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13 maggio 1989 - pagina 27 - Sezione Sport - di Leonardo Coen
CONFUSIONE FINALE
La situazione non è poi migliorata nemmeno alle nove e tre minuti, quando finalmente il botteghino ha aperto. Ci sono state scene di panico: sei persone hanno rischiato di soffocare nelle spinte. Per fortuna si è riusciti ad estrarre coloro che erano in difficoltà dalla folla che li schiacciava contro le lamiere della baracca-biglietteria. Era prevedibile che ci sarebbe stata ressa per accaparrarsi quei biglietti: gli sportelli aperti sono stati inizialmente soltanto due. Infine, dopo le pressioni di poliziotti e carabinieri, se ne è aggiunto un terzo. Operazioni lentissime. Il tutto in un contesto degno del terzo mondo, dove ordine ed efficienza latitavano. Chimere che erano invocate dai tifosi: Invece di chiacchierare, cercate di mettere ordine nelle file gridavano tutti a poliziotti e carabinieri. Da parte delle forze dell'ordine la risposta era uno scarico di responsabilità a chi aveva organizzato la prevendita. Insomma, nei dintorni del Milan A.C. non tutto marcia secondo i santificati criteri berlusconiani di rapidità nell'efficienza. Sua Emittenza, nel suo impero che vale 16 mila miliardi e conta su 25 mila sudditi, teorizza l'efficienza e il dinamismo. Virtù totalmente assenti ieri mattina. Colpa di chi? L'ufficio stampa della squadra di Gullit e Van Basten replica che il Milan non ha alcuna responsabilità nel disservizio: Io stesso mi sono recato a Barcellona per portare in Italia 45.197 biglietti, ventimila in più della quota spettante alla nostra squadra secondo le norme dell'Uefa spiega un irritato Guido Susini, addetto stampa del club rossonero. Che continua: Questo per dire quanto noi del Milan teniamo alle esigenze della nostra tifoseria. E non stiamo parlando della quota di biglietti dello Steaua di Bucarest, che potrebbero essere girati al Milan. Abbiamo dato alla P.A.I.S., l'associazione che gestisce le biglietterie di San Siro, l'incarico di vendere 4300 biglietti, così distribuiti: 1500 in gradinate da tredicimila lire, 2800 in posti numerati da trentaduemila lire. Ricordo inoltre che le biglietterie dipendono dal Comune di Milano. Come dire: noi ci siamo limitati a consegnare il malloppo. Non a distribuirlo. Sarà: ma che fine hanno fatto i 2800 posti numerati? Pochi minuti dopo l'apertura dello sportello competente, soddisfatti un'ottantina di tifosi, si è chiuso il rubinetto erogatore. Ogni tanto qualcuno gridava Al bagarino!, come un tempo si gridava Al ladro! al ladro!. Ma a che serviva la protesta? Forse a sfogare la propria impotenza: magari consolandosi sapendo che c'era chi se ne andava via - bagarini? Addetti dei Milan clubs? - con borse zeppe di biglietti. Rabbia e delusione fra i tifosi che avevano piantonato l'area della biglietteria fin dalla sera precedente e che si vedevano scippati del loro diritto di acquirenti. La verità è che al grande calcio i cani sciolti piacciono sempre di meno: le trasferte, le partite importanti, le finali di Coppa sono diventate un business turistico-sportivo imponente ed incontrollato. A volte legato alle società: è alle agenzie che assorbono quasi tutti i biglietti dei match, così che l'abbinamento viaggio-soggiorno-partita diventa l'unica strada facilmente praticabile, quasi un percorso obbligato. Ahinoi!
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19 maggio 1989 - pagina 26 - Sezione Sport
MILAN, DIRETTA TV IN PERICOLO
BARCELLONA - C'è una minaccia sulla diretta di Milan-Steaua Bucarest, la finale di coppa campioni in programma a Barcellona mercoledì. Per il giorno 24 gli operatori della tv spagnola e di quella catalana hanno aderito allo sciopero dichiarato dai sindacati per il rinnovo del contratto di lavoro. In realtà l'agitazione è più ampia e coinvolge tutti i dipendenti della Tve, la radiotelevisione iberica, i quali saranno in sciopero il 23, 24, 25. Quale particolare forma di lotta i lavoratori hanno scelto proprio la sospensione delle dirette, una misura che colpirebbe espressamente la partita cui sono interessati gli sportivi italiani. Per scongiurare che la trasmissione salti, si stanno sviluppando contatti in queste ore fra i sindacalisti e i responsabili delle televisioni spagnola e catalana. Richieste pressanti provengono dalle televisioni straniere interessate alla ritrasmissione dell'evento. I dirigenti dei sindacati pare stiano pensando di concedere una deroga ai propri iscritti permettendo loro di lavorare per le poche ore necessarie al collegamento. Il giornale Sport, molto diffuso in Catalogna, offrirà ai tifosi del Milan che seguiranno la partita al Nou Camp una serie di servizi: statistiche, immagini, reportage sulla storia della loro squadra e della coppa campioni. Nelle pagine del giornale, redatte in italiano, saranno presentati anche numerosi servizi sulla partita.
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23 maggio 1989 - pagina 36 - Sezione Sport
DUE PAREGGI NELLE PRECEDENTI AMICHEVOLI
La partita sarà trasmessa in diretta su RaiUno alle 20.10 di domani. Alla stessa ora anche il collegamento su TeleMontecarlo e su Capodistria. E sempre alle 20.10 la radiocronaca su RadioUno. Solo due i precedenti tra Milan e Steaua, due amichevoli a San Siro. I risultati: 0-0 nell'agosto '87 e 1-1 nell'aprile '88, con gol di Gullit e Hagi. Il Milan giocherà in maglia bianca, senza il nome dello sponsor, come vuole il regolamento Uefa per la finale. A tifare Milan a Barcellona ci saranno anche i giocatori di Ajax e Psv, ex compagni di Van Basten, Rijkaard e Gullit. Koeman e compagni arriveranno questa sera con un volo da Amsterdam. Il presidente della Roma, Viola, ha prenotato la maglia con cui Carlo Ancelotti giocherà la finalissima. A partire da oggi, per tre giorni il quotidiano spagnolo Sport inserirà nelle proprie pagine un fascicolo in lingua italiana. In italiano saranno anche dei brevi notiziari in onda ogni mezz'ora alla radio catalana. Per i tifosi milanisti in trasferta sarà a disposizione anche un numero telefonico (lo 010) che diramerà informazioni sulla città. In un'intervista Berlusconi ha giudicato Van Basten Il miglior straniero del campionato. Il contratto verrà discusso con tutti e tre gli olandesi giovedi.
