Il telegramma del presidente Il 27 marzo, a Barcellona, i rossoneri avevano destato un'ottima impressione, nell'amichevole con il Real Espanyol. In quel medesimo giorno gli azzurri si erano esibiti a Madrid, producendo una lezione di calcio per gli ottantamila di Chamartín, accorsi a sostenere una nazionale di Spagna tutt'altro che irresistibile; a supportare gli assi del Toro c'erano anche Annovazzi e Carapellese, stelle milaniste. Risale ad allora l'idea della dirigenza madridista: perché non invitare il Milan, che è già stato in Catalogna, e misurare contro un vero squadrone italiano i nostri progressi? Invito spiccato ed accolto. E quindi eccoli, i nostri, che si aggirano nei dintorni del'Hotel Nacional, di fronte al giardino botanico, a due passi dal Prado, in attesa di recarsi ai ricevimenti ufficiali, all'ambasciata italiana e alla municipalidad. Noiosissime cerimonie, e purtroppo anche il giro turistico della città non sarà poi granché. Breve e bagnato. Piove, purtroppo. Piove in tutta Europa, anche in Italia, e Madrid non fa eccezione. Poi un allenamento, e il ritorno in albergo. A smaltire le fatiche del viaggio. A riposarsi, domani sera si gioca e non sarà una passeggiata. Il Real ha chiesto e ottenuto di poter schierare qualche rinforzo. Ci sarà, si dice, anche Ben Barek, la perla negra del Marocco, prestato per l'occasione dall'Atletico. Si giocherà alle 18.15, ora locale. In Italia, saranno le 19.15. Chamartín presenta un colpo d'occhio notevole. Quando la partita comincia, tutto è già accaduto, ma nessuno lo sa. Si gioca, il gioco è equilibrato, un solo gol lo decide, ed è un gol segnato dal Madrid. Triplice fischio, si torna negli spogliatoi. Nessuno dice nulla. Una doccia, quindi di fretta in albergo. Poi, tutti alla sontuosa cena offerta dai dirigenti del Real. «Sono le 21.30 quando i rossoneri giungono al luogo fissato per la festa. Ma sui volti degli organizzatori non c'è l'allegra e comunicativa serenità di altre volte. Il loro cupo silenzio nasconde il tragico segreto. Il presidente della Federazione spagnola sa e non dice. Non vuole turbare il banchetto, dirà dopo. Ma un cameriere - ad un certo momento - annuncia un telegramma per il Milan. I dirigenti spagnoli si scambiano occhiate. Non una parola. Bigogno lo consegna a Busini in fretta, sembra quasi che quel rettangolino giallo sia di fuoco e gli scotti le mani. Busini legge: Ordine presidente prego rientrare treno. Gli spagnoli non sono attori e la triste commedia non regge. Il nostro Giorgi spiega tutto, il presidente della Federazione conferma. Il singhiozzo di Carapellese è un grido rauco che sale dall'animo» (Emilio Violanti, "Gazzetta dello sport", 7 maggio). La serata, ovviamente, non ha più alcun significato. Mestamente, la comitiva rossonera tornava in albergo, mentre anche su Madrid calava la notte, in quell'orribile 4 maggio del 1949. [Nella foto, il Milan a Chamartín, poco prima dell'inizio della partita. In quel momento, la tragedia a Superga si era già consumata] Il brano è riportato in "1899. AC Milan. Le storie", p.89. |