Articolo di Stefano Omacini, Venezia
IL "CASO DAVID"
L'avvocato Sergio Campana, presidente dell'Associazione Italiana Calciatori, nell'editoriale de "il Calciatore (Organo dell'AIC - n. 10 dicembre 2004) ebbe a scrivere: ". mi viene in mente un'altra mia personale iniziativa di qualche anno addietro, a riguardo dei frequenti 0-2 a tavolino comminati a carico delle società per la famosa responsabilità oggettiva: bastava che un tifoso lanciasse una monetina e colpisse un giocatore della squadra avversaria perché scattasse la sanzione. Allora si moltiplicavano i casi di giocatori sicuramente in grado di riprendere il gioco e sollecitati da compagni, allenatori o massaggiatori a rimanere a terra. Resta nella storia l'episodio riguardante il mio amico Mario David, che in una partita del Milan contro il Venezia, a Sant'Elena, fu colpito alla testa, si fa per dire, da una mini bottiglietta vuota di plastica. Quella volta fu palese l'invito di Gipo Viani al giocatore di farsi portar fuori in barella, per guadagnare una sicura vittoria a tavolino. Guarda caso, introdotto il principio, da me auspicato, che non valeva più l'automatismo e che doveva essere rigorosamente dimostrata l'impossibilità del giocatore colpito di proseguire la gara, non è più accaduto un episodio del genere."
La memoria di Sergio Campana andava a rinverdire quanto accadde più di quarant'anni prima, in occasione della prima giornata di ritorno del torneo di serie A '62-'63, la domenica del 20 gennaio 1963, al 61' di un incontro passato alla storia del calcio italiano come la "partita della bottiglietta", in ragione del citato episodio che costituì la ragione della sconfitta a tavolino del Venezia. Erroneamente, in seguito, il provvedimento del Giudice sportivo è stato considerato come la prima applicazione in assoluto della regola della responsabilità oggettiva.; e a tutt'oggi, molti non si richiamano a un antefatto molto rilevante che inficia tale considerazione. Il doveroso riferimento deve ricondurci a circa 10 anni prima (10 maggio 1953), giorno in cui a Udine, in occasione di un Udinese-Bologna, il terzino Giovannini venne colpito da un sasso. La Lega sentenziò lo 0-2 a favore del Bologna, allora allenato da Gipo Viani. Fu proprio il tecnico veneto a perorare la causa della sua squadra.
Certamente a questo primo episodio in ordine cronologico mancò la vasta eco mediatica suscitata dal caso David, apparso fin dall'inizio alquanto dubbio e delineatosi per quello che fu solamente a distanza di molti anni. Una citazione, su tutte, merita questo spazio introduttivo, per far sintesi interpretativa di quell'evento: Roberto Giusti (I racconti del Centenario - Me lo ricordo bene - Ed. Ve-Sport dic. 2007) ha scritto: "Tre anni fa incontrai Trapattoni e gli chiesi un favore: «La prego - dissi - sono passati 40 anni ormai, me lo può confessare: è vero che David simulò tutto quanto e che fu una clamorosa ingiustizia?». Mi rispose: «Guardi, me lo ricordo perfettamente; fu uno scandalo, un'autentica truffa, sicuramente, sicuramente.....me lo ricordo bene»". Inutile far menzione che Giovanni Trapattoni fu uno dei protagonisti, in campo, di quel Venezia-Milan.
La sicurezza del Trap al riguardo non ha ovviamente ancor oggi riscontri oggettivi che possano suffragarla con valenza probatoria, ma una rilettura attenta di quanto accadde e un approfondimento documentale - motivati dall'unico spirito ragionevolmente giustificabile, quello di una serena ricerca della verità - orientano fortemente a ritenere che fra i tanti nomi di persone a qualsiasi titolo coinvolti nella vicenda, parecchi sono quelli di protagonisti in negativo di un atto di ingiustizia sportiva.
