
di Saverio Fiore
Alcuni anni dopo Silvano Ramaccioni ne ricorderà una tribolata conferenza stampa prima di Real Madrid-Milan. Siamo nell'estate dell'88, i rossoneri neocampioni d'italia arrivano al Bernabeu per un'amichevole con le merenghes. I giornalisti spagnoli gli chiedono quali accorgimenti avrebbe intrapreso per fermare i madridisti, l'allenatore risponde: "non abbiamo nessuna intenzione di fermare il Real, siamo qui per fare la nostra partita senza considerare che siamo in trasferta, vogliamo attaccare e cercare di vincere la partita". I giornalisti sembrano impazziti, ma come un allenatore italiano in una squadra italiana che non fa catenaccio? Non può essere vero, lo credono matto. Il Milan vincerà 3-0 tra gli applausi e sarà solo l'inizio di una cavalcata esaltante. L'avventura del tecnico di Fusignano era cominciata un anno prima, tra lo scetticismo generale, il presidente lo aveva scelto dopo aver visto il suo Parma strabiliare San Siro, fu amore a prima vista. Carissimo Arrigo, fautore di un calcio che è prima di tutto rispetto dell'avversario, che si giochi col Barça o con l'Ascoli non fa differenza, espressione decubertiniana nel senso più alto, con quella voce flebile e spesso tremante, davanti ai microfoni, ad evidenziare la sua timidezza. Lui che volle fortemente Rijkaard al posto del talentuoso Borghi (pallino del presidente), a completare un trio olandese che per grandezza ricorda il mitico Gre-No-Li. Lui che, tarantolato a bordo campo, in quel maggio dell'88 seguiva l'ultima azione di quel indimenticabile Napoli-Milan che ci regalò l'undicesimo tricolore. Lui che in gioventù fu tifoso interista adesso è milanista evergreen. Ti immaginiamo oggi nella tua Fusignano, a cavallo di una bici, per tenerti in forma ed allenare il tuo cuore non più in grado di resistere alla tensione della partita, in quel pezzo di Romagna che non è adriatico e nemmeno collina, ritirato in quella terra di mezzo come fossi un una Mina o un Battisti calcistico, lontano dai clamori e dagli scandali del calcio. Ti ringraziamo per le mille emozioni che ci hai regalato.
PARTITE MEMORABILI
Napoli-Milan 2-3. due gol Virdis poi Van Basten. Il sorpasso. Partita diventata vera e propria leggenda.
Milan-Real 5-0. A detta di molti (tra questi io) la più grande partita della ultracentenaria storia rossonera. Mancava Evani e si inventò Ancelotti a sinistra, indimenticabile tanto che mio padre da allora lo chiamerà Carlos Ancelao.
Milan-Atletico Medellin 1-0. Finale Intercontinentale con Evani goleador all'ultimo minuto dei supplementari ad uccellare Higuita su punizione. A lungo i critici dibatterono sull'estetica del match, apparentemente incollato dalla tattica innovativa dei due tecnici (Arrigo con Maturana). Per gli "zonisti" una partita memorabile.
|
|
Dal sito kom.it/eurocalcio
L'Ayatollah del calcio
Nel 1987 Berlusconi (neopresidente del Milan) chiama sulla panchina della squadra un giovane e semisconosciuto allenatore: Arrigo Sacchi.
Sacchi si era fatto notare proprio a Milano in una partita di coppa Italia, quando il suo Parma (allora in serie B) aveva messo in grosse difficoltà il Milan di Liedholm.
In quegli anni le squadre di serie A giocavano in modo molto tradizionale: due marcatori fissi, un libero, due cursori sulle fasce ecc ecc.
Il Parma, invece, andava nettamente e coraggiosamente controcorrente: 4-4-2 e giocatori duttili e utili sia in fase difensiva che in quella offensiva.
Approdato al Milan nella stagione 87/88, non rinnegherà affatto il suo credo. Anzi, proprio con i rossoneri il suo modulo prediletto darà i risultati più grandi.
Il progetto di Arrigo si basa su una squadra composta da giocatori importanti e partecipi in fase difensiva e offensiva, perciò la collaborazione, la cooperazione e la conseguente umiltà (anche i campioni si sacrificano allo schema) sono elementi essenziali.
Sacchi ha anche la fortuna di trovare nel Milan giocatori straordinari non solo in campo, ma anche sotto il profilo umano: campioni come Baresi, Costacurta, Ancelotti pur essendo già affermati adottano la filosofia del loro mister dando l'esempio in campo di quanto può essere importante la collaborazione e il sacrificio per la squadra.
