Roberto CASONE

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(Archivio Magliarossonera.it)



Scheda statistiche giocatore
  Roberto CASONE

Nato il 13.02.1951 a Suardi (PV)

Centrocampista (C), m 1.78, kg 72

Stagioni al Milan: 5, dal 1968-69 al 1970-71, 1972-73 e 1974-75 (ad ottobre 1974 ceduto all'Arezzo) (di cui 4 con partite ufficiali, dal 1968-69 al 1970-71 e 1972-73)

Cresciuto nel Milan

Esordio nel Milan in gare ufficiali e in Coppa Italia il 19.03.1969: Torino vs Milan 1-0

Esordio nel Milan in Serie A il 12.10.1969: Palermo vs Milan 0-0

Ultima partita giocata con il Milan l'01.07.1973. Milan vs Juventus 1-1 (5-2 rig., finale di Coppa Italia)

Totale presenze in gare ufficiali: 19

Reti segnate: 0

Palmares rossonero: 1 Scudetto "De Martino" (1968-69), 1 Coppa delle Coppe (1973), 1 Coppa Italia (1972-73)

Esordio in Nazionale Giovanile il 10.11.1971: Italia vs Francia 3-1

Totale presenze in Nazionale Giovanile: ...

Reti segnate in Nazionale Giovanile: ...




Ha giocato anche con la Sampdoria (A), il Como (B), l'Arezzo (B), la Ternana (B), il Casale (C1), il Vigevano (Prom., Int.), la Sunese (Prom.).