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23 maggio 1989 - pagina 36 - Sezione Sport - di Licia Granello
AL NOU CAMP CON GULLIT
CARNAGO - Frankie Rijkaard è sdraiato su un tappetino a bordo campo. Si gira nel sole mentre i suoi compagni si scannano sotto gli ordini di Sacchi. A volte una vescica sotto il piede (destro) vale una mezza giornata di riposo in più. Nessun problema: hanno dovuto inciderla e adesso deve asciugare. La finale? Forse è meglio che la salti, così sarò più in forma per il campionato.... C'è una buffa spaccatura in squadra, nel giorno della grande vigilia, fra chi vive sdrammatizzando e chi prende tutto sul serio. La tensione gioca in modi diversi nei cuori dei giocatori. Mauro Tassotti, per esempio, non finge quando racconta le sue paure: La concentrazione, quella viene da sola. C'è un po'di timore, ma è normale quando ti giochi tutta la stagione in 90'. Fra tante mani che scrivono, anche quella di Rijkaard: Mi può dire che cosa pensa dello Steaua?. Chiede al compagno esterrefatto. Ridono tutti, Tassotti abbozza appena. Frankie cerca di arrivare a Barcellona con il sorriso sulle labbra, il difensore vuole per sé calma e misura. Dice: Ognuno ha reazioni individuali. Per me, ad esempio, sarebbe importante cominciare bene la partita. Sganciarmi bene sulla fascia, fare bene il fuorigioco. Perché se cominciano a portarti via un paio di palloni, o sbagli una volta a scattare in avanti, ti prende l'ansia, magari non rischi più e questo è un errore perché è in quel momento che rischi davvero. Lo Steaua è una squadra rognosa, più brava del Real. Hanno delle buone individualità, ma soprattutto una grande organizzazione di gioco. Non per niente ci hanno battuto anche in nazionale. Rispetto a noi hanno più pazienza, sono 'liedholmiani', possono passarsi la palla cento volte e poi accelerare di colpo. Noi invece giochiamo più sul ritmo. Ma non dobbiamo spaventarci se non riusciamo a stanarli subito: altrimenti il nostro gioco diventa come troppe volte quest'anno, asfittico, sterile, monotono: tanto possesso di palla ma nessuno in grado di fare la giocata ad effetto. Anche Ancelotti prende le distanze dalla finale facile: A loro non gliene frega niente di giocare alla grande. Sono capaci di puntare ai rigori fin dall'inizio. Quindi calma e sangue freddo, dal primo all'ultimo minuto. Il centrocampista è compagno di stanza di Gullit: gli chiede mille volte al giorno come sta. L'olandese invariabilmente risponde: Ho il giusto feeling, vuol dire che vinciamo e ad Ancelotti gli si allarga il cuore. Gullit ripete anche le percentuali del suo stato di forma: ad ogni giornalista regala un mezzo punto in più: Sono al 62%, no, al 62.5%, forse domani sarò al 63%. Oggi va meglio di ieri, domani dovrebbe andare meglio di oggi. Giocare tutta la partita? Dipende. Fare il gol della vittoria? Magari. Entrare dall'inizio? Se è possibile. Rijkaard si riscopre serio e spiega: Nessuno di noi pensa che questa partita sia una passeggiata, anzi. Siamo convinti che sarà difficilissima. E infatti la cosa più importante è prendere le distanze dall'euforia di chi ci sta intorno. I giornali sono ottimisti, noi realisti. Dietro di lui Tassotti: Possiamo anche perdere, ma sicuramente non per presunzione. Il terzo olandese, Van Basten, si ritaglia uno spazio personalissimo per l'ennesima autodifesa: Dicono che ho già firmato per il Barcellona. Sono tutte balle. Ma la faccia è tranquilla e la notizia che i giocatori di Ajax e Psv (fra i quali Marco ha gli amici più cari) saranno a tifare Milan al Camp Nou, lo mette di ottimo umore. Sta benissimo anche Maldini, rientrato alla grande contro il Cesena. Gli chiedono se è emozionato e lui risponde serafico di no: Sicuramente lo è più mio padre di me. E se vinciamo sarà lui il più felice della famiglia. Il bollettino sanitario è in miglioramento continuo. Ieri mattina si è allenato anche Virdis. Filippo Galli, invece, ha svolto metà lavoro con i titolari e metà con le riserve. L'ipotesi più accreditata è che Sacchi schieri la stessa formazione di Milan-Real, con Costacurta centrale, Rijkaard e Ancelotti a centrocampo, Gullit in campo fin dal primo minuto, Evani in panchina.
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23 maggio 1989 - pagina 35 - Sezione Sport - di Leonardo Coen
IN MARCIA IL POPOLO MILANISTA
MILANO - Persino la Regione Lombardia ha organizzato il suo bravo volo charter con 167 fedelissimi rossoneri. Banche ed assicurazioni della compassata City milanese hanno visto gli uffici del personale letteralmente bombardati da richieste di ferie. La febbre del tifo ha contagiato la Milano degli affari e quella della politica, il viaggio a Barcellona è diventato lo status symbol del momento, il settimo sigillo dello sportivo meneghino. Non importa come ci si va: importa essere domani sera sulle ramblas, i grandi viali del centro storico, la notte del match fra il Milan e la Steaua di Bucarest. Per far festa. Sarà una festa in trasferta, mille chilometri da Milano, in una città sotto certi aspetti vicina al capoluogo lombardo. Tutte e due capitali della moda, delle tendenze, dell'editoria, delle tv commerciali, dell'imprenditoria rampante. Tutte e due governate da sindaci socialisti. L'alcalde Pasqual Maragall che ha tifato due settimane fa per il Barcellona contro la Sampdoria in Coppa delle Coppe e Paolo Pillitteri, che però è interista. Nel giro di un mese amici e tifosi del Milan si sono passati parola: Tutti a Barcellona. E così sarà. Anzi, così sta succedendo. Il Grande Esodo dei settantamila supporters milanisti è infatti già cominciato: in aereo, in auto, via mare, in treno. Il primo convoglio speciale per la Catalogna parte oggi pomeriggio alle sedici e quindici dalla Stazione Garibaldi, 2016 ultras si sono accontentati di un passaggio per 255 mila lire, altri 800 hanno aggiunto sessantamila lire in più e sfrutteranno le cuccette. Il duca milanista Amedeo d'Aosta e la seconda moglie Silvia stasera cenano al superbo ed aristocratico Hotel Ritz de la Gran Via de les Corts Catalanes: la trasferta del cugino di re Juan Carlos è anche una passerella promozionale per i vini del consorzio Savoia-Aosta appena nato, dieci miliardi di fatturato e un milione di bottiglie vendute in otto mesi. Il duca contadino vorrebbe abbinare il suo blasone a quello del Diavolo rossonero. Vino e calcio col patrocinio di Sua Emittenza? Silvio Berlusconi ha preparato il buffet freddo in caso di vittoria, sempre al Ritz, ma l'invito è riservato ai soliti Vip e ai divi delle sue televisioni. Il re dei network ama gli spalti pieni quanto i salotti selezionati. Crisi permettendo, Barcellona vedrà anche una nutrita pattuglia di onorevoli e ministri più o meno in carica gridare Forza Milan: a cominciare da Claudio Signorile e Gianni Rivera. Tuttavia i veri protagonisti di questo Grande Esodo saranno i forzati del tifo, quelli dell'andata e ritorno in giornata, in corriera o in charter. L'aeroporto del Prat funzionerà a ciclo continuo per chi sarà costretto a riprendere forsennatamente la rotta di Linate e della Malpensa. Ma è sulle autostrade che si sta riversando in queste ore non solo l'armata dei 1403 Milan clubs (con 444 torpedoni) ma anche l'esercito dei cani sciolti, i tifosi senza scuderia. Una fiumana di diecimila automobili e di quasi mille pullman che a partita conclusa, si rimetteranno in marcia verso casa. Non tutti hanno trovato da dormire a Barcellona: l'invasione milanista ha messo in crisi le non eccelse strutture alberghiere della città catalana. Per fortuna che è venuta in soccorso la Costa Brava. Un fenomeno nuovo, per Milano e forse per l'Europa: tradotto in cifre, vuol dire cinquanta miliardi di lire scucite senza batter ciglio per una partita di calcio. Ai quali bisogna aggiungere il valore indotto delle ore di trasmissione tv, nonchè il ritorno d'immagine sui mass media. Per Berlusconi, una grossa scommessa vinta in partenza. Lo dimostrano appunto i settantamila in marcia per Barcellona, prova di fiducia di una tifoseria altresì delusa dal campionato. Con l'Inter che si appresta a battere ogni record in serie A, e questo Milan che si trascina una massa imponente di aficionados si può proprio dire che il football milanese mai come quest'anno ha risvegliato e soddisfatto la città. Perchè il calcio messo in scena dalle due squadre meneghine unisce allo spettacolo sportivo le capacità manageriali di due presidenti che guidano con mentalità industriale anche i loro club.
