da pagina Facebook "Milano Rossonera"
di Corrado Izzo
Accadde oggi... 20 maggio 1973. La Fatal Verona
Ne è passato di tempo. Quarantacinque anni per l’esattezza, ma la ferita è ancora aperta. Quel pomeriggio è sempre lì, ben presente nei nostri cuori, nelle nostre teste. Se chiudete gli occhi per un attimo potete ancora coglierne i più intimi riverberi, avvertire quell’inquietudine sottile e crescente che poi diventa disperazione. Chi ha vissuto quella giornata non la scorderà mai. Chi invece non c’era ne ha certamente sentito parlare, perché la Fatal Verona è uno di quegli eventi la cui memoria si tramanda di padre in figlio. È un qualcosa che costituisce l’essenza stessa del milanismo. Oggi vi raccontiamo una storia lunga trent’anni. Non sarà un racconto breve, ma consigliamo a tutti i cuori rossoneri di leggerlo per intero. Un po’ perché fa parte della nostra vita e molti vi si riconosceranno, un po’ perché cerca di fare chiarezza su una vicenda tuttora piena di ombre. Anno 1973... L’antefatto. È una luminosa primavera ed in testa al campionato c’è una squadra bella come Grace Kelly nel film La Finestra sul Cortile. È il Milan di Nereo Rocco, un complesso formidabile che stravince le partite a suon di gol, forte di un divino Gianni Rivera e di un gruppo di giocatori leggendari: Anquilletti, Sabadini, Rosato, Schnellinger, Benetti, Prati, Biasiolo, Chiarugi, tanto per ricordarne alcuni. Rispetto, signori. Questi sono nomi che hanno fatto la storia del calcio. La Cavalcata delle Valchirie subisce un inatteso stop a metà aprile, quando lo squadrone rossonero pareggia in casa col Cagliari, poi perde per 2-1 a Roma contro la fortissima Lazio di Maestrelli, in una partita in vero falsata dall’arbitraggio del signor Lo Bello. Il fischietto siciliano, nemico dichiarato del Milan e di Rivera, nel primo tempo tollera il gioco eccessivamente impetuoso dei laziali, poi, a 3’ dalla fine, annulla il regolarissimo gol del pareggio a Chiarugi, condannando i rossoneri a una sconfitta che, a conti fatti, peserà come un macigno nella lotta scudetto. È un vero e proprio film giallo, le polemiche che seguono sono feroci. Ne fanno le spese Rivera, fermato per due giornate, e Nereo Rocco, che si becca addirittura un mese di squalifica. Sta di fatto che Lazio e Juventus si rifanno sotto e la lotta per il titolo, che pareva chiusa, si riapre magicamente. Sebbene impegnato anche in Coppa delle Coppe, e privato del suo Profeta per due turni, il Milan riesce comunque a mantenere un punticino di vantaggio sulle due rivali. Così, quando mancano solo 90’ al termine del campionato, la classifica recita: Milan punti 44, Juventus e Lazio punti 43. Pare fatta. Lo scudetto e la stella sono lì, basta prenderli. La settimana precedente. È una settimana estenuante quella che precede l’ultima giornata di campionato. Mercoledì 16 maggio il Milan vola a Salonicco, in Grecia, per disputare la finale di Coppa delle Coppe. L’avversario è di quelli tosti, la squadra inglese del Leeds United. La partita è di una difficoltà sanguinosa. Sotto una pioggia sferzante e su di un campo pesantissimo, segna subito Chiarugi su punizione. Poi, per 87 minuti, il Milan viene letteralmente messo ai paletti dagli indiavolati britannici, che sembrano avere delle turbine al posto dei polmoni. Il portiere Vecchi fa i miracoli e l’arbitro greco ci mette del suo chiudendo gli occhi su un paio di interventi da rigore in area milanista. In conclusione il fortino rossonero resiste e il Milan porta a casa la Coppa, nonostante un’indegna rissa finale. La fatica però è stata stroncante. Nereo Rocco, che ha il polso della squadra, lo sa bene ed intuisce che affrontare l’ultima di campionato a Verona in queste condizioni psicofisiche è un azzardo pericolosissimo. Quattro o cinque giocatori del Milan sono letteralmente a pezzi, oltretutto mancheranno due pedine fondamentali come Schnellinger e Biasiolo. E allora il Paron fa la cosa più logica: va dal suo presidente Albino Buticchi e lo implora di far di tutto per ottenere dalla Lega un rinvio della partita di Verona, almeno di 24 ore. Ed ecco il secondo il secondo film giallo, dopo il gol annullato a Chiarugi a Roma. La Lega non concede il rinvio. Buticchi si fa imbonire dalle sapienti chiacchiere del Presidente Artemio Franchi e non insiste più di tanto. “Ma quale rinvio, Albino? Sta