dal sito www.indiscreto.it
8 marzo 2004

Quelle figurine che raccontano la vita meglio di noi
Il bello di un libro, secondo una tradizione di lingua ispanica, è che la storia che vi è narrata gira per il grande campo della realtà assumendo, pagina dopo pagina, colori sempre più fantastici. E se questa riesce a mantenere ben viva la tradizione del racconto orale con un linguaggio secco e senza fronzoli, meglio così, il libro vale ancor di più la pena leggerlo. Non sappiamo se Luigi Garlando discenda in qualche modo dal Cono Sur o abbia sangue hidalgo, sta di fatto che nel suo 'Cielo Manca' (editore Sonzogno) pulsa la stessa energia che dà linfa ai libri degli autori contemporanei più interessanti di idioma spagnolo, da Santiago Gamboa a Juan Manuel Fajardo, da Roberto Bolaño ad Andreu Martin.
Un equivoco alla base di tutto. Max Violanti, giornalista della Gazzetta dello Sport, inviato in Sardegna per un'intervista a Gianfranco Zola nei caldi momenti del sequestro Melis, viene rapito una notte, mentre sta dormendo proprio in casa del calciatore sardo. Non è certo lui il bersaglio dell'anonima sequestri, quanto il più famoso attaccante. Non fa niente, al tragico errore viene dato seguito con una richiesta di 10 miliardi di lire all'allora direttore della rosea Candido Cannavò e così Violanti incomincia un'immersione nei capitoli più nascosti della propria esistenza, esplorando i tratti più incidentali della sua personalità e scoprendo una micidiale capacità di liberare pensieri ed emozioni nel punto più alto cielo, in un'immaginazione salgariana inacidita dall'orrore della situazione. Il tutto, ficcato dentro una grotta del Supramonte e incatenato nel più totale e bestiale abbrutimento fisico. Lui e la sua maglietta dell'Inter dentro cui placidamente sognava al momento del prelevamento.
Uno scorrere delle ore lungo di 10 mesi in cui l'introspezione coatta fa il paio con una stupefacente comunicazione basata su alfabeto e segni che da sempre, per via di uno scatto naturale del nostro animo, ci rimandano a un momento aureo della nostra vita: le figurine dei calciatori. Tra i carcerieri del giornalista c'è il sordomuto Bernardo, proprietario di un infinito numero di figurine di quarant'anni di collezioni Panini, e attraverso assonanze e composizioni linguistiche con nomi e cognomi del giocatore, nazionalità, numero della maglia, società di appartenenza, i due danno vita a un dialogo continuo sui fatti del mondo e sulla sua situazione personale. È attraverso questo codice che Violanti viene a sapere della morte di Lady Diana, dei nove premi Oscar al Paziente Inglese, del morso di Tyson, dell'acquisto di Ronaldo da parte dell'Inter e della sconfitta dei nerazzurri in finale di Copa Uefa a opera dello Shalke 04, del Giro d'Italia vinto da Ivan Gotti...Ma anche della morte del padre e della maternità della sua compagna. E di un procedere delle trattative per la sua liberazione che spesso gli fanno temere il peggio. «Pagano?» chiede il protagonista calando la figurina di Rocco Pagano (Pescara, campionato '87-'88). «Non ancora, Cannavò è un avaro, risponde Bernardo mostrando quella di Fabio Cannavaro in maglia partenopea.
E l'universo senza frontiere delle figurine diventa il terreno su cui Violanti dà anima e sangue alla sua personale ricostruzione della realtà con l'immagine di Giacomo la Rosa (Roma, '71-'72) a ricordargli Rosa, la sua fidanzata; con quella di Pianta (Vicenza, '70-'71) ad arredare l'ingresso, con quella di Fernando Miniussi (Inter, '68-'69) a ricreare una sorta di portineria all'inizio del tunnel, tanto il secondo portiere dell'Inter di quella stagione gli sembrava un citofono; con quelle di Tavola (Juventus, '79-'80) e Maltagliati (Torino, '94-'95) a convincerlo della presenza di un piatto di pasta pronto per lui sul desco di casa. Arriva ad avere tutto a portata di mano, naso, bocca, orecchie, occhi e mente Violanti. Tutto tranne il cielo. Che gli manca. E che, nonostante un presente che gli impone di pensare al futuro né più né meno che a un'alea da superenalotto, vuole tornare fortemente a respirare. Quella stessa energia che un anno, quand'era ragazzino, mise nel tentativo disperato di completare l'album attaccando l'ultima figurina che non riusciva a trovare, quel Roberto Casone (Milan, '70-'71) che tra tanti celo, celo, celo continuava a mancare.
Luigi Garlando (anch'egli, come il suo protagonista, firma della Gazzetta dello Sport) ha scritto un libro dal geniale impianto narrativo con la capacità di mantenere la tensione allo stato dall'erta per tutte le circa 400 pagine, sparpagliando bene e male, amore e morte, memoria e speranza, thriller e magico realismo come appunto figurine che non hanno più un unico album su cui poter essere sistemate in fila, una dopo l'altra, ciascuna con la sua brava maglia e nella sua bella squadra. Con un finale liricamente inaspettato e così profondamente coinvolgente da passare sopra anche a lievi derive di stampo pieraccionesco (come lo stesso autore peraltro sembra confessare). Da consigliare? Se vi sentite pronti per un viaggio all'inferno e avete a gusto la poesia assolutamente sì.
(Corrado Ori Tanzi)




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Una giovanile dell'Alessandria con Roberto Casone in piedi, secondo da destra



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Roberto Casone e Karl Heinz Schnellinger, 1970-71


Roberto Casone, stagione 1970-71



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Stagione 1972-73
(per gentile concessione di Renato Orsingher)
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Stagione 1972-73
(per gentile concessione di Roberto Rolfo)



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Roberto Casone, stagione 1972-73
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(per gentile concessione di Luigi La Rocca)



dal sito TernanaNews.it
23 febbraio 2016 - di Marco Barcarotti

LE BOMBE DI CASONE
Roberto Casone ha rilasciato una lunga intervista a Marco Barcarotti per TernanaNews Magazine, intervista che vi proponiamo in anteprima sul nostro sito. 

