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FINALE
23 maggio 1990, Milan vs Benfica 1-0




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Paolo Maldini in scivolata
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Billy Costacurta in azione



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Billy Costacurta in contrasto



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Marco Van Basten in azione
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(Getty Images)



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Ruud Gullit stacca di testa
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Frankie Rijkaard in azione



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Ruud Gullit e Chicco Evani in azione
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Frank Rijkaard in azione



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Franco Baresi in azione
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Gullit vs Aldair



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Rijkaard corre verso la porta lusitana, segnerà il gol vittoria



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Frankie Rijkaard si invola verso la porta lusitana
per mettere a segno il gol della vittoria rossonera
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La galoppata di Frankie Rijkaard...


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...e il tiro che batte il portiere Silvino



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Il gol-vittoria di Frank Rijkaard



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In due tempi, il gol di Frankie Rijkaard, che decide la finale



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Il momento del gol di Rijkaard
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Istantanea della partita: 1-0
(per gentile concessione di Ivano Michetti)



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Frankie Rijkaard ha appena segnato il gol che consente al Milan di vincere la quarta Coppa dei Campioni della sua storia



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Altra bellissima fotografia del gol di Frankie Rijkaard nella notte europea al Prater di Vienna.
Sullo sfondo si legge lo striscione "Napoli, la vuoi la finale? Lire 800 ti costa in totale", della BRN Sez. Roma '78
(esposto sulla scia del campionato nazionale, perso a vantaggio dei partenopei grazie alla monetina di Bergamo che colpì Alemao).
Le scorie degli accadimenti in campionato sono vive più che mai.
A destra l'esultanza di Rijkaard dopo la rete decisiva



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Un'altra angolazione del gol e l'esultanza di Rijkaard
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(dal sito www.gahetna.nl)
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Stefano Borgonovo corre ad abbracciare Rijkaard dopo il gol



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(da "Quando al ciel alzeran le bandiere")




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Alcune foto della partita by Santo Quattrone
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Alcuni momenti della premiazione. Sopra, Lennart Johansson consegna la Coppa dei Campioni a Franco Baresi
(Immagini sotto, by Austria80)
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Franco Baresi riceve
la Coppa dei Campioni...
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...e la alza al cielo di Vienna !!!



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Giro di campo con la Coppa dei Campioni
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Frankie Rijkaard alza la Coppa dei Campioni



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Silvio Berlusconi felice con la Coppa dei Campioni
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Silvio Berlusconi e i giocatori con la Coppa dei Campioni



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Silvio Berlusconi alza la Coppa





(dal sito www.acmilan.com)


Davanti alla Coppa



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Berlusconi portato in trionfo con la Coppa
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Ruud Gullit e Giovanni Galli si abbracciano



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Tutti intorno alla Coppa dei Campioni



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Tutti intorno alla Coppa dei Campioni
(per gentile concessione di M.C. Inossidabili)


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(per gentile concessione di Andrea Leva)
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Gullit con la Coppa dei Campioni



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Baresi con la Coppa dei Campioni
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Silvio Berlusconi con i Campioni d'Europa del Milan



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Baresi con la Coppa dei Campioni
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Tassotti, Evani, Baresi e Ancelotti con la Coppa



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Si fa festa con la Coppa dei Campioni
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Silvio Berlusconi portato in trionfo con la seconda Coppa dei Campioni consecutiva conquistata dalla squadra rossonera



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Silvio Berlusconi con la Coppa dei Campioni




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Sopra, Carlo Ancelotti alza la Coppa dei Campioni. Sotto, Ruud Gullit e Silvio Berlusconi
(da "L'Unità")
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Arrigo Sacchi con la Coppa
(Getty Images)



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Al termine dell'incontro Marco Van Basten e Stefano Borgonovo immortalati con il trofeo appena conquistato




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Berlusconi, con Sacchi, Baresi, Van Basten, Gullit e Rijkaard, insieme alla Coppa dei Campioni
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Baresi, Sacchi e Berlusconi con la Coppa dei Campioni
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Il trio olandese con la Coppa dei Campioni



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Gullit, Van Basten e Rijkaard con la Coppa dei Campioni



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I rossoneri a Malpensa, al ritorno da Vienna con la Coppa dei Campioni



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(da "Forza Milan!" - facebook)
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(da "Pane, Milan e Fantasia" - facebook)



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La "Gazzetta dello Sport" del 24 maggio 1990



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(dal "Corriere dello Sport" del 24 maggio 1990, per gentile concessione di Raffaello Losa)



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I titoli dei quotidiani dopo Milan vs Benfica 1-0
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La "Gazzetta dello Sport" del 25 maggio 1990

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Alcuni articoli della "Gazzetta dello Sport", per gentile concessione di Stefano Ravaglia
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"Tuttosport": Milan Campione d'Europa 1990



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(da "La Stampa" del 24 maggio 1990)



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(da "L'Unità" del 24 maggio 1990)



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(dal "Guerin Sportivo", per gentile concessione di Stefano Ravaglia)



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(by Santo Quattrone)




dal sito www.repubblica.it
19 aprile 1990 - pagina 33 - Sezione Sport

UN TROFEO E' GIA' ITALIANO
COPPA DEI CAMPIONI MILAN BENFICA - Dopo aver faticato tantissimo contro il Bayern, il Milan ha forse ora un compito più facile. Il 23 maggio a Vienna in finale troverà il Benfica di Eriksson che ha eliminato il Marsiglia con un gol di Vata all' 84' . Un cammino durissimo in Europa: Hjk Helsinki, Real Madrid, Malines e Bayern prima della finale. Adesso c' è la prospettiva del bis.
COPPA DELLE COPPE SAMPDORIA ANDRELECHT - La finalissima di Coppa delle Coppe si disputerà il 9 maggio a Goteborg fra la Sampdoria, che si qualifica per il secondo anno consecutivo, e l' Anderlecht. I belgi hanno superato la Dinamo Bucarest allenata da Lucescu: dopo il successo dell' andata, bis ieri anche in Romania (1-0, gol di Van der Linden).
COPPA UEFA JUVENTUS FIORENTINA - La finalissima della Coppa Uefa si giocherà fra Juventus, che ha superato il Colonia, e Fiorentina, che ha eliminato del Werder Brema. Primo incontro, il 2 maggio a Torino (forse nel nuovo stadio mondiale). Ritorno il 16 maggio a Firenze (a meno che lo stadio venga squalificato dopo gli incidenti di Perugia).



dal sito www.repubblica.it
20 aprile 1990 - pagina 26 - Sezione Sport - di Corrado Sannucci

L'INFRANGIBILE ERIKSSON
ADESSO dovremo fare le cose impossibili è il primo commento di Sven Goran Eriksson al pensiero della finale che opporrà il suo Benfica al Milan in Coppa dei Campioni. Ed è una frase strana da sentire sulle labbra del professore di Torsby, così come è stato sempre chiamato, secondo un clichè che è stato uno dei tanti che hanno circondato questo uomo fatto di convinzioni semplici e infrangibili, quasi che dalla sua coerenza poi potessero nascere solo ovvietà. Ma certo l'impossibile non ha mai fatto parte dell'orizzonte di Eriksson, convinto com'è sempre stato che tutto ciò che accade su un campo di calcio, se non prevedibile, è certo razionalmente spiegabile. E ora che si chiude il suo primo anno lontano dall'Italia, con un bilancio che per gli standard portoghesi non è del tutto positivo, essere secondi in campionato per il Benfica è una mezza sconfitta, in lui non ci sono rabbie o proclamazioni di rivincite personali. La scelta di vita era stata annunciata nell'aprile '89 a Firenze, perché stupirsi allora di quello che è accaduto dopo? Questo risultato è il frutto di un lavoro di tutta la squadra. E'un'équipe molto giovane, se riesco a non farla smembrare, l'anno prossimo potrà diventare anche più forte. Non conosco neanch'io il suo reale valore, se devo fare un paragone con il Benfica che perse la finale contro l'Anderlecht in Coppa Uefa sette anni fa. Sarà la sesta finale in Coppa Campioni per il club portoghese, che ne vinse due ai tempi di Eusebio. Adesso ci sono Valdo e Aldair. Abbiamo dimostrato anche di avere una grande società alle spalle. Lo pensa anche Bernard Tapie, che ha accusato i portoghesi di aver comprato l'arbitro e non è voluto partire finché non fosse stato rilasciato un tifoso francese fermato dalla polizia. Chissà se è finito il campo da tennis che era in costruzione nella sua villa di Cascais. Gli serve per fare un po'di esercizio il lunedì, quando i giocatori riposano e lui non vuole perdere la forma. Il giorno che vorrà la comunanza con l'Atlantico forse si costruirà anche un moletto privato. Chissà. Quando è andato via lo hanno trattato come un disadattato che non si era integrato in un calcio molto più evoluto, per poi di definirlo come un debole, che sceglieva la fuga invece di affrontare le durezze che nascono dalle tifoserie incattivite, da città sarcastiche, da una stampa aggressiva, in ultimo da dirigenti contraddittori che chiedono all'allenatore compromessi segreti in privato e una purezza pubblica da martirio. Andarsene fu comunque un fatto doloroso dichiarò tempo fa ma la tranquillità della mia famiglia era più importante. Chissà se sul tetto della villa è riuscito a mettere l'antenna parabolica per seguire la partita della domenica alla Rai. Chissà se davvero gli prende la nostalgia, come piace pensare in Italia, soprattutto a chi non è mai andato nei ristoranti davanti all'oceano a mangiare aragoste allo stesso prezzo di un pollo lesso in una bettola nostrana. La mentalità ambigua e conflittuale del nostro paese ha bisogno di appellarsi continuamente a una morale, a uno spirito della vita dove lotta vuol dire, in realtà, inguacchio e imbroglio. Il giudizio sull'uomo così divenne anche un giudizio sul gioco che pretendeva dalle sue squadre: dogmatico, senza sottigliezze tattiche. Ma la Roma della rimonta degli otto punti alla Juventus fu una squadra da spettacolo che anticipò il Milan di Sacchi, con la zona, l'aggressività continua, la voglia di andare a vincere dovunque. Durò sei mesi, aveva Righetti invece di Baresi, e questo spiega tante cose. Così è il calcio disse impassibile dopo il 2-3 con il Lecce. Tutto previsto, in un certo senso. Ecco perché adesso non ha rancori e si permette una disamina serena anche a proposito della Fiorentina. E'stata una grande sorpresa, ovviamente, il fatto che sia andata in finale. Ma Graziani è bravo, capisce il calcio. Spero che possa farcela, anche se la Juventus sulla carta è più forte. Le preoccupazioni, sparando rovesci sul suo campo da tennis, non sono poi tante. Il campionato portoghese finirà il 20 maggio, tre giorni prima della finale di Vienna. Problemi di stress? Ma no, figuratevi. Ho solo qualche timore per quei miei giocatori che non hanno fatto le vacanze. Ci proveremo, non abbiamo niente da perdere. In compenso forse saranno stanchi i milanisti. Il Milan è stanco adesso, ma avrà tempo per recuperare. Sappiamo che è la squadra più forte del mondo: ma è bello giocare contro i più forti. Non dovete preoccuparvi per gli impegni dei giocatori della nazionale: sarebbe stato più grave per il calcio italiano fallire l'ingresso nelle finali. Vedo anche la Sampdoria con tante possibilità, l'Anderlecht non è più la squadra forte di alcuni anni fa. Quanti complimenti, possibile neanche uno scatto d'ira per come è stato trattato in Italia. Mah, io una coppa già l'ho vinta, con il Goeteborg e una l'ho persa con il Benfica. Adesso vedremo. Ecco le terribili ansie di un uomo che continua a non invidiarci e che ripete senza timori anche le banalità della ragione.