Una volta capita la parte teorica, rimane quella pratica: Sacchi vuole una squadra che imposti e imponga il proprio gioco, che aggredisca l'avversario e lo obblighi a sottostare al proprio ritmo. La soluzione è semplice quanto rivoluzionaria: il calcio totale dell'Olanda di Crujff, il pressing asfissiante, le ripartenze fulminanti.
La squadra che ha in mente, una volta andata in vantaggio non si risparmierà, ma contunuerà ad attaccare con la stessa intensità, perchè l'unico modo di giocare che conoscerà sarà il calcio offensivo.
|
Per realizzare questo progetto si intensificano le sedute di allenamento a Milanello, si mandano a memoria schemi e movimenti provando e riprovando fino allo nausea situazioni di gioco...
Il risultato è il Milan che tutti ricordiamo, che macinava gioco ed avversari, che vinceva coppe dei Campioni per 4-0, cercando di segnare la quinta rete anche allo scadere dei 90 minuti regolamentari.
Si è molto parlato di quel Milan come il capostipite di tutte le formazioni che, negli anni seguenti, hanno praticato il fuorigioco, ma Sacchi proponeva una zona particolare: diversamente dalla zona praticata dal Milan di Liedholm, Sacchi non puntava su un possesso palla troppo prolungato e la copertura degli spazi, preferendo lavorare sulla zona-press in cui l'intensità ed il ritmo sono elementi prioritari.
Il Milan di Sacchi raggiunge vette di perfezione per quanto riguarda il sincronismo dei movimenti in campo e si potrebbero passare ore a riguardarsi le partite per cogliere la spettacolarità del movimento dei giocatori che accorciano o allungano gli spazi a seconda della situazione di gioco.
Altro punto su cui Sacchi lavorò molto fu il movimento senza palla: fu una rivoluzione copernicana!
Prima dell'avvento di Sacchi al Milan, anche in serie A il movimento che gli allenatori curavano maggiormente era quello del portatore di palla, i suoi compiti e le sue capacità erano primarie. Questo anche perchè il calcio a quei tempi era dominato da marcature fisse, perciò le partite si risolvevano spesso in duelli tra attaccanti e marcatori: era il portatore di palla che aveva il compito di trovare un compagno libero, mentre il marcatore doveva togliergli palla.
In questa maniera il calcio era poco collaborativo, non era un vero e proprio movimento corale, per questo Sacchi curava con molta attenzione i movimenti degli uomini senza palla, che proponendosi con i loro scatti e movimenti offrivano più possibilità al portatore di palla stesso, partecipavano attivamente alla manovra d'attacco e rendevano spettacolari le azioni offensive. La squadra si schierava, dunque, con quattro difensori in linea (sparisce il libero), con due marcatori centrali e due esterni che difendono e,allargandosi, ripropongono e fanno ripartire l'azione. Il centrocampo è a diamante con un trequartista e un interditore, mentre le punte giocano ravvicinate per crearsi spazi grazie ai loro movimenti.
Sacchi pretende che alla fase divensiva partecipino tutti, gli avversari vanno attaccati dal momento che prendono palla, senza aspettare che arrivino nella propria trequarti. Il lavoro dei giocatori senza palla deve essere martellante, il pressing deve risultare asfissiante e il reparto difensivo deve essere pronto a salire per accompagnare l'azione dei compagni e agevolare il fuorigioco. Gli avversari, i primi tempi, non abituati ad essere attaccati in tutte le zone del campo, trovano grosse difficoltà a costruire le azioni, perdendo i punti di riferimento e finendo per essere soffocati dal ritmo imposto dai rossoneri. Questo modulo di gioco ha sempre avuto una sola controindicazione: mettere lo schema al di sopra dei campioni.
Tutti erano importanti per il progetto, ma nessuno aveva compiti speciali o privilegi, tutti dovevano sacrificarsi e tutti, grazie al movimento senza palla, potevano arrivare al goal.
Dopo l'avvento di Sacchi il calcio italiano non è più stato lo stesso: parole come "pressing", "ripartenze", "zona alta" ecc, sono diventate patrimonio di tutto il movimento.
La nuova filosofia, portata dall'allenatore di Fusignano, ha modificato profondamente l'idea di calcio nella nostra penisola: metodi di allenamento moderni, visione della squadra come unico organismo, il mutuo soccorso degli atleti in campo...la "mentalità" vincente del team.
Queste sono le eredità di Sacchi, l'allenatore che più degli altri, negli ultimi decenni, è stato capace di innovare il nostro campionato.
|
Dal sito digilander.libero.it
Arrigo Sacchi e il Savarna calcio
Un rapporto che dura da oltre trent'anni. Dall'iniziale freddo contatto alla reciproca e crescente stima e considerazione.
