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La prima pagina della "Gazzetta dello Sport" di lunedì 16 maggio 1988
annuncia che il Milan è Campione d’Italia per l’11^ volta nella sua storia



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Il "Corriere dello Sport" del 16 maggio 1988
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Un articolo scritto da Gianni Rivera





"Forza Milan!" di maggio 1988: Milan Campione d'Italia!
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Il "Guerin Sportivo" festeggia il primo Scudetto di Silvio Berlusconi



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Lo speciale di "Forza Milan!"
per celebrare l'11° scudetto rossonero
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Il Milan 1987-88 in un disegno di Franco Bruna





Speciale "La Notte",
Milan Campione d'Italia 1987-88


"Intrepido Sport" nr. 20 del 1988


"Intrepido Sport" nr. 21 del 1988





"Supergol" nr. 53 del 1988


Speciale "I quaderni della Gazzetta", Milan 11° scudetto



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La medaglia celebrativa per lo scudetto 1987-88
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I gol rossoneri dello scudetto 1987-88 in un CD edito da "Forza Milan!" nel 1999



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Adesivo del Milan Campione d'Italia 1987-88
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Coppa Scudetto del Milan 1987-88
(by Gabriele Castelli)



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Adesivo celebrativo Scudetto nr.11, stagione 1987-88





Bandiera rossonera con gli 11 scudetti


Gagliardetto Ufficiale del Milan Campione d’Italia 1987-88



Disegno del Milan Campione d'Italia 1987-88


Un'altra bandiera con l’11° scudetto rossonero



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Quadro del Milan Campione d'Italia 1987-88
(da "Il Giorno")
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Medaglietta celebrativa Milan Campione d'Italia 1987-88
(by Lory Arneodo)



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Ruud Gullit, simbolo del Milan Campione d’Italia 1987-88


I neo Campioni d’Italia Baresi, Ancelotti e Gullit in una posa allegorica



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(da "Forza Milan!")
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Serigrafia del pittore Possenti, Milan Campione d'Italia 1987-88
(by Giorgio Boccellari)





21 ottobre 1988, Antonio Matarrese premia Silvio Berlusconi con la Coppa dello Scudetto 1987-88
(da "L'Unità")





VHS "L'anno del Diavolo", campionato 1987-88
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Lo sponsor tecnico del Milan
si complimenta per la vittoria dello scudetto



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Il Milan Campione d'Italia 1987-88 in un disegno di Franco Bruna
(per gentile concessione di Emanuele Pellegrini)



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Le formazioni rossonere vincitrici dei primi 11 scudetti
(da "Forza Milan!")




Fascicolo "I quaderni de La Gazzetta dello Sport" - "Milan grande, grande, grande", maggio 1988
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dal sito www.repubblica.it
13 maggio 1988, pagina 22, Sezione: SPORT - di Gianni Mura

