Dal sito www.asromaultras.it
Intervista a Giovanni Fiorillo detto 'zigano'
DA QUEL GIORNO LA MIA VITA E' STATA UN INFERNO
Da "Oggi", articolo di Gian Paolo Rossetti - da “Giallorossi”, dicembre 1980
(Lugano, Svizzera, Novembre 1980)
L'appuntamento con il latitante è per le cinque del pomeriggio, in piazza del municipio. Quando arrivo, accompagnato dal collega Mario Biasciucci dell'Occhio, lui è già lì. "Come stai?", gli chiedo. "Male, grazie", risponde. Però non ha l'aria dell'individuo braccato, anche se le polizie di tutta Europa, in questo stesso momento, gli stanno dando la caccia. Lui, G.F., è l'ultra romanista che il 28 ottobre del 1979, allo stadio Olimpico, uccise con un razzo per le segnalazioni marine il tifoso laziale Vincenzo Paparelli. E' sereno, disteso, quasi disinvolto.
"Andiamoci a bere un caffé", dice. "Poi vi racconterò tutto". Indossa un paio di jeans sdruciti, stivaletti a punta scalcagnati e un maglione che fanno a pugni con la camicia rossa della Cerrel, elegantissima e acquistata a Roma, in una boutique, quando ancora non doveva nascondersi. "Adesso non potrei permettermela" aggiunge guardandomi con gli occhi socchiusi per il fumo della sigaretta."Non ho una lira".
E' DURO VIVERE DA LATITANTE?
"Altro che se è duro. Devi sempre correre, scappare, diffidare di tutti e di tutto. Ogni persona che incontri può essere un poliziotto. Per questo, ho deciso di farla finita. Tra venti giorni, un mese al massimo, mi costituirò, tornerò in Italia e affronterò il processo. Non ce la faccio più a tirare avanti così, sono a tocchi. Ho già contattato i miei avvocati, G.A. e P.V., per farmi consigliare. In fondo ho solo 19 anni e, anche se mi condanneranno, potrò ancora rifarmi una vita".
L'UOMO CHE HAI AMMAZZATO NE AVEVA 33. CI HAI MAI PENSATO?
"Cristo, se ci ho pensato. Non ho dormito la notte per il rimorso, questo è stato un anno d'inferno, il peggiore anno della mia vita".
Parlando, siamo arrivati davanti a un bar che tutti, qui a Lugano, chiamano "Caffè del Federale" perché tra la sua clientela, un tempo, c'erano parecchi neofascisti italiani in fuga. Proprio lì, a quel tavolo d'angolo, Marco Pozzan (notoriamente amico Freda e Ventura) rilasciò la prima intervista dalla clandestinità e Angelo Angeli, detto "golosone" per la sua passione per i Baci Perugina e il tritolo, riceveva gli amici sanbabilini e i "colleghi" della S.A.M., Squadre d'Azione Mussolini.
La domanda è inevitabile.
COME MAI CI HAI DATO APPUNTAMENTO IN QUESTO POSTO? CHI TE L'HA SUGGERITO?
"Nessuno, non sforzarti per capire, perché tanto arriveresti a conclusioni sbagliate. Non sapevo che i fascisti pascolavano qui, insomma non sono un "nero" se è questo che vuoi sapere, non ho alcun interesse per la politica. Caso mai sono giallorosso, la mia unica fede è la Roma".
ANCHE ADESSO, DOPO TUTTO QUELLO CHE E' SUCCESSO?
"Sì!"
DOVE HAI TRASCORSO QUESTO ANNO DI LATITANZA?
"In giro, facendo una vita infame e modesta. Ho tirato a campare".
CHI TI HA DATO I SOLDI PER SOPRAVVIVERE? SI, INSOMMA, CHI TI HA AIUTATO? LA VEDOVA DI VINCENZO PAPARELLI HA DETTO IN UN'INTERVISTA CHE C'E' QUALCUNO CHE TI PROTEGGE, CHE FINANZIA LA TUA FUGA.
"No, io so' disgraziato, non ho santi in paradiso. Per mantenermi ho dovuto lavorare a giornata. Ho fatto il lavapiatti, l'idraulico, il meccanico".
COME FACEVI A FARTI ASSUMERE?
"Dicevo di avere fame".
HAI MAI TEMUTO DI VENIRE SCOPERTO?