Gino Strocchi lo intervistò nel 1987, alla vigilia del suo grande debutto sulla panchina del Milan e sul Messaggero paragonò Arrigo Sacchi a Raoul Gardini: "Entrambi figli dell'agro ravennate, qui hanno messo a punto ogni dettaglio della loro professionalità preparando in silenzio le ali al grande volo." Questa similitudine del povero Gino mi è rimasta impressa e ripercorrendo a ritroso il rapporto avuto in qualità di dirigente del Savarna con Arrigo, complice un tragico evento, sento di condividerla.
Conobbi Arrigo nel 1969, quando ancora dirigeva l'ufficio della S.A.G.E.C. che commercializzava le calzature prodotte nello stabilimento di proprietà paterna. Mi presentai a lui come dirigente del Savarna Calcio, sottoponendogli l'intenzione che la mia società aveva di organizzare un torneo alla memoria del fratello. Non suscitai eccessivo entusiasmo: infatti inizialmente il torneo non aveva grosse ambizioni perché nasceva col preciso scopo di essere un momento di commemorazione di un giocatore che aveva vestito la maglia del Savarna.
Ricordo di aver pensato che, dalla mia presentazione Arrigo poteva aver tratto la conclusione che si sarebbe trattato di uno dei tanti tornei che all'epoca spuntavano come funghi e, dopo poche ricorrenze, venivano abbandonati. Comunque ringraziò del pensiero avuto e promise di collaborare. Promessa mantenuta nel tempo in maniera continua, costante, duratura e significativa, che va ben al di là del fatto contingente. Inizialmente fu più intenso il rapporto coi genitori, il Cav. Gr. Ufficiale Augusto e la signora Lucia, che ci colmavano di gentilezze, grati dell'iniziativa commemorativa per il povero Gilberto (Primo Morini ed io eravamo le persone preposte al contatto con la famiglia Sacchi).
Nel 1972, con l'arrivo della Juventus, il Torneo Sacchi ebbe una svolta tecnico-qualitativa notevole. Al torneo cominciarono a dare l'adesione anche altri grossi club. E qui l'intervento di Arrigo cominciò ad essere importante, per smuovere qualche incerta società a partecipare. Pochi, rari interventi, ma efficaci. E la sua presenza ogni anno in occasione delle partite più rappresentative. Arrigo partecipò al Torneo anche in veste di allenatore, anzi: ha saputo vincerlo e rivincerlo in finali entusiasmanti.
Inizialmente con squadre dilettantistiche poi, parallelamente alla sua affermazione, con le squadre giovanili professionistiche. Ma era soprattutto in veste di sportivo che riusciva a ritagliare un po' di tempo per venire alle partite notturne, magari in compagnia di Graziani e di Bianchedi, rimanendo talvolta nel nostro ambiente in piacevole e rilassata conversazione. |
|
Ecco l'ambiente di Savarna, molto semplice, molto rispettoso, poco invadente, questo ambiente lo ha sempre messo a suo agio. E lo ha fatto ritornare appena possibile.
Presente anche di recente nella riunione conviviale di revival di giocatori, tecnici e sportivi che volevano rincontrarsi. Disponibile al dialogo. Ecco, dopo oltre trent'anni di successi ai massimi livelli internazionali, il ritorno fra noi di Arrigo rivela una continua considerazione e stima del nostro ambiente. Profonda è pure la nostra nei confronti del più grande tecnico calcistico del mondo. |
Dal sito digilander.libero.it
Pochi allenatori hanno spaccato e acceso la critica come è accaduto per Arrigo Sacchi. Il "Mago di Fusignano", come venne soprannominato ai tempi del Milan, nasce il 1° Aprile del 1946 e prima di intraprendere la carriera di allenatore non ebbe un'attività calcistica rilevante. La sua prima esperienza risale alle giovanili del Cesena cui fa seguito una parentesi al Rimini e una stagione alla Primavera della Fiorentina. L'esplosione di Sacchi avviene però al Parma, nella stagione 1985/'86 porta la squadra emiliana ad una storica promozione in serie B. Dal 1985 il tecnico di Fusignano ha infatti diretto il sodalizio ducale per due stagioni collezionando 72 panchine con un totale di 27 vittorie, 33 pareggi e 12 sconfitte. La sua ultima gara ufficiale sulla panchina del Parma è datata 21 giugno 1987, in Pescara-Parma (1-0 per gli abruzzesi). Nell'estate dell'87 arriva la chiamata da parte del Milan con il quale Sacchi vincerà: uno scudetto (1987/88), una Supercoppa di Lega (1988), due Coppe dei Campioni (1988/89 e 1989/90), 2 Supercoppe Europee (1989 e 1990) e 2 Coppe Intercontinentali (1989 e 1990). I suoi ammiratori sostengono che abbia cambiato la mentalità del calcio italiano, prima di lui abituato a speculare per raggiungere il risultato. I suoi detrattori sostengono che ci sia riuscito grazie al fatto di disporre di uno squadrone di fuoriclasse, da Van Basten a Gullit, da Franco Baresi a Paolo Maldini. |