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23 maggio 1989 - pagina 35 - Sezione Sport - di Gianni Mura
POVERI MA BRAVI GLI UOMINI STEAUA
BARCELLONA - Non ci fossero nove giornalisti italiani, sei spagnoli e due poliziotti, l' arrivo della Steaua passerebbe del tutto inosservato. I giocatori hanno la nuova divisa sociale, verdolina, made in Italy, come le cravatte. L' unico non in divisa è Valentin Ceausescu, presidente onorario, faccia furba, occhi ironici. Simpatico, direi, se uno non pensa a qualche cosetta che ha combinato suo padre. Polo a righe orizzontali blu e rosse sotto una giacca di buon taglio. Milan very strong dice. Sul volo partito da Bucarest non ci sono tifosi al seguito della squadra. Solo qualche moglie, il ct della nazionale Jenei, l' ex portiere Ducadam, chiamato l' eroe di Siviglia (quattro rigori parati al Barcellona). Dopo aver chiuso col calcio a causa di una trombosi e dopo due operazioni alle mani, adesso è dirigente dell' Arad, una squadra di serie B. Dice Ducadam: Oggi la squadra è più tranquilla di quella che vinse a Siviglia, allora c' era tensione, era la nostra prima finale. E secondo me l' attuale Steaua è pure più forte tecnicamente. Andiamo bene. Passa Lung, il portiere alto 1.94, che nel fisico ricorda Cudicini: Schiena bene, nessun problema, non mi sono allenato ma posso giocare. Andiamo bene. Passa in silenzio il genietto Hagi, a vederlo non gli dai due lire, tarchiatello, senza collo, qualcosa nella testa che ricorda Matthaeus, ma il sinistro, garantiscono i romeni, ricorda Maradona. C' è Lacatus, capello lungo e occhio da lupo, c' è Bumbescu il Terrificante, quello che ha sfasciato una caviglia a Klinsmann in una partita amichevole, ci sono minigonne di pelle rossa, stivaletti con tacco alto, braghe da ciclista intervallate alle divise verdoline. Parlano in pochi, c' è molto vento, infilarsi sul pullman deve essere un sollievo. Jenei, ora sta in panchina della Nazionale ma la notte del trionfo era in panchina a Siviglia: Forse allora la Steaua costituiva una sorpresa, adesso no. Il Milan è una squadra fortissima, ma noi non partiamo battuti. Perché non sentite il mio collega Iordanescu?. Pronti. Iordanescu parla un inglese lento ma preciso. A Siviglia era andato in campo nei supplementari, a tirar la carretta a centro campo. Puiu (pulcino) è il suo soprannome. Non è un colosso, insomma. Differenze fra le due finali? Una, molto importante: che questo Milan è più forte di quel Barcellona e per superarlo noi dovremmo dimostrarci molto più forti di quella Steaua. Ci piace imporre il nostro gioco, ma ci rendiamo conto che il Milan non è il Galatasaray, che ha ben altro valore. Saremo forse costretti a difenderci, nessun problema, sappiamo farlo. E poi, chi ci dà favoriti? Nessuno. E allora decida il Milan come vuole giocare. Sacchi penserà di avere individuato i nostri punti deboli, come penso di avere individuato io i loro. Uno, almeno, è l' eccessivo uso della trappola del fuori gioco, che può riservare brutte sorprese. Sorride, saluta e se ne va. Sembra, in formato ridotto, un parente di Maifredi. Strano come continui a rimbalzare qualcosa di italiano in questa squadra. Il presidente, Cristian Gatu, ha giocato diversi anni a Follonica nella squadra di pallamano. Dopo le polemiche sui biglietti, sorride anche lui, a tutti denti: Vado in ritiro, preferisco non dire nulla. Tanto, a decidere tutto sono i giocatori. E' evidente che nel gioco dei ruoli non c' è da pensare molto per decidere chi è il ricco e chi è il povero. Resta da spiegare (ma non in questo vento, né in questa occasione) come mai la Steaua sia così forte. Impressiona relativamente il fatto che l' ultima sconfitta in campionato risalga al 18 giugno 1986: perse 4-5 all' ultima giornata sul campo del Craiova, quando la squadra dell' esercito aveva già accumulato undici punti di vantaggio sulla seconda. Certo essere la squadra dell' esercito può portare vantaggi sensibili in un paese come la Romania. Può consentire, ad esempio, di farsi prestare Hagi dallo Sportul con il pretesto della finale di Supercoppa con la Dinamo Kiev e di scordarsi, diciamo così, di restituirlo. Anche per i giocatori è conveniente, visto che sono pagati più dei loro colleghi di altre squadre, e comunque sempre tre volte almeno più di un ingegnere. Ma questo non succede solo in Romania, se proprio dobbiamo dirlo. Impressiona semmai la costanza di rendimento in Europa (due finalissime in quattro anni) per un squadra che non ha una scuola storica alle spalle, né grandissimi mezzi, né l' apporto di giocatori stranieri. Ecco perché penso che sia un gravissimo errore considerare la Steaua una cenerentola ammessa al gran ballo dei vip. Avrà tutto uno stadio contro, altro che campo neutro. Per i catalani, il Milan è un caro amico, dopo le cinque pappine rifilate al Real. Attenzione ad Hagi: è nato a Costanza e vive in via Fortuna (in bilocale, però sotto casa ha una Mercedes). Attenzione alla Steaua, perché significa stella e richiama la stella rossa, la squadra che più ha fatto soffrire il Milan, con e senza nebbia. Attenzione, perché questi romeni sono ossi duri sul serio.
