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Dal sito www.wikipedia.it

IL MASSACRO DEL CIRCEO
Il massacro del Circeo è un fatto di cronaca nera avvenuto sul litorale romano, nella zona del Circeo il 29 settembre 1975

Donatella Colasanti (1958-2005) di 17 anni e Rosaria Lopez (1956-1975) di 19 anni, due amiche provenienti da famiglie di modesta condizione sociale, residenti in una zona popolare della capitale, furono invitate ad una festa con Giovanni Guido, Angelo Izzo e Andrea Ghira nell'abitazione di quest'ultimo a Punta Rossa, sul promontorio del Circeo nel comune di San Felice Circeo.
Le due ragazze avevano conosciuto Guido ed Izzo pochi giorni prima frequentando entrambi il bar del famoso Fungo all'Eur, accogliendoli con simpatia dato il loro habitus garbato ed il comportamento irreprensibile.


Il passato dei tre
Andrea Ghira, 22 anni, figlio di un noto e stimato imprenditore edile, dichiarato neofascista e grande ammiratore del capo del Clan dei marsigliesi, Jacques Berenguer, nel 1973 fu condannato per una rapina a mano armata compiuta insieme a Angelo Izzo e per questo scontò venti mesi nel carcere di Rebibbia. Izzo, studente di medicina, insieme a un paio di amici, nel 1974 aveva violentato due ragazzine ed era stato condannato a soli due anni e mezzo di reclusione, che comunque non scontò nemmeno in parte, essendogli stata concessa la sospensione condizionale della pena. Giovanni "Gianni" Guido, 19enne studente di architettura, anch'egli proveniente da un ambiente agiato, era l'unico incensurato dei tre.

L'incubo
Una volta giunte a destinazione intorno alle sei e venti di sera tutto si trasformò in un incubo, come dalle parole della Colasanti: « Verso le sei e venti, ci trovavamo tutti e quattro nel giardino della villa quando, improvvisamente, uno di loro tirò fuori la pistola. Cominciarono a dirci che appartenevano alla banda dei Marsigliesi e che Jacques, il loro capo, aveva dato l'ordine di prenderci in quanto voleva due ragazze. »
Per più di un giorno ed una notte le due ragazze furono violentate, seviziate e massacrate. I tre esternarono un odio di qualsiasi natura, sia misogino che di censo, con tanto di recriminazioni ideologiche contro le donne ed il ceto meno abbiente, a due malcapitate mai interessatesi di politica. Izzo ritornava a Roma per non mancare la cena con i propri familiari per poi ripartire per il Circeo e riunirsi ai suoi amici aguzzini. Entrambe vengono drogate con una siringa, ma a loro fa poco effetto. Così prendono Rosaria Lopez e la portano al bagno di sopra della villa, la picchiano e l'annegano nella vasca da bagno. Dopo raggiungono la Colasanti, tentano di strangolarla con una cintura e la colpiscono selvaggiamente. Fortunatamente in un momento di disattenzione dei due aguzzini, Donatella riesce a raggiungere un telefono e cerca di chiedere aiuto ma la scoprono e la colpiscono con una spranga di ferro. Credendole entrambe morte furono rinchiuse nel bagagliaio di una Fiat 127 bianca intestata al padre di Gianni Guido, Raffaele. Dopo esser arrivati vicino a casa di Guido decidono di andare a cenare in un ristorante. Lasciano la Fiat 127 con le due ragazze nel quartiere Salario, dove parcheggiarono la vettura. Donatella Colasanti, sopravvissuta per miracolo e in preda a choc, approfittò dell'assenza dei ragazzi per richiamare un metronotte di pattuglia. Izzo e Guido furono arrestati entro poche ore (è nota una foto d'archivio in cui Izzo esibisce spavaldamente le manette ai polsi, sorridendo), Ghira non sarà mai catturato. La Colasanti fu ricoverata in ospedale con ferite gravi e frattura del naso, guaribili in più di trenta giorni, per non parlare dei danni psicologici incalcolabili.