tranquillo, la partita di Verona è solo una formalità. Lo scudetto lo avete già vinto, lo sanno tutti.” Non sarà così. Ancora una volta il Paron Rocco dimostrerà di avere avuto la vista più lunga di tanti altri, ma sarà tutto inutile. Domenica 20 maggio. È una giornata scintillante, fa molto caldo, il campionato si appresta a vivere il suo emozionante epilogo con tutte e tre le pretendenti impegnate in trasferte insidiose, ma tutto sommato abbordabili. Il Milan è di scena a Verona, la Lazio al San Paolo di Napoli, la Juventus all’Olimpico contro la Roma. La città di Romeo e Giulietta viene letteralmente invasa da ventimila tifosi milanisti giunti per festeggiare l’ormai certo decimo scudetto. Sulle tribune dello stadio Bentegodi, sotto il sole, un tripudio di migliaia di bandiere rossonere con la Stella già cucita. Nello spogliatoio del Milan vengono portate delle casse di champagne, pronte per il brindisi celebrativo a fine gara. È una festa annunciata, insomma. A quei tempi non esistono le pay-tv, chi non è allo stadio le partite può seguirle solo alla radio. Il tradizionale rito domenicale degli italiani si consuma insieme alle voci familiari di Bortoluzzi, Ameri, Ciotti, Provenzali, ispirati cantori di un calcio antico e romantico. La celebre trasmissione Tutto il Calcio Minuto per Minuto, però, inizia i collegamenti dai campi solo nei secondi tempi. Milioni di tifosi rossoneri in tutta Italia sono dunque in trepidante attesa, appiccicati alle radioline, pronti ad esplodere di gioia. La prima novità che arriva in quell’ assolato e triste pomeriggio di maggio non riguarda il calcio, ma un evento oltremodo tragico. A Monza, durante il Gran Premio Motomondiale classe 250, c’è stato un terribile schianto. Il famoso campione italiano Renzo Pasolini e il suo collega finlandese Jarno Saarinen, entrambi giovani ed amati dalle folle, hanno perso la vita. La raccapricciante notizia viene diffusa dai microfoni di Domenica Sport, l’altro contenitore radiofonico che precede Tutto il Calcio Minuto per Minuto e che, per contratto, non può divulgare i risultati dei primi tempi delle partite. Intorno alle 17 però il conduttore, Guglielmo Moretti, non ne può più e si lascia sfuggire qualcosa. “...cari amici, non perdetevi per niente al mondo Tutto il Calcio Minuto per Minuto, che andrà in onda fra poco. Sui campi dove ci si gioca lo scudetto sta succedendo di tutto...non fateci dire altro..” Quella frase così sibillina ed inquietante verrà svelata di lì a poco, quando la voce di Enrico Ameri da Verona annuncerà, a mo’ di sentenza: “ A Verona, risultato del primo tempo, Verona 3 Milan 1”. Per tutti i milanisti all’ascolto è come una doccia gelata a dicembre. Molti credono di aver capito male, altri pensano ad uno scherzo. Purtroppo è tutto vero. Anche la Juve perde a Roma, per 1-0. La Lazio è inchiodata sullo 0-0 a Napoli quindi, in questo momento, i biancazzurri agguantano i rossoneri in vetta alla classifica. Alle 17:30 cominciano i secondi tempi. Saranno 45 minuti di pura follia che segneranno per sempre la vita di milioni di tifosi rossoneri. Come ampiamente previsto dal Paron, quelli del Milan non stanno in piedi. Nel primo tempo hanno subito tre gol in un quarto d’ora, poi Rosato ha accorciato le distanze, riaccendendo un filo di speranza. Intanto, in apertura di ripresa la Juventus pareggia a Roma con Altafini per cui, a mezz’ora dalla fine del campionato, i bianconeri, il Milan e la Lazio sono appaiati in vetta e si profila un sensazionale spareggio a tre. Roba mai vista nella storia del calcio. A Verona il Milan non c’è più. I rossoneri, dopo aver tentato un infruttuoso forcing ad inizio ripresa, mollano definitivamente e, tra il 70’ e il 73’, incassano altri due gol da un Verona che gioca con un impegno ed una intensità inspiegabili per una squadra senza apparenti motivazioni. Cinque gol sono tanti, troppi. Si capisce che per il Milan è finita. Adesso bisogna solo sperare che le altre due non vincano, ma lì le situazioni sono indecifrabili. A Napoli, la Lazio sta trovando difficoltà impreviste contro una squadra oltremodo pugnace. Anche qui la cosa è molto strana, dal momento che i partenopei, così come il Verona, non hanno obiettivi da raggiungere in questo campionato. Diversa invece è la partita dell’Olimpico dove la Roma, dopo aver giocato un ottimo primo tempo ed aver