ALLE RADICI DELL' ARRIGO


FUSIGNANO - E' un paese, il paese di Sacchi, di juventini e antijuventini. Adesso ce l'hanno su con Boniperti. Cosa invita l'Arrigo a fare un bagno nel Rubicone? Qui c' è il Senio, e Fusignano non è Savignano. C'è una soddisfazione contenuta al paese di Sacchi ("mica siamo come quelli di Alfonsine che prendono fuoco per nulla"). Il Sacchi day sarà il 23. Al nuovo palazzetto dello sport, proiezioni di audiovisivi sull'Arrigo (anche le foto delle medie ci hanno messo dentro) e poi, in piazza Corelli, che è il cuore del centro, la premiazione col Fuso d' oro, discorsi delle autorità, sbandieratori di Faenza ("ma speriamo che Berlusconi ci mandi qualche artista del Draivìn").
Il fuso è il simbolo di Fusignano, ma non si hanno notizie di filatura nei secoli andati. Mentre il Milan mette le mani sullo scudetto, la Fusignanese retrocede perdendo ai rigori col Piangipane. Sic transit. E' un paese di pianura, con un aspetto lindo e sereno, quasi tutto nuovo perchè i bombardamenti degli alleati (il fronte era sul Senio) hanno lasciato in piedi poco. La chiesetta del Suffragio, qualche vecchia casa, compresa quella del '700 dove vive Sacchi dal '76, dopo averla rilevata insieme agli amici Alfredo Belletti detto Pulsèina e Alberto Valenti detto Valèt. Qui tutti hanno un soprannome, spesso un patronimico, ma non quelli venuti "da fuori". Sacchi non ha soprannomi. Sua madre sì, Lucia di Furnèr (dei fornai) e anche Panciàk (che nessuno mi sa spiegare). Belletti ha 63 anni, fa il bibliotecario e ha avuto un ruolo notevole nella formazione di Sacchi, non solo sportiva.
La biblioteca è molto ben organizzata, in un ex granaio, ma io a Belletti, faccia ispida e occhi buoni, chiedo lumi sugli anni lontani. Può anche partire da oggi, se vuole. "Beh, Fusignano ha il nome che gira grazie all'Arrigo. Un giornalista francese scrisse nel '24, quando l'Uruguay vinse le Olimpiadi, che quel paese era entrato nella carta geografica. Io lo ripeto per Fusignano. Certo, qui sono nati Arcangelo Corelli e il babbo di Lara Saint Paul, il bibliofilo Piancastelli e Lea Melandri. Ma da mesi si martella: il pelato di Fusignano, il profeta di Fusignano, il ragioniere di Fusignano. Che fra parentesi, è la prima volta che lo dico a un giornalista, l'Arrigo mica è ragioniere, ha piantato lì pochi mesi prima di dare gli esami. Che male c'è a dirlo? Nemmeno io sono laureato, e nemmeno Croce lo era. Conta quello che Sacchi ha fatto nel calcio. E' stato l'equivalente di Corelli. Corelli ha dimostrato che la musica non nasce dagli strumenti, ma dalla testa, e l'Arrigo che il calcio nasce dalla testa, non dai piedi". Dai pulcini alla prima squadra, l'allenatore Belletti ha fatto giocare il giovane Sacchi. "Era destro, ma giocava terzino sinistro. Sapeva dare tutto quello che aveva dentro, ma non sempre bastava. C'ero anche quando fece il provino a Firenze, un disastro. Era un ragazzo chiuso, non sapeva ridere nè parlare il dialetto. Io ero un patito dell'Ungheria di Hidegkuti e poi, ai tempi del Messico, qui eravamo tutti breriani, nel senso di antiriveriani, un giocatore calligrafico e dannunziano, preferivamo Mazzola per come giocava senza palla. E ci piaceva Suarez. Io credo che l'Arrigo umanizzi il ruolo di tecnico: va avanti chi non si monta la testa e crede nel lavoro, non nei doni dello Spirito Santo. Ha visto la casa dei genitori di Sacchi? E' proprio di fronte a quella di Vincenzo Monti. Che, a pensarci bene, è il primo cantore di Nessuno. Ricorda Oudèis?". Sì, e vado a vedere la casa, e anche le terre, un fazzolettone delimitato da via Purgatorio e via Mazzola (proprio). Mi accompagna Danilo Cembali, proprietario del bar La Repubblica, altro imprescindibile nodo fusignese. Di lì, prima o poi, passano tutti. Bel posto, anche una saletta per il mah-jong, molti gagliardetti e foto che riguardano Sacchi (ne ho beccata una anche dalla fiorista, spuntava dalle cime dei gladioli). Danilo è uno dei "cuatro caballeros" che