Lo strascico giudiziario
Il 29 luglio 1976 arrivò la sentenza in primo grado, ergastolo per Gianni Guido e Angelo Izzo, ergastolo in contumacia per Andrea Ghira. I giudici non concessero nessuna attenuante.
La giovane Donatella Colasanti, costituitasi parte civile contro i suoi carnefici, venne rappresentata dalla coraggiosa avvocatessa Tina Lagostena Bassi.
Ghira fuggì in Spagna e si arruolò nel Tercio (Legione spagnola) (da cui venne espulso per abuso di stupefacenti nel 1994) con il falso nome di Massimo Testa de Andres. Ghira sarebbe morto di overdose nel 1994 e sarebbe stato sepolto nel cimitero di Melilla, enclave spagnola in Africa, sotto falso nome. Nel dicembre 2005 il suo cadavere fu 'ufficialmente' identificato mediante esame del DNA. I familiari delle vittime hanno tuttavia contestato le conclusioni della perizia, sostenendo che le ossa sarebbero quelle di un parente di Ghira. Esiste d'altra parte una foto del 1995, scattata dai Carabinieri a Roma, che ritrae un uomo camminare in una zona periferica della città: l'analisi dell'immagine al computer ha confermato che si trattava di Andrea Ghira.
Guido e Izzo nel gennaio 1977 presero in ostaggio una guardia carceraria e tentarono di evadere dal carcere di Latina, senza successo.
La sentenza viene modificata in appello il 28 ottobre 1980 per Gianni Guido. La condanna gli viene ridotta a trenta anni, dopo la dichiarazione di pentimento e la accettazione da parte della famiglia della ragazza uccisa di un risarcimento.
Gianni Guido riuscì in seguito ad evadere dal carcere di San Gimignano nel gennaio del 1981. Fuggì a Buenos Aires dove però venne riconosciuto ed arrestato, poco più di due anni dopo. Per amara ironia della sorte, il poliziotto argentino autore del riconoscimento e dell'arresto si chiamava Rosario Lopez. In attesa dell'estradizione, nell'aprile del 1985 riuscì ancora a fuggire, ma nel giugno del 1994, fu di nuovo catturato a Panama e estradato in Italia.

La semilibertà concessa ad Izzo e il nuovo duplice omicidio
Nell'aprile 2005, nonostante la condanna pendente, il tribunale di Velletri ha accordato a Izzo la semilibertà, di cui il criminale ha approfittato per fare nuove vittime, Maria Carmela Linciano (49 anni) e Valentina Maiorano (14 anni), rispettivamente moglie e figlia di un pentito della Sacra Corona Unita che conobbe Izzo in carcere a Campobasso; le due donne sono state legate e soffocate (la piccola dopo vari esami nell'autopsia è stato accertato che non ha subito violenza sessuale) e infine sepolte nel cortile di una villetta a Mirabello Sannitico in provincia di Campobasso, di proprietà di un ex detenuto amico di Izzo. questo nuovo fatto di sangue ha scatenato in Italia roventi polemiche sulla giustizia. Il 12 gennaio 2007 Izzo è stato condannato all'ergastolo per questo crimine, condanna confermata anche in Appello.

La libertà a Giovanni Guido
L'11 Aprile 2008 Giovanni Guido, il 3° assassino, è stato affidato ai servizi sociali dopo 14 anni passati nel carcere di Rebibbia. A detta delle autorità finirà di scontare definitivamente il debito con la società ad agosto 2009.

La morte della Colasanti
Donatella Colasanti è morta il 30 dicembre 2005 a Roma per un tumore al seno, ancora duramente sconvolta per la violenza subita 30 anni prima. Avrebbe voluto assistere al nuovo processo contro Izzo. Le sue ultime parole sono state "Battiamoci per la verità".










Donatella Colasanti











Donatella Colasanti






I nomi di Izzo, Guido e Ghira compaiono già in rapporti giudiziari del ' 73 e ' 74.
La ricostruzione in un libro
di Federica Sciarelli







L’Avvocato Tina Lagostena Bassi






Donatella Colasanti stravolta, ma viva, soccorsa dai carabinieri


Il corpo di Rosaria Lopez abbandonato cadavere nella Fiat 127





Questo il volto di quei “bravi ragazzi” massacratori e assassini:
da sinistra, Angelo Izzo, Andrea Ghira, Gianni Guido


Ancora Donatella Colasanti, mentre giace
curata in una corsia d'ospedale




Donatella Colasanti




Dal sito www.pagine70.it

TERRORE E MORTE AL CIRCEO - di Paolo Benetollo
Il massacro del Circeo è un fatto di cronaca nera avvenuto sul litorale romano, nella zona del Circeo il 29 settembre 1975

