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27 maggio 2001 - a cura di Marco Pastonesi
NOLETTI E QUEL GOL DI TESTA ALL' OLIMPICO «RIVERA INVENTÒ E IO SPIAZZAI CUDICINI»
Noletti e quel gol di testa all' Olimpico «Rivera inventò e io spiazzai Cudicini» Oratorio di Cusano Milanino: nato attaccante, giocavo con quelli più grandi di me, una medaglia per tutti i gol segnati. Dilettanti di Cusano Milanino: piansi quando mi spostarono a mediano e poi a terzino, anche se fluidificante. Pensavo che in difesa giocassero i brocchi. Volevo smettere. Fu la mia fortuna. Milan: era come un grande collegio, volevano dare non solo giocatori, ma uomini. Giovanni Trapattoni e io, comprati per 500 mila lire.
Io avevo 15 anni, magro come un chiodo, non morivo dalla voglia di allenarmi, mi piaceva la musica, m' incuriosiva il mondo e speravo di viaggiare. Intanto andavo avanti e indietro, sul tram che partiva da Carate Brianza, passava per Cusano Milanino, si scendeva a Milano in piazzale Maciachini, altro tram fino all' Arena. Con il borsone, le mamme ci lavavano la roba, la lavatrice era un lusso. Olimpiade ' 60, a Roma: Nereo Rocco ci aspettava a Grottaferrata, io arrivai con i bonghi e la chitarra in mano, Gerry Mulligan e Duke Ellington in testa, invece Bruno Mora si portò i dischi di rock. E Rocco: «Bruti musi de mona». Il calcio: meno corsa, più tecnica, meno gambe, più piedi buoni. Ci dicevano: si gioca con i piedi, ma bisogna usare il cervello. Il nostro cervello era Gianni Rivera e tutto era organizzato su di lui: allenamenti e partite. Lui doveva far muovere la squadra, la squadra doveva seguire il suo estro. Quel giorno, all' Olimpico: punizione inventata da Rivera, io di testa spiazzo Cudicini. Poi gol di Francesconi per la Roma e «Ciapina» Ferrario per noi. La squadra: Barluzzi, portiere, schizofrenico e perfezionista, doti non eccelse, grande reattività; Pelagalli, uomo di quantità e fatica; Benitez, completo, cattiveria e tecnica; Maldini, bellissimo da vedere, ma qualche volta si sopravvalutava; Trap, unico, ancora adesso, riesce a rendere ancora credibile tutto l' ambiente; Mora, immenso, mai più uno come lui; Ferrario, genio e sregolatezza; Amarildo, un fenomeno; e Lodetti, umiltà e valori. Eravamo la squadra più brasiliana d' Italia. Il lunedì: a cena, insieme, chi c' era c' era, come una famiglia. Assassino, Colline pistoiesi, Calafuria. Anche con quelli dell' Inter. Ostriche, ovoli e tartufi. Risotto di seppie, grigliata di pesce, i vini giusti. «Tu usi il calcio come hobby», mi diceva Niels Liedholm. Lo ripetè molti anni dopo quando vide giocare mio figlio. Aveva ragione Liedholm, maestro in tutto. Quello che la natura mi aveva regalato, io me lo tenevo allenandomi, ma poco. E mi spiace, oggi, non avergli dato retta.
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