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24 maggio 1989 - pagina 33 - Sezione Sport - di Leonardo Coen
'ABBIAMO GIA'VINTO LA COPPA D'AMORE'
BARCELLONA - Le conferenze-stampa di Silvio Berlusconi sembrano Venezia. Nel senso che in poco spazio si accalcano un centinaio di italiani spagnoli francesi tedeschi giapponesi olandesi belgi e svedesi. Si parla di calcio, di tv (nel caso quella spagnola) che non intende trasmettere il calcio. Dice Berlusconi: La partita alla fine la vedranno tutti. La professionalità di chi lavora alla tv non può cancellare un avvenimento così importante e così atteso da un pubblico tanto vasto. Cosa s'aspetta dal Milan? Abbiamo l'intenzione e la speranza di giocare una buona partita, di dare spettacolo e possibilmente di vincere. Ma aggiungo subito che siamo già contenti di essere arrivati alla finale, non pensavamo di arrivarci già in questa stagione. Ottantamila nostri tifosi stanno arrivando dall'Italia e lasciatemi dire una coppa europea loro l'hanno già vinta: quella dell'amore. Tra il Milan e l'Europa c'è la Steaua, che merita rispetto. Anzi fa paura aveva detto prima Berlusconi, in privato, ma il Milan è una squadra un po'matta, come il suo allenatore, e qualcosa saprà inventare. Davanti ai microfoni Berlusconi dice: Sono avversari difficili per molte ragioni. Da quattro anni sono al vertice, hanno più esperienza di noi. E tutto il pubblico a nostro favore può essere, per loro, una scarica di adrenalina in più. E tutti i pronostici per il Milan temo siano un ulteriore incentivo per la Steaua. Di qua la squadra del capitalismo, coi giocatori miliardari, di là quella dell'Est, con un regime di vita più severo e giocatori meno pagati... Vedremo, è una partita incerta, partiamo alla pari. E Van Basten partirà per Barcellona? Qui ne siamo certi, dice un giornalista catalano. Noi a Milano siamo certi del contrario, siamo certi che Van Basten resterà al Milan. Una curiosità: quanto costa il Milan? All'origine 35 miliardi, adesso l'investimento è sui 100 miliardi. Ma in realtà il Milan non ha prezzo, è come se non costasse nulla. L'ultima cosa che mi verrebbe in mente è di passare il Milan a qualcun altro. Una precisazione su Rijkaard, che sembra molto gradito al Psv (siamo contenti di lui e per due anni è legato da contratto con noi), una mezza smentita su Cruyff al Milan (al momento non pensiamo di cambiare allenatore, ma il futuro è sulle ginocchia di Giove). E, a domanda, torna sul tappeto la vecchia storia del campionato europeo per club. Ne riparlerà con l'Uefa? No, io mi sono solo permesso di dire che i tempi sono maturi per il cambiamento di formula, poi sta a loro decidere. Per la società ci sarebbero più incassi, per il pubblico incontri di cartello, per i media eventi importanti a metà settimana. Si parla tanto di fare l'Europa, ma l'Europa non la fanno solo i politici e le tv, anche il calcio può aiutare, con migrazioni regolari e pacifiche da un paese all'altro. Ma so che nel mondo del calcio tutto si muove lentamente: sono certo che questa sarà la formula di domani, o meglio di dopodomani. E al calcio dai diritti televisivi dovranno arrivare cifre ben più consistenti di quelle attuali.
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25 maggio 1989 - pagina 29 - Sezione Sport - di Leonardo Coen
CON IL CUORE E CON LA VOCE
BARCELLONA - Porta numero 96, ingresso 351, secunda graderia, fila 30. Ad un palmo dalle temibili Brigate Rossonere. Zona calda. Sopra la rete del Milan, per i primi 45 minuti. Stadio tutto rossonero. Mai visto così, nemmeno a San Siro. Noi fedeli milanisti ci sentiamo vicini al cielo, quassù sulle gradinate da 2600 pesetas: Valeva la pena farsi 20 ore di treno dice Nicolò Fontarava, milanese, 21 anni e pubblicista. Si occupa di informatica, segue il Milan. Una religione, la sua. Come dice capitan Berlusconi, la passione per il Milan è più che una religione, è una paranoia. Per terra, dietro la porta difesa da Galli, uno striscione patriottico: Lo straniero non passerà. E'il 24 maggio, non scordiamocelo. Sulle Ramblas uno che leggeva le carte aveva pronosticato: Milan 1, Steaua 3. L'abbiamo maledetto. Finora, nelle Coppe europee hanno perso tutte le squadre con il nome che comincia per S. Lo Stoccarda con il Napoli. La Sampdoria con il Barcellona. E perchè non dovrebbe la Steaua con il Milan? Ma quando comincia questa partita? Dal Grand Hotel Ritz, quartier generale del Milan, sono partiti tutti. Berlusconi con il fratello Paolo, i figli Marina e Piersilvio sono venuti con la limousine dell'albergo, una Mercedes 300 presidenziale a sei porte che fu usata da Pertini e Cossiga. Il duca Amedeo d'Aosta è stato il primo ad arrivare al Nou Camp. Seguito a ruota da Leonardo Mondadori, da Alberto e Angelo Rizzoli, dalla corte di Sua Emittenza, da uno stuolo di accompagnatori invitati e scrocconi. Restano fuori, o meglio tornano a casa, i Vip arrivati a tarda sera con gli aerei privati. A molti non é stato concesso l'atterraggio, l'aeroporto é al collasso. La lunga Avinguda Diagonal che in tempi di regime franchista si chiamava Avenida del Generalissimo, brulica di pullman e auto italiane. Una fiumana milanista. Un ingorgo colossale, però ben sopportato dagli amici barcellonesi. Legioni di tifosi appiedati marciano a passo spedito verso lo stadio. Li attendono 1400 poliziotti della Guardia Civil, altri 280 agenti della Guardia Urbana, 21 soldati a cavallo, più la polizia segreta. C'è paura di incidenti. Di attentati. A Bilbao, gli indipendentisti clandestini dell'Eta hanno fatto scoppiare una bomba. Ancora sangue. Barcellona sta preparando i giochi olimpici del 1992: non si può permettere nessun errore. Tutto deve filare liscio. Perciò, controlli fiscali ai cento ingressi. Niente bastoni di ferro. Niente lattine. Neanche l'ombrello è permesso. Cordone sanitario di 700 metri attorno al Nou Camp. Elicotteri anti-terrorismo. Urlano a squarciagola gli ultras rossoneri, qua e là si litiga per qualche posto occupato, ormai è delirio, la gran corrida calcistica de la tarde di Barcellona sta per cominciare, il Milan matador è in campo. Ovazioni ai giocatori, ovazioni a Gullit, a Van Basten, ovazioni per Arrigo Sacchi l'allenatore, qualcuno accende candelotti luminescenti, lancia i primi petardi, il fumo ci impedisce di veder schierate le formazioni, poi per fortuna il vento spazza via la nebbia delle fiaccole. Che urlo liberatorio accompagna il fischio d'inizio, e poi l'incitamento della folla milanista diventa ammirazione gridata perché lo straniero non solo non passa ma arretra nella propria area, subisce l'iniziativa del Milan. Il cemento armato delle strutture che sostengono le gradinate superiori vibra come un elastico, arriva la stoccata di Gullit sul palo, si alza il grido di rabbia di novantamila, lo stadio trema. Il dirigente milanese delle pubbliche relazioni di una grossa azienda di Torino, impeccabile in ufficio, salta in piedi paonazzo in volto, scarica furore: E'tutto l'anno che prendiamo pali!. Ora Nou Camp sembra un'arena infuocata. Il Milan giostra sul campo come un torero che deve matare, basta una rapida ed intensa occhiata in giro, il popolo milanista è soggiogato, tanto più il matador-Milan colpisce a morte la Steaua tanto più l'emozione negli spettatori è forte. Il mio vicino confessa: Forse era meglio restarsene a Milano. Troppe emozioni per il mio cuore. Spuntano Coppe di... cartone, la scaramanzia non fa più paura, gli scoppi dei petardi sono il segnale per cantare assieme sulle note verdiane del Nabucco le gesta di questi eroi del football milanese, la notte cala sul Nou Camp, la nostra lunga notte milanista sta per iniziare, olé olé olé è l'onda sonora che rimbomba da uno spalto all'altro. Chissà cosa devono pensare le più alte autorità sportive spagnole capitanate dal segretario di Stato Javier Gomez Navarro, ministro dello Sport. I barcellonesi esultano per la prestazione del Milan. C'è anche il ministro della Cultura Javier Sorana, e c'è pure il presidente della Catalogna, Jordi Pujol. Tutto va a gonfie vele. Il diavolo rossonero trionfa, i novantamila fans milanisti sono appagati. Milanisti arrivati persino dalla lontana Norvegia. Milanisti per l'occasione, i ventimila spagnoli che sventolano bandiere e gagliardetti pensando ai rivali del Real Madrid, umiliati a Milano un mese fa. I milanisti venuti da Milano, ora, pensano invece a quel che sta succedendo a casa. Così i cori diventano antipatici, polemici, per nulla sportivi: contro l'Inter, rivendicando il titolo di campioni d'Europa. S'inneggia a Berlusconi e si beffeggia Prisco, vicepresidente della squadra rivale. Si piange per Gullit, che è uscito dolorante dal campo, si canta con romantico trasporto Barcellona, Barcellona. Adesso è finita, la gola a pezzi, corriamo fuori dallo stadio lungo la diagonal, nove chilometri di passione prima di arrivare alla piazza di Catalogna, prima di imboccare le mitiche ramblas, meglio per strada col popolo rossonero che al buffet freddo del Cavalier Silvio Berlusconi che ama le folle e poi invita solo cento persone, nell'esclusivo Ritz ieri sera disertato dal più affezionato dei suoi clienti, l'intramontabile Xavier Cugat. Quattro anni fa a Bruxelles, la finale vinta dalla Juventus fu più triste, fu una finale di morti. Almeno stanotte si ride, il merito é anche di questo enorme popolo rossonero. Arrivato di notte e all'alba. In pullmann o in auto.