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12 maggio 1990 - pagina 25 - Sezione Sport - di Mario Sconcerti

L'IMPROVVISA FRAGILITA'DEL MILAN
ASPETTANDO la finale di Coppa dei Campioni, rimbalza da Coverciano un'atmosfera molto tesa. I giocatori del Milan non sembrano preoccupati in senso tecnico della partita di Vienna, ma profondamente turbati dall'ipotesi di non riuscire a vincere. E'in fondo molto normale, ma certo manca quella fiduciosa attesa, quel piacere dell'avventura che caratterizzò, ci sembra, la marcia d'avvicinamento alla finale dello scorso anno. E'come se adesso ci fosse qualcosa di improvvisamente fragile nella forza affermata del Milan, una voglia molto inconscia di dare corpo alla fatalità. Il che non significa essere per questo meno forti o più vulnerabili, ma solo aver perso l'illusione di essere immortali e capire quindi che lontano dall'eternità può tutto sommato capitare di morire un minuto o un altro. Credo che Sacchi punti molto su questa ritrovata terragnità della squadra. E'un po'la base per il lavoro umile che sempre il tecnico continua a chiedere. Ma non è una sensazione di quiete. Aiuta il logorio, uno spareggio con se stessi in una condizione che tende a dare forza all'importanza del nemico. Cioè la paura di aver avuto tutto e non stringere niente, con tutto quello che di polemiche, stress e confusione causerebbe. Quanto è reale, o per meglio dire, grande, il pericolo tecnico? Il Benfica non sembra una squadra eccezionale. E'arrivata alla finale grazie ad un gol chiaramente irregolare dopo essere stata spesso dominata dal Marsiglia. Ed ha perso il campionato portoghese. Sembra abbastanza lenta, piuttosto complessa come struttura, con poche possibilità di cambiare passo. A me pare nettamente inferiore al Milan, perfino al Milan dell'ultima parte della stagione. Si basa molto su Valdo, nazionale brasiliano (il Benfica ha complessivamente 6 stranieri, figurando i brasiliani, per l'ultima stagione, come naturalizzati), in procinto di passare al Napoli, che lo ha opzionato. Più regista che mezzapunta, a me non è parso un fuoriclasse. E'ordinato, piedi buoni, buon tiro, senza una grande predisposizione ad essere in partita. Certo ha numeri non comuni, o almeno si vede che può averli. Però non ha mai giocato contro squadre italiane, non ne conosce il tipo di marcatura. E sembra un tipo che soffre il gioco di carattere. Come tutte le squadre di Eriksson, il Benfica però copre bene il campo, è squadra corta, difficile trovare spazi, ma non impossibile conquistarne. E'infatti lenta, tranne che sulla fascia destra. Il suo gioco si finalizza attraverso i triangoli di Valdo, o i cross per la testa di Magnusson, lo svedese classico dei sogni offensivi di Eriksson. Credo che per come è impostato, il Benfica sarebbe un avversario ideale per la velocità e le individualità del Napoli. Più complessa la situazione per il Milan, che non ha grande agilità, ma senso globale del gioco. Ma se Magnusson può sbattere contro difensori professionisti, se Valdo può trovare un controllore duro (sia pure a zona), difficilmente il Benfica troverà gli uomini adatti a fermare Van Basten e, in secondo luogo Gullit. Papin combinò guai molto grandi a Lisbona contro il brasiliano Aldair; così Waddle, che ha una progressione e un passo abbastanza simili a Gullit. Insomma, c'è partita, ma c'è molto più spazio per credere al Milan che al Benfica. Il punto è questa inesplorata provvisorietà del Milan. Non è una partita in più; è la partita che chiude od allunga un ciclo. I giocatori, Sacchi stesso, lo avvertono. Non c'è nessuno in questo momento sicuro di poter evitare la grande discussione che si aprirebbe nella necessità di varare un nuovo progetto Milan. Così si è più umani, ma si soffre. E soffrire stanca.



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20 maggio 1990 - pagina 26 - Sezione Sport

SONO VERI I 6000 BIGLIETTI TARGATI BENFICA
MILANO Non sono falsi, come si pensava in un primo momento, i circa 6000 biglietti per la finale della Coppa dei campioni a Vienna con il marchio del Benfica e quindi destinati ai portoghesi, acquistati dai tifosi milanisti. Lo ha accertato un responsabile della polizia austriaca arrivato a Milano per partecipare a un incontro coi responsabili dell'Uefa su richiesta del Milan. La società ha comunque invitato i possessori dei biglietti a presentarsi al ''Prater''di Vienna molto prima dell'inizio della partita. Dopo aver controllato i documenti, la polizia accompagnerà i tifosi italiani in un settore dello stadio appositamente predisposto, vicino a quelli riservati al Milan. In serata l'Uefa ha confermato tutto con un comunicato ufficiale nell'interesse della sicurezza e per assicurare la separazione fra i gruppi di tifosi, come previsto dai regolamenti dell'Uefa.



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22 maggio 1990 - pagina 26 - Sezione Sport

'LA PAURA FA PERDERE'
LISBONA - Il Milan cercherà di andare in gol velocemente, per noi sarà importante non prendere gol nei primi venti minuti. Così Sven Goran Eriksson ha cominciato il suo sermone tattico alla squadra nell'ultimo allenamento in Portogallo, prima della partenza ieri sera per Vienna dei diciannove convocati. L'allenatore, comunque, non vuole una squadra remissiva. Non dovremo avere paura di attaccare. Dovremo sviluppare il nostro gioco, utilizzando la nostra tecnica, ma per farlo sarà necessario difendersi bene. Eriksson dovrà rinunciare solo a Veloso, terzino sinistro e capitano della squadra, per il resto potrà contare sui tre brasiliani, Valdo, Ricardo e Aldair, reduci dalla prima fase del ritiro con Lazaroni, e sui due nazionali svedesi, Thern e Magnusson, che hanno recuperato dai malanni fisici che li hanno afflitti negli ultimi tempi. A disposizione c'è anche l'angolano Vata, autore del gol di mano che ha eliminato il Marsiglia. Il Benfica ha ancora rimpianti per la sconfitta contro il Milan del '63, a Wembley, e decisa dai due gol di Altafini nella ripresa. Eusebio, la stella del Benfica di allora e attualmente vice allenatore, ha ricordato come ventisette anni fa eravamo i grandi favoriti. Noi avevamo vinto il titolo nei due anni precedenti, i rossoneri non avevano ancora vinto niente. Fu Eusebio a mandare in vantaggio i portoghesi al 18ø del primo tempo. Ma certo lo stesso Eriksson ha sempre ripetuto che questa non è la volta migliore per prendersi una vendetta sportiva, dal momento che lui stesso considera la squadra di Sacchi la migliore al mondo. Ma in una finale può accadere di tutto si consola lo svedese. I portoghesi devono salvare una stagione che li ha visti perdere lo scudetto, andato ai rivali del Porto, ed essere eliminati molto presto dalla coppa nazionale. Il Benfica ha giocato l'ultima finale europea due anni fa in Coppa Campioni, perdendo contro il Psv Eindhoven 6-5 ai rigori. A sbagliare fu proprio capitan Veloso.