Tornando a una rivisitazione di quel pomeriggio sportivo, è conveniente riportare integralmente il racconto di Adriano De Grandis pubblicato nel libro ufficiale del centenario dell'attuale Ssc Venezia, erede della fallita Ac Venezia (Un secolo di Calcio Venezia, cap.9, pag. 114: Arrivano i Beatles, se ne va il Venezia - Le dieci partite che sconvolsero il Venezia - I Antichi Ed. Venezia, 2007). Eccolo dunque, un testo scritto con verve di tipo giornalistico, sicuramente efficacissimo nel riportare gli "umori" degli sportivi veneziani di allora:
Una bella giornata di sole. L'inverno c'è, ma non si sente. Il Venezia non c'è, ma si spera di vederlo. Siamo messi malissimo in classifica: penultimi con la Samp, di peggio ha fatto solo il Palermo. Una bella giornata di sole, ma pioverà. Qualcosa di solido, mica di liquido. Una bottiglietta mignon, mica un meteorite. Anche se l'effetto sembrerà più figlio del secondo oggetto che del primo. Cadrà in testa a un giocatore, un lancio di balistica precisione. Tra la folla. Ma non corriamo troppo. Si va a Sant'Elena, la carovana di tifosi procede spedita. Poca allegria, poca speranza. E poi c'è il Milan. Grandi nomi: Rocco, Ghezzi, Maldini, Trapattoni, Radice, Mora, Rivera. E David. Ma classifica un po' fragile, lontano da Juve e Inter. C'è chi si consola con la statistica: il Milan, un Milan assai migliore, un Milan da scudetto, l'anno scorso qui ha perso. C'è aria di bis, ma anche il Venezia, l'anno scorso, era assai migliore. Però il Milan sembra portare bene: all'andata, prima giornata, a San Siro finisce 3-3. Sembrava un buon inizio. Invece era già quasi la fine. Bubacco, De Bellis, Ardizzon; Grossi, Carantini, Frascoli; Azzali, Tesconi, Mencacci, Raffin, Bartù. L'allenatore è Quario. L'arbitro è Lo Bello, mezzo principe e mezzo dittatore del fischietto. Sant'Elena spalanca le porte ai tifosi e alla speranza, ma Bubacco spalanca la rete a Rivera: un gol bellissimo, al volo, di quelli che diresti occasionali, fortunosi, ma il piede di Rivera obbliga anche a sottoscrivere la volontarietà di simili segnature. Sugli spalti è lo sconforto: a 8 anni forse molte cose della vita sono lontane, ma il gol di Rivera, nella sua fulminea bellezza, mi fece capire che con gli dei hai poche chances. Però anche nell'Olimpo, a volte, ci si addormenta. E nella ripresa il Venezia sembra subito più sveglio: Mencacci sfiora due volte il pareggio, sul secondo tiro è sfortunato, sul primo decisamente più brocco. Poi lo stadio si ferma, ammutolito. David cade improvvisamente a terra: un piccolo oggetto sembra averlo colpito. Si tocca la testa, una scena inedita, sicuramente spiacevole. C'è silenzio: a quel tempo nessuno gridava, fortunatamente, devi morire. Erano ancora giorni nobili, di rispetto, di stadi accoglienti, di persone tranquille. Però una bottiglietta, piccola, quasi introvabile in mezzo all'erba, volata dalla zona dei "popolari", atterra sul ciuffo di David. Che adesso sta disteso. Ma non sembra una cosa grave. Il Milan vince 1-0, David è un ragazzo serio: si rialza. Due minuti eterni. Ma David si rialza. Cesarone Maldini lo chiama in mezzo al campo. Si ricomincia: anche Lo Bello dice che tutto è a posto. Poi si sa: le cose e le persone cambiano nella vita. Tre minuti dopo il Venezia pareggia. Con merito. Punizione di Mencacci, Grossi di testa, 1-1. A mio padre sembra quasi esplodere la gola dall'urlo. Già allora io ero, al contrario, compassato: mi limito a registrare, direi quasi giornalisticamente, il giusto pareggio. A questo punto entra in scena Viani, uno di quegli uomini che si direbbe abbiano inventato il calcio. Dice qualcosa a David. Poi, accompagnati dal massaggiatore, spariscono negli spogliatoi. Trauma da bottiglietta, due punti di sutura, riflesso ritardato. Sull'1-0 si può anche star bene, sull1-1 la salute comincia a vacillare. Milan in 10, poi anche in 9 (espulso Pivatelli), Milan sconfitto: succede al 43', Azzali crossa, Raffin non ci arriva, Mencacci sì, 2-1. Come nella stagione precedente. Ma è un 2-1 fittizio. Il Milan presenta ricorso, a nulla vale l'osservazione di un David contuso irreparabilmente soltanto alla distanza. Il giudice e tutti i successivi organi giudicanti danno ragione al Milan, che rispetto al Venezia ovviamente è più potente politicamente. Il 2-0 per i rossoneri diventa la prima applicazione della responsabilità oggettiva: finirà trent'anni dopo quando il massaggiatore del Napoli Carmando convincerà Alemao a restare a terra, a Bergamo. In mezzo ci stanno tanti stupidi sugli spalti e tanti furbi in campo. Da Sant'Elena la folla esce cantando, sembra quasi la ripartenza per un girone di ritorno più caloroso. Ma lo schiaffo della sentenza brucia la risalita e ghiaccia lo spirito: a fine stagione si torna in serie B.