Il vigile notturno di servizio sulla strada avverte distintamente dei gemiti provenire dal bagagliaio di una 127 regolarmente chiusa e parcheggiata. L'istinto lo porta a pensare immediatamente a qualcosa di grave. Telefona alla polizia,e subito dopo tenta di forzare il bagagliaio. Ne emerge una figura spettrale, una maschera di dolore e orrore, coperta di ferite e ematomi, completamente nuda. E' una ragazza di appena 17 anni, si chiama Donatella Colasanti, e la foto scattata al momento del ritrovamento la ritrae con gli occhi sbarrati, quasi increduli, di chi ha fatto un viaggio di andata e ritorno dall'inferno.
Tutto era iniziato qualche giorno prima di quel terribile 1 ottobre 1975. Due ragazze diciassettenni, Donatella Colasanti e Rosaria Lopez, conoscono un ragazzo, Carlo. Si scambiano i numeri di telefono con la promessa di rivedersi il giorno dopo. E' un venerdi, e all'appuntamento si presentano altri due giovani, che dicono di chiamarsi Angelo e Gianni. Parlano del più e del meno, infine decidono di rivedersi. I due giovani propongono la domenica seguente. Ma a Donatella la cosa non piace,per la domenica ha altri programmi, e convince anche la sua amica Rosaria a rinviare l'appuntamento, che viene fissato, dopo aver parlato e discusso ancora, per il lunedì alle 16,00. Con ritardo, si presentano solo Angelo e Gianni, dicendo che Carlo è impegnato nella preparazione di una festa a Lavinio. I due giovani invitano le ragazze alla festa. Donatella e Rosaria accettano, ma immediatamente si rendono conto che qualcosa non và.