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22 maggio 1990 - pagina 26 - Sezione Sport

C'E' COSTACURTA IN DISCUSSIONE
CARNAGO - Piccoli, grandi dubbi dell'antivigilia. Costacurta si avvia agli spogliatoi e dice candido: Molti miei compagni sono già sicuri di giocare. Io no: la mia finalina la gioco oggi perché se nell'allenamento il mister vede meglio Filippo Galli, sono fregato. Sacchi ha convocato l'allenamento per il tardo pomeriggio, in parte per evitare le ore più calde della giornata (timore spazzato dalla pioggia battente), in parte per far riuscir naturale il ritiro anticipato, con la squadra in pernottamento collettivo a Milanello, prima dell'allenamento di rifinitura e del trasferimento a Vienna. La formazione risente delle condizioni altalenanti dei due centrali milanisti. L'anno scorso, in una situazione analoga, con Filippo Galli che recuperava da un lungo infortunio, il tecnico aveva scelto facilmente Costacurta. Quest'anno, però, la stagione è stata contrappuntata, soprattutto nel finale, da qualche errore di troppo. Benché ad essere coinvolta in certi sbandamenti fosse tutta la squadra e la difesa in primis, Costacurta è stato tolto dall'elenco degli intoccabili. L'altra querelle in corso riguarda l'impiego di Colombo, che Sacchi non ama, ma che ritiene una specie di male necessario. Diego Fuser, schiacciato sotto il peso dei 7 miliardi spesi per lui da Berlusconi, non ha retto l'esame-Sacchi. Massaro, a sua volta impiegato come mediano in alcune partite dell'ultimo periodo ha fornito prestazioni discordanti e soprattutto non ha la vocazione dell'incontrista. Con Massaro in panchina in funzione di primo cambio, Rijkaard dovrebbe ritrovare Ancelotti sull'asse centrale, nella speranza che lo strappo al quadricipite sia stato completamente assorbito. Nella formazione che domani sera cercherà la vittoria contro il Benfica c'è spazio per un piccolo divertissment del destino, con il Milan difeso in porta dal nuovo portiere del Napoli. Giovanni Galli evita pericolose digressioni: Fino al 30 giugno sono il portiere del Milan, per adesso mi godo la soddisfazione di questa seconda finale consecutiva, cosa che non è riuscita a campioni grandissimi. Siamo stati bravi e fortunati, ma quella che abbiamo davanti è una partita difficilissima. Galli racconta le sue convinzioni sui portoghesi: Sono duttili e forti, il comandamento primo non prenderle è un ostacolo duro da superare. Hanno due centrali molto forti, Aldair e Ricardo, per non parlare dell'allenatore. Ho sentito che Eriksson medita di inserire un centrocampista in più per mettere in difficoltà la nostra difesa in linea. Dovremo essere molto concentrati. Gli chiedono se è sereno. Galli ha un sorriso storto: Sì, a vorrei che fosse già il momento di scendere in campo. Dicono che sono l'unico ad esser sicuro di giocare un Coppa Campioni, l'anno prossimo. Beh, io sono certo che ci sarà anche il Milan. Fra grandi certezze e piccole apprensioni, i giocatori si muovono sciolti e consapevoli verso la finalissima, assistiti dall'intero vertice rossonero. Silvio Berlusconi ieri era a Milanello, raggiungerà Vienna questa sera, in tempo per la cena offerta dalla federazione austriaca. Per domani, avrà in tribuna il conforto di un amico eccellente. Il presidente del Real, Mendoza, come da promessa fatta, tiferà Milan seduto al suo fianco.



dal sito www.repubblica.it
22 maggio 1990 - pagina 26 - Sezione Sport

TRENTAMILA TIFOSI IN MARCIA DIRETTA TV1 (DOMANI, 20.10)
MILANO - Saranno quasi trentamila i tifosi rossoneri al Prater di Vienna (inizio 20,15, diretta TV1 dalle 20,10). La maggior parte partirà tra oggi e domani con treni e aerei ma moltissimi andranno in auto. Tra questi tifosi il contingente più atteso è quello dei seimila che sono in possesso di biglietti con la scritta Benfica. Il Milan ha invitato questi tifosi a presentarsi non oltre le 17 al punto di ritrovo fissato davanti all'ingresso del settore C. Qui saranno accompagnati e scortati nel settore predisposto per loro all'interno dello stadio, settore che confina con quelli di altri tifosi rossoneri. Solo presentandosi in questo punto, precisa il Milan, potranno avere accesso allo stadio.



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22 maggio 1990 - pagina 26 - Sezione Sport - di Licia Granello

VIENNA STILE GULLIT
CARNAGO - Non avevo motivo di cambiare e questa firma mi aiuterà molto, domani sera. Ruud Gullit ha sorriso largo sopra il contratto che lo lega al Milan per i prossimi tre anni. Due miliardi netti a stagione, più il solito pacchetto di benefit che accompagna gli accordi di lusso: casa, macchina, viaggi per i familiari. Ieri sera, poco prima di cena, l'olandese e Adriano Galliani, amministratore delegato dei rossoneri, hanno sancito un nuovo pezzo di destino comune, che comincia domani, allo stadio Prater. Si chiude così una piccola odissea durata per l'intera stagione milanista, con quell'accidenti di ginocchio che non si decideva a rimettersi in sesto. Soste e convalescenze, artroscopie rimandate e poi diventate dolorosamente necessarie. L'ultima volta, quando Martens ha scrutato nell'articolazione infortunata, è stato cancellato anche l'ultimo dubbio: la guarigione era indissolubilmente legata al riposo. Oggi c'è chi parla di intervento miracoloso e chi dice delle grandi capacità di recupero dell'olandese. Il tutto, condito dai dubbi sulle facce della gente: durerà per una partita o per molti anni ancora, sarà quello di prima o una sua fotocopia sbiadita? Vincenzo Pincolini, preparatore atletico della squadra, è senza riserve: Ruud sta bene, anzi benissimo. Ted Troost, il fisioterapista olandese che ha seguito Gullit, lo conferma: E'in condizioni splendide, contro il Benfica lo dimostrerà. In realtà, il ginocchio del milanista è semplicemente un'articolazione offesa dai famosi insulti agonistici che accompagnano la vita di un calciatore: scatti, torsioni, falli, cadute. Aggravanti: la stazza atletica, la gran voglia di giocare sempre e comunque, il suo stesso essere bravo ai limiti dell'indispensabilità, vedi la finale di Barcellona, esattamente dodici mesi fa. E una gara, adesso, a dire: in confronto ad allora sta benissimo. Un anno per realizzare il prezzo di quei due gol alla Steaua: sofferenze, illusioni, due interventi chirurgici, la paura di non giocare più. Così, quando Martens ha detto basta, il campione che si sentiva in debito col mondo, che doveva scendere in campo, trascinare, vincere a tutti i costi (vedi Belgrado) si è fermato. E'uscito addirittura dalla porta principale, lasciandosi dietro il calcio alle spalle, per evitare i ripensamenti del cuore. E'andato in Olanda anche per capire se e quanto gli mancava davvero, il pallone. E'tornato quando si è sentito di nuovo intero, non più atleta e professionista dimezzato. Ho scelto di restare al Milan perché mi ha aiutato nei momenti brutti, non mi ha mai dimenticato. Il fatto che non abbiano perso fiducia nei miei confronti è stato importante, decisivo. Davvero, non ho mai pensato di andare da un'altra parte, anche in considerazione della città. Milano è un po'come Amsterdam, o forse si è olandesizzata in questi anni, perché nessuno mi ha disturbato, mi sono sentito rispettato in questo periodo difficile, come atleta e come uomo. E poi una squadra forte come il Milan non la trovavo da nessun'altra parte: abbiamo vinto tanto ma possiamo vincere ancora molto. Sulla strada scoscesa del recupero, l'olandese ha trovato anche un malanno muscolare, che lo ha bloccato per un paio di giorni la settimana scorsa. Una contrattura alla gamba già infortunata, a testimonianza che non c'è prudenza sufficiente, quando si recuperano i grandi infortuni. Un altro stop, a riposo quando urge la voglia di lavorare. Forse, senza Vienna, e soprattutto senza i Mondiali fra una manciata di giorni, Gullit avrebbe ripreso a giocare più tardi, riaggregandosi con calma alla prima squadra, dopo la sosta estiva. Il rischio è calcolato, in questo rientro, almeno si spera. Van Basten, che ha con lui un rapporto di sana colleganza, dice: Ci basta che sia al 50 per cento. Anzi, basta che ci sia. Come dire: la presenza più della sostanza. Sacchi, che ha imparato a fare a meno dell'olandese sempre rimpiangendolo, segue la stessa scia: Non mi aspetto che ci ripaghi di un bel nulla, è lui che ci fa già un favore a giocare, domani sera. Lui, Gullit, ha la faccia tirata. Più di sé, preferisce parlare della partita. Dice: Sarà una gara particolare. Le finali difficilmente sono spettacolari, in genere risultano strane e anche un po'noiose. Fa eccezione quella nostra, dello scorso anno. Ecco, sarebbe bello se fosse ancora così, una gran serata e magari due gol miei. Parla e cerca nelle facce di chi gli sta davanti un guizzo di conferma. Nel grafico degli umori, da questo momento al fischio iniziale di Kohl c'è spazio per grandi stimoli e piccole depressioni. Mi manca la continuità, ma non sento più dolore e questo mi rassicura. Giocare la finale dopo un anno così brutto è una gran soddisfazione, anzi una vittoria anticipata. Una vittoria solo per me stesso. Nei giorni lunghissimi del chissà se guarisce, infatti, l'olandese ha fatto un paio di conti anche con se stesso e con la sua proverbiale generosità. Dovevo fare tutto da solo, gli altri potevano rincuorarmi e basta. Per questo non metto in cima ai miei sogni la vittoria di Vienna. Una, due volte ho pensato anche di lasciare, ma non mi sono mai sentito veramente out. Ora penso al Benfica, è una partita da giocare bene. Con il cervello, più che con il cuore.