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25 maggio 1989 - pagina 29 - Sezione Sport - di Fabrizio Ravelli
E MILANO HA VINTO IN PIAZZA
MILANO - Notte fantastica, notte sudamericana, notte ubriaca e interclassista. Anche la Madonnina ha tremato al suono interminabile delle sirene, dei clacson, delle trombe, all'urlo rauco e terrificante della folla, al crepitare dei botti, quando piazza del Duomo ha ondeggiato in rossonero come un tappeto brulicante. Via Dante, via Manzoni, via Torino, via Larga sono diventate le ramblas di chi non era a Barcellona. Davanti al video gigante sotto l'Arengario, nelle case, nei bar, la Milano milanista ha bevuto, come un vino inebriante, i novanta minuti di calcio superlativo, i quattro gol, la riposante certezza della vittoria. Già nell'intervallo, a decine di migliaia, i tifosi si sono imbarcati per una passerella trionfale in centro. Milano per una notte non ha dormito, e anche gli interisti, si sono affacciati: hanno sorriso con la bonomia di chi prepara una analoga festa per lo scudetto. Gioia irrefrenabile, dopo una vigilia nervosa e scaramantica, senza eccessi di confidenza. Il fischio d'inizio ha messo il popolo milanista sulla graticola dell'incertezza, ma un'incertezza che è durata pochi minuti. Non più di dieci, poi l'arrembaggio dei rossoneri ha rinfrancato tutti. E'venuto il gol annullato e poi quello vero di Gullit al diciottesimo. Settantamila, almeno, partiti per Barcellona, a trasformare il Nou Camp in un San Siro. Quelli rimasti avevano un paio di opportunità per sognare d'essere sugli spalti. Il grande schermo elettronico montato in piazzetta Reale, proprio sull'angolo del sagrato, sotto l'Arengario. Il cinema Anteo, oppure la discoteca Hollywood, vicino a Porta Garibaldi. Poi le soluzioni più caserecce, gli amici sul divano e i piatti freddi pronti per l'intervallo. All'Anteo c'era Maurizio Nichetti, milanista di provata fede, che sottolineava almeno una personale soddisfazione: Invece dei film su piccolo schermo, per una volta la tv al cinema, bella grande. Platea e galleria completi, e spettatori attrezzati con tutto quel che ci vuole: bandiere, sciarpe, striscioni, cappellini treccioluti, bombolette-sirena. Tasso alcolico opportunamente elevato, ma qualcuno preferiva appartarsi e accendere spinelli. Urla, incitamenti, tutto in grande stile: Forza ragazzi!. In piazza del Duomo due-tremila erano pronti al fischio d'inizio. Soprattutto ragazzi giovanissimi, super-agitati, sudati e saltellanti, molti con la faccia dipinta di rossonero. Quelli che avrebbero dato l'anima per essere a Barcellona, ma forse non avevano quattrini a sufficienza. Tutto il centro, fin dal mattino, era un fiorire di bancarelle improvvisate, per lo più gestite da napoletani. Bandiere, bombolette a diecimila lire, e anche annunci mortuari per lo Steaua. Il primo gol di Gullit, e poi via al delirio. Lacrime di gioia, gole già quasi rauche, cori possenti. Hanno esultato al primo pallone in rete, si sono rinfrancati al gol di Van Basten, e alla terza rete anche le vecchiette hanno abbandonato qualsiasi ritegno. L'intervallo è stato già un pre-trionfo. Moltissimi ne hanno approfittato per lanciarsi a rotta di collo verso il centro. E molti di loro, nonostante la guida allegra, si son persi il quarto gol. Ma ormai la notte di follia era cominciata. In piazza del Duomo si sono accalcati in ventimila, scendendo in corsa dagli autobus, salendo quattro a quattro gli scalini della metropolitana. I carabinieri intorno al mega-schermo hanno guardato con qualche preoccupazione a quell'oceano rossonero, festante ma irerefrenabile. Il fischio di chiusura s'è confuso con l'urlo immane, decine di migliaia di braccia si sono levate al cielo, i fumogeni hanno annebbiato la notte. L'ululato delle sirene è cominciato lì, e non s'è più spento per ore e ore. Con i più svariati veicoli il popolo rossonero ha prima raggiunto il centro ed è poi sfilato a bandiere spiegate, bloccando tram e autobus ancora in circolazione. Qualcuno, evidentemente disposto a spendere, c'è andato in taxi, con regolamentare stendardo fuori dai finestrino. Bambini piccolissimi, nonni ottenebrati dalla gioia, pensionati avvolti nel tricolore, plotoni di africani inneggianti a Gullit. I rumeni che s'erano dati appuntamento al'ufficio commerciale di via Orti hanno riguadagnato in silenzio il letto, ma certo non hanno dormito molto nemmeno loro. Ma la festa, comunque non è stata solo a Milano, anche nelle altre città italiane, festeggiamenti e cortei per il trionfo del Milan.