|
L'incredibile serie di successi ottenuti alla guida del Milan convinse il direttivo FIGC ad affidare ad Arrigo Sacchi la panchina della Nazionale. Il debutto avvenne il 13 novembre 1991 a Genova per Italia - Norvegia 1-1; l'ultima gara è invece del 1996, 6 novembre, con la sconfitta azzurra a Sarajevo per 2-1 con la Bosnia. L'avventura alla guida della Nazionale non portò però i frutti sperati; fermo nelle proprie idee e rigido nei suoi schemi, Arrigo Sacchi ebbe numerosi screzi con l'opinione pubblica e con alcuni giocatori che non apprezzavano i suoi metodi troppo rigorosi e selettivi. Sacchi sembrava mal sopportare i grandi campioni (Vialli e Roby Baggio su tutti) a cui preferiva una compattezza del gruppo. Nel periodo della sua gestione convocò oltre 80 giocatori diversi. Criticato e odiato, arrivò secondo ai mondiali di Usa '94 perdendo in finale col Brasile ma fallì completamente l'Europeo '96 che segnò il suo addio all'Azzurro. Dopo la Nazionale ha allenato l'Atletico Madrid, nuovamente il Milan ed il Parma. |
|
Dal sito www.cronologia.it
di Antonio Gaito
ARRIGO SACCHI
Classe 1946, nasce a Fusignano, paesino della Romagna, il 1° aprile, lo stesso giorno di un altro grande del calcio, l'amico Alberto Zaccheroni. Voci non certissime raccontano che nella fanciullezza tifasse Inter e che amasse farsi portare a San Siro a vedere qualche partita dei nerazzurri. Di certo, c'è solamente che fin dall'adolescenza è stato attratto inesorabilmente dal calcio, tentando in tutti i modi di inserirsi in squadre e squadrette di vario tipo, oppure cercando di operare "dietro le quinte", adombrando in questo modo la sua futura carriera di allenatore. Scelta in parte forzata, dato che le sue doti di giocatore non erano di gran
livello...
Con il tempo, dunque, la sua figura di allenatore si va delineando anche se, ad un certo punto, è quasi tentato di lasciar perdere tutto per dedicarsi a qualcosa di più "serio" e remunerativo, ossia affiancare il padre, produttore di scarpe, nella vendita all'ingrosso, cominciando così a viaggiare e a girare l'Europa. Com' è facile intuire, però, la passione per il calcio letteralmente lo divora, tanto che proprio non riesce a stare lontano dai campi e soprattutto dalla panchina, la sua massima aspirazione professionale.
Sempre triste e mugugnante come venditore, comincia a sentirsi meglio quando gli affidano qualche squadra da portare avanti, anche solo a livello dilettantistico.
Si trova così a guidare squadre come il Fusignano, l'Alfosine e il Bellaria. Poiché mostra nerbo e carattere, nonché lucidità e idee rivoluzionarie, nessuno si meraviglia quando gli affidano il settore giovanile del Cesena. La cittadina romagnola era già allora una specie di tempio del calcio. Tra l'altro era la culla di una celebrità come il conte Alberto Rognoni, nobile dalla parlata forbita e dalla simpatia istintiva. Il ruolo di Rognoni fra l'altro si rivela abbastanza importante, dato che non solo lancia e modella il Cesena ma guida anche, per molti anni, l'istituzione del COCO, la temuta Commissione di Controllo della Federalcalcio. Il
conte, inoltre, nonostante ormai il fulcro della sua attività ruotasse intorno a Milano, era già allora uno dei primi grandi estimatori dell'emergente Sacchi.
|
Da questo momento in poi, comincia una lunga gavetta che brevemente riassumiamo. Nella stagione 1982/83 va a Rimini in C/1, l'anno dopo alle giovanili della Fiorentina e nel 1984/85 di nuovo a Rimini in C/1; nel 1985 si trasferisce a Parma dove è rimane fino al 1987.
Approda in serie A nel campionato 1987/88. Silvio Berlusconi, neopresidente milanista, decide di chiamarlo sulla panchina della sua squadra dopo l'ottima prova che il Parma guidato da Sacchi (allora in serie B), effettua contro il Milan di Liedholm in Coppa Italia. Con la squadra milanese vincerà lo scudetto nel 1987/88, arriverà terzo nel 1988/89 e secondo nel 1989/90 e nel 1990/91; ha poi vinto una Supercoppa Italiana (1989), due Coppe dei Campioni (1988/89 e 1989/90), due Coppe Intercontinentali (1989 e 1990) e due Supercoppe Europee (1989 e 1990).