messo sotto la Juventus, ha incomprensibilmente cambiato atteggiamento nella ripresa. I giallorossi ora appaiono stranamente molli ed arrendevoli e sono in totale balia dei bianconeri, in una gara trasformata rispetto alla prima frazione. A Verona ormai mancano meno di 10 minuti, i padroni di casa sembrano paghi della clamorosa lezione inflitta al Milan e decidono di non infierire. Segna Sabadini di testa portando il punteggio sul 2-5, ma Alfred Hitchcock è in agguato, con un finale thrilling che più thrilling non si può. Quando ormai manca una manciata di minuti, arriva un boato da Napoli. Oscar Damiani ha portato in vantaggio i partenopei, la Lazio è fuori dalla lotta scudetto. Spareggio a due, dunque? Sarà Milan contro Juve? Nemmeno per sogno. All’Olimpico, a 3’ dalla fine, sugli sviluppi di un cross di Causio respinto dalla difesa romanista, la palla viene raccolta al limite dell’area da Cuccureddu, oscuro mediano juventino degli anni ‘70. E qui arriva il terzo giallo, degno di Agatha Christie. La difesa della Roma si apre come le acque del Mar Rosso e consente a Mose’(Cuccureddu) di calciare indisturbato a rete segnando il gol dello scudetto. Il fragore dell’Olimpico si sovrappone a quello sommesso della terza, inutile segnatura del Milan ottenuta da Bigon, una rete che serve solo a rendere meno pesante il passivo. Il finale è tristissimo. La Juventus è Campione d’Italia tra l’incredulità degli stessi bianconeri, mentre in centinaia di migliaia di case milaniste si vive un dramma. Nello spogliatoio del Bentegodi le casse di champagne giacciono mestamente in un angolo, ancora imballate. Anquilletti piange a dirotto. Rivera, Chiarugi e tutti gli altri fissano impietriti il vuoto. I ventimila tifosi rossoneri che avevano invaso Verona iniziano un tristissimo esodo verso casa, con il cuore gonfio di disperazione. Attraverso i finestrini delle auto si scorgono migliaia di volti solcati dalle lacrime, le bandiere rossonere vengono piegate e riposte all’interno delle vetture. Una Caporetto calcistica destinata a fare storia. “Io li avevo avvertiti, ma una manica di dilettanti non mi ha voluto credere...” - sarà l’amaro e polemico commento di Nereo Rocco dopo la partita. La Fatal Verona è uno spartiacque della storia rossonera. In questo triste pomeriggio veneto infatti terminerà il ciclo vincente del grande Milan di Rocco. La Fatal Verona è una mazzata mortale, un evento i cui effetti, a livello psicologico, dureranno per svariati anni, dando inizio ad un lustro piuttosto incolore per i rossoneri. Soltanto dopo 6 anni, nel maggio del 1979, il Milan riuscirà a far sua quella Stella sfuggita così incredibilmente nella città scaligera. La storia si chiude qui.. o almeno sembrerebbe... ma Hitchcock è sempre in agguato. Trenta anni dopo. Facciamo un salto avanti all’inizio degli anni duemila, il calcio nel frattempo è molto cambiato. È ancora lo sport nazionale, ci mancherebbe, ma ormai è diventato un fenomeno prettamente televisivo. Le partite ora si guardano in diretta da casa, la radiolina è un oggetto in disuso, gli stadi gradualmente si svuotano. Un’evoluzione che sa tanto di involuzione. Il Milan, dopo anni di inenarrabili vicissitudini, diventa, con l’avvento di Silvio Berlusconi, il club più titolato al mondo, inanellando tutta una serie di prestigiosi trionfi nel ventennio 1988-2007. All’alba del nuovo millennio è molto seguita una trasmissione televisiva. Si chiama Sfide, va in onda su Rai 3, e ripercorre grandi eventi sportivi del passato, documentandoli con filmati d’epoca ed interviste. Una delle puntate di Sfide viene sorprendentemente dedicata all’ultima giornata del campionato 1972-73. Son passati tanti anni, la gente non se ne ricorda quasi più. In quella puntata di Sfide vengono fuori verità inconfessabili su quel campionato 72-73 e in particolare su quell’ultima, maledetta giornata. Tanto per cominciare, l’ex calciatore della Lazio, Luigi Martini rivela che poco prima della famigerata partita dell’Olimpico, Lazio-Milan dell’aprile 1973, il signor Lo Bello si era inopinatamente introdotto nello spogliatoio della Lazio e, guardando in faccia uno ad uno i giocatori biancazzurri, aveva esclamato: “Mi raccomando. Oggi voglio vedere il loro numero 10 piangere...”