dal sito www.repubblica.it
26 maggio 1989 - pagina 26 - Sezione Sport - di Licia Granello
CHIAMATELO GULLIMAN
BARCELLONA - Il ritorno di mister Gulliman è stata la carta più bella uscita dal cilindro della finale vinta. Alle 17 di mercoledì pomeriggio, Ruud Gullit era ancora sospeso fra la voglia di giocare e la schiena che faceva le bizze, ultimo anello nell'interminabile catena di piccoli orrori che hanno percorso la sua seconda stagione milanista. Allarme rosso nello staff medico: massaggi, consigli e incoraggiamenti al capezzale del fuoriclasse olandese. Poi Gullit ha giocato, segnato, trascinato la squadra alla sua meritatissima Coppa dei Campioni. Così, il giorno dopo è pieno di crampi ai muscoli e di sorrisi a bocca larga. Ma senza proclami, senza euforie, addirittura con gli occhiali neri per difendere la faccia stanca da fotografi e tifosi... Ho male, male dappertutto, sono così distrutto che non riesco neanche a pensare alla Finlandia. Giocheremo mercoledì ed è importantissimo che vinciamo e vinciamo con tanti gol. Ma io adesso non ce la faccio. Devo ricostruirmi e ho quattro giorni di tempo per farlo, visto che domenica non giocherò. Ho il ginocchio che dà fastidio, i polpacci duri come il cemento. E sono così stanco nella testa che questa notte non ho dormito. Ma se ci giochiamo il mondiale, mercoledì voglio essere al 100%. Anche a costo di soffrire quanto ho sofferto contro la Steaua. Vincere è stato più facile del previsto, se guardiamo la partita a posteriori. Avevo paura che ci volesse più fatica, pensavo che sarebbe stata più dura, non parlo a livello fisico, ma tecnicamente. E invece è andata benissimo. Io sono uno che le cose le sente, mi succede spesso. E prima della partita avevo il giusto feeling, ero convinto che sarebbe andato tutto per il meglio. E dopo cinque minuti di gioco ho capito che avevo ragione, ho capito che avremmo vinto. Perchè facevamo un pressing incredibile, e tenevamo la squadra così corta, questo è stato il nostro merito maggiore insieme alla grinta...Loro hanno cercato di filtrare lavorando in verticale e sulle fasce, ma non hanno mai trovato il buco giusto per sorprenderci. Quando ho preso il palo non mi sono innervosito, anzi, mi è sembrato anche quello un buon segno. E poi il palo era lì da tanti di quegli anni, nessuno l'aveva spostato, ero stato io a mandare la palla lì e non dieci centimetri più dentro... Valdano ha detto che una vittoria come la nostra sposta il calcio europeo avanti di cinque anni. Il fatto è che in Europa tutti pensavano a quelle italiane come squadre capaci solo di difendere. E invece il Napoli ha giocato due grandi partite e noi anche, fra Real e Steaua. I romeni, per esempio, avevano giocato alla grande contro i turchi. Mi ricordo che erano andati in rete un po'con tutti, proprio una bella dimostrazione di forza collettiva. Solo che con il nostro pressing sono stati in difficoltà praticamente sempre. La nazionale italiana ha vinto con l'Ungheria e tutto è sembrato facile perchè li ha attaccati da subito. Mentre la nazionale olandese ha giocato male con la Germania perchè ha pensato troppo a difendersi. Adesso dicono che la Steaua è debole, ieri era debole il Real. Io dico che abbiamo scritto la storia della Coppa, con questa vittoria, sia per il gioco, sia per i quattro gol. E'una questione di mentalità, di progresso nel modo di intendere il calcio: se penso che in Messico Baresi fu lasciato fuori squadra perchè giocava troppo avanti... Adesso si è capito che giocatori come lui sono addirittura indispensabili. Sono felice che il pallone d'oro sia rimasto per due anni consecutivi in Olanda. Ma sarei ancora più felice se fosse Franco a vincerlo, questa volta. Mi sono sorpreso per come ho giocato, non so neanch'io come ho fatto, questi sono i misteri della vita...I miei compagni hanno dimostrato così tanta fiducia in me, che prima della partita, quando ancora avevo dei dubbi, mi sono detto: ehi, questa volta sei tu che devi dare qualcosa a loro. Loro dicono che sono così importante, io non so se è vero, ma questa convinzione per me è stata come una droga. Perchè a un certo punto anche la fiducia in se stessi può cominciare a mancare, questo è un guaio. I compagni mi hanno aiutato a recuperarla e devo dire grazie a tutti, per questo. Nell'ultimo periodo tutti a dirmi: se vincerai la coppa riscatterai una stagione infelice. Adesso che l'ho vinta posso dirlo: è una bella soddisfazione, soprattutto perchè arriva dentro due anni di successi, fra scudetto, pallone d'oro e campionati europei. Ma non basta per cancellare tutto il brutto di questi mesi. Fa un gran piacere, invece, parlare di come giochiamo. Solo che in questo modo ci si stanca moltissimo. Mica sempre si può avere la stessa concentrazione, la stessa rabbia, lo stesso ritmo. Su tante partite che si giocano in una stagione, bisogna capire quando dare il massimo e quando usare altre doti. Bisogna saper vincere anche con la sola classe. Con il Torino, per esempio, abbiamo fatto poca fatica per prendere i due punti. L'Ajax dei tempi belli era bravissimo. Vinceva a tre minuti dalla fine e i critici dicevano che era solo fortuna. Era la classe, era la capacità di vincere certe partite con il minor sforzo possibile, anche quando un'altra squadra avrebbe mollato. E' bello sapere che abbiamo ancora dei margini di miglioramento. Dai test medici è risultato che prima della partita con la Steaua eravamo nelle stesse condizioni della vigilia di Milan Real, cioè al massimo. Ma secondo me questa volta abbiamo giocato ancora meglio. Meglio nel possesso di palla, meglio nella capacità di farla viaggiare in fretta, uno due, meglio per come ci si aiutava ogni volta che il gioco andava in profondità. Abbiamo dimostrato che il gioco del Milan dipende solo da noi stessi. E che ogni volta abbiamo più esperienza e più convinzione. Io non so se saremo capaci di aprire un ciclo, ma so che fra noi e il resto d'Europa ora c'è così poca differenza che possiamo finalmente provarci.