affrontano trasferte impensabili fino a un anno fa (Napoli, Como): gli altri sono Belletti, Bruno Sangiorgi detto Tamò (già giocatore con Sacchi: "La lavagna piena di frecce, la fissa del movimento") e Guido Mazzara (già ds della squadra: "Ero io a bloccarlo quando schizzava dalla panchina, ed ero più veloce di Ramaccioni. Arrigo ha molte doti, non molla mai e riesce a tirare fuori il massimo dai calciatori). Al bar c'è una mezza folla a vedere Ajax-Malines. Anche il Cerini, che a 77 anni s'è messo a tifare Milan ("non so neanche che maglia ha, ma io l'Arrigo l'ho visto nascere") e il professor Silvagni, astrologo, cartomante, spiritista e occultista: "Sacchi ha caratteristiche astrologiche hitleriane, è un Ariete con Marte in congiunzione, ma non farà una brutta fine. Come Hitler, si è fatto da sè e ha un gran potere di suggestione. Ma non resterà a lungo nel calcio, si darà al commercio". In questo bar, molti anni fa, Sacchi dettava la sua formazione ideale: Jascin, Djalma Santos, Balestra... Balestra, terzino sinistro da 15 gol a campionato, si chiama Carles. Bei piedi, poca testa, dicono.
Mi racconta: "Be', sì, mi attirava il night più degli schemi di Sacchi. Quante volte è venuto a ripescarmi. Ma sempre con molto rispetto. Se non ha preso per il collo me, non prende più per il collo nessuno. Già allora insisteva molto sugli schemi, il pressing, il fuorigioco. Quando sentiva una novità in giro, la sperimentava. Per combattere lo stress, un giorno ci ha fatto stendere coi piedi alti e ci ha messo le cuffie con la musica classica. Su 12, ci siamo addormentati secchi in 9". Da allenatore dilettante, dice Marazza, l'Arrigo chiedeva consiglio a colleghi più famosi: Radice, Bagnoli, Catuzzi. E il suo pallino era il perno centrale: oggi Ancelotti, ma ieri Bortolazzi, Zoratto, Gabriele, Ceccoli. L'ingegner Alberto Valenti insegna tecnologia della ceramica a Faenza. Dice: "Arrigo aveva capito in anticipo una cosa fondamentale che i soldi non si fanno fabbricando scarpe, ma vendendole. Eppure ha mollato tutto, come se sentisse le voci. A me dà fastidio che Boniperti s' infastidisca. Prima Sacchi non poteva parlare, adesso non può parlare, ma siamo in un paese democratico o cosa?". Fusignano è un comune rosso, alle ultime elezioni il Pci ha preso il 64 per cento dei voti. Nel gruppo degli amici "storici" di Sacchi c' è un comunista (Belletti, il professore, il mentore dicono qui) il consigliere dc Valenti e il repubblicano di ferro Danilo, che sembra il fratello maggiore di Pecci e, oltre alle informazioni, mi porta a mangiare garganelli fatti in casa e uno stincozzo di maiale davvero notevole. Poi mi fermo a trascrivere una lapide che c'è sulla facciata del municipio: "Negli ideali della storia, ne' miti della leggenda, c' è una linea oltre cui comincia il delirio. Questa linea toccarono Mazzini e Garibaldi, nell' anima del popolo viventi". Poi vado dal sindaco, Oriano Pirazzini detto Stasil. Annoto: abitanti 7800, addetti all'agricoltura 1016, all' industria 900, 21 aziende di cui 12 calzaturifici, forte concorrenza di Corea e Taiwan, oltre tre miliardi di investimenti per impianti sportivi di base negli ultimi anni, il volontariato come garanzia di buon funzionamento. E la certezza che "l'affermazione di un certo modo di intendere il calcio sia un fatto culturale e non solo sportivo". Sempre al bar, che anche di sera è frequentato da molte donne (segno di civiltà) incontro il professor Capucci, autore dell'inno a Fusignano e insegnante di ginnastica di Sacchi: "Scoordinato, ma pieno di buona volontà".
Pulsèina mi porta una copia di "Il Comune" (giornale finanziato dal Comune che spesso e volentieri parla male del Comune), "non si sa mai, potesse servire". Fusignano è gemellato con Biddulph, Staffordshire. Mi consiglia di non calcare i toni. "Noi siamo un paese dissacrante. Contenti per l' Arrigo, sì, ma non da perdere la testa. Se per la festa mettiamo su un'americanata, il primo a vergognarsi sarebbe lui".