La direzione presa dai due porta a San Felice Circeo, non a Lavinio.Gianni, alla richiesta di spiegazioni da parte delle due ragazze risponde che la villa è più su di Lavinio, meta originaria. Quindi si ferma ad un bar per telefonare. Torna in macchina e convince le due ragazze a seguirlo, dicendo loro che Carlo avrebbe raggiunto il gruppo direttamente dal mare dov'era,e che i quattro potevano nel frattempo usare la villa. A Donatella gli inquirenti chiederanno spiegazioni sul perché non abbia chiesto al Guido (Gianni) di fermarsi e di farle scendere. La risposta della ragazza fù che non si erano rese conto di correre dei pericoli, e che fino a quel momento il comportamento dei due era stato irreprensibile.
Arrivano alla villa, si siedono nel salotto. Il tempo passa e le due ragazze iniziano a spaventarsi, chiedono di essere riaccompagnate. Gianni, dapprima con fare gentile, propone alle due ragazze di avere un rapporto sessuale, promettendo loro la somma di un milione di lire. Alla risposta negativa delle due, estrae una pistola, e racconta loro che in effetti ad arrivare non doveva essere Carlo, bensì Jacques Berenger, che, a suo dire, è il capo della banda dei marsigliesi e che è per suo ordine che le ragazze sono state portate nella villa. Sotto la minaccia delle armi,Rosaria e Donatella vengono chiuse in bagno. Il presunto Jacques arriva la notte, ma per le ragazze è una sorpresa. Ha più o meno trent'anni, parla perfettamente l'italiano,senza cadenza francese. Le guarda, ma non dice nulla. Anzi, in compagnia di Angelo se ne và. Secondo Donatella abbandona addirittura la villa.
La quale racconta confusamente lo scenario di violenza bestiale e brutale che si abbatte su di loro l'indomani .Le due ragazze vengono dapprima selvaggiamente picchiate, poi sottoposte a violenze e brutalità inenarrabili. I tre tentano di somministrare del narcotico alle loro vittime. Vengono iniettate loro tre siringhe di sonnifero, che però non sortiscono alcun effetto. A questo punto Rosaria viene separata da Donatella. E quello che le succede può solo essere ipotizzato. Donatella sente la sua amica urlare, poi lamentarsi sempre più lentamente. Infine, il silenzio. I tre tornano da lei e la brutalizzano ancora. La legano, la spogliano nuda e la trasportano tirandola per i polsi per tutta la casa. La ragazza sviene e rinviene varie volte. La colpiscono ancora, violentemente, questa volta con una spranga. Sono pugni,calci, colpi violenti di spranga, colpi inferti anche con il calcio della pistola. Donatella è semiincosciente, ma è viva. Gli uomini hanno perso il controllo, e probabilmente, in preda ad una furia cieca e incontrollata, bestiale, vogliono ucciderla. In un ultimo barlume di coscienza, Donatella capisce che se vuole salvarsi deve fingersi morta. I tre ci cascano, e decidono di sbarazzarsi del cadavere. Viene gettata letteralmente nel portabagagli, nel quale poco dopo viene aggiunto il corpo esanime della sventurata Rosaria. Quando Donatella, dopo il ricovero in ospedale, verrà interrogata, dirà più volte che nonostante le violenze subite è riuscita ad evitare quella più umiliante, la violenza carnale. Cosa che sarà confermata dall'esame ginecologico a cui viene