Dopo la proposizione di questo testo, che si caratterizza per una piacevole lettura e per la forza rievocativa della testimonianza di Adriano De Grandis, appare opportuno farne seguire un secondo, la cui fonte (Roberto Giusti - I racconti del Centenario) è già stata più sopra citata:
Quella domenica al Penzo c'era tanta, tantissima gente, tutti stretti, così tanto che mio padre, poiché rischiavo di non vedere niente, mi portò là davanti, sì proprio incollato alla rete di recensione, ai popolari centrali. Eravamo sotto di un gol, cominciai a soffrire pensando che mai saremmo riusciti a pareggiare. Poi d'un tratto, esattamente giuro proprio davanti a me, vicino alla linea di fondo campo David è a terra per una botta mi sembra presa ad una caviglia. Il massaggiatore in tuta nera lo sta finendo di medicare quando da dietro di me piove una bottiglietta di quelle piccole di plastica, di quelle che i grandi compravano dai venditori di bibite che giravano con grande difficoltà negli spalti. La bottiglietta, la vedo ancora oggi benissimo, arrivò sotto la spalla sinistra di David che a quel punto abbassò il capo spaventato dall'idea di essere raggiunto da chissà che! Nulla, non successe più nulla e allora proprio quando stava per alzare il braccio per far rientro in campo sentii un urlo tra il triestino e il venexian: "Sta' zo, sta' zo!". David allora si accucciò toccandosi la testa; il gioco fu fermato, l'arbitro e il segnalinee fecero capannello con tanti giocatori rossoneroverdi tutti a confabulare. Poi David, sorretto dal massaggiatore, facendo una specie di finta zoppia, si recò negli spogliatoi tra fischi e ululati. Da quel momento, quando riprese il gioco, il Venezia diventò una furia pressando all'inverosimile la squadra di Gipo Viani. 1 a 1 poi 2 a 1, Ghezzi che rotolava in porta col pallone.
Il confronto fra le due testimonianze porta ovviamente in luce elementi di diversità che, seppure non sostanziali nella rilettura complessiva dell'accaduto, sono comunque meritevoli di un tentativo di puntualizzazione. I convincimenti che con ogni verosimiglianza possono trovare credito maggiore sono questi: che David abbia subito un infortunio di gioco e che durante la fasi in cui è stato assistito dallo staff medico del Milan sia stato raggiunto al capo da una bottiglietta di bevanda alcoolica lanciata dal settore "popolari" (la cui rete di recinzione distava dal luogo dell'incidente, orientativamente, 10-12 metri (questo dato può essere desunto, da chi ha pratica dello stadio di Sant'Elena, dall'osservazione della foto tratta dalla pag. 17 de Lo Sport Illustrato dell'epoca); che il punteggio fosse ancora di 1-0 in favore del Milan; che ci fu un intervento sul luogo dell'accaduto del direttore sportivo Giuseppe Viani, uno dei protagonisti del precedente analogo, più sopra citato, di Udinese-Bologna del 1953.
