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23 giugno 1965, Necaxa vs Milan 0-0




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Il biglietto della partita
(by Domenico Tricarico)



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Gilberto Noletti e Nils Liedholm al ritorno dalla tournée in Messico
(per gentile concessione di Roberto Noletti, figlio di Gilberto)



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La formazione rossonera



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(dalla "Gazzetta dello Sport")



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Nei mesi di giugno e luglio del 1965, a chiusura di una controversa annata che, insieme a quella successiva, segneranno la fine di un lungo ciclo e l'inizio di uno nuovo, il Milan si recò oltre Atlantico per una serie di partite e tornei amichevoli. Tra queste, i rossoneri ne giocarono un paio in Messico, la prima a Guadalajara, la seconda a Necaxa il 23 giugno 1965 contro i biancorossi locali. Un articolo, pubblicato all'epoca su "Deporte Ilustrado" insieme ad alcune foto della seconda partita, contiene un ritratto a tutto tondo del Milan di quella stagione, squadra e dirigenza, sistema di gioco e singoli protagonisti, descritto attraverso la penna di un noto giornalista sportivo messicano, già calciatore, arbitro e allenatore: Don Fernando Marcos. "MILAN: Gli Aristocratici del Calcio. Non c'è dubbio che il Milan - o Milano, come lo chiamavano nella sua bella Italia - sia una grande squadra. Per i nostri gusti, una delle migliori al mondo. E, senza dubbio, migliore del Santos che ci ha fatto visita ultimamente e che, senza Pelé, non è il Santos... Naturalmente anche al Milan mancavano alcuni dei suoi uomini chiave, tra cui Rivera, il prodigio del calcio italiano. Ma mentre il Milan è un gruppo di uomini che gioca per un club, il Santos è un club che gioca per Pelé. Assente “lo stregone”, il Santos cessa di essere tale, per diventare semmai una squadra di “beati” sull'orlo della canonizzazione; ma non arriva ad essere il Santos. Certo, il Santos visto in Messico la prima volta ci era piaciuto più dell'attuale Milan. Quella era una meravigliosa macchina da ricamo per il football. Il Milan è una grande squadra che produce – del resto vengono da una città industriale – vittorie in serie. Direte che il Milan, a quanto si dice, non è riuscito a battere l'Internazionale del chiacchierone Helenio Herrera. Ma la colpa non è dei giocatori milanisti bensì della loro dirigenza, che per una squadra così grande è abbastanza piccola. Naturalmente quando si parla di dirigenza non vogliamo fare riferimento solo allo svedese Liedholm, l'allenatore, ma a tutto il direttivo. Alcuni dei consiglieri del Milan riscuotono somme che si avvicinano ai diecimila dollari al mese – già pagati – per non battere colpo. Ovviamente una somma del genere richiede di curare molte cose per preservarla. E questo lascia poco tempo per occuparsi di calcio. Il Milan, con 7 punti di vantaggio sull'Inter - come viene comunemente chiamata l'Internazionale - ha finito per farsi mangiare da Helenio Herrera, che ne è l'allenatore, e gli ultimi appuntamenti del torneo gli hanno fatto scivolare di mano il titolo, come scivola la vergogna lontano da certi ragazzi, quasi senza rendersene conto. I giocatori ci hanno raccontato che le sconfitte sono arrivate “quando l'allenatore ha voluto abbellire e ha cominciato a fare cambiamenti alla formazione, salvo poi attribuire all'allenatore i successi ottenuti fino a quel momento”. Forse è stato qualcosa del genere; ma abbiamo l'impressione che in assenza di un'adeguata direzione e controllo da parte di una dirigenza intelligente ed energica, i giocatori abbiano cominciato a fare quello che volevano e la squadra abbia cominciato a perdere. Pensavamo di aver notato una certa anarchia nella squadra. Questo non era ovvio perché, dopo tutto, i giocatori con tale reputazione ed esperienza sanno come mantenere le buone maniere; ma, in fondo, ognuno tira per sé e questo, in ogni caso, genera anarchia in campo e sconfitta finale. Il Milan però ha giocatori così eccellenti che la squadra è andata avanti, per pura inerzia di qualità. Tra questi uomini merita di distinguersi Fortunato, un formidabile uomo-squadra, che tira, crossa o corre, collega o attacca, serve palloni o segna... Citiamo il caso di Fortunato - che non è il più famoso dei loro giocatori - perché è un caso tipico: gli uomini della squadra italiana che è appena venuta a trovarci, giocano come fa nominalmente l'attaccante sinistro: a tutto campo. Ci sono uomini più preziosi, meglio valorizzati a livello internazionale, come Amarildo - che secondo noi non dimostra ancora la sua fama di grande del calcio -, Altafini, centravanti goloso e grintoso e Benitez, il magnifico peruviano per il quale sono disposti a pagare cifre enormi i dirigenti della Roma per ottenerne cartellino. Abbiamo menzionato gli stranieri, senza curarci del fatto che