dal sito www.repubblica.it
23 maggio 1990 - pagina 27 - Sezione Sport - di Leonardo Coen

MALEDETTI MISTERI
VIENNA - Sven Goran Eriksson, il 42enne allenatore del Benfica, ha portamento signorile anche quando indossa la tuta biancoceleste della squadra di Lisbona, che non è il massimo in fatto di eleganza sportiva. Ha persino addosso una patacca che riproduce un'aquila e il motto latino e pluribus unum. Egli è persona gentile. Risponde a tutti. In ottimo italiano. Abituati a certi toni un po'beceri del nostro calcio parlato, che poi si ritrovano puntualmente sulle pagine dei giornali, non si può non trovare simpatico un personaggio come questo svedese, accorto e misurato. E'generoso con gli avversari: Il Milan è uno squadrone. Ha vinto tutto. E'indubbiamente il più forte. Sulla carta. Sarà molto dura per noi. Cercheremo di contenere la pressione milanista, adotteremo delle contromisure adeguate. Ma non chiedetemi di dirvi quali: questo sarà il mio jolly, la mia carta a sorpresa. Di conseguenza, annuncerò la formazione del Benfica soltanto pochi minuti prima della partita. Comunque, nulla di clamoroso: le mie incertezze riguardano i calciatori infortunati che potrebbero rimettersi in tempo dai malanni. Distribuendo un sorriso alle telecamere della Rai e rispondendo a Telemontecarlo, Eriksson fa capire e sta meditando un colpaccio ai danni del rivale Arrigo Sacchi. Difesa a zona, quattro se non cinque centrocampisti e una sola punta: la ricetta del Benfica, pardon, di Eriksson, è stranota. Vitor Paneira, il motore della squadra, straordinario maratoneta del pallone, dichiara a sua volta che l'unica arma per difendersi dal pressing milanista è quello di aggirarlo. Sembra l'uovo di Colombo. Gli dico: non capisco. E lui: Voglio dire che la partita sarà tutta giocata sul ritmo, sulla velocità, sulla capacità di sapere imprimere accelerazioni e rallentamenti per spiazzare l'avversario. Perbacco, questi ragazzi quando vogliono sanno essere chiari. Prendiamo il divo della formazione lusitana, il brasiliano Valdo che sulla schiena porta l'impegnativo numero 10, quando gioca nella sua nazionale. E cioé il regista: ruolo divino, che fu di Pelé, che fu di Zico, di Falcao. Valdo non è alto, è mingherlino. Però ha uno sguardo furbissimo. Poche parole: Chiacchiero meglio coi piedi, scherza, cercando di esprimersi un po'in italiano, un po'in spagnolo. Di nome fa Candido. Interviene Eriksson: Sono contento per Gullit che sia tornato a giocare, dopo tutto questo tempo. Dopo i suoi infortuni. Perché vederlo in campo è sempre un grande spettacolo, una gioia per gli occhi. Spero che lui non sia al 100 per cento della condizione... anche se è chiaro che se lo fanno giocare vuol dire che sta bene. Insomma: sappiamo che il Milan attacca molto. Cercheremo anche noi di attaccare molto. E allora sarà una partita emozionante. Hernani, altra stella del firmamento Benfica, centrocampista dalle attitudini difensive, potrebbe essere il marcatore di Gullit: Penso piuttosto che ci saranno molti gol, corregge, sorridendo, giocando a chi fa pretattica. Si vede lontano un miglio che i giocatori del Benfica non hanno molta voglia di scherzare. Come il Milan, anche loro hanno perso lo scudetto nelle ultimissime battute del campionato. Come il Milan, hanno bisogno di vincere, è una questione di modello sportivo. Che vuol dire? Vuol dire che un'istituzione sportiva come il Benfica, che in Portogallo vuol dire 100 mila supporters e 10 mila atleti tesserati in termini economici un bilancio di 5 miliardi e mezzo di escudos, e un attivo di 100 milioni. Dice Maria Susete Abreu, vicepresidente della divisione marketing-cultura, che il Benfica vale almeno la quinta o la sesta posizione nel ranking delle classifiche societarie portoghesi. Insomma è un centro di potere, un colosso. Joao Santos, 72 anni, che ne è il presidente da tre anni, è ovviamente orgoglioso di tale strumento: Vede, non ci può essere maggiore diversità fra noi e Berlusconi ci dividono due concezioni differenti: noi manteniamo un certo ideale, loro hanno trasformato il Milan in una vera e propria società, una holding. A me non interessa creare soltanto dei calciatori e renderli ricchissimi. A me interessa formare delle persone che poi si integrino nella società, mi interessa poter dare loro professione, studi, cultura. Io ho messo in piedi una azienda che si occupa di dietetica. La mia ambizione non è quella di diventare sempre più ricco, ma è quella di razionalizzare l'alimentazione della mio paese. Ed è questo lo spirito con il quale gestiamo il Benfica. Il Benfica vuol dire non soltanto calcio, ma anche nuoto, ginnastica, atletica leggera, tennis hockey, ciclismo, vuol dire anche una radio privata vuol dire anche una rivista che vende 50 mila copie, vuol dire soprattutto compattezza e orgoglio. Saranno queste le nostre arme per battere il Milan. Il patriarca del Benfica, con paternalistico senso del potere, saluta e se ne va.



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23 maggio 1990 - pagina 26 - Sezione Sport - di Gianni Brera

TUTTA L'EUROPA IN UNA NOTTE
VIENNA Il buon vecchio Milan di Milano si appresta a giocare questa sera la sua quinta finale europea di Coppa Campioni. Ha fallito la prima con il Real Madrid, al tempo del grande Schiaffino. E'poi risultato che i madridisti esercitavano larga e sospetta egemonia su tutti gli arbitri del continente, massima su quelli di Olanda. Ha conquistato il Milan la sua prima Coppa Campioni battendo il Benfica nel '63 a Wembley. Il vecchio incallito Pivatelli ha fatto per Viani e Rocco quello che molte volte aveva fatto Luis Monti per Vittorio Pozzo: ha cinicamente ritardato il piede sulla caviglia di Coluna, regista della squadra portoghese. Poi, due gol in contropiede su appoggi di Rivera in zona libera per Josè Altafini. Il secondo titolo è stato conquistato da Rocco a Madrid nel '69: vittima designata il giovane Ajax di Cruijff: atleti eponimi del Milan: Prati, Sormani e Rivera. Il terzo titolo conquistato per strangolamento l'anno scorso a Barcellona contro una Steaua fin troppo inerte per non farci pensare che la vera impresa del Milan di Sacchi sia stata attuata nel dissolvere il superbo Real Madrid a San Siro. Questa sera è nuovamente di scena il Benfica, liberatosi in semifinale di un più estroso ma non più organico Marsiglia. L'atto liberatorio e malandrino è stato compiuto da un nero angolano a nome Vata, molto abile nel servirsi dell'avambraccio sinistro. L'arbitro, come capita, non ha visto, e il Marsiglia si è trovato fuori. Non serve dire che Righetto Sacchi rimpiange di non potersi misurare con i marsigliesi, meno temibili secondo lui d'una squadra di tradizione quale il Benfica allenata e guidata da Eriksson, zonagro di elezione. Fosse avvenuto il contrario, sicuramente Sacchi rimpiangerebbe di non poter incontrare il Benfica, i cui schemi fondati sulla zona sono arguibili più di quanto non siano (?) quelli del Marsiglia. Eriksson è un intelligente guaglione svedese che ha al suo attivo risultati continentali con il Goeteborg e con lo stesso Benfica. Dall'Italia è scappato per legittima difesa del proprio sistema nervoso. In Portogallo sta bene anche sua moglie. Hanno una villa dove l'aveva anche lo spodestato re d'Italia. I portoghesi sono più sonnolenti ma anche più calmi e dunque meno isterici di noi. Eriksson gode fra loro di un vasto carisma. Parlando dell'incontro di stasera, ha detto senza jattanza di non sentirsi battuto in partenza. Giocherà ha aggiunto come ha visto fare dalla Juventus più ispirata dell'anno: attaccherà il Milan avendo perfettamente intuito che Sacchi non contempla la difesa se non in senso attivo, traverso il pressing esercitato in qualsiasi parte del campo, il più possibile lontano dalla propria porta. Temo che Eriksson abbia individuato il punto debole di Sacchi e del suo Milan. Del resto, pretendere che un tecnico smentisca se stesso da un giorno all'altro, bloccando i reparti su rigide equidistanze sarebbe pura follia. Dobbiamo quindi aspettarci che Sacchi ed Eriksson incomincino ad incornarsi senza risparmio di colpi: e come possa andare non è dato, onestamente, sapere. Certo, non sarà una partita come quella vista e sofferta a Tokio fra Milan e Medellin, dove ogni mossa veniva soffocata sul nascere, con noia inevitabile per tutti. Se le cose andranno come è prevedibile, il calcio ritroverà nel ritmo e nella fantasia tutti i motivi che ne fanno uno dei più bei giochi del mondo (e per me il più bello, si capisce). Un pronostico è rischioso e perciò lo faccio pensando a Ruud Gullit: se quello gioca, e aggiunge peso e invenzione agonistica agli abituali schemi di Sacchi, il Milan s'impone con uno scarto degno delle nostre ambizioni. Viene esaltato il genio di Van Basten, incoraggiato il metodico impegno di Rijkaard. Manca purtroppo al migliore Milan il fervore frenetico di Donadoni, vittima del suo entusiasmo agonistico: ci sono però tutti gli altri, attesi a grandi numeri. C'è Ancelotti, se regge, c'è una difesa di quasi tutti elementi di classe mondiale. Insomma, se questa difesa viene ragionevolmente protetta, il Milan passa e s'impone. Se invece si apre alle minacciose incursioni dell'internazionale di Eriksson, allora può succedere tutto: pure che il Benfica vendichi Wembley nell'umida sera del Prater. Per scongiurare questa jattura, tocco vistosamente ferro e chiudo inneggiando al caro vecchio Milan di sempre.