sottoposta. Per Rosaria non è così: l'autopsia conferma la violenza carnale, avvenuta probabilmente nel momento della separazione delle due amiche. E' probabile che nel tentativo di salvarsi, Rosaria abbia accondisceso alle turpi richieste dei suoi sequestratori. Donatella racconta anche particolari scabrosi della vicenda. Angelo viene descritto come un semi-impotente, incapace di eccitarsi sessualmente; Gianni invece ne è capace, ma non vuole metter in imbarazzo l'amico, per cui non và oltre blandi tentativi. Infine Donatella racconta come sia riuscita a raggiungere un telefono, in un stremo tentativo di salvezza, e di come sia riuscita a comporre il 113;ma le sue indicazioni sono lacunose. Non dimentichiamo che è convinta di essere a Lavinio. Fatto stà che la cosa cade drammaticamente nel vuoto. Di Rosaria Lopez si scopre che non è morta in seguito alle percosse, ma che è stata soffocata nell'acqua. Colpita più volte mentre veniva immersa, ha subito l'estrema umiliazione di essere violentata anche mentre moriva. Visto che le lesioni agli organi sessuali sono ovunque. Le indagini scattano immediatamente, e portano all'arresto del proprietario della 127, Gianni Guido. Subito dopo viene arrestato Angelo Izzo. Il terzo componente della banda, Andrea Ghira, non verrà mai più catturato. Gianni Guido viene arrestato mentre si aggira attorno alla sua auto. E' probabile che avesse ascoltato le urla che provenivano dal bagagliaio della sua auto e volesse dare alla Colasanti il colpo di grazia. Chi è Gianni Guido? Un esaltato, gravitante nell'orbita degli ambienti neofascisti della capitale. Angelo Izzo è in libertà provvisoria, è stato da poco condannato per violenza carnale. Forse è per questo motivo che hanno ammazzato Rosaria e tentato di fare lo stesso con Donatella. Cos'ì com'è possibile che la situazione sia loro sfuggita di mano: hanno tentato infatti, prima di usare la violenza, di comprare la "compiacenza" delle sventurate.
Dopo un processo velocissimo, Guido e Izzo vengono condannati all'ergastolo nel 1976. tentano di fuggire nel 1977, prendendo in ostaggio un agente di custodia, ma vengono fermati. Nel 1980 Guido si vede ridotta la pena a trent'anni,in virtù dell'accordo di risarcimento della famiglia Guido con quella delle vittime. Trasferito in un altro carcere, a San Gimignano, diventa un detenuto modello. A tal punto di godere di ampia libertà. Infatti a gennaio 1981 Guido evade e ripara a Buenos Aires, dove viene successivamente arrestato:faceva il venditore di automobili.
Siamo nel 1985 e Guido, ricoverato in ospedale perché si è ferito nel tentativo di sfuggire alla cattura, mentre è in attesa di estradizione fugge nuovamente. Verrà definitivamente arrestato nove anni dopo a Panama. Izzo diviene un vero e proprio pentito di mafia,politico e quant'altro. Evade dal carcere di Alessandria il 25 agosto del 1994, ma viene arrestato venti giorni dopo in Francia. Entrerà, con le sue farneticanti accuse a tutti e a tutto in diverse inchieste a fine anni 90. Ghira non è mai stato nemmeno localizzato, e tutto purtroppo lascia prevedere che finirà i suoi giorni nell' oscurità, braccato come una belva dalla giustizia,che non ha mai smesso di cercarlo.