Altafini - brasiliano di origine - è considerato un “oriundo”, cioè un italiano nato fuori dalla penisola ma titolare ugualmente degli stessi diritti dei nativi del Paese della musica.. e del “gioco del calcio”. Per Altafini sono stati offerti 350 milioni e tutto sembra far pensare ad un suo addio, non solo per l'interesse che ha suscitato in altre squadre, ma perché lo stesso Altafini non vuole restare al Milan. Sembra che i dirigenti e i "tifosi" - cioè i sostenitori della squadra - trattino il centravanti del Milan allo stesso modo in cui il direttivo del Guadalajara tratta le sue stelle: ogni volta che perde, multa il giocatore e lo rimprovera. E lui si è stancato e vuole andarsene. Apparentemente ci siamo occupati solo degli attaccanti; ma in realtà Gallardo, l'esterno, è venuto da solo per un test e quindi abbiamo poco da dire, visto che il test non è stato soddisfacente come si aspettava la dirigenza e forse lascerà la società. Del resto, il sistema di gioco del Milan non permette di tracciare alcuna linea di demarcazione tra attaccanti e difensori, visto che ognuno, nell'occasione giusta, attacca o difende, a seconda dei casi. Sì, anche il portiere attacca. Balzarini, grande portiere, una volta entrato in possesso della palla comincia a ragionare da attaccante ed è lui l'animatore di molte azioni del Milan. E, dal canto suo, quando un attaccante vede che la sua squadra ha perso il controllo della palla, comincia ad agire con criterio difensivo. Questa teoria dell'undici in attacco e dell'undici in difesa è assolutamente nuova per non pochi “esperti” del calcio messicano. E hanno ragione: era già nuova dieci anni fa! In realtà il sistema del Milan, la cosa più bella della squadra oltre alle stelle, ha un duplice aspetto. Lo chiamano “incatenamento” e gli svizzeri, molti anni fa, lo chiamavano “serratura”. Sebbene questa sia una novità per altri “esperti”, lo è stata almeno negli ultimi quindici anni. In una delle sue fasi - quando la squadra è in difesa, cioè quando l'avversario ha la palla - si effettua il famoso “incatenamento”, con una marcatura personale sotto pressione, e un difensore volante - la "serratura svizzera" - che copre ogni possibile avanzata e sostiene il compagno di squadra superato. Con un sistema di gioco approssimativo e una marcatura rinforzata, appare difficile segnare un gol contro di loro. Ma in realtà una cosa del genere non accade, poiché la rigidità della marcatura personale in cui ogni uomo segue uno specifico avversario, consente all'allenatore della squadra avversaria di posizionare i giocatori del Milan nella zona che gli conviene, portando i propri uomini nel luogo in cui si desidera che siano collocati coloro che li marcheranno. Ecco perché i punteggi sono solitamente copiosi, pur tenendo conto della solidità della difesa milanese. È il tipico caso in cui la mobilità e l'astuzia spesso prevalgono sulla rigidità e sulla forza. Invece, appena la squadra prende il possesso della palla, inizia quello che secondo noi è il merito più grande del Milan. Quasi tutti gli uomini - tranne tre - iniziano un gioco vorticoso, cambiando continuamente posizione e coprendo praticamente tutto il campo. Questi movimenti finiscono per sconcertare l'avversario se questi si dedica alla marcatura personale; ma solitamente dà ottimi risultati utilizzare una difesa a zona contro il Milan, lasciando il centrocampo alla propria libertà, per aspettarlo nel luogo in cui deve arrivare: la zona di fronte all'area di “rigore”. Non parleremo della velocità, costanza ed efficienza del Milan, né della sua condizione fisico-atletica, perché queste caratteristiche sono comuni nelle squadre europee e dovrebbero essere comuni anche per le squadre messicane. Insomma, il Milan in Messico ha fatto quello che sa fare e ha vinto perché è una squadra migliore della nostra. Anche meglio del Necaxa, nonostante il pareggio dei biancorossi. È una squadra spettacolare, perché è una squadra eminentemente professionale e gioca per accontentare il pubblico, cosa che spesso in Messico dimentichiamo. La sua visita e le sue esibizioni sono servite a dimostrare che le nostre squadre eccellono nei confronti internazionali - soprattutto quando giocano in casa - lasciando il riposo per le partite nazionali di campionato. Ha cioè dimostrato quanto valgono davvero i nostri uomini e quanto poco amino imporsi nei tornei di casa propria. Lo abbiamo già visto: il Guadalajara, dopo un'ottima partita contro il Milan, ha perso contro l'Atlas e ha subito la goleada del "mezzo ingaggio". Il Necaxa è riuscito a pareggiare con il Milan, vestendosi da eroe, per poi cadere, come il cattivo dei film, contro il Madero. Quindi la cosa più bella del Milan è stata senza dubbio la conferma che le nostre squadre giocano molto bene.. quando vogliono! E la base che lasciano al tifoso, per esigere che i nostri calciatori giochino bene.. quando il pubblico vuole, cioè sempre!" (da pagina facebook di Lucia Ravenda, 30 novembre 2023)