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23 maggio 1990 - pagina 26 - Sezione Sport - di Licia Granello

'SARA' SEMPRE SPETTACOLO'
VIENNA - La partita del non ritorno, quella che può segnare l'ingresso trionfale nella storia del calcio o che può riconsegnare il Milan al rango di eccellente caducità. Arrigo Sacchi nasconde le sue paure dietro i fumi della consueta camomilla. Snocciola la formazione che tutti si aspettano, con Colombo mediano e Ancelotti finta ala destra. Dice: La soddisfazione per questa partita è più grande della tensione. Nessuno avrebbe mai immaginato tre anni fa che avremmo conquistato due finali di Coppa Campioni, una dietro l'altra. Sacchi è attento a garantire a se stesso e alla squadra tutti gli onori dovuti, comunque vada. Non sono d'accordo con chi dice che vincere è il massimo e perdere è il nulla. A prescindere dal risultato, resta ben chiaro quello che abbiamo fatto. Abbiamo raggiunto la finale con le nostre forze, dopo un'andata piena di handicap. Gullit non ha mai giocato, Donadoni ha fatto due partite in coppa, Ancelotti solo qualcosa in più. Come se non bastasse, il sorteggio è stato, diciamo così, poco benigno, facendoci affrontare di volta in volta le squadre più forti in circolazione, dal Real Madrid al Malines, dal Bayern fino al Benfica. Eppure siamo arrivati fin qui, e sempre giocando un bel calcio. Stare un passo dietro alle proprie, scoperte ambizioni, costa fin troppo. Sacchi non si nasconde più, quando annuncia: Vincere vorrebbe dire mettere il giusto suggello al lavoro di tre anni, un traguardo straordinario per chi ha vissuto una stagione comunque da protagonista, a lungo sul piano del risultati, sempre sul piano del gioco. Scantona abilmente dagli spilli della dietrologia polemica. Non abbiamo nulla da rivangare, nulla da riprenderci. Prendiamo atto che giocando in un certo modo abbiamo allargato l'effetto alone intorno alla squadra, ribadisco che il nostro comandamento è giocar bene, divertirci e divertire la gente. Perché alla fine sono convinto che questo più di tutto condizioni pesantemente il risultato. Eriksson ha già detto che pur di vincere farà catenaccio e altro, noi la pensiamo diversamente. La diversità è la vera frontiera ideologica su cui misurarsi: France Football ha scritto che per il Milan il calcio è arte. Sarà un eccesso, ma ce ne compiacciamo. L'anno scorso, prima di scendere al Santiago Bernabeu, Vautrot chiamò Toshack e me, ci disse: abbiamo cinquecento milioni di spettatori a cui rendere conto, vorrei che assistessero a una buona partita di calcio. L'allenatore del Real rispose: noi vogliamo solo vincere. E io: noi vogliamo solo giocar bene. Eriksson, comunque, viene riconosciuto come abitante meritorio del pianeta-Sacchi: Lo stimo molto, come professionista e come uomo, fra l'altro ci conosce molto bene e questo è un bel vantaggio per lui. Il suo Benfica è una squadra scabrosa, brava, non a caso ci giocano dentro nazionali svedesi e brasiliani, oltre a quelli portoghesi. Ha gioco e giocatori, canovaccio e individualità. Avrei preferito di gran lunga incontrare il Marsiglia, che si basa soprattutto sul talento dei singoli. Sacchi ha ben chiare in mente le coordinate della partita: Sarà difficile e complicata. Vincerà chi avrà in mano il gioco, tenendo conto che il confronto è su molti piani: quello tecnico-tattico, ma anche agonistico, fisico e nervoso. Vincerà chi avrà più umiltà nel saper sviluppare ma anche modificare la tattica a seconda dei momenti, chi avrà più velocità e saprà fare il pressing o uscire rapidamente da quello avversario. Qualche minimo dubbio, invece, sulla salute della squadra: Difficile avere un quadro complessivo, per Eriksson è più semplice perché fino all'altro giorno ha avuto il campionato a disposizione come metro di misura dello stato dei suoi. Recuperiamo due grandi giocatori senza sapere bene quale sarà il loro rendimento. Ma Gullit e Ancelotti con la loro presenza sono già una garanzia. Abbiamo fatto degli esami medici, ma la perfezione atletica non mi sembra così determinante, in fondo stavamo bene anche qualche tempo fa. Ho scelto Colombo, anche se Massaro avrebbe meritato di giocare, perché abbiamo privilegiato il gioco sulla qualità individuale. Con Gullit dentro, non avrebbe potuto giocare in attacco e sulla fascia ha fatto poche partite, mentre Colombo garantisce maggiori automatismi. Grazie a lui e ad Evani, il Milan ha imparato a giocare in undici. Ricorda improvvisamente che ha una missione da compiere e proclama: Vincere una volta può capitare, due volte si entra nella storia.



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23 maggio 1990 - pagina 27 - Sezione Sport

UNO STADIO QUASI TUTTO ROSSONERO
VIENNA - Una finale, i milanisti l'hanno già vinta: quella dei posti occupati al Prater. In Portogallo, secondo una recente inchiesta, i tifosi del Benfica sono il 60 per cento della popolazione. Ufficialmente, i soci superano quota 100 mila. Ma è il Milan a sbalordire, sotto questo aspetto: il 25 aprile scorso nell'ultima assemblea dei club del Milan si sono contati 198 mila iscritti in Italia e all'estero e 1580 club. Così, rispettando le proporzioni stasera avremo sugli spalti circa 35 mila tifosi rossoneri, contro 13 mila portoghesi. Per ragioni di sicurezza, la capienza del Prater è stata ridotta da 62 a 57 mila posti, e sono stati mobilitati 1500 poliziotti. Milan-Benfica sarà dunque una finale di massima sicurezza: controlli elettronici e video, apparato imponente per tenere a bada le tifoserie opposte, divieto di consumare alcolici, di lacrimogeni. Trenta sono le televisioni collegate, 18 le radio. Tra gli ospiti eccellenti nella tribuna del Benfica, oltre alla struggente interprete dei fado Amalia Rodriguez, segnaliamo il ministro degli Affari Esteri di Lisbona Joao Deus Pinheiro, e quello dell'Educazione, Ruberto Carnairo. Ieri mattina le prime avanguardie del tifo avevano già raggiunto Vienna. I portoghesi hanno utilizzato quasi esclusivamente l'aereo, gli italiani hanno impiegato per spostarsi soprattutto auto e camper, molti dei quali sono stati parcheggiati già da qualche giorno fuori dal Prater. Molti anche i treni speciali che hanno scaricato centinaia di tifosi. Proprio nella zona del Prater sarà allestito uno schermo gigante per permettere a coloro che sono rimasti senza biglietto di poter vedere la partita. Il Milan ha rinnovato l'invito per quei tifosi che fossero in possesso di biglietti con la scritta Benfica di presentarsi fuori dallo stadio all'ingresso del settore C non oltre le ore 17. Per evitare infatti contatti con la tifoseria avversaria questi spettatori saranno fatti confluire in una zona dello stadio vicina a quella del tifo milanista.



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24 maggio 1990 - pagina 7

IL MIGLIORE IN CAMPO E'STATO L'ARBITRO...
QUESTE le pagelle del Milan: Galli 7 L'ho visto arrabbiarsi molto quando gli hanno lasciato filtrare un avversario da sinistra... sempre attento, misurato, pronto: per sua fortuna, nessun miracolo ha dovuto compiere. Tassotti 6,5 Ha dato una splendida palla-gol a Van Basten, che peraltro si è liberato con una piroetta di dubbia correttezza: ha sempre capito di doversi offrire alle aperture sull'out destro: qualche pallone lo ha perso per gusto del dribbling vano. Maldini 7- Ha sofferto parecchio per le incursioni di un mostro qual è Valdo, in tandem con lo svelto Paneira: in una certa occasione è stato bravo a non picchiare il brasiliano, che lo ha scherzato due volte clamorosamente in dribbling: certe impennate di puro puntiglio portano solo guai. In seguito, si è rinfrancato fino a compiere cose egregie. Colombo 6-- Sfortunati i tentativi iniziali di duettare con Gullit: mai è stato visto nei suoi smarcamenti migliori in avanti: sfortunato: ma non si è arreso mai. Costacurta 7 Ha avuto sotto controllo il più temuto spauracchio del Benfica, lo svedese Magnusson, ed ha finito per terrorizzarlo: un partner degno del capitano. Baresi 7+ Gladiatorio in ogni suo gesto, ed elegante in certi stacchi in area: quando avanza viene picchiato: una volta chiede il triangolo a Van Basten e quello lo ignora: si batte sempre ai limiti del lecito anche davanti a Galli, così da preoccupare le anime buone. Ancelotti 7- Si prende in consegna Valdo e qualche entratina carogna deve pur farla per ottenere rispetto: l'arbitro lo richiama e lui non si smonta per niente. Lo vedo tra i migliori. Rijkaard 7,5- Di gran lunga il migliore dei nostri campioni d'Europa: Gullit lo abbandona spesso alle prese con i più forti avversari: lui non si smonta: neanche se sbaglia perde il coraggio: lo vediamo mandare sull'ostia Van Basten, che gira subito gli inviti: se ne ricorda quando balza su un esterno destro che lo libera al gol: tiene palla senza paura per portarla a giusta maturazione di tiro: il suo gol è un merito decisivo. Van Basten 6- Mi fa arrabbiare spesso (per non scoppiare, mi agito e grido come un tifoso): noto che è un buon patriota: vuol servire al meglio l'Olanda: e così qui rischia poco: sbaglia per giunta un gol fatto, con palla sul destro, malannaggia. Gullit 6 Le tenta tutte: lanci lunghi, scatti impetuosi a dettare passaggi lunghi che non lo raggiungono per colpa di chi li fa o addirittura sua di lui, che non è pronto allo scatto relativo: ha due palle-gol: le spreca entrambe: una sul portiere, una sopra la traversa: ammirabile comunque la sua generosità. Evani 6 Si dà molto da fare, da quel gregario bravo e modesto che è: su qualche punizione ci ricorda Tokyo illudendoci assai, povero figlio. Massaro 6 Entra al 29'del secondo tempo per Ancelotti, che ha dato già il massimo: corre, forca, impicca: gli ho consigliato di fare la maratona, quando chiude con il calcio. Arbitro Kohl 8 Molto bravo: non ha sbagliato niente: per me, il migliore in campo. BENFICA: Silvino 7,5; José Carlos 6-; Ricardo 6,5; Samuel 6; Aldair 7; Thern 7-; Paneira 6,5; Pacecho 7; Hernani 6; Valdo 7,5; Magnusson 6-; Brito 6, Vata 6.