In seguito, negli spogliatoi dello stadio di Sant'Elena, Mario David ebbe attorno veramente molti medici: in primis il dottor Roberto Terragni, medico sociale del Milan, e il professor Cesare Galeazzi, dirigente-accompagnatore rossonero e medico a sua volta; costoro sollecitarono nel post-partita l'ispezione dell'arbitro Concetto Lo Bello, che a sua volta invitò, in quanto amico e collega, il dottor Piergiorgio Bertotto, che ebbe a evidenziare, come testimoniò, una "lievissima contusione superficiale". Quest'ultimo era presidente di Comitato Veneto di organismo federale calcistico, nonché componente della Consulta direttiva del calcio Venezia, retto allora dal Commissario Lorenzo Bettini. Tanti medici, dunque, meno quello ufficiale del Venezia, Giuliano Bruscagnin, all'epoca quasi 36enne (diventerà in seguito Primario Ospedaliero e Presidente dell'Ordine dei Medici della Provincia di Venezia), il quale bussò ripetutamente allo spogliatoio del Milan, ma non venne fatto entrare.
Un consulto medico fu invece richiesto dai dirigenti del Milan, a Padova, al prof. Ferdinando Vigliani, assistente dell'illustre prof. Casuccio, traumatologo, ed è da ritenersi che proprio il suo referto dovette costituire il supporto fondamentali alle tesi degli avvocati del Milan di fronte al Giudice sportivo, l'avvocato Alberto Barbè. Due anni prima, il famoso civilista novarese era diventato Giudice sportivo unico, carica che esercitò per 27 anni, fino al luglio '88; schivo (di lui si ricordano ben poche interviste), una specie di Enrico Cuccia, Barbè ebbe a commentare a caldo dopo la sentenza che applicava l'articolo 8 del regolamento di giustizia sportiva: "Era inevitabile!". Oltre allo 0-2, al Venezia toccarono un'ammenda di 1 milione di lire e una "lettera di diffida". Era il 23 gennaio 1963.
Va ricordato che Mario David, il giorno dopo la partita, parlò di due punti di sutura sul cuoio capelluto e Viani disse (smentito da testimoni) di aver incontrato David solamente negli spogliatoi. Il 30 gennaio il Venezia presentò ricorso alla Commissione Giudicante della Lega Nazionale, presieduta dal dottor Campana. Nelle venti pagine scritte dagli avvocati Giovanni Pavanini, Lorenzo Bettini (commissario straordinario), Giovanni Cesàri venivano toccati in sequenza questi sei punti: efficienza causale dell'oggetto; mancanza di accertamento; mancanza di referto medico attendibile; prova della manovra di simulazione del Milan; problema della responsabilità effettiva.
A Milano, il 15 febbraio furono ascoltati in udienza Lorenzo Bettini, l'arbitro Lo Bello, il guardialinee Caldirolo (che disse di una bottiglietta di vetro plastificato) e l'avvocato Armando Radice del Milan per le controdeduzioni. Oltre all'avv. Campana, la commissione comprendeva i membri Giannetti e Marchesini (supplente). Il 16/2 la Commissione prese tempo e rinviò di una settimana il giudizio, riunendosi e decidendo il 22 febbraio, sentenza che fu diramata il giorno dopo (23 febbraio 1963): fu cambiata l'ammenda (passata a mezzo milione) e fu revocato il provvedimento di diffida: aspetti marginali, perché venne confermato lo 0-2.
Al Venezia non restò che l'inutile ricorso in appello alla CAF (Commissione di Appello Federale). Dopo quel 20 gennaio, la stagione sportiva di Milan e Venezia seguì quell'anno destini diametralmente opposti: per i rossoneri il memorabile trionfo di Wembley, a quattro mesi di distanza (mercoledì 22 maggio), con la vittoria della prima Coppa dei Campioni (con un onorevole terzo posto in campionato, a 2 punti dalla Juventus e a 6 dall'Inter campione); la retrocessione per i neroverdi, a 6 punti dalla quota salvezza raggiunta dal Genoa, quartultimo.
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