Per questo numero di "TernanaNews" abbiamo incontrato un personaggio che sicuramente tutti i tifosi rossoverdi che hanno "vissuto" sugli spalti del Liberati negli anni Settanta non possono non ricordare. Un calciatore dalla forte personalità e dalle qualità tecniche innegabili, e che viene ricordato soprattutto per le sue.."bombe"! Infatti, ditemi voi, chi non associa il nome di Casone ai suoi esplosivi tiri piazzati? I difensori che erano costretti ad andare a formare la barriera lo facevano senz'altro controvoglia, visto i "missili" che rischiavano di "intercettare"! Roberto Casone nasce a Suardi (PV) il 13 febbraio 1951, e cresce calcisticamente nelle giovanili dell'Alessandria, per poi approdare al Milan, nel ruolo di centrocampista, dove arriverà in prima squadra nel campionato 1968-69, rimanendo con la blasonata squadra lombarda per tre stagioni. Successivamente vestirà anche le maglie di Sampdoria, Como, Arezzo, oltre a quella del Milan in altre due stagioni. Alla Ternana arriva nell'estate del 1975, quando la nostra amata formazione era appena retrocessa per la seconda volta dalla serie A. Rimarrà in casacca rossoverde fino al termine della stagione 1978-79, quando accetterà il trasferimento al Casale, in serie C1, dove rimarrà per due stagioni. Successivamente vestirà anche la maglia del Vigevano, Società con la quale concluderà la sua carriera di calciatore ed intraprenderà poi quella di allenatore.
Oggi Casone vive nella sua Suardi (PV) e continua a "frequentare" il mondo del calcio con il ruolo di allenatore, pur se in questa stagione non ha nessun contratto, mentre lo scorso anno ha allenato la squadra del Tortona Villalvernia, in Eccellenza Regionale.
Da dove proveniva il suo amore per il calcio?
"Dal fatto che a quei tempi un bambino aveva veramente pochi divertimenti, ed il calcio era sicuramente quello più facilmente a portata di mano. Bastava un pallone e qualunque spazio per potergli dare due calci ed il divertimento era assicurato. E poi io spesso venivo chiamato dai ragazzi più grandi a giocare con loro".
Quando ha capito che il calcio sarebbe stato il suo futuro?
"Io ho sempre giocato per il semplice piacere di farlo, perché avevo una passione infinita! E più giocavo e più mi rendevo conto di avere delle qualità. Da bambino avevo tanta volontà, e spesso giocavo da solo, davanti ad un muro, per ore ed ore, in una specie di tennis dove il mio avversario era quel muro. A dimostrazione di quanto detto c'è da notare che il colpo di testa non è mai stato il mio forte, proprio perché non ho mai avuto nessuno che me lo insegnasse. Quando militavo nelle giovanili dell'Alessandria, che partecipava al campionato di serie A, all'età di 15 anni e mezzo, venni convocato in prima squadra, ma il destino mi giocò un brutto tiro mancino! Mio padre morì all'improvviso il giorno prima della partita del potenziale esordio, ed io tornai a casa al suo capezzale, perdendo così, oltre a mio padre, anche la possibilità di diventare il giocatore più giovane ad esordire nella massima serie. Record che era di Gianni Rivera, anche lui con l'Alessandria".
Prima di arrivare in casacca rossoverde, lei ebbe modo di incrociare la sua futura squadra nella stagione 1973-74, quando vestiva la maglia del Como. E proprio contro la sua squadra di allora la Ternana riuscì a spuntarla nella corsa alla serie A. Il 26 maggio 1974 si giocò Como-Ternana, determinante ai fini della classifica finale, con un numeroso seguito di tifosi rossoverdi sulle sponde del lago lariano. Ricorda quella partita finita 1-1?