. Poi era uscito senza dire altro. Tradotto in altre parole, stava a significare: “Non fatevi problemi ad entrare duro su Rivera, tanto non vi fischio contro.” Sappiamo tutti cosa era successo poi in campo: gioco duro dei laziali nel primo tempo e gol regolare annullato a Chiarugi in chiusura. Ma non finisce qui. Sempre da testimonianze di ex giocatori, viene fuori che l’ultima giornata del 20 maggio 1973 forse non è stata del tutto regolare. Vincenzo D’Amico rivela che nell’intervallo di Napoli-Lazio, il capitano dei partenopei Totonno Juliano ha svelato a Chinaglia che la Juve ha pagato ai calciatori del Napoli dei cosiddetti premi a vincere, ossia una somma di danaro in cambio del loro impegno a battere la Lazio. La cosa, sebbene riprovevole da un punto di vista etico, non è espressamente vietata dai regolamenti nel 1973. Verità? Inciucio? Non lo sapremo mai. Certo è che la voce trova un fondato riscontro nella foga esagerata con cui i partenopei giocano quella partita con la Lazio. Così come è plausibile che anche il Verona abbia incassato dei premi a vincere dalla Juventus, considerato il forsennato ed inspiegabile impegno profuso quel 20 maggio contro il Milan e visti anche gli ottimi rapporti intercorrenti tra la famiglia Agnelli e il presidente della squadra scaligera, Saverio Garonzi, proprietario di una delle più importanti concessionarie Fiat del Veneto. Il terzino del Milan e della Nazionale, Tato Sabadini, ha spesso ribadito che quel pomeriggio i giocatori del Verona sembravano degli invasati e correvano come se stessero giocando la finale dei Mondiali. Fin qui siamo nella norma, Verona e Napoli si sono impegnate alla morte contro Milan e Lazio, ma in definitiva hanno solo fatto il loro dovere. Non è configurabile alcuna ipotesi di illecito sportivo. Purtroppo però c’è dell’altro. Sempre in quella puntata di Sfide, l’ex calciatore e capitano della Roma, Ciccio Cordova, rivela un altro retroscena inquietante su quella domenica. Pare che nell’intervallo di Roma-Juventus, con i giallorossi in vantaggio per 1-0, il presidente della Roma, Anzalone, sia sceso negli spogliatoi per congratularsi con i suoi. “... bravi rega’, avete dimostrato di averce le palle, ma forse adesso è mejo si lassate stà. Tanto siamo salvi, che ce frega a noi? Il Milan sta perdendo e la Juve è pur sempre una società potente che ci può tornare utile... capiteme...’nsomma vedete voi...” C’è un chiarissimo passaggio della radiocronaca di Sandro Ciotti, reperibile sul web, dove il famoso cronista si dichiara sorpreso dal repentino cambio di atteggiamento della Roma rispetto all’arrembante primo tempo. Tra l’altro, se andiamo a rivedere l’azione che porta al gol decisivo di Cuccureddu, appare davvero incomprensibile il comportamento dei difensori romanisti, che si scansano letteralmente davanti al centrocampista sardo, dandogli modo di piazzare la botta vincente. E poi ancora: per quale motivo la Lega non concesse il sacrosanto rinvio chiesto dal Milan, visto che anche il Verona era d’accordo? Insomma, quello che sembrava un libro letto, chiuso e dimenticato, a distanza di tanti anni si riapre come un vero e proprio Cold Case, dando vita ad interrogativi inquietanti. Rimane un solo, enorme dubbio: perché i protagonisti di quella vicenda hanno aspettato tanti anni prima di svelare i loschi retroscena di quel pomeriggio? È tutto vero ciò che è venuto fuori, o la storia è stata romanzata? Non si saprà mai. Probabilmente la verità sta in quelle parole amare del vecchio Paron, Maestro di calcio e di vita. “ Io li avevo avvertiti, ma una manica di dilettanti non mi ha voluto ascoltare ...” Cosa ha voluto realmente dire Nereo Rocco con quella dichiarazione? Si riferiva soltanto al rinvio non accordato, o c’era sotto dell’altro? È un segreto che il Paron, uomo d’altri tempi, non ha mai voluto svelare. Lo ha portato con se. Dal nostro punto di vista di tifosi ed appassionati, possiamo solo dire che il pomeriggio del 20 maggio 1973 non ci abbandonerà mai. Sarà sempre presente, magari nascosto in un angolino remoto del nostro cuore o del nostro cervello, ma pronto a saltare fuori quando meno te lo aspetti. È stato solo un atomo di vita bruciato in fretta, ma ha lasciato un segno indelebile, ci ha marchiati a fuoco. Un’esperienza dolorosa, tuttavia aggregante. Quel giorno, una volta asciugate le lacrime, tutti noi abbiamo capito che quei due colori, il rosso e il nero, non li avremmo lasciati più. |