Occorre considerare che in quegli anni ai vertici del calcio italiano c'era il Napoli di Maradona che si schierava, come la stragrande maggioranza delle squadre partecipanti al massimo campionato, in modo tradizionale.
Arrigo Sacchi, invece, al posto di uniformarsi al canovaccio tattico in voga decide di schierare il Milan con un rivoluzionario 4-4-2.
La base su cui poggia il suo progetto è quella di riuscire a creare una squadra in cui ogni giocatore abbia compiti importanti sia in fase difensiva che offensiva, una squadra quindi dove la collaborazione assuma un aspetto rilevante.
Riuscirà con il tempo anche a incidere sulla mentalità, inculcando nella testa dei propri giocatori i concetti del "calcio totale".
Proprio per questo, in Italia è stato spesso contestato di ritenere prioritari gli schemi rispetto agli uomini.
Dal 13 novembre 1991 è subentrato ad Azeglio Vicini come commissario tecnico della Nazionale Italiana che ha condotto ai Mondiali USA del 1994, ottenendo il secondo posto dietro il Brasile. Nel 1995 ha portato l'Italia alla qualificazione per la fase finale dell'Europeo '96. Nel 1996 ha rinnovato il contratto che lo avrebbe legato alla guida della Nazionale fino al 31/12/'98, ma poco tempo dopo, in seguito a polemiche sulla sua conduzione, ha preferito lasciare il posto a Maldini, già allenatore della nazionale giovanile.
Infine, il suo ultimo incarico è stato quello alla guida del Parma. Il troppo stress, però, l'eccessiva fatica e le troppe tensioni a cui è sottoposto (anche per l'attenzione morbosa che il gioco del calcio riceve in Italia), lo inducono a lasciare la panchina della squadra emiliana dopo solo tre partite.
|
Dal sito www.milanclubbologna.it
Arrigo Sacchi arriva al Milan nella stagione 1987/88 poco dopo l'avvento di Berlusconi come presidente, e da lui fortemente voluto. L'ambiente rossonero sembra non condividere la scelta del presidente che pare azzardata e le prime uscite dei rossoneri confermano i dubbi tanto che nasce l'ormai famoso detto "Sacchi a Milano non mangerà il panettone", ma la scelta del presidente si rivelerà oculata; Sacchi non ha avuto un passato da calciatore e come allenatore si è messo in evidenza solo con il Parma portandolo dalla Serie C alla B e sfiorando, l'anno dopo la Serie A, ma il suo Parma diede una severa lezione di calcio al Milan durante una partita di Coppa Italia e questo il presidente non lo ha mai dimenticato.
Nelle squadre da lui allenate, infatti, Sacchi prevede un tipo di gioco con una "Zona" ferrea e asfissiante, un pressing e un dominio del terreno di gioco che non lasciano scampo agli avversari. Prerogativa non di minor importanza è il fatto che Sacchi impone alle sue squadre un gioco votato totalmente all'attacco e quindi anche piu' spettacolare.
Con l'andare del tempo Sacchi impone il suo gioco alla squadra fino a farla diventare invincibile almeno in campo europeo e mondiale. Lascerà il Milan per la guida della Nazionale Italiana nel 1990/1991, dopo aver portato i rossoneri ai vertici mondiali.
Torna al Milan nella stagione 96/97 dopo un avvio da parte dei rossoneri veramente disastroso e l'esonero di Tabarez, non riuscendo però a ribaltare la deludente e vergognosa stagione rossonera. Ha già lasciato il posto a Capello che lo ha sostituito sulla panchina rossonera per la stagione 1997/1998.
