dal sito www.repubblica.it
27 settembre 1992
SAMP - MILAN: NON SOLO ZONA
GENOVA - Gli esami cominciano presto, per la nuova Sampdoria di Eriksson. Una breve manciata di partite, tra amichevoli e campionato, prima della verifica più terribile, contro il grande vecchio del campionato, la squadra degli stranieri in tribuna. Sampdoria-Milan è anche e soprattutto una questione di primati, sopratutto se vista dalla parte rossonera. I campioni d'Italia non perdono da 38 partite, hanno violato per ultimi il Marassi doriano, hanno inflitto agli avversari di oggi l'ultima sconfitta in campionato, un 5-1 pesantissimo nel catino ridondante di San Siro, il 5 aprile scorso. Ma per la prima trasferta da cuori forti, Capello ricicla per intero il gruppo storico della gestione di Berlusconi, la stessa formazione che due anni fa vinse la Coppa Campioni proprio contro il Benfica di Eriksson. In campo i tre olandesi, Evani a sinistra e Gullit a destra, con l'acciaccato Lentini a riposo. Dietro i recuperati Baresi e Maldini, a centrocampo insieme ad Albertini c'è Rijkaard, la stanchezza rimandata a data da destinarsi. E davanti l'inossidabile Massaro a servire la santa causa di Van Basten, con lo smarrito Papin (ancor più frastornato ora dopo le parole di Blatter che avrebbero voluto tirarlo fuori dai posti numerati) in tribuna.
Per Eriksson, invece, non c' è la fortuna della scelta tecnica: Mancini conta su un commissario di campo distratto per vedere la partita all' imbocco degli spogliatoi, Mannini e Katanec saranno in tribuna, orfani poco consolabili del rispettivi infortuni. Di fianco a loro Mantovani, altro malato eccellente, minacciato fino all'ultimo istante dai medici, ma testardo e troppo innamorato del suo giocattolo per mancare alla possibile grande impresa. La città vive un approccio d' autunno a metà tra la tensione degli scioperi e la voglia di sole dopo gli strapazzi di inizio autunno. Manca poco, pochissimo al tutto esaurito, con la sostanziosa quota abbonati (24.000 tessere) supportata dai quasi 15.000 tagliandi esauriti in prevendita, al di là dei prezzi poco teneri (30.000 lire le curve).
La vigilia è stata quieta e intensa, di quelle che piacciono a Sacchi: Eriksson conosce troppo bene il calcio e i suoi figli per soffrire gli umori balzani delle ultime ore, a maggior ragione quando l'avversario è un nemico carissimo. Così, dopo il doveroso elenco di piccole sciagure annunciate ('Cominciamo il conto alla rovescia con il forfait di Katanec, per noi una triste notizia. Poi c' è il problema di Jugovic: nell'ultimo allenamento ha lavorato a parte, saprò solo all' ultimo momento se posso contare su di lui, ma ci spero'), il tecnico svedese racconta i molti pregi e i pochi limiti del Milan. ' Una squadra che gioca alla grande e con le spalle coperte da una memoria tattica lunga almeno cinque anni. Parlo della vecchia squadra, quella che ho conosciuto a Vienna e che dovrebbe giocare contro di noi. Mamma mia, non perdono da un' infinità di partite, troppo facile sperare che succeda proprio con la Sampdoria. Non bisogna dimenticare mai che qualsiasi partita giochi, contro qualsiasi squadra al mondo, il Milan parte favorito'. Grandi diversità da Sacchi a Capello? 'Non so, questo Milan lo conosco poco, mentre ricordo bene quello di Sacchi. A Vienna io allenavo il Benfica: vinse la squadra che aveva più classe, quella capace di sbagliare di meno. Quella sera, Ricardo e Aldair decisero autonomamente di fare il fuorigioco. Ce l'ho ancora davanti agli occhi Rijkaard, che va a chiudere il triangolo con Van Basten.
E dire che avevamo giocato anche bene, pur senza riuscire a costruire molte occasioni. Quel Milan giocava con il pressing e il fuorigioco in maniera esasperata. Bravissimo Baresi a fare l'elastico, muovendo la difesa come avesse avuto in mano un filo invisibile'. Eriksson non ama troppo il fuorigioco, ma non solo per motivi tecnici. 'Bisogna che ci sia un leader in difesa, capace di essere convincente nei confronti del guardalinee quelle due o tre volte in cui il giochino non funziona' . Come dire che certe braccia alzate vigorosamente, certe posizioni forti a livello dirigenziale a volte possono più di uno scatto sincronizzato, a patto di essere comunque grandi. Il tecnico prende atto e nega qualsiasi rilievo critico sulla difesa che ha preso quattro gol a Pescara. 'I gol subiti sono assolutamente casuali, purtroppo il Milan è una grande squadra con una grande difesa, con un centrocampo aggressivo, due fasce sempre ben presidiate e adatte alla spinta, un attaccante aiutato a turno da tutti i compagni'. Troppo più bravi della Sampdoria? ' Noi ci muoviamo in maniera abbastanza simile, senza cambiare faccia da una partita all' altra, che si giochi in casa o in trasferta. Facciamo un pressing continuo e cerchiamo di far adattare gli avversari al nostro gioco e mai il contrario. Però tutto questo il Milan lo fa da molto tempo e noi solo da due mesi. Con dei giocatori nuovi e un allenatore nuovo, si può vivere solo alla giornata'. Il tutto è anche un po' peggio quando gioca Van Basten e non gioca Mancini. 'Van Basten è il miglior numero nove del mondo: è alto, veloce, freddissimo, con due buoni piedi, capace di segnare e far segnare gli altri. Vierchowod su di lui a uomo si è sempre comportato bene, anche questa volta sarà un gran duello. Mancini è il nostro capitano e anche il nostro giocatore più forte. Ma se siamo una buona squadra, dobbiamo provare a giocar bene anche senza di lui'.
dal libro "Nella Fossa dei Leoni"
Già alla partenza da Milano le voci che circolano non sono molto rassicuranti, su Genova piove da giorni e sembra che la situazione sia piuttosto critica, comunque si parte. Al nostro arrivo si intuisce che c'è qualcosa di diverso dal solito: poca polizia, controlli blandi, nessun tifoso doriano in giro. Una volta dentro lo stadio si scatena il diluvio, la pioggia aumenta d'intensità in maniera incredibile, il campo è allagato e viene comunicato che la partita non verrà giocata. Ci si affretta ad uscire in quanto nei sottopassi d'ingresso (a Genova sono situati in basso, sotto le curve) l'acqua aumenta rapidamente e ormai è ad altezza ginocchio.
L'uscita viene effettuata a piccoli gruppi sparsi senza nessun controllo da parte della polizia che si è letteralmente dissolta. Fuori la situazione è tragica, lungo la via che costeggia lo stadio si "sciaborda" con l'acqua a mezza gamba siamo zuppi da far paura e oltretutto siamo rimasti nelle retrovie in non più di una ventina di persone. Davanti alla loro curva c'imbattiamo in un noto (il più conosciuto) capo ultrà doriano che, quando si accorge di noi, fa ampi cenni rivolti all'interno dello stadio. Vista la situazione non ci rimane molto da fare e partiamo di gran carriera ( si fa per dire visto che ci si muoveva modello Robocop) verso di lui e di alcuni suoi soci che l'avevano raggiunto, e li ricacciamo dentro lo stadio, poi con molta fatica raggiungiamo la stazione. Se non prendiamo la polmonite questa volta ...... Dura la vita degli Ultrà! |