"Sinceramente ho dei ricordi abbastanza vaghi di quella partita. Ricordo però nettamente la marea di gente che arrivò da Terni, ed anche che fu una partita tiratissima e decisiva ai fini della promozione in serie A. Invece ricordo molto bene la partita di andata, in campo neutro a Firenze. Anche questa volta per un motivo personale: pure quel giorno non potei scendere in campo perché il giorno prima avevo perso mia madre. Una storia che si ripeteva per un destino beffardo".
Come arrivò poi alla Ternana?
"Ero stato notato da Omero Andreani, allenatore in seconda dei rossoverdi, quando militavo nell'Arezzo e mi propose la possibilità di approdare alla Ternana, grazie anche al contributo di Varo Conti, il segretario della Società. Ho accettato senza pensarci molto perché la Ternana era una società con una buona reputazione".
Quando arrivò a Terni, che ambiente trovò?
"Era una città assolutamente vivibile ed a "misura d'uomo". Io mi innamorai immediatamente della città e dei suoi innumerevoli favolosi dintorni. All'inizio però non fu facile, anche perché il giorno del mio arrivo da Arezzo lo feci alla guida della mia Porsche (che in verità mi era stata data da un caro amico), e fui subito etichettato come il "fighetto" che arriva in provincia, in una città operaia. Fautore di questa stramba tesi fu prima di tutto Mister Fabbri, il quale aveva sostituito Galbiati, e con il quale non riuscii mai a legare più di tanto. Ad un certo punto della stagione non mi convocò più, ed addirittura in quella successiva mi mise fuori rosa, non portandomi nemmeno in ritiro per la preparazione, costringendomi così ad allenarmi da solo nel campo del vecchio stadio di Viale Brin. Solo con l'arrivo di Mister Maldini fui reintegrato definitivamente".
Il fatto di scendere in serie B con Arezzo prima e Ternana poi, dopo che aveva calcato i campi europei con la maglia del Milan, e conquistato anche una Coppa Italia, lo prese come una sconfitta professionale?
"Assolutamente no! A Terni ci venni molto volentieri, visto che sia Mister Galbiati che Andreani, mi fecero sentire importante. Eventualmente l'errore lo feci l'anno prima quando decisi di andare ad Arezzo in serie B, per il semplice fatto che Mister Giagnoni voleva trattenermi al Milan, ma io non volli sentire ragioni: se non ero da Milan era meglio andare altrove! Il risultato fu che retrocedemmo in serie C, anche per via di una squalifica del campo di 10 giornate! Ricordiamo che in quegli anni non c'era ancora la figura del procuratore, e per un giovane calciatore era più facile commettere degli errori".
A Terni ha avuto allenatori di grande spessore, come Fabbri, Maldini, Marchesi, Ulivieri, oltre a Galbiati ed Andreani. Con chi legò maggiormente, e perché?
"Di Fabbri e Galbiati ho già detto. Sicuramente ebbi un buon rapporto sia con Andreani che con Maldini, il quale conoscevo già dai tempi del Milan, e con cui avevo un rapporto bellissimo. Ma l'allenatore con cui legai maggiormente fu senz'altro Marchesi, con il quale avevo un rapporto molto schietto e sincero. Quando l'anno successivo andò all'Avellino, mi voleva portare con lui, ma io rifiutai perché non volevo lasciare Terni per nessun motivo. Con Ulivieri invece mi scontrai più volte, dato che lui aveva un carattere per cui valeva solo la sua parola. Solo diversi anni dopo, da allenatore, il rapporto con lui si è chiarito e sistemato".
Al suo arrivo in rossoverde, la Ternana era appena scesa in B per la seconda volta. Ricorda quale era lo stato d'animo dell'ambiente? Si sarebbe provato nuovamente a vincere il campionato o ci si accontentava di una stagione di transizione?
"Era chiaro che sarebbe stato un anno di transizione, con la conferma di 7-8 giocatori dell'anno precedente, e molti giovani, ed anche con un allenatore nuovo, oltre al cambio dirigenziale, con il neo-presidente Tiberi. Ovviamente, in tali condizioni, l'ambiente non poteva che essere un po' depresso".