"Un'infinità di volte. La prima mi capitò subito dopo la disgrazia. Ero alla macchia da una decina di giorni. Presi un treno per tornare a Roma e mi trovai in uno scompartimento di seconda classe con diversi viaggiatori. Uno di loro era un poliziotto in borghese, lo capii dai discorsi. A un certo punto si mise a leggere il giornale. Con la coda dell'occhio vidi che stava guardando la mia fotografia e lo sentii eslamare: "Se mi capitasse tra le mani questo tipo qui, gli metterei la pistola in bocca e lo menerei pure". Per paura che mi riconoscesse, mi buttai una rivista in faccia e rimasi così per tutto il viaggio, facendo finta di dormire. Non ho mai pregato come quella volta. Anche di recente per poco non mi è venuto un colpo. Stavo rientrando nel mio rifugio, quando ho sentito una voce che diceva: "Giovanotto...". Mi sono girato e ho visto un gendarme che correva verso di me. "Stavolta è proprio finita" ho mormorato. Invece voleva solo un fiammifero. Gli ho regalato l'accendino dalla gioia quando me ne sono reso conto".
I VECCHI AMICI TI SONO RIMASTI VICINO?
"No, mi hanno abbandonato. Non c'è stato un cane che sia andato da mia madre a chiedere notizie. Perfino la ragazza mi ha piantato. Ha 18 anni. Non ho più avuto il coraggio di cercarla da quello stramaledetto giorno".
CHE COSA RAMMENTI DI QUEL POMERIGGIO?
"Tutto. Le grida della folla, il rumore del razzo..."
COME TE LO ERI PROCURATO?
"In un negozio, dove sennò? Il giorno prima del derby, approfittando del fatto che ero di riposo, mi sono trovato con i soliti amici. C'erano M.A., E.M. e altri".
TUTTI TIFOSI DELLA ROMA?
"Bé, dire tifosi è poco. Noi ciavemo er core giallorosso, Pruzzo è il nostro Dio e Liedholm il suo profeta..."
CHE COSA AVETE FATTO?
"Abbiamo studiato un programma per sostenere la squadra l'indomani".
RISULTATO?
"Siamo andati a comprare dei botti per fare un pò di casino, Nel primo negozio non c'era niente che facesse al caso nostro, ma nel secondo ci hanno fatto vedere dei razzi a luce rossa. "Sono pericolosi?" abbiamo chiesto. "No", ci ha risposto il proprietario. "Se li sparate orizzontali, a 50 metri si apre il paracadute e potete raccoglierli con una mano". Se non ci avesse detto così non li avremmo presi, siamo stati truffati, insomma. Oltretutto le istruzioni erano scritte in inglese e nessuno di noi capisce questa lingua. Soltanto dopo abbiamo saputo che si trattava di residuati di magazzino, che non si trovavano neppure più in commercio. Con 50mila lire ne abbiamo presi tre".
CHI VI HA DATO QUEI SOLDI? LA ROMA?
"Tutto sudore nostro. Ce li siamo procurati da soli. Noi del Commando Ultrà Curva Sud siamo sempre stati autosufficienti".
CHE COS'E' IL "COMMANDO ULTRA' CURVA SUD"?
"E' il fior fiore dei tifosi romanisti..."
DEI PIU' SCATENATI, VISTO CHE IL VOSTRO STEMMA E' UN TESCHIO CON UNA FOLGORE?
"Macché scatenati, noi ci agitavamo solo per rincuorare la Roma. Sono i "trascinatori" quelli che fanno casino. Loro sono dei delinquenti, armano anche i bambini. Noi abbiamo sempre usato bengala innocui".
LA SOCIETA' FAVORIVA LA VOSTRA ATTIVITA'?
"Non ci ha mai aiutato più di tanto. Ci dava i biglietti omaggio del servizio d'ordine e ci metteva a disposizione il magazzino".
BEL SERVIZIO D'ORDINE! NEL MAGAZZINO CUSTODIVATE I RAZZI. ALLORA SONO LE SOCIETA' A FAVORIRE LA VIOLENZA.
"No, la Società non c'entra. Il magazzino ce lo dava per le bandiere, certo che ogni tanto qualcuno ci nascondeva anche i botti. Con i biglietti del servizio d'ordine, difatti, si passava dallo stesso cancello "E" da cui entrava il personale dello stadio. Non c'erano controlli. Quel giorno, ad esempio, i razzi me li ha portati dentro uno della Roma due ore prima dell'inizio. Io ero fuori con quelli del controllo".
POI CHE COS'E' ACCADUTO?
"I laziali si davano un gran daffare e così abbiamo pensato di controbatterli. Mi sono ritrovato in mano il primo razzo e l'ho acceso, ma ho dovuto agitarlo perché non partiva. A forza di muoverlo mi è sfuggito di mano, era la prima volta che lanciavo un ordigno simile. Subito dopo ho cercato di accenderne un altro, ma si è sprigionato un fumo densissimo. Nella nebbia ho visto la folla ondeggiare dalla parte dei laziali, nient'altro."
NON TI SEI ACCORTO DI AVER UCCISO UN UOMO?
"No, l'ho saputo dalla radio e dagli altoparlanti del campo".
ALLORA CHE HAI FATTO?
