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16 dicembre 1945, Modena vs Milan 1-1





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Prima della partita
(dalla "Gazzetta dello Sport" del 14 dicembre 1945)



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(dalla "Gazzetta dello Sport")



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(dalla "Gazzetta dello Sport" del 17 dicembre 1945)


(dal "Corriere dello Sport" del 18 dicembre 1945)



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(dal "Corriere della Sera")
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(dal "Corriere dello Sport Stadio" n.46 del 1945)



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(da "Il Calcio Illustrato")





QUANDO IL MILAN DI BALONCIERI LASCIÒ IL "MODULO" PER IL "SISTEMA" E POSE LE BASI PER TORNARE A VINCERE DOPO TANTI ANNI. OVVERO, UN ANEDDOTO SULLA RICOSTRUZIONE DELLA SQUADRA ROSSONERA NEI PRIMI MESI DEL DOPOGUERRA
I giocatori del Milan arrivarono a Fombio, un paesetto della Bassa Lombardia, poco oltre Codogno, nel tardo mattino del 14 dicembre 1945. Erano tristi giornate, quelle: la squadra rossonera, ricostruita con tanta fatica e con tanti sacrifici dopo la pausa bellica, sembra già indebolita, sgretolata, pronta a precipitare nei gorghi della più infida classifica. Cioè, per dirla francamente: la domenica prima il Milan era stato battuto, sul suo campo, dalla Doria. Dunque, s'andava incamminando sulla stessa strada che aveva percorso per tanti anni, prima della guerra. Quale strada? Giocare male sul suo campo, a San Siro; buscarle da squadre comprimarie senza batter ciglio; e poi, magari, andare a rubacchiare qualche punto in trasferta.
I guai maggiori toccavano a Baloncieri, il vecchio Balòn quarantasette volte nazionale. Lui era l'allenatore del Milan: non sapeva decidersi tra "metodo" e "sistema". Voleva forse temporeggiare, perché il tempo è sempre il miglior consigliere. Ma aspettare non poteva, la tempesta gli era alle spalle; sul cielo milanista avanzavano cupi nembi che non promettevano nulla di buono. Allora fu presa una decisione: per fuggire il maltempo di Milano, la squadra rossonera si sarebbe recata di soppiatto a Fombio, per prepararsi alla difficile trasferta di Modena. Balòn condusse a Fombio sedici giocatori, cioè la squadra che aveva giocato e perso con la Doria, più cinque riserve e un ragazzotto bruno, tipico milanese della periferia, da tutti chiamato "Carletto", ma anagraficamente distinto come Carlo Annovazzi.
La comitiva raggiunse Fombio e si alloggio' in una vecchia casa contraddistinta con il numero civico 34. Sopra la porta d'ingresso, c'era la scritta "Trattoria del Leone". E difatti un animale di fattezze perlomeno esotiche penzolava dall'insegna, segnalando la data di fondazione: 1871.
I milanisti s'infilarono nella grande stanza, dal basso soffitto, che era l'orgoglio del vecchio trattore, papà Meazza. Depositarono i bagagli nelle camerette, poi uscirono a dare un'occhiata al paese. I contadini, appiccicati ai muri delle case, guardavano con curiosità a quei ragazzoni. "Quei che giughen al balùn", mormoravano.
Il Milan dunque restò a Fombio. Giocò nel pomeriggio un breve allenamento a Codogno, poi torno' alla "Trattoria del Leone", dove il vecchio Balòn, solo nella sua cameretta, tentò per l'ultima volta di definire lo schema della battaglia. Sedici nomi: "metodo" o "sistema"? Il sabato mattina, alzatosi di buon'ora, l'allenatore prese la prima decisione: Clocchiatti e Bandirali tornassero a Milano. Poi, si rinchiuse nel suo mutismo. Nel tardo pomeriggio, quando giunse a Fombio l'autobus che doveva portare i "diavoli" a Modena, Baloncieri credeva di vedere, perlomeno, una ventina di volti amici: qualche grosso dirigente, qualche appassionato.
Balòn non si perse d'animo. Prese il coraggio a due mani, e ordino' una seconda eliminazione: Cremonesi e Trapanelli. Poi fece suonare l'adunata. I dodici "diavoli" montarono sull'autobus, e puntarono verso Modena. Traversarono il Po su una chiatta, s'infilarono lungo la Via Emilia, alla fine raggiunsero la città della Ghirlandina. "Però - dissero allora - a Modena sono in gamba: sullo stadio sono cadute 38 bombe, eppure già ci si può giocare!".
E il Milan, infatti, giocò a Modena nel pomeriggio di domenica 16 dicembre. All'ultimo momento Balòn escluse Bonomi. E restò finalmente con undici giocatori. Poi, altro colpo di testa: il Milan giocherà il" sistema". Quindi, iniziativa d'azzardo, silurante: mezz'ala destra sarà il ragazzo, il "Carletto", cioè Annovazzi. E poi, di conseguenza: Antonini passerà laterale destro, Tognon laterale sinistro, e Toppan "terzo terzino" sistemista.
Proprio così. Era una specie di suicidio, almeno sulla carta. In una partita tanto difficile, dare la responsabilità di mezz'ala a un novizio quale Annovazzi (aveva da poco compiuto i vent'anni) era assai arrischiato. E poi, era chiaro, il "sistema" non si poteva imparare in dieci minuti, a pranzo, prima della partita. Comunque sia, quel giorno il Milan segnò per primo, con Puricelli. Dal 14' al 16' della ripresa colpi' tre pali: Annovazzi, Gimona, Puricelli. Poi, solo sul finire, i rossoneri cedettero alla reazione degli avversari. Incassarono un gol banale, al 22', su tiro di Sentimenti V.
Era il 16 dicembre 1945. Quel giorno il Milan aveva trovato due cose che gli servivano: un giocatore come Annovazzi e una tattica come il sistema. I giocatori, a partita finita, avevano una fame da veri diavoli. Salirono in fretta sull'autobus, per arrivare presto a Fombio, alla Trattoria del Leone, dove era stata ordinata la cena. Quando arrivarono trovarono papà Meazza piuttosto imbronciato. "Mi meraviglio - disse - avete mangiato qui per due giorni, e non avete neanche vinto. Mi fate sfigurare. Forse, non vi ho dato da mangiare abbastanza?"
I "diavoli" dissero che avevano mangiato poco, e si sarebbero vendicati quella sera. Spolverarono tutto quello che c'era sulle tavole, e anche qualche decina di quel buono. Poi rimontarono sull'autobus, e tornarono felici a Milano.
Erano contenti. Finalmente avevano capito che il Milan "marciava". Difatti, era nato quel giorno lo squadrone. Era nato il Milan che ha vinto, nel 1951, il campionato d'Italia dopo averlo sognato invano per quarantaquattro anni.
Tratto da "Lo Sport" del 21 giugno 1951 (by Lucia Ravenda)