Dal sito www.googleimage.it
Pubblicato l'8 gennaio 2006 da Lisistrata

DONATELLA COLASANTI – ROSARIA LOPEZ
Due destini segnati dalla violenza e dalla bestialità dei maschi umani, due destini segnati dalla pena di morte che viene inflitta sempre e solo alle vittime innocenti


Forse i più giovani non ricordano, ma Donatella Colasanti, aveva solo 17 anni, quando, insieme alla sua amica Rosaria Lopez accettò l’invito di tre ragazzi, dal volto pulito, che si erano presentati con generalità false, per andare ad una festa.
Come potevano sapere le due ragazze che erano state scelte, non da un gruppo di bravi ragazzi per divertirsi insieme, ma da un branco di bestie feroci, che volevano dare sfogo alla loro fantasia mortale ?
Chi ha vissuto quegli anni sa che era normale fra i giovani invitare e accettare di partecipare a feste, ma le due ragazze quando arrivarono alla villa, non trovarono una festa fra giovani, ma vi trovarono il padrone di casa, che le aspettava, non per accoglierle garbatamente o allegramente come avviene fra giovani, ma per condurre a compimento un’orgia di barbarie e di devastazione sul corpo e sull’anima delle due povere e innocenti ragazze.
Eppure in quei giorni io ho sentito molte persone dire cose terribili ed ignobili, sulle ragazze: “se la sono cercata… se non avessero accettato di andare con degli sconosciuti non sarebbe successo…. se stavano a casa loro non avrebbe corso rischi….. le brave ragazze non escono da sole….”e tante altre ignominie.
Mi sono battuta allora, come mi batto ora per il rispetto delle persone e in particolare delle donne, poiché sono troppo spesso vittime dei maschi umani, e dell’ignoranza che permette a questi maschi di continuare a esercitare un dominio che è inaccettabile.
Le hanno sottoposte ad ogni tipo di sevizia e di tortura, sapendo fin dall’inizio che le avrebbero uccise, poiché la villa in cui le avevano condotte era di proprietà della famiglia Ghira ed i tre non volevano certo lasciare le loro tracce e farsi prendere, tant’è che Ghira scappò dall’Italia e rimase sempre uccel di bosco.
Donatella sfuggì per un soffio alla fine dell’amica, fingendosi morta, ma quest’esperienza segnò per sempre la sua vita ed io arrivo a pensare che la sua malattia, quella che l’ha uccisa il 30 dicembre scorso era anch’essa frutto dello stupro e delle torture inflittele, poiché da quel momento aveva cominciato a morire lentamente.
Non ha avuto giustizia Donatella, non ha avuto giustizia nemmeno Rosaria Lopez e non parlo solo della prigione alla quale Andrea Ghira si è sempre sottratto o dalla quale Angelo Izzo riuscì ad uscire per buona condotta per tornare ad assassinare due altre donne.
La vita non ha avuto giustizia! La cultura della morte ha vinto ancora una volta ed è tragico pensare che la pena di morte, di cui la nostra “civiltà” si vanta tanto di non applicare, in realtà viene applicata quasi ogni giorno e non contro assassini, stupratori, massacratori, ma contro le vittime ignare e indifese alle quali nessuno renderà mai veramente omaggio e giustizia. Nessuno scenderà per strada a fare una veglia perché venga loro risparmiata la vita.
Ebbene sappiate tutti che io non sono contro la pena di morte, quella che lo stato, secondo me dovrebbe infliggere a chi della vita non ha rispetto, esistono categorie specifiche di assassini, di violentatori, di massacratori, che non possono e non debbono essere perdonati e soprattutto non debbono tornare liberi di torturare e assassinare come ha fatto Angelo Izzo, condannando così a morte nei fatti altre persone che avevano tutto il diritto di vivere la loro vita.
Provate voi a mettervi anche solo per un attimo nei panni di Donatella, quando avrà saputo che anche Angelo Izzo e Gianni Guido hanno realizzato una serie di tentativi d’evasione di cui alcuni andati a buon fine e il Guido era riuscito per anni a far perdere le sue tracce, fino ad essere riacciuffato a Panama nel 1994, ma anche Izzo ebbe la sua parte di esaltante libertà dovuta alle fughe e provate ad immaginare dopo tutto questo, come si sarà dovuta sentire quando questo “carcerato modello e pentito” è stato liberato perché sinceramente pentito, talmente pentito da tornare a violentare, torturare ed assassinare due donne: la 14.nne Valentina Maiorano e sua madre Maria Carmela Lanciano, cosa sarà passato nella sua mente e nel suo cuore, se nemmeno la giustizia le ha dato soddisfazione?
(Vedi l'articolo su La Zanzara http://lazanzara.splinder.com/post/4687719#comment e sul vecchio Lisistrata www.lisistrata.com/2005approfondimenti/007sentenzadimorte.htm)
Provate a immaginare le notti di Donatella, quando il sonno non poteva giungere per il terrore rimasto inciso nella sua anima o quando si sarà tormentata per la fuga di Ghira e la beffa l’anno scorso per aver saputo che era legionario in Spagna, sepolto a Melilla (sempre che fosse proprio lui, cosa a cui Donatella non ha mai creduto) e le autorità italiane avrebbero potuto benissimo chiederne l’estradizione e incarcerarlo.
A Donatella non è stato riconosciuto nulla. Nessuno ha pagato veramente, nemmeno in denaro le è stata ricompensata una piccola parte di sofferenza, che di per sé non sarebbe certo stato sufficiente, ma almeno ne avrebbe sancito il valore, ma a Donatella e alla sua famiglia nulla dell’inferno che da quel momento è diventata la sua e la loro vita è stato risparmiato e suo padre sta ancora vivendolo, e lottando per questo riconoscimento, così come alla famiglia di Rosaria Lopez, forse la vita di queste due ragazze vale meno di quella dei loro massacratori assassini?
E molti di voi mi chiedono di aderire ad una campagna contro la pena di morte. Ebbene io aderisco ma contro la pena di morte che debbono vivere le vittime di quegli assassini che il diritto di vivere non hanno.
Non starò mai dalla parte di Caino, ma sempre da quella di Abele e se pensate che sia sbagliato, avete il diritto di pensarlo, ma prima di fare una campagna a favore dei tanti, troppi Caino che vorreste a piede libero, parlatene con chi ha dovuto affrontare la morte, la violenza, lo stupro da parte di queste persone che voi chiamate Caino, sapendo che un giorno potrebbero tornare a decidere della vita altrui, come troppe volte è accaduto. (Lisistrata)