|
La "Gazzetta dello Sport" del 6 luglio 1987, con Arrigo Sacchi semisconosciuto neo allenatore milanista |
Arrigo Sacchi, stagione 1987-88 |
Marco Van Basten pallone d'oro, Ruud Gullit pallone d'argento e Frankie Rijkaard pallone di bronzo 1988, Arrigo Sacchi gongola felice (disegno di Achille Superbi, per gentile concessione di Andrea Leva) |
1987-88, Ruud Gullit pianista improvvisato con Ezio Greggio e Arrigo Sacchi |
1° maggio 1988, Napoli vs Milan 2-3: Arrigo Sacchi parla con i giocatori rossoneri in campo (by Tiziano Falaschi) |
Il Milan Campione d'Europa 1988-89 riceve la cittadinanza benemerita della Città di Milano da parte del Sindaco Paolo Pillitteri (da "L'Unità") |
15 maggio 1988, Como vs Milan 1-1, Arrigo Sacchi portato in trionfo dai suoi giocatori al termine della partita |
Barcellona 1989, Arrigo Sacchi portato in trionfo con la Coppa dei Campioni |
Arrigo Sacchi, 1989-90 |
Allenamento agli ordini di Arrigo Sacchi, stagione 1989-90 |
23 maggio 1990, Milan Campione d'Europa |
(Archivio Magliarossonera.it) |
(Archivio Magliarossonera.it) |
Frank Rijkaard, Arrigo Sacchi e Stefano Borgonovo (per gentile concessione di Stefano Ravaglia) |
Sacchi, Van Basten, Rijkaard e Gullit a colloquio
con Rummenigge, stagione 1989-90
(per gentile concessione di Renato Orsingher) |
17 dicembre 1989, Milan vs Atletico Nacional Medellin 1-0:
Marco Van Basten abbracciato da Arrigo Sacchi al termine della partita |
17 dicembre 1989, Milan vs Atletico Nacional Medellin 1-0,
Arrigo Sacchi e Chicco Evani al termine della gara
(per gentile concessione del M.C. Inossidabili) |
Con la Coppa Intercontinentale |
Stagione 1989-90 |
In Nazionale |
Sacchi in copertina di "Intrepido", febbraio 1990
(per gentile concessione di Emanuele Pellegrini) |
Sacchi in copertina di "Intrepido", luglio 1990
(per gentile concessione di Emanuele Pellegrini) |
30 marzo 1991, Milan vs Torino 1-0: striscione per Arrigo Sacchi "Ci hai portato in cima al mondo, ma non è finita... Arrigo resta con noi"
(da pagina facebook "Quando al ciel si alzeran le bandiere") |
26 maggio 1991, Milan vs Parma 0-0: la bellissima dedica della Curva Sud al Profeta di Fusignano, in procinto di lasciare il Milan dopo quattro stupendi anni di successi |
Stagione 1990-91, Fernando Dragani premia Arrigo Sacchi all'Istituto San Celso di via Paravia di Milano (by Beniamino Fiore, cognato di Dragani) |
Arrigo Sacchi, 1996-97 |
Libro "Arrigo Sacchi, Il Calcio totale", Mondadori, 2015 |
(Archivio "Gazzetta dello Sport") |
(da "Gazzetta dello Sport" del 10 dicembre 1990) |
(dal "Corriere della Sera") |
Arrigo Sacchi in copertina di "Forza Milan!", gennaio 1997 |
Dal sito www.repubblica.it
21 dicembre 2004
L'annuncio del presidente madridista Florentino Perez: "Sarà il responsabile dell'area tecnica e anche del mercato."
ARRIGO SACCHI AL REAL: E' UFFICIALE, MADRID VUOLE TORNARE A VINCERE
Avrà carta bianca, contratto a tempo indeterminato
MADRID - Il presidente del Real Madrid Florentino Perez ha deciso: per due anni sarà Arrigo Sacchi il padrone del pallone del più prestigioso club spagnolo. L'annuncio della nomina dell'ex ct della nazionale italiana a nuovo direttore calcistico delle 'merengues', nel ruolo che fino al giugno scorso fu di Jorge Valdano ma con poteri ancora più ampi, è stato dato oggi dal presidente Perez al Bernabeu. Poco prima si era riunita la giunta direttiva del Real, composta da 15 membri, ai quali Perez ha spiegato i suoi nuovi programmi e ha chiesto la ratifica dell'accordo già raggiunto con Sacchi, che nei giorni scorsi aveva mandato a Madrid il suo commercialista per mettere a punto gli ultimi punti ancora in questione.
"Sacchi è una persona che metterà tutta la sua esperienza al servizio del nostro club", ha detto Perez. Il contratto dell'ex tecnico di Parma, Milan e Nazionale non contempla una scadenza del rapporto. "Non ha firmato per un numero definito di anni. Avrà un contratto a tempo indeterminato come tutti quelli che fanno parte dello staff dirigenziale. Da domani cominceremo a parlare del momento in cui entrerà a far parte del club. Vogliamo un uomo di calcio, una persona che non voglia allenare ma che porti la sua esperienza di tecnico. Questo passaggio sarebbe dovuto avvenire a settembre, ma le dimissioni di Josè Antonio Camacho" all'inizio della stagione "ci hanno spinto ad anticipare i tempi". Sacchi gestirà tutta l'attività calcistica del Real Madrid e lavorerà, in particolare, a contatto con Emilio Butragueno, che oltre a ricoprire il ruolo di direttore generale ha assunto anche la carica di vicepresidente. L'arrivo di Sacchi, ha sottolineato Perez, non danneggia la posizione dell'attuale allenatore Mariano Garcia Remon. "Siamo molto soddisfatti di Garcia Remon e lui è felicissimo dell'arrivo di Sacchi".