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26 maggio 1989 - pagina 26 - Sezione Sport - di Gianni Mura
'LE MIE CARE OSSESSIONI'
BARCELLONA - Con Sacchi l'appuntamento era fissato per le 5. Hall del Ritz, stucchi floreali e lampadari grandi come un monolocale. Arriva alle 5.10 in taxi con Tassotti, direttamente da una discoteca. Mica che io balli, non so ballare. D'altra parte non so giocare al calcio e mi piace il calcio. Sono una specie di voyeur. A quest'ora vi ci vorrebbe uno scoop, tipo Sacchi al Real. Non sarebbe male, per il Real, e magari per qualche giocatore del Milan. Non è vero che ho pochi dalla mia parte. Basta vedere come hanno giocato. Uno dei ragazzi m'ha detto: due anni così non me li sarei mai sognati. Non dico chi è, non ha importanza. E io ho detto a Baresi: ti ricordi dell'altra volta che siamo venuti a giocare a Barcellona? Eravamo sesti in campionato e tagliati praticamente fuori dall'Europa....Può sembrare strano che dopo una vittoria così e a un'ora così si vada per sentieri un po'sconnessi. Dipende da Sacchi, da quando decide di abbassare la guardia. APPENA arrivo a Milano salto in macchina e sparisco fino a sabato. E non vado di sicuro a Fusignano. Per uno che vince lo scudetto al primo tentativo e la coppa dei campioni al primo tentativo, qual è il bilancio? Non lo faccio. Non resterò ancora a lungo nel calcio ma non mi va di spiegare perché, sono cose mie. Il momento sarebbe splendido, per lasciare tutto: un record mondiale, ci pensa? Veramente penso alla coppa intercontinentale, a Tokio. E'un obiettivo. E poi penso che voglio continuare a fare le cose con entusiasmo e modestia. Quando andrò via, in molti saranno dispiaciuti. Ma perché dovrei andar via? Sto al Milan finché mi tengono: è il massimo come società, come giocatori, come pubblico. Prima della partita, il presidente è stato eccezionale. Pensate solo a giocare bene, ha detto, essere arrivati fin qui è già molto. E io mi sono scusato coi giocatori per tutte le volte che li ho martellati, arrabbiandomi anche, ma fa parte del mestiere. Il calcio che ho in testa adesso non è più quello di Rimini o di Parma. Il copione è lo stesso, ma qui ho tanti Pavarotti. I primi 25'della partita mi piacerebbe vederli ripresi dall'alto, tutti si sono mossi con e senza palla in un modo eccezionale. La Steaua non ha giocato e non ha neanche picchiato: come lo spiega? Non hanno picchiato perché fuori casa picchiare è più difficile. E poi hanno capito che c'era troppa differenza: gli è arrivato addosso un ciclone. Ma perché ogni volta che il Milan fa un grosso risultato si dice che gli altri erano morti? Morto il Real, che aveva eliminato il Psv ed era andato a pareggiare sul campo del Barcellona che poi avrebbe vinto la coppa delle coppe? Morta la Steaua? No, è che quando il Milan si esprime a certi livelli è dura per tutti. Abbiamo sbagliato proprio poco E noi in Europa abbiamo sbagliato poco: fra coppa e tornei, 13 partite giocate, 9 vinte e 4 pareggiate. La più intensa, drammatica, coinvolgente è stata a Belgrado. Prima siamo stati fortunati, con la nebbia, e poi forti davvero. Anche a Brema abbiamo giocato un'ottima partita contro una squadra forte e tatticamente brava, cosa non frequente in Germania. Tutti gli incidenti che abbiamo avuto ci hanno condizionato in campionato ma ci hanno aiutati a dare il meglio in coppa: con Real e Steaua, le più titolate, abbiamo risolto la faccenda in 2O'. Ma se permettete la partita più importante della mia carriera rimane Fusignano Sant'Alberto. Avevamo perso sempre. Se perdiamo stavolta, la devo licenziare, capirà, mi disse il presidente. Vincemmo 2-0, ma se avessimo perso io non avrei fatto carriera. Sussulto d'orgoglio: Hanno detto di me che vincevo poco, ma non erano informati. Su 13 competizioni ne ho vinte 5: un campionato dilettanti su tre, uno su tre nel settore giovanile, uno su tre in C, uno su due in A, uno su due nelle coppe europee. Dicono che il mio calcio è dispendioso, invece è solo un calcio che chiede una gran partecipazione mentale. Per troppo tempo si sono allenati solo i muscoli e non i cervelli. Capisco certi dubbi iniziali: arriva un allenatore dalla B e ti carica del triplo di lavoro, ti fa sudare il triplo e ti critica il triplo rispetto a prima. Ma per me l'allenamento deve creare problemi, non divertire. Dev'essere variato, non divertente. E nessuno si diverte a fare le cose che non sa, quello bravo nel dribbling vorrebbe sempre dribblare, quello forte di testa colpire di testa. Invece bisogna lavorare duro nel corso della settimana e divertirsi la domenica, e divertire la gente. Ecco, io penso che il merito maggiore del Milan, al di là dei risultati, sia che quando uno va a vederlo non si sente derubato del costo del biglietto. Il resto è relativo: se vinci sei innovatore e buono, se perdi sei un asino e frusti i giocatori. Il primo anno al Milan, in campionato non abbiamo perso per 28 gare consecutive. Adesso siamo imbattuti da 16, ma alla prima che perdiamo leggerò che è colpa mia, che ho bruciato i giocatori. Non devono correre tanto? E va bene, ma prima cos'hanno vinto, quando correvano di meno? Il calcio è spettacolo di movimento, movimento significa correre in modo ordinato e organizzato. Negli allenamenti deve esistere l'aggressività e la velocità delle partite vere. Così si creano i presupposti per avvenimenti di calcio straordinario: noi abbiamo vinto la coppa dei campioni e sembrava che si scherzasse, in campo. Una stagione chiusa in gloria Siamo stati bravi ad accorciargli il terreno, e Gullit è stato eccezionale nel dare profondità. Sapete cos'ha detto Jordanescu a Taveggia, poco prima dell'inizio, guardando il riscaldamento di Ruud? Ma come, gli ha detto, fate giocare uno zoppo? In effetti, Ruud aveva anche mal di schiena, sono contento che dopo una stagione così tormentata abbia chiuso in gloria, e sono molto dispiaciuto per aver tenuto in panchina Evani, una delle colonne, ma dovevo fare una scelta. Voglio aggiungere una cosa sullo spogliatoio. Forse sta diventando un luogo comune. L'anno scorso si diceva: il Milan ha vinto perché ha lo spogliatoio unito, mentre per i motivi opposti a Napoli sono crollati. E allora, quando il Milan è rimasto indietro in campionato, tutti a dire che lo spogliatoio era un campo minato. Secondo me, in Italia si tende a sopravvalutare la squadra che vince il campionato e a sottovalutare quella che fa strada in coppa. Non lo dico per sminuire i meriti dell'Inter, che sono lampanti, ma per sottolineare un atteggiamento generale. Sapete cos'ha il Milan? Non è una squadra molto intensa. Intensi, di loro, sono solo Baresi, Ancelotti e Gullit, gli altri devono arrivarci con l'intelligenza. Così abbiamo vinto al Camp Nou, con l'intelligenza e attaccando sul 20, attaccando sul 30. Il pubblico mi ha commosso, ma col pubblico a favore la Juve ha perso ad Atene, il Napoli con noi nel maggio scorso. Non basta il pubblico, anche se fa venire la pelle d'oca. Mai però, per quanto mi riguarda, come prima della partita col Como a San Siro: delle ultime sette partite ne avevamo vinta una, pareggiate due e perse quattro. Quando t'aspetti i fischi, gli applausi fanno più piacere. E io dovrei andar via?. Ma no, si scherzava.