DUE STAGIONI CON IL PARMA
ARRIGO SACCHI è nato a Fusignano (Ravenna) il primo aprile 1946. Dal '73 al '76 è stato dirigente-allenatore del Fusignano (terza categoria); nel '76 è passato al Bellaria in prima categoria; dal '77 all'82 ha allenato le squadre giovanili del Cesena frequentando al tempo stesso il Supercorso di Coverciano; nell' 83 è passato ad allenare il Rimini in C1; l'anno successivo era alla primavera della Fiorentina; nell'84-'85 è ritornato al Rimini; infine prima di passare al Milan ha allenato per due stagioni consecutive il Parma (prima in C1 poi lo scorso anno in B). Da calciatore è stato soltanto un modesto terzino mediano del Fusignano. E' sposato con due figlie.



dal sito www.repubblica.it
17 maggio 1988, pagina 23, Sezione: SPORT - di Gianni Mura

'1988, ANNO DEL MIO CALCIO'

Intervista ad Arrigo Sacchi, tecnico Campione d'Italia 1987-88

SACCHI è andato a letto alle 4,10 e alle 7 l'ha svegliato il centralino Rai per un' intervista. Il primo giorno da vincitore lo vive con una calma che colpisce. Non colpisce chi è stato a Fusignano a raccogliere briciole. Si teneva tutto dentro anche da piccolo, come si vergognasse a mostrare un po' di felicità. Non c' era soddisfazione a fargli i regali, raccontava sua madre.
"Se parlo troppo, divento pericoloso" dice lui oggi. Però è contento perchè forse in giugno realizza il sogno della sua vita; andare in Brasile con la moglie. Una catena di giornali l'ha invitato perchè spieghi il suo calcio. E lì dovrà prepararsi un bel discorso, mica limitarsi a dire che "il calcio nasce dalla testa e non dai piedi". Fa discutere la sua zona, che non è mai rigidamente uguale; a volte Baresi è in linea, a volte dietro, e poi è una zona molto verticale; scalando in avanti, il Milan attacca marcando. Farà tendenza, questa squadra, resterà ancorata agli schemi di questo campionato, si rinnoverà?
"Nessuna mia squadra giocava come ha giocato il Milan. E lo stesso Milan, all' inizio di stagione, giocava diverso rispetto alla seconda parte. Prima, in attacco, Van Basten punta centrale con Virdis a sinistra e Gullit a destra. Poi, Gullit e Virdis centrali, con Donadoni mezzapunta. Abbiamo segnato 17 gol su palla ferma, 3-4 su azione diciamo così normale, tutti gli altri in contropiede. Ma siccome il nostro contropiede nasce nella metà campo avversaria, è meno appariscente".
Ormai è all'analisi dell'analisi. Ci tiene a privilegiare la freddezza. "Anche perchè non sono molto abituato agli elogi, nella vita ho sempre trovato più utili le critiche". Gli dico che dovrà abituarsi, per un po'. Intanto, sono superate certe frasi un po' ad effetto che i primi tempi, a Milanello, facevano sorridere, tipo "cerco l'uomo". Non sono superate le idee di fondo; "Gli uomini non hanno chiavette, bottoni, molle, il Milan è tutto fuorché una squadra d'automi. Si arriva al traguardo quando tutti sono umili, uniti e convinti del gioco che fanno. Mi sembra di aver dichiarato a Cesena dopo tre domeniche, che avevo per le mani una squadra da scudetto. Non per il gioco, avevamo giocato da cani, ma perchè avevo visto lo spirito di squadra. Poi è venuto anche il gioco. Io credo che nessun giocatore, per quanto grande, possa sostituirsi al gioco. Questo è un discorso che i giocatori stranieri, non solo i miei, capiscono più in fretta degli italiani, anche perchè per loro è un concetto familiare. E' il gioco che fa il giocatore.