Florentino Perez lo voleva fortemente il tecnico di Fusignano perché "malato di calcio che vive permanentemente per questo gioco", ma con un pò di presunzione dice di non aver poi faticato molto a convincerlo. Del resto, ha aggiunto, "non è difficile che la gente abbia voglia di venire al Real".
Sacchi da parte sua aveva parlato alla vigilia, spiegando chiaramente i suoi compiti: "Vado a fare quello che ho fatto al Parma in questi due anni e mezzo - ha spiegato Sacchi - ovvero il responsabile dell'area tecnica. Significa un ruolo preciso nell'area tecnica calcio, rapporti con giocatori ed allenatori, e i responsabili della preparazione atletica. Dovrò seguire anche il settore medico, perché al Real sono intenzionati a potenziarlo. Poi dovrei occuparmi anche dei trasferimenti, del calciomercato".
L'arrivo di Sacchi è stato al centro di tutti i discorsi anche nel pranzo di Natale che ieri ha riunito tutti i giocatori e gli staff tecnici del Real, non solo della squadra di calcio ma anche delle altre formazioni di questa società, che è una polisportiva. Il presidente Perez ha parlato a lungo di Sacchi con il ds Emilio Butragueno, poi partito per la Svizzera dove ha partecipato al Gran Gala Fifa a Zurigo, e con il presidente onorario Alfredo Di Stefano. I giocatori non hanno lesinato battute sul probabilissimo arrivo di Sacchi: quando nel bel mezzo delle conversazioni è squillato il cellulare del presidente, da uno dei 12 tavoli, quello dei calciatori del Real, è partita la battuta: "presidente, è Arrigo".
Il mediatore italiano Ernesto Bronzetti, che ha avuto un ruolo fondamentale nella trattativa fra l'ex allenatore del Milan e il Real, ha spiegato in un'intervista al giornale sportivo spagnolo As che "Sacchi avrà le stesse competenze di Alex Ferguson al Manchester United, però senza andare in panchina". Tecnico del Real resta quindi Garcia Remon fino al termine della stagione in corso, poi toccherà a un volto nuovo: Ancelotti (se Berlusconi darà il via libera) o a Prandelli, se avrà risolto i suoi problemi personali.
Poco dopo l'annuncio di Sacchi al Real Madrid, da Milano sono arrivate, oltre agli auguri per il nuovo incarico, anche delle precisazioni: "Escludo che Sacchi possa portarsi a Madrid Carlo Ancelotti", ha detto Adriano Galliani al termine della riunione di Lega. "Lui ha un contratto con noi fino al 2007 e da Milano non si muove. L'ho sentito poco fa, è in Spagna ma solo per giocare a tennis".
|
|
|
Dal sito www.gazzetta.it
6 dicembre 2005 - di Valerio Clari, Carlo Laudisa
L'ex c.t. azzurro lascerà l'incarico di direttore tecnico a fine mese a causa del troppo stress. Intanto nella capitale spagnola si cerca il successore di Luxemburgo
REAL MADRID, SACCHI SE NE VA
MADRID (Spa), 6 dicembre 2005 - Un'altra svolta in casa Real: dopo la destituzione di Vanderlei Luxemburgo, arrivano anche le dimissioni di Arrigo Sacchi, "director de futbol" della società madrilista. Causa: motivi personali. O meglio: stress, il nemico storico di Arrigo. |
Come era già successo a Parma due anni fa. "Non è abituato alla vita moderna", ha commentato (con un pizzico di cinismo), il presidente Florentino Perez. In effetti, l'ex c.t. azzurro, 59 anni, che ha sempre vissuto il proprio lavoro con molta intensità (ancora Perez: "Un malato di calcio"), sembra sia stato vittima nei giorni scorsi di una crisi di tachicardia. Il segnale che la situazione stava diventando insostenibile. Del resto, Sacchi non ha mai avuto vita facile all'interno del Real, non faceva scelte di mercato, doveva gestire l'allenatore, ma ha fallito il compito visto l'esonero di Luxemburgo.