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24 maggio 1990 - pagina 7 - di Gianni Brera

IL TRIONFO DELLA TATTICA
VIENNA - In alto le bandiere e i canti per il Milan bicampione d'Europa! Ha eguagliato le gesta dei maggiori protagonisti nella storia del calcio continentale rivincendo il titolo di campione dei campioni anche a dispetto di una forma da tempo conservata a fatica: e l'ha vinto contro un'altra protagonista insigne, una squadra ben allenata e meglio impostata, il Benfica di Lisbona. Molto ha lottato e sofferto il Milan - sofferenza del resto condivisa da tutti noi! - per raggiungere il suo scopo. A lungo abbiamo dovuto constatare che non erano i rossoneri di Sacchi a creare gli schemi più nitidi: c'era in effetti nel Benfica una sicurezza di manovra che i nostri non sapevano raggiungere se non per ricorrenti impennate. Il rilancio di Gullit è stato forse più coraggioso che utile. La carta andava in ogni modo giocata, e Sacchi non se n'è pentito nemmeno quando il buonsenso avrebbe suggerito immissioni di gente più fresca, meno legata a così evidenti impotenze fisiche. Gullit scuoteva la chioma nera come un impetuoso leone, più ricco di slancio che di idee. Accanto a lui, sicuramente animato da intimo patriottismo (perché si riserva per i Mondiali...), Van Basten si è meritato anche qualche saracca da parte del più bravo e generoso dei batavi, Rijkaard, spesso lasciato solo a pirlare in mezzo ai migliori avversari: se avete visto, il brasiliano Valdo, il duro svedese Thern. Rijkaard ha poi ricevuto il giusto premio di Eupalla riuscendo finalmente a sfondare l'arcigno muro dei lusitani, sorretto dal genio e dalla grinta di Aldair. Il portiere Silvino ha sventato da grande campione due tiri-gol di Van Basten e Gullit: contro il coraggioso Rijkaard, che non ha temuto di portar palla fino a più conveniente distanza, Silvino non ha potuto nulla. Il gol di Rijkaard ha rischiarato i cuori di tutti, ha ridato bullagine alla difesa del Milan, del resto fondata su elementi di risaputa classe mondiale. All'avvio, molto avevamo temuto per quella difesa fin troppo temerariamente disposta sulla metà campo! Né sembra un caso che i portoghesi abbiano creato per sé le più pericolose occasioni proprio nel primo tempo. Sul piano tecnico, la partita è apparsa inficiata da un'eccessiva sapienza tattica delle due protagoniste. Dobbiamo ormai prepararci a vedere ripetersi schemi e interventi di troppo raffinata perfidia per non steccare, alla lunga. Il vecchio calcio romanticamente fondato su forme geometriche in continua mutazione sembra superato: non è certo vero, ed io spero esattamente il contrario: però la iattura è inevitabile quando s'incontrano squadre ispirate allo stesso modulo. Il Milan, comunque, ha anche il grosso merito di aver vinto una partita importante senza poter dare di sé il meglio che tutti conoscono al mondo. Grazie alla squadra di Berlusconi e Sacchi il calcio italiano riporta quest'anno un colossale successo collettivo e d'immagine. Auguriamoci che i Mondiali imminenti confermino questa eccellenza organizzativa e tecnica. Certo, rimpiangeremo qualche lanzo tornato alle patrie mura, ma il complesso è francamente buono. E sperare conviene. Viva!



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24 maggio 1990 - pagina 7 - di Leonardo Coen

MA BERLUSCONI RIDE E PIANGE
VIENNA - Van Basten piedi di seta passa lungo al cigno nero di Amsterdam. Uno scatto perentorio, tiro, gol. Uragano Franklin l'1-0 della vittoria milanista. La Curva Sud esplode. Anzi, ad esplodere letteralmente sono centinaia di petardi, nascosti nelle tasche degli ultras alla faccia di quei burberi poliziotti austriaci e dei loro cani lupo. In tribuna scatta in piedi, pallido, Sua Emittenza il cavalier Silvio Berlusconi, e finalmente anche lui sorride, e si volta a destra e a sinistra per stringere mani, per esprimere una soddisfazione che non ha eguali, primo presidente italiano a vincere consecutivamente due Coppe dei Campioni. Anche perché fino a quel momento, covava in tutti i dirigenti del Milan l'angoscia di una partita moscia. Aveva commentato durante l'intervallo, il presidente della Federcalcio Antonio Matarrese: Sembrano due squadre che hanno paura di giocare, e per questo evitano di rischiare. E il presidente del Coni, l'avvocato Arrigo Gattai, aveva incalzato: Si vede che mancano alcuni degli assi. Gli assi come Rud Gullit, generoso ma impreciso. E, in realtà era cominciata male la giornata allo stadio del Presidente. L'aveva fatta arrabbiare un brutto ed insolente striscione esibito proprio dalle parti dei fedelissimi della Curva Sud, a metà fra le posizioni delle brigate rossonere e quelle tenute dalla Fossa dei Leoni: Fininvest, più biglietti ai tifosi, meno ai clienti, si era letto a chiare lettere, e un pizzico di verità forse ce l'avevano i contestatori, giacché dei 21 mila biglietti ufficialmente consegnati al Milan, novemila pare fossero finiti proprio nelle tasche della Fininvest, per esigenze promozionali. Neanche l'incontro prima della partita con Matarrese aveva rasserenato Berlusconi: Non ho mai avuto sfiducia nelle istituzioni del calcio italiano aveva detto al presidente della Federcalcio, è che in certi momenti si prova molta amarezza e molto sconforto. Qualche defezione c'è stata. Manca infatti l'Avvocato alla Grande Festa. Gianni Agnelli era stato annunciato, se n'è rimasto a Torino. La tribuna d'onore si deve perciò accontentare del primo ministro austriaco Fran Vranitzky, e del suo vice Josef Riegle, attorniati da quelli dell'Uefa con le loro buffe giacche a quadrettini bianconeri. Dinanzi a cotanti occhi campeggia purtroppo un discutibile striscione dedicato a vicende tutte italiane, alla questione cioé della monetina di Bergamo: Se il Napoli è Campione di Italia, ci fa schifo essere italiani. Gli ultras milanisti non hanno ancora digerito quello scudetto scippato all'ultimo minuto. Né li ha consolati il messaggio di solidarietà inviato da Ferlaino. Non sono poeti, questi arrabbiati del Milan: ecco intonarsi, ora che si sta vincendo, il coro un po'scemo dedicato a Maradona, Diego, Diego, Diego merda, e però per fortuna sono pochi a ripeterlo. Si consola invece Amalia Rodriguez, stringendo nervosamente una borsetta, e sorridendo ai fotografi. Mancano pochi minuti alla fine della partita e il Benfica stringe d'assedio la porta di Giovanni Galli, la Grande Aquila Uno (la Grande Aquila Due è Filippo Galli), secondo l'etimologia delle gradinate. Resta 1-0, non la goleada di un anno fa. Barcellona si mitizza ancora di più, per il popolo rossonero. Gli altri, gli sconfitti, i benfiquisti, sono raggelati e i loro bandieroni rossoverdi sembrano fiori appassiti, abbandonati sopra i gradini della curva nord. Una malinconica serata ha pensato l'incupito scrittore Cardosa Pires, che è venuto da Lisbona assieme ai colleghi Lobe Entunes e Josè Saramagno. Milan, Milan, Milan, questo Praterstadion sta diventando tutto rossonero, si canta sulle note della solita marcia trionfale dell'Aida, e allora, quasi per magia, tra il bandierone della sezione Emilia Fossa, e le Brigate, spunta un patetico cartello bianco: Ciao Mary, qualcuno lo agita come un metronomo, forse per scandire gli ultimi secondi, da batticuore, prima della fine. Corre, corre furioso Ruud dalle cosce d'amianto, maledetto, scaglia il pallone fuori e sfuma il raddoppio. In tribuna s'arrabbia Adriano Galliani. Ma questa volta la platea milanista di Vienna è una platea senza grandi ospiti, senza paillettes e Grandi Firme, una platea che sapeva di parrocchia, la parrocchia competente del Milan, la Pattuglia dei Fedeli, stretti attorno al Gran Capo. Davvero, anche se il Milan ha concesso la replica attesa, Vienna non è stata Barcellona. Mezz'ora dopo il fischio finale, lo stadio era già vuoto. Resisteva lo sparuto drappello del gruppo ecologico, e il loro lenzuolone rosso sembrava un'anacronistica testimonianza, Chi tifa Inter avvelena anche te, fallo smettere. Faceva il paio coi cori anti-Prisco, il vicepresidente della squadra rivale del Milan, rituale che i milanisti doc ripetono ad ogni inizio partita per esorcizzare le sconfitte. E si accoppiava con un divertente Noi Vienna e Barcellona, voi sempre in poltrona. La quieta ed umida sera danubiana finiva con una gran cena offerta da Berlusconi in un locale italiano che si chiama Carpaccio. Subito dopo la partita il presidente aveva detto: Bene lasciamoci alle spalle quello che è successo, questa vittoria sconfigge l'amarezza, forse non si era capito che il Milan non recriminava per aver perduto un campionato e una coppa, era un'amarezza dettata da episodi di furbizia e non di sportività in cui il Milan si era trovato protagonista passivo; questa gioia mi fa tornare la voglia di restare. E Matarrese gli aveva dato una spinta: Durante la partita ci davamo dei calci, lo vedevo soffrire, cercavo di tranquillizzarlo. E'venuto fuori l'uomo presidente. Da oggi comincia la sua risalita: un uomo di questo genere merita la stima e la gratitudine della nostra federazione. La pace è fatta.