Molti si stupiscono della grande personalità dei cosiddetti gregari, come Evani e Colombo. Non è che l'abbiamo costruita in tre mesi, l'hanno sempre avuta dentro, ma forse il gioco a cui erano chiamati non consentiva a questa personalità di venir fuori". E qui entriamo in un terreno minato. Sul gioco (a uomo, a zona) sembra stia nascendo una sorta di guerra di religione.
"Ci terrei a essere chiaro. Si può giocare al calcio in tanti modi, e in ognuno c'è del buono. Ma bisogna esserne convinti. Chi nasce in Italia, come me, non nasce con la zona. L' ho vista all' estero, l' ho studiata a Coverciano e anche prima: nel '76 a Pievepelago seguivo la preparazione m' interessavano le idee di Radice, di Vinicio con la Lazio, poi ne ho parlato con Passarella quando stavo a Firenze, nell' 82 a Brunico studiavo i sistemi di Liedholm. Io non ho inventato nulla. E non sono contento che si dica che il Milan gioca il calcio del 2000. No, gioca il calcio del 1988, nel 2000 molte cose saranno cambiate e io sicuramente non sarò più nel calcio. Un fatto è che nel calcio, e nella vita, bisogna schierarsi. Riassumendo in un telegramma le mie convinzioni, eccole; prima di tutto lo spirito di squadra, poi servono giocatori universali, poi la velocità e il pressing.
L'atteggiamento tattico che esalta tutti questi fattori è la zona, quindi io faccio la zona. Del calcio cosiddetto all' italiana sono importanti due aspetti; il contrattacco rapido e la marcatura stretta. Qui spesso sento dire: ma come? giocano a zona e marcano, come se il cardine della zona fosse quello di non marcare. Ora, io posso passare per un fanatico, ma la verità è che ho una gran paura, un'angoscia direi, di non sapere mai abbastanza, di non aggiornarmi. Se l'allenatore del Brasile, una delle migliori scuole del mondo, il povero Coutinho, dopo aver visto l'Olanda dice "noi siamo indietro di vent'anni", non vedo perchè qui si dovesse pensare di essere i depositari dell' unica verità calcistica. A me bolliva il sangue, a Coverciano, quando sentivo un tecnico inglese dire che se il campo fosse stato lungo tre chilometri i giocatori italiani li avremmo trovati negli ultimi venti metri. Allora io, credendo nel lavoro, non posso accettare il discorso che il lavoro non paga, che vincono sempre i più furbi e non i più bravi". Ha detto che il Milan gioca il calcio del 1988, ma quello del 2000 come sarà? "Non lo so. Io ho l'impressione che il calcio si modelli sui ritmi della vita quotidiana, e non solo il calcio. Se rivediamo i film degli anni 50, tolto il filone neo-realista, li troviamo lenti e zuccherosi, quelli di oggi sono tesi, intensi, senza un attimo di pausa. Ho la passione dell' Ajax di Crujff, ma non so se oggi potrebbe giocare allo stesso modo con lo stesso profitto". Lasciamo stare Crujff e prendiamo un minuto per un vecchio giochino: Pelè-Di Stefano, Sivori-Suarez, Falcao-Platini. Chi avrebbe voluto Sacchi nella sua squadra, scegliendone uno per coppia? "Di Stefano, Suarez e Falcao, i più altruisti, quelli che servono di più allo spirito di squadra". E se in Italia s'allarga la zona della zona? "Mi può far solo piacere, senza polemiche. Ho letto che la Juve prende Maifredi. Se è vero, sarà subito molto competitiva. Bisogna cominciare a pensarci, guai sentirsi al top, è la via più breve per ritrovarsi seduti per terra".