Si conclude così, nel modo peggiore, un'avventura cominciata meno di un anno fa. Sacchi è diventato responsabile della sezione calcio del Real, esattamente il 21 dicembre 2004, insieme a Emilio Butragueño, nominato vicepresidente. "Terrò i rapporti con allenatore e giocatori, sarò una specie di direttore tecnico", disse prima di partire per la Spagna. In realtà, il suo ruolo è sempre stato sfumato. Le voci di un possibile arrivo di Fabio Capello e il rischio di incompatibilità con una personalità tanto forte, devono averlo spinto a prendere la decisione. Sacchi l'ha comunicata due settimane fa al club, prima della partita col Barcellona: lascerà l'incarico a fine mese. In un momento così incerto, si parla anche di un possibile ritorno di Fernado Hierro che assumerebbe un ruolo dirigenziale. Il problema di fondo resta naturalmente il nuovo allenatore. Butragueño, fino a settimana scorsa ultimo difensore di Luxemburgo, dopo l'esonero ha dovuto mettere la faccia per provare a dare qualche spiegazione. Non troppo convincente, però: i piani del Real sono avvolti nella nebbia.
Butragueño ha in sostanza detto: "Abbiamo la massima fiducia in Lopez Caro, il nuovo tecnico. Ma il suo è un incarico temporaneo, non so fin quando andrà avanti". Un vero e proprio traghettatore, quindi. Anzi, no: "Non abbiamo ancora deciso se poi verrà sostituito e con chi. Vogliamo prenderci qualche giorno, o meglio qualche settimana, per pensarci". Insomma, di sicuro c'è poco e forse di deciso ancora meno. Anche perché Florentino Perez e il Real si trovano in una situazione scomoda: hanno deciso di puntare su un big della panchina. Capello, Eriksson, Mourinho, Benitez, Wenger i nomi che circolano.
Tutti occupati, anche in proiezione futura. Wenger, il primo contattato da Perez, ha declinato l'invito, Benitez ieri ha fatto lo stesso ("Ho un lavoro da fare al Liverpool"), Mourinho, superiore, non ha risposto, Capello è stato più possibilista: "Mi fa piacere l'interesse, ma ho un altro anno di contratto con la Juve". E mentre la società spagnola progetta la rifondazione, c'è una stagione da portare avanti. Il Real resta in corsa in tutto: mentre Lopez Caro si gode il momento e si prepara al debutto oggi in Champions, si valutano gli allenatori liberi subito. Il migliore è Paul Le Guen (ex Lione), Javier Irureta, finito il ciclo al Depor, rappresenta la soluzione più praticabile. |
|
|
|
|
Alcune immagini di Arrigo Sacchi |
|
|
|
|
Arrigo Sacchi con Ruud Gullit
"Il simbolo del mio Milan? Senz'altro Ruud Gullit. Aveva una potenza fisica straordinaria,
un grande carisma e per i compagni era un vero trascinatore. Quando partiva lui,
con la criniera al vento, era come se squillasse la tromba dell'assalto" (Arrigo Sacchi) |
|
|
(da "Forza Milan!") |
1° aprile 2015, auguri Arrigo! |
|
|
|
(dalla "Gazzetta dello Sport" del 30 giugno 2017) |
|
|
|
(dalla "Gazzetta dello Sport" del 18 gennaio 2020) |
(dalla "Gazzetta dello Sport" del 1° aprile 2020) |
|
"Quando andai via dal Milan per accettare la corte di Matarrese che mi voleva alla guida della Nazionale dopo il fallimento di Azeglio Vicini alle qualificazioni europee del 1992, feci a Berlusconi una promessa. Se mai un giorno il Milan avesse avuto bisogno di me sarei tornato. Dopo il fallimento di Euro96 avevo esaurito la mia avventura in azzurro e al Milan lo sapevano. Così mi chiamò #Galliani dicendomi che Berlusconi era furente per i risultati di Tabarez e che voleva un cambio immediato in vista della decisiva partita di Champions League contro il Rosenborg. Dissi a Galliani che ero in un momento particolare e che forse era meglio evitare, ma lui mi disse che avevo fatto quella promessa e che dopo aver aiutato il Milan in quella stagione avrei potuto decidere se restare o meno. Così mi dimisi dal ruolo di CT ed accettai la proposta del Milan, mi convinsi che avrei saputo migliorare le cose, ma presto mi accorsi che quel Milan era un malato grave e che io volevo curarlo con una "aspirina"... mancava il gruppo e lo spirito di Squadra, mancava tutto. L'esordio contro i norvegesi fu subito negativo perdemmo e fummo eliminati, fu un esordio fallimentare che deteriorò ancor più tutto lo spogliatoio. Ci furono confronti durissimi con alcuni giocatori, poi la stagione prese una piega totalmente negativa ed anche io persi ben presto le motivazioni. A fine Campionato Berlusconi pensava di ricostruire insieme, ma io avevo già annunciato un mese prima a Galliani che non sarei rimasto". (Arrigo Sacchi) |
|