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25 maggio 1990 - pagina 27

AUDIENCE TV: SFIORATO IL RECORD
MILANO - La partita più seguita in tv del 1990 e la terza da quando (dicembre '86) l'Auditel rileva l'audience televisiva. Milan-Benfica, andato in onda mercoledì sera su Rai 1, ha ottenuto il suo record con un ascolto medio di 18 milioni 323mila telespettatori e uno share (la percentuale di ascolto su tutti i programmi in onda in quel momento) del 64,65 per cento e con una punta, fra le 21,55 e le 22 di 20 milioni e 21mila. Il record degli ascolti medi Auditel appartiene a Milan-Steaua, finale di coppa campioni dell'anno scorso (19 milioni 673 mila), seguito da Italia-Urss degli europei 1988 (18 milioni 923mila). Ragionando in termini assoluti (e non esclusivamente in stime Auditel) va tenuto presente che il match del Prater è stato trasmesso anche da Telemontecarlo, ma l'emittente monegasca non fornisce dati d'ascolto. La finale di coppa campioni '90 si piazza bene anche nella classifica generale, che tiene conto dell'ascolto di ottenuto da trasmissioni non sportive. Meglio ha fatto il festival di Sanremo '87, con 18 milioni 345mila. Nella classifica All Time degli ascolti di ogni tempo per eventi sportivi, il primato è ancora saldamente nelle mani della finale dei mondiali '82 (ma si tratta di cifre assolute e non di medie): 37 milioni circa, ma allora non c'era ancora la rilevazione Auditel. Seguono altre due partite dello stesso mondiale, Italia-Polonia (semifinale) 33 milioni e la mitica Italia-Brasile con 31 milioni.



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25 maggio 1990 - pagina 27 - Sezione Sport

'RESTEREMO IN TESTA'
VIENNA - Non è stata una bella partita, quella che abbiamo visto al Prater. La finalissima tra il Milan e il Benfica mi ha infatti un po'deluso. E'mancato lo spettacolo. In compenso sono rimasto soddisfatto dal comportamento del pubblico. Non ci sono stati disordini, non ho visto ubriachi. Eppure, dentro lo stadio, il clima delle tifoserie era effervescente: il neopresidente dell'Uefa, lo svedese Lennart Johansson, ha appena chiuso la sessione del comitato esecutivo che ieri mattina ha rinviato ancora una volta il problema delle squadre inglesi in Europa. Molto soddisfatto è apparso il vicepresidente dell'Uefa, il raggiante onorevole democristiano Antonio Matarrese: Quando sono entrato nel salone della riunione, mi hanno accolto con un applauso. Ero un po'a disagio, insomma, essere il presidente di una federazione che ha vinto tutto quel che c'era da vincere, ti obbliga a controllarti un po'. Bisogna non far pesare i successi. Non credo che l'Europa tema la dittatura italiana nel calcio, questo risultato complessivo è frutto di una programmazione che ha radici profonde. Aggiungo: c'entra pure la Federcalcio che ha aperto sempre di più le porte agli stranieri. In futuro ci potranno essere delle scosse di assestamento, non di frantumazione. Il calcio italiano rimarrà ben saldo ai vertici dell'Europa. Un en plein, cinque coppe su sei negli ultimi due anni, che però non deve turbare il delicato lavoro di Azeglio Vicini con la nazionale: Non deve sentirsi obbligato a vincere, perché tutti ormai in Italia se lo aspettano, soprattutto dopo questa abbuffata. E'brutto essere sottoposti a tanta pressione. I risultati vengono quando si può lavorare in tutta serenità. Lasciamolo quindi in santa pace, il nostro Vicini. Penso che sarà legittimo entrare tra le quattro migliori squadre del mondo. Poi, ammiccando, Matarrese aggiunge: Vi do perciò appuntamento a Coverciano, sabato mattina, perché vi illustrerò la mia missione di pace.... Va bene, siamo i più forti. Ma tutte queste coppe europee non sono un po'merito degli stranieri che giocano nei nostri squadroni? Una grossa spinta, non c'è dubbio, arriva dalla presenza di tanti fuoriclasse. Però la scuola calcistica espressa dalle nostre squadre è italiana. Lo ha dimostrato la Sampdoria vincendo la finale senza l'apporto degli stranieri. Il Milan ha invece fatto una grossa politica d'acquisti: una campagna di successo, che tutti mi auguro abbiano voluto festeggiare.