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26 maggio 1989 - pagina 26 - Sezione Sport - di Gianni Mura
'ORA DOVREMO TENERCELO TUTTA LA VITA'
BARCELLONA - Può valer la pena di passare una notte bianca, se non altro si scopre che anche Silvio Berlusconi si allenta il nodo della cravatta. Erano le 4.30. Dopo le feste, era rimbalzato da un microfono all'altro. Dopo il Real di Di Stefano e l'Ajax di Cruyff, si apre il ciclo del Milan di Berlusconi diceva un radiocronista spagnolo (si noti che Berlusconi non è un giocatore). Magari Sacchi se la prende, ma non sono io ad aver espresso il concetto. Anzi, io già ho corretto chi parla di Milan degli olandesi. Certo sono importanti, ma lo sono anche Maldini e Donadoni, Ancelotti e Baresi. A proposito del nostro capitano, i giornalisti di France football mi hanno fatto capire che stavolta ci sono buone probabilità che vinca il Pallone d'oro. Rimbalzando da un microfono all'altro, rimbalzava anche da una domanda all'altra, con citazioni oraziane (nunc est bibendum, e io so il latino meglio dell'avvocato Prisco) e precisazioni sulla polisportiva futura: Stiamo trattando con Gabetti per la Philips. Se la acquistiamo, si chiamerà Mediolanum, in omaggio alla città e non alle assicurazioni. Pare che negli spogliatoi del Camp Nou Berlusconi abbia detto alla truppa, presente Sacchi, a mo'di battuta: E adesso dobbiamo tenercelo tutta la vita. Ma è vero che l'avrebbe silurato, in caso di sconfitta? No, mai pensato. Con i media ne sarei uscito male. Io stimo molto Sacchi, sa fare esperienza in fretta, non si nega all'evidenza, è un grandissimo lavoratore. E'molto diverso dal Sacchi appena arrivato da Parma. Ma lo spogliatoio lo ama o no? Non c'è il rapporto d'amore che poteva esserci con Rocco, ma fra professionisti io penso che il rispetto basti. Sacchi è maturato, anche se è un testone e un caratteriale. I risultati gli danno ragione, chi pensava che certe sue teorie fossero campate per aria ha dovuto ricredersi. I tre olandesi, per esempio: convinti che il calcio fosse talento, improvvisazione continua, hanno capito che il talento si esalta con la tecnica e la tecnica si perfeziona negli schemi, che non diminuiscono il calciatore ma lo migliorano. E'vero che il Milan insegue De Napoli? Pacta servanda sunt. Non è mia abitudine dare fastidio a chi è sotto contratto. Appena il contratto scade, lo prenderei a occhi chiusi. Per il prossimo campionato faremo un Milan di 20 titolari veri, tanto si gioca tre volte la settimana e ci sarà spazio per tutti. Torna Massaro, arrivano Borgonovo e Salvatori, per Simone ho la parola del presidente del Como. Ci interessa Pazzagli, Galli si è detto contento, hanno lo stesso agente. Nel precampionato saranno abolite le amichevoli con squadre di categorie inferiori, solo incontri di cartello, a cominciare da un suggestivo Milan contro Milan, che possiamo mandare in scena a Padova come a Palermo . Errori commessi? Tanti. La rosa scarsa, errore accentuato dai molti incidenti. Aver rinunciato a Borgonovo, a Massaro. E Sacchi su questo è d'accordo. Secondo me non è stato un errore il precampionato così denso di appuntamenti significativi: ha dato alla squadra consapevolezza in trasferta. Nel Milan, conta molto la mentalità. Il fatto dei 20 titolari veri, ad esempio, cambierà la mentalità dei giocatori, del pubblico, dei media. Il calcio è troppo uguale a se stesso, mi ricorda l'opera, il melodramma. Io introdurrei il tempo reale come nel basket, sono per gli arbitri professionisti, perché qui ci sono miliardi in ballo, sono per guardalinee specializzati, non arbitri declassati come adesso e continuo ad accarezzare l'idea di un campionato europeo per club.
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28 maggio 1989 - pagina 25 - Sezione Sport - di Gianni Mura
GRAN FINALE D'ANNUNZIO BATTE MARX
Difficile trovare qualcosa, in questa settimana, che non riguardi la coppa del Milan. Il Milan è cresciuto con Berlusconi e Berlusconi è cresciuto col Milan. La penultima volta, a Barcellona, si era occupato soprattutto di crostate, stavolta ha parlato con Dio. Dal Messaggero (quello di Roma, non di S.Antonio) trascrivo: Mi sono fermato dieci minuti in raccoglimento nella cappella del Nou Camp. Mi vergogno un po', ma ho chiesto l'aiuto del Dio degli eserciti. Gli ho detto, sfruttando le mie doti di encantador: noi siamo la civiltà religiosa e democratica, noi portiamo benessere; loro, i romeni, hanno portato con il comunismo oppressione e povertà. Hanno perso il loro tempo a studiare Marx. Ecco perché la Steaua ha perso la partita, non solo il tempo: da marxisti atei, a chi potevano raccomandarsi? Soprattutto in quest'epoca di crisi ideologica, nemmeno Stalin gli avrebbe dato retta, figuriamoci Gorbaciov che ha già le rogne sue, e sorvoliamo su Ceausescu. Oltre che encantador, il presidente milanista si è rivelato buon cantador: sentito intonare con buon timbro L'ame des poètes. E allora 9 per tutto il resto e 3 per avere giocato in 12 contro la Steaua e per la frase siamo vessilliferi di un'utopia che gli avrebbe fruttato, vate vivente, un telegramma di d'Annunzio. Mi resta, di quei giorni, un 9,5 a Barcellona per come accoglie l'individuo, per come regge ottantamila persone, per i suoi giardini, le panchine, le corsie preferenziali non invase dalle altre macchine. Troppo facile dire quant'è bravo Gaudì, è proprio l'aria che si respira, la gente a farmi amare Barcellona, il convivere del vecchio e del nuovo, in una parola sola la civiltà. E un 8 (un voto ogni diecimila persone) al titolo-gioco del Corriere dello Sport: Ottantamilan. Il cartellone della serata catalana era stato esposto dalla Gazzetta in modo chiaro (come se Giovanni Pascoli scrivesse su Capital): Sogni, speranze, aspirazioni affidati a un gruppo di giovani miliardari incaricati di scatenare il fanciullino che è sempre dentro noi. Adesso che i sogni, le speranze, le aspirazioni sono diventati realtà, comincia il bello. Il buffo. Tema: vale di più lo scudetto dell'Inter o la coppa del Milan? Avvertenza: qui non si troverà una risposta. Vale di più vincere l'Oscar oppure il Mirtillo d'oro a Trento? E'meglio essere primi in Italia o in Europa? Lo scudetto c'è qualcuno che lo vince tutti gli anni, la coppa no. Già, ma lo scudetto è una storia lunga 34 partite, la coppa dei campioni 9. Muy bien: è meglio vincere i 2OO metri o i 10mila? In verità, è sempre meglio vincere qualcosa, foss'anche la coppa Italia, poverina. La storia della volpe e dell'uva si ripete con l'Inter e l'Europa, il Milan e l'Italia, e molti anziché essere soddisfatti di quello che hanno vinto cercano di sminuire le vittorie altrui. Tutto questo andrebbe dibattuto alla trasmissione di Funari (2). Grave colpa del Milan, poi, sembra quella di aver vinto 4-O. Fra telefonate e dialoghi diretti, almeno cento persone m'hanno già detto che il Milan s'è comprato i romeni. Tutto questo è offensivo per il Milan, per la Steaua e, dulcis in fundo, per me che ero a Barcellona e penso d'aver visto una partita vera. Ero anche ad Atene, e nessuno ha detto che la Juve s'era venduta la partita, eppure la Juve era tragicamente imbambolata e povera di reazioni come la Steaua. Viviamo tempi in cui essere ricchi è bello, essere poveri è brutto, i ricchi comprano e i poveri vendono, anche i figli, i reni, la dignità. Ma era molto più comodo, per la Steaua, vendere la partita di Siviglia col Barcellona, quando la Steaua non era