Alla seconda stagione con le "Fere" avvenne un vero e proprio "miracolo". Infatti a tre giornate dal termine la Ternana era quasi spacciata, a 3 punti dalla zona salvezza e a 5 dal Catania (le vittorie ancora assegnavano i 2 punti). Con le vittorie interne su Ascoli ed Avellino, e soprattutto con quella esterna a Catania alla penultima giornata, si avverò il sogno-salvezza, proprio a spese degli etnei! Ricorda le emozioni di quei giorni? Che esperienza professionale fu per lei?
"Incredibilmente emozionante, e senz'altro una delle più belle della mia intera carriera! Vincere in un ambiente "ostile" come quello di Catania fu una vera impresa. Ci preparammo scrupolosamente ed andammo con la consapevolezza di giocarci il tutto per tutto. Ricordo i tifosi che vennero ad aspettarci al nostro ritorno ad Orte per festeggiare quell'impresa: quanta emozione! La necessaria vittoria nella partita successiva, ultima di campionato, contro l'Avellino, fu una vera e propria formalità".
Proprio quella stagione iniziò per lei in maniera anomala. La Società voleva cederlo, e siccome lei non firmava il contratto lo rispedì alla società di provenienza (Arezzo), poi venne reintegrato in rosa e finì la stagione in rossoverde. Cosa accadde di preciso?
"Il mio contratto con la Ternana era scaduto e non si riusciva a trovare un accordo per rinnovarlo. Ma il motivo vero era la "ruggine" che si era creata l'anno precedente con Mister Fabbri, il quale mi teneva fuori squadra e non mi permetteva di allenarmi come avrei dovuto. Fu a quel punto che mi rivolsi all'Aic (il "sindacato" dei calciatori), ed anche con l'aiuto del giornalista Bruno Barabani riuscimmo a trovare un accordo, e quindi tutto si sistemò. Tanto è vero che il Presidente Tiberi venne poi al mio matrimonio facendomi da testimone".
Nella stagione successiva, quella del 1977-78 arrivò in panchina Mister Marchesi. Infatti fu sicuramente un ottimo campionato, dove la Ternana alla fine si piazzò quarta, a soli due punti dalla zona promozione. Nonostante questo, al termine ci fu molta delusione per la mancata promozione in A, dopo che fino a poche giornate dal termine la formazione rossoverde si era trovata stabilmente in zona promozione Cosa successe veramente?
"Avevamo un allenatore emergente, ed eravamo un gruppo molto affiatato, con noi "vecchietti" che avevamo messo le radici a Terni e ci tenevamo tantissimo a far bene. Non avremmo mai accettato nessun tipo di compromesso! Non ci fu nulla di "losco": la verità fu che nelle ultime giornate calammo fisicamente e questo compromise l'esito del campionato".
Nella stagione successiva si cambiò ancora, ed alla guida della Ternana arrivò Mister Ulivieri, con il quale le "Fere" si piazzarono al termine del campionato a metà classifica. Lei disputò circa la metà delle partite.
"Con Ulivieri non ho avuto mai un gran bel rapporto. Probabilmente lui pensava che noi "vecchietti" volevamo fare un po' i "boss" nello spogliatoio e questo pregiudizio nei nostri confronti rovinò il rapporto tra noi. Per quanto mi riguarda era una persona con cui non era semplicissimo andarci d'accordo".
Nelle sue quattro stagioni in rossoverde ebbe un unico presidente: Gianfranco Tiberi. Che rapporto aveva con lui?