dal sito www.ilveromilanista.it
di Carmine Longobardi

A VIENNA, UN MILAN A PASSO DI VALZER
Campionato di calcio 1989/'90, il Milan di Sacchi lottava per lo scudetto, gomito a gomito con il Napoli. Intanto continuava il suo cammino vittorioso in Champions League conquistando il diritto alla finale che si sarebbe disputata il 23 maggio 1990 nel Prater di Vienna in Austria a pochi metri dal Danubio. Non potevamo perderci quest'avventura. Vienna era appena dietro i confini nord orientali, una passeggiata in confronto ai viaggi precedenti. Come sempre l'organizzazione toccava a me, oltre a dover accaparrarmi i biglietti, dovetti pensare al mezzo di trasporto. Il difficile non e' come arrivarci, bensì quando partire, quanti giorni rimanere, quando ripartire, se pernottare. Sono le difficoltà classiche del "fai da te" in quanto devi tener presente le esigenze dei tuoi compagni di viaggio e riuscire, alla fine, a mediare con successo. Il 22 maggio 1990 alle ore 18 ero alla guida di un minibus Fiat Ducato con nove posti a sedere (compreso l'autista, cioè io), parcheggiato davanti al Milan Club Scafati in attesa dell'arrivo degli altri otto componenti la spedizione. Alle ore 19 eravamo tutti a bordo, compreso i bagagli cioè vettovagliamento, bandiere e striscioni. L'accordo era quello di fare dei turni di guida, ma i miei cari amici pensavano a ridere, cantare, mangiare in continuazione e, alla fine, dormire. Morale della favola dovetti guidare da Scafati (Sud Campania) a Vienna senza mai avere il cambio, usufruendo solo delle sporadiche soste in autostrada per ragioni fisiologiche. Non avevamo prenotato albergo, la nostra intenzione era quella di assistere alla partita e poi ripartire. Il 23 maggio 1990 alle ore 10 parcheggiavo il Fiat Ducato nel parco (Prater di Vienna) che circonda lo stadio di calcio (che prende il nome proprio da quest0 grande parco). Ero naturalmente stanco, mentre i miei cari amici avevano voglia di visitare la città. Così, mentre loro andavano al luna park sulle giostre ed a bere birra austriaca, io mi distesi a riposare sapendo che anche la guida al ritorno sarebbe toccata a me. Alle ore 15 eravamo tutti di nuovo insieme e consumammo un lauto pasto stile pic-nic alla meridionale, cioè lasagne, melanzane alla parmigiana, cotolette di vitello e qualche peperone imbottito. Il tutto accompagnato da pane casereccio ed innaffiato da vino di Gragnano.
Ci volle tutta la mia energia per costringerli ad alzarsi (erano le ore 17) per dirigersi verso lo stadio, che era sì a poche centinaia di metri, ma prevedevo un deflusso molto lento verso gli ingressi. Non mi sbagliavo affatto, la polizia austriaca si dimostrò molto scortese e poco organizzata. Avevano posto una serie di transenne che finivano in uno strettissimo imbuto che costringeva migliaia di pacifici tifosi a calpestarsi fino a rischiare di essere schiacciati. Suggerimmo, a chi aveva con se dei bambini, di tenerli in braccio o di farsi aiutare e comunque tenerli sollevati perché c'era il rischio di farsi male sul serio. Due ore dopo riuscimmo ad entrare e fu una liberazione per tutti noi. Lo stadio era un catino e vergognosamente stracolmo di gente oltre ogni sua possibile capienza, alla faccia dell'organizzazione austro-ungarica. Eravamo in curva, lontanissimi dal terreno di gioco, tutti in piedi cercando il proprio spazio visivo tra le centinaia di teste di altri poveri disgraziati nella nostra stessa situazione. Le squadre entrarono in campo e dimenticammo tutta la stanchezza e la rabbia per l'entrata e per la posizione capitataci; il Milan con la divisa bianca immacolata ed il Benefica con la sua storica tenuta rossa. Ci trovammo ad assistere al primo tempo alle spalle del portiere Silvino, che fu bravo a parare un tiro di Van Basten che aveva fatto un'azione spettacolare con una veronica su Aldair. Ad onor del vero, la conclusione non era stata irresistibile, ma la distanza ravvicinata rendeva l'azione pericolosissima e ci fece esultare ed applaudire.- La partita non decollava, il Milan cercava di praticare il suo gioco con il pressing continuo, ma i portoghesi erano ottimi palleggiatori ben messi in campo da Eriksson. Alla fine del primo tempo non c'era tanta frenesia, la partita era stata noiosa e senza grandi emozioni. Avevamo tutti il timore che un'azione sporadica, un tiro di punizione, un calcio d'angolo, cioè un episodio poteva decidere quella finale. Eppure il Milan qualcosa in più aveva fatto. Il secondo tempo iniziò con lo stesso ritmo del primo. Gli attaccanti portoghesi non riuscivano ad essere pericolosi, anticipati sul nascere dai mastini rossoneri: Baresi, Costacurta, Maldini e Tassotti. In porta Giovanni Galli faceva solo ordinaria amministrazione, mentre a centrocampo Colombo, Ancelotti, Rijkaard ed Evani costituivano una muraglia umana insormontabile. Van Basten e Gullit bastavano a spaventare i difensori del Benefica che non tentavano sortite in avanti preferendo rimanere ben coperti, consci del valore degli attaccanti del Milan. All'improvviso un lampo accecante ci proietta verso la più irrefrenabile delle gioie. Costacurta scende in verticale palla al piede, trova un corridoio davanti a sé e ne approfitta arrivando circa a meta' campo, testa alta ed occhi fissi sui movimenti di Van Basten che gli va incontro e gli detta il passaggio. Billy di piatto serve Van Basten che di prima intenzione fa da sponda infilando un pallone invitante in un corridoio libero nel quale si lancia a memoria il riccioluto Rijkaard che tocca in avanti il pallone e vola verso il portiere Silvino. Un paio di metri dentro l'area ti inventa un esterno destro in contro tempo che spiazza completamente il pur bravo portiere del Benefica. E' il goal della vittoria, impazzisce Rijkaard sommerso dai compagni, impazziamo noi sugli spalti avendo visto la palla in porta ma ben poco di quello che era successo, a causa della distanza. Poco dopo Sacchi faceva entrare Filippo Galli al posto di Colombo per difendere meglio il vantaggio e Massaro al posto di Ancelotti. I minuti che seguirono furono ancora più noiosi, ma tanto sofferti da noi tifosi, consumammo tutte le unghie delle dita e , qualcuno, forse anche le dita. Sembrava non finire più quella partita, poi il fischio finale e crollammo sfiniti dalla gioia, dalla stanchezza, dallo stress e dal sonno.
Riuscimmo a goderci la festa più della partita mentre incolonnati e, di nuovo, schiacciati ci si Incamminava verso l'uscita come liberandosi da un'oppressione e correre liberi e felici nei prati e tra gli alberi del grande parco. Quella sera non ci fu albero o ciuffo d'erba e cespuglio che non ricevette la sua razione di acido urico milanista, una sorta di liberazione dopo cinque ore di contenimento fisiologico, immobilizzati in quella curva ed impossibilitati a raggiungere una qualsiasi parvenza di toilette. Il nostro minibus ci accolse silenzioso nella penombra del parco, mi toccò di nuovo il volante e, con un po' di difficoltà, trovai la strada per uscire dal parco ed immettermi sulla main strasse che ci portava verso il centro di Vienna dove incrociammo il resto della tifoseria milanista che festeggiava la vittoria tra lo stupore dei viennesi, poco abituati a quel tipo di comportamento chiassoso e casinista. Venne l'ora di riprendere la strada del ritorno e sentivo tutto il peso dello sforzo che ci aspettava. Avevamo riposato pochissimo, io quasi niente ed avevo sulle spalle tutto il viaggio di andata. Un compagno di viaggio, molto altruisticamente, si offri di darmi il cambio alla guida ed io accettai molto volentieri. Mi sarei riposato per poi ridargli il cambio, pensai tra me. Ma bastarono solo cinque minuti per rendermi conto che avrei dovuto riprendermi il posto di guida. Infatti stavamo zigzagando pericolosamente perché all'autista gli si chiudevano gli occhi per il sonno. Va bene, dissi: lasciami il posto, lascia aperto il finestrino, accomodati dietro e lascia guidare me. Erano le 3 del 24 maggio 1990, mentre i miei compagni dormivano beati e completamente fusi dalla stanchezza, io li riportavo a casa sorbendomi altre 13 ore di guida. La domenica successiva fu richiesta una riunione presso la sede del Milan Club Scafati, era un pretesto per potermi festeggiare e ringraziare per quanto avevo fatto per loro, si finì con il classico coro: "Un presidente, c'e' solo un presidente, un presideeente, c'e' solo un presideeente..."



da "Nostalgia Rossonera" - facebook

La stagione 89-90 parte con proclami di Grande Slam in casa Milan, ovvero vincere tutto. Nell’autunno-inverno del 1989 il Milan metta in bacheca la Supercoppa Europea sconfiggendo il Barcellona nel doppio confronto, e a Tokyo batte il Medellin 1-0 con il famoso gol di Evani all’ultimo minuto dei supplementari. In campionato il Milan sfrutta la pausa invernale della Coppa Campioni e recupera il terreno perso ad inizio stagione dando vinta ad un duello a due con il Napoli di Maradona. Mentre in Coppa Campioni i rossoneri hanno eliminato in Real Madrid qualificandosi per i quarti di finale dove affronteranno il Malines. In coppa Italia il Milan è inserito in un gironcino con il Messina e l’Atalanta. Il 24 gennaio 1990 si gioca Atalanta-Milan di Coppa Italia ed è la partita decisiva del girone, perché i rossoneri hanno strapazzato il Messina a San Siro mentre gli orobici non sono andati oltre al pareggio in Sicilia. Quindi al Milan basta un pareggio per andare in semifinale, mentre i bergamaschi devono assolutamente vincere per scavalcare il Diavolo in classifica. Il Milan approccia la partita non benissimo e i bergamaschi, guidati da Mondonico, passano in vantaggio già nel primo tempo, un gol che permetterebbe all’Atalanta il passaggio del turno. Si arriva al tramonto della gara con l’Atalanta che gestisce il vantaggio senza affanno. Il tempo diventa alleato degli orobici e i sogni rossoneri di Grande Slam si stanno spegnendo sempre di più. Nell’arrembaggio finale rossonero capita che Borgonovo rimanga giù in area, infortunato. Stromberg visto la situazione calcia la palla in fallo laterale. Rijkaard va a battere la rimessa, corta verso Massaro il quale calcia in area: onestamente un modo abbastanza complesso per ridare palla all’Atalanta. A centro area c’e’ ancora Borgonovo che non ha visto niente di ciò che è successo nei secondi precedenti si rialza e va alla caccia del pallone, costringendo il difensore Barcella ad atterrarlo in area. L’arbitro concede giustamente rigore ed ovviamente succede il finimondo. Dopo il caos, sul dischetto si presenta Capitan Baresi, che realizza il rigore spiazzando Ferron, pareggiando la partita che sancisce la qualificazione del Milan alle semifinali. Il finale è, naturalmente, convulso: Sacchi e Mondonico vengono a contatto nel tunnel come tanti altri protagonisti. Ci furono polemoche roventi con accuse varie, Berlusconi chiede di poter ritirare il Milan per far qualificare l’Atalanta: la Lega risponde che, ovviamente, non si può. La chiosa finale è di un giovane Maldini che, nello spogliatoio, parla apertamente ai compagni di figuraccia. Alla fine il Grande Slam non lo si conquista: in Coppa Italia il Milan perde la finale con una della versioni più sbiadite della Juve, mentre il tricolore finisce a Napoli, con i partenopei che portano a casa proprio da Bergamo due decisivi punti con 100 lire e la sportivissima (loro si sportivi, vuoi mettere…) sceneggiata Carmando - Alemao. Chiudiamo con le parole di Franco Baresi che descrive quel giorno nel suo libro "Libero di sognare". "Noi invece rimettiamo subito in gioco la palla e la calciamo in area di rigore; il nostro attaccante, che nel frattempo si è rialzato ignaro di ciò che è successo, si avventa sul pallone e viene atterrato da un difensore atalantino. Fischio dell’arbitro e rigore per il Milan. Io sono dall’altra parte del campo. Vedo la panchina e i giocatori dell’Atalanta protestare con veemenza. Non ho ben capito la dinamica degli eventi, ma non mi interessa più di tanto, perché quando viene assegnato un rigore gli avversari protestano sempre. Mi dirigo nel¬l’area avversaria, sistemo il pallone sul dischetto, guardo il portiere Ferron, prendo la rincorsa e lo spiazzo tirando rasoterra alla sua sinistra: 1 a 1 e qualificazione raggiunta. A fine partita scoppia nuovamente l’ira degli atalantini. Io mi rendo finalmente conto di ciò che è successo. Dovevamo ridargli la palla. Abbiamo violato una di quelle regole non scritte che non si dovrebbero mai violare." (Franco Baresi)