"Sono rimasto al mio posto a vedere la partita. Speravo che non fosse il mio, quel razzo maledetto. Verso la fine del primo tempo, però ho notato che i compagni mi guardavano in modo strano e ho cominciato ad allarmarmi. Appena hanno aperto i cancelli dello stadio me la sono squagliata. Mica poteva restare lì con scritto assassino in fronte".
QUESTA E' LA PRIMA VOLTA CHE AMMETTI DI AVER LANCIATO IL RAZZO OMICIDA. SE NON SBAGLIO, IN PASSATO HAI SCRITTO UNA LETTERA A UN GIORNALE NEGANDO TUTTO.
"Non sapevo più cosa fare per discolparmi, avevo perso la testa. Quel giorno non volevo fare del male a nessuno, tanto è vero che giravo a viso scoperto, senza fazzoletto sul volto come fanno gli ultrà quando decidono di menare le mani. Non sono mai stato violento. Certo, qualche volta mi sono picchiato con i laziali, ma tutto è finito lì. Ho sempre avuto paura di prenderle. Anche da bambino ero sottomesso a tutti. Nella mia zona mi chiamavano "pollacchione" e non mi rispettava nessuno".
ERI GIA' ROMANISTA A QUELL'EPOCA?
"Tifavo per la prima in classifica che era la Juventus. Poi ho scoperto la Roma e me ne sono innamorato. Ho cominciato ad andare allo stadio ad otto anni con mia sorella N. A 13 anni ho cominciato a lavorare perché non avevo più voglia di studiare. Con i primi guadagni mi sono comprato un abbonamento per la Curva Sud".
TORNIAMO ALLA TUA FUGA.
"C'è poco da dire. Quando i compagni, che sono rimasti allo stadio fino all'ultimo, mi hanno confermato che la polizia mi cercava per l'assassinio di quel tizio me la sono squagliata. Prima però ho telefonato a casa, a mia madre, dicendole che partivo per Pescara".
NON LE HAI DETTO ALTRO?
"E che so' scemo? Mica potevo dirle "ho ammazzato uno". Sarebbe svenuta al telefono".
AVEVI MOLTO DENARO CON TE?
"Duecentomila lire, tanto è vero che ho dovuto chiedere ospitalità a un amico. La sera dopo mi sono spostato, poi ho cominciato a vagare da un paese all'altro. Sono stato anche all'estero..."
COME VIAGGIAVI?
"In treno o con l'autostop. La polizia trascura gli autostoppisti, ha altro da fare".
ADESSO COME TRASCORRI LE TUE GIORNATE?
"Lavorando qua e là. La sera non esco mai, non vado neppure al cinema per paura che mi fermino per chiedere i documenti".
HAI PIU' VISTO I TUOI GENITORI?
"No, ed è questa la cosa che mi dispiace di più. Oltretutto io contribuivo al bilancio familiare. Prendevo 50mila lire alla settimana e le versavo quasi tutte in casa. Papà è un saldatore disoccupato, da solo non ce la fa a mandare avanti la famiglia".
DAVI TUTTO A LUI?
"Sì. Pensa che gli amici mi avevano soprannominato "Tzigano" perché, per non sporcare il vestito buono, andavo allo stadio conciato come uno straccione".
SEI PIU' TORNATO A VEDERE UNA PARTITA?
"No, mi è sempre mancato il coraggio. Ho paura di tradirmi per l'emozione. Ma un giorno ci ritornerò. Magari andrò in tribuna, non nella curva sud".
TI SEI PENTITO DI QUELLO CHE HAI FATTO?
"Se vedessi un ragazzo con dei razzi in mano glieli farei ingoiare. Mi sono rovinato la vita per quella robaccia".
A DIRE IL VERO TE L'ERI GIA' ROVINATA PRIMA. AVEVI GIA' AVUTO ALTRI GUAI CON LA GIUSTIZIA.
"Quali guai? Le mie sono sempre state stupidaggini. Ho preso 4 mesi per uno scippo, ma non avevo una lira. E da piccolo mi sono fatto pescare mentre giocavo dentro una macchina rubata da altri. Tutto qui".
COSA FARAI DOPO ESSERTI COSTITUITO?
"Scriverò una bella lettera alla moglie e ai figli di Paparelli per chiedere il loro perdono".
SPERI CHE TE LO RICONOSCANO?
"Sì. Quel disgraziato è morto, ma sono disgraziato anch'io che continuo a vivere con questo peso sulla coscienza".
HAI PAURA DI ANDARE IN GALERA?
"No. Ho paura di uscire. Sono sicuro che i laziali non dimenticheranno ciò che è accaduto e, prima o poi, verranno a cercarmi per pareggiare il conto. Si è trattato di una disgrazia, maledizione, non di un delitto".
L'intervista è finita, prima di andarsene G.F. si dà una spolverata agli stivaletti a punta, da bullo di periferia che balla il liscio. "Presto ci rivediamo a Roma", dice. "Sto preparandomi per "L'ultimo Tango".
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