"Il primo anno ebbi dei problemi, come detto, per via del contratto, dove io "tirai un po' la corda" sull'aspetto economico. Credo che in quel momento fosse abbastanza normale, visto che arrivavo dal Milan, ed è per questo motivo che da me pretendeva sempre qualcosa di più. E poi c'era la storia della Porsche che mi aveva un po' penalizzato, dato che con me era un pochino prevenuto. Con Mister Fabbri sulla panchina rossoverde mi trovavo spesso in difficoltà, visto che per ogni contrasto che si creava con lui, il Presidente difendeva le sue ragioni. Ma con l'arrivo di Maldini prima e di Andreani poi, le cose cambiarono completamente. Quando poi arrivò Mister Marchesi lcose presero definitivamente la piega giusta, nonostante il fatto che decise di non far fare più a me il capitano della squadra ma a Volpi".
Tra i tanti compagni di squadra di quelle quattro stagioni, ne ebbe anche alcuni che purtroppo ci hanno lasciato troppo presto: Rosa, Donati, De Rosa. Ce li può descrivere come uomini di spogliatoio?
"Con Angelino Rosa avevo un bellissimo rapporto dato che era una persona seria e sincera. Abitavamo anche vicini e quindi ci frequentavamo anche al di fuori del calcio. Con Donati avevo un rapporto normale, diciamo "di lavoro", mentre con De Rosa feci un po' da "padre tutore" visto che quando arrivò a Terni era giovanissimo ed inesperto. E poi viaggiava spesso con me quando rientravamo nelle rispettive famiglie".
Al termine della stagione 1978-79 venne ceduto allo Junior Casale in serie C. Considerando che nel campionato successivo la Ternana retrocesse in serie C, possiamo dire che fu preveggenza?
"Io non avevo nessuna intenzione di lasciare Terni, dove mi ero ambientato benissimo, dopo quattro anni di permanenza. Fu il Diesse Cardillo che mi prospettò l'ipotesi di andare all'Alessandria, con un contratto molto soddisfacente dal punto di vista economico, confidandomi che l'anno successivo anche lui e Mister Andreani si sarebbero trasferiti nella società piemontese. Io partii per Alessandria, che è la città di mia moglie, facendo direttamente il trasloco della mia casa, ma quando mi presentai in Società scoprii che le cose non erano esattamente nei termini prospettati da Cardillo: il contratto prevedeva una cifra di gran lunga più bassa. A quel punto ci fu la proposta del Casale che accettai senza pensarci troppo. L'anno successivo, sia Cardillo che Andreani, arrivarono al Casale, ma a me non venne rinnovato il contratto, e quindi mi trasferii al Vigevano".
Che ricordo ha di Terni e dei suoi tifosi?
"Mi emoziono solo a parlarne! Ho lasciato veramente un pezzo di cuore nella vostra città. I ternani sono gente semplice, attaccatissima alla squadra, e con noi non ci fu mai una contestazione, neanche quando le cose non andavano benissimo. Avevo molti amici in città, e non c'era un lunedì che non ero invitato a cena da qualcuno di loro".
Colgo l'occasione per salutarli tutti ed augurare le più grandi soddisfazioni a loro ed alla "nostra squadra del cuore".

La carriera di Casone in rossoverde
1975-'76 (Serie B):Presenze in campionato:11,Goal realizzati:0  
Presenze in Coppa Italia: 4, Goal realizzati: 1  
1976-'77 (Serie B):Presenze in campionato:27,Goal realizzati:3  
Presenze in Coppa Italia: 0, Goal realizzati: 0  
1977-'78 (Serie B):Presenze in campionato:29,Goal realizzati:4  
Presenze in Coppa Italia: 4, Goal realizzati: 2  
1978-'79 (Serie B):Presenze in campionato:18,Goal realizzati:0  
Presenze in Coppa Italia: 1, Goal realizzati: 0  
La carriera di Roberto Casone:  
1966-'68: Alessandria  
1968-'71: Milan  
1971-'72: Sampdoria  
1972-'73: Milan  
1973-'74: Como  
1974: Milan  
1974-'75: Arezzo  
1975-'79: Ternana  
1979-'81: Casale  
1981-'83: Vigevano  
1966-'67: Nazionale Juniores  
1971-'72: Nazionale Under 21
1972-'73: Nazionale Under 23




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(dal sito TernanaNews.it)
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