Dal sito www.globalist.it
di Francesco Troncarelli

LA MUSICA NEL PALLONE. QUANDO BATTISTI GIOCAVA AL CALCIO
Morandi, Mogol, Fausto Leali alle prese col pallone. Gli inizi della nazionale cantanti con un colpo di testa a vuoto di Lucio Battisti. Quando Baglioni giocava in porta e aveva i capelli cotonati


Gianni Morandi fece partire un traversone dalla fascia destra, era un pallone teso, altissimo, imprendibile per tutti. Lucio Battisti giocava da attaccante e in quel momento si trovava proprio di fronte alla porta avversaria, seguì la palla con lo sguardo e quando gli passò in perpendicolare sulla testa, più per un riflesso condizionato che per un gesto atletico, si alzò sulle punte dei piedi senza mai sollevarsi da terra per cercare di intercettarla con la testa senza ovviamente riuscirci.
Un movimento da ballerino classico, più che da calciatore o aspirante tale che suscitò l'ìlarità dalle tribune dei 10 mila spettatori presenti all'Arena Civica di Milano che scoppiarono in una fragorosa risata. La scena fece ridere pure quelli che erano in campo, come ricorderà più tardi Mogol, amico e compagno di scrittura e avventure di vita del grande Lucio, anche se tutti loro sapevano benissimo che quella era la prima volta che Battisti metteva gli scarpini ai piedi.
Ottobre 1975, con un liscio di uno degli autori più grandi del panorama musicale italiano nasce la Nazionale Italiana Cantanti, o meglio il gruppo di artisti appassionati di calcio da cui poi nacque quella nazionale che ufficialmente dal 30 maggio '81 a oggi ha disputato 530 incontri con oltre 28 milioni di spettatori superando i 90 milioni di euro di donazioni.
Ma quella prima volta in campo, è rimasta nella storia dello spettacolo, e una foto ritrovata ce la racconta nel modo migliore, riportando all'attenzione generale, volti e canzoni di personaggi che hanno scritto pagine importanti del pop tricolore e che in maglietta e calzoncini e quelle capigliature esageratamente folte (ma che in quel periodo erano di gran moda al pari dei pantaloni a zampa d'elefante e le camicie coi collettoni), ci appaiono più "umani", più vicini a noi, che il calcio lo amiamo come amiamo la loro musica.
Eccoli allora i nostri eroi in posa stile squadra di calcio. Il primo in piedi da sinistra è Gian Pieretti, quello di "Pietre" il primo beatnik d'Italia con il brano icona di una generazione "Il vento dell'Est", poi in tuta (giocava in porta) Claudio Baglioni, il "passerotto" dei recenti trionfi sanremesi col capello cotonato alla "Libera e bella" ma senza quei pesanti occhialoni da intellettuale suggeritigli dalla sua press agent Donatella Raffai (futura conduttrice di Chi l'ha visto?) che gli erano valsi il soprannome di "Agonia". Claudio, fresco vincitore del Festivalbar con "E tu" sta per uscire con "Sabato pomeriggio" e Mogol che gli è accanto, gli ha messo la mano sulla spalla in segno di amicizia e di stima. Sandro Giacobbe, belloccio da copertina dei periodici per ragazzine, guarda in terra, probabilmente sta cercando le chiavi della casa della "Signora mia" che estenuata dalla corte, gliele ha lanciate dalla finestra.
Poi una coppia di attaccanti unici, Battisti, che il calcio lo pratica poco e tifa Lazio sulla scia del padre Alfiero e Morandi che il calcio lo pratica assai e tifa calorosamente Bologna. Sono le star della squadra, i gemelli del gol Pulici e Graziani, i Chinaglia e Garlaschelli con lo scudetto sul petto dei cantanti, i più amati insomma, non certo per i gol, ma per le loro canzoni.
Il primo degli accosciati è Oscar Prudente, autore per tanti ("Frutta candita" per il Gianni nazionale) e cantautore in forza alla "Numero uno" etichetta creata da Mogol e Lucio, poi l'unico precisino del gruppo, non a caso è un discografico che di solito veste in giacca e cravatta il cui nome dirà poco ai più, Federico Monti Arduini, ma se lo citiamo col nome d'arte che aveva scelto per passare dall'altra parte della barricata in sala d'incisione, qualcuno sicuramente lo ricorderà: il Guardiano del faro, che col suo moog aveva sfornato un brano che ha dominato le classifiche e vinto il Disco per l'Estate "Amore grane, amore libero" un lento da mattonella strepitoso che smuoverà anche gli animi dei più impegnati in quegli anni di piombo.
Segue Fausto Leali. Il "negro bianco" della canzone italiana come ancora viene chiamato in queglia anni, in questo periodo sta lavorando con Mogol ed ha appena realizzato con lui un 33 giri (oggi si chiamerebbe un CD) dal titolo "Amore amaro, amore dolce, amore mio". Dopo di lui chiudono la formazione in posa Paki leader dei Nuovi Angeli, quelli di "Donna felicità", "Singapore , "Color cioccolata" successi dal facile ascolto e dal successo popolare e Tony Cicco, il frontman napoletano della Formula 3, la band che accompagnava Battisti nelle esibizioni.
Arbitro d'eccezione della partita che i cantanti giocarono contro una formazione composta da attori e registi in cui giocavano tra gli altri Ugo Tognazzi, Franco Nero, Enrico Montesano, Philippe Leroy, Sandro Mazzola, icona del calcio italiano, il Baffo nerazzurro immortalato dal fotografo con la tuta dell' Inter con la stella sul petto dei dieci scudetti, la stessa che in quegli anni indossava da capitano. A Milano, in quella sera umida di ottobre, dovevano esserci anche Pier Paolo Pasolini e Ninetto Davoli, ma il loro aereo venne bloccato a Roma da uno sciopero dell' Alitalia (primo di una lunga serie..), con disappunto di Pasolini, grande appassionato di calcio che a Enzo Biagi che lo aveva intervistato qualche tempo prima per La Stampa, aveva detto: «Senza cinema e senza scrivere, mi sarebbe piaciuto diventare un bravo calciatore, perché dopo la letteratura l' eros per me è il football uno dei grandi piaceri».
Per la cronaca la partita contro la squadra degli attori e dei registi finì 1 a 1, gol di Don Backy (entrato nella ripresa) a cui rispose Franco Nero. Ma chi c'era quel giorno ricorderà per sempre per l'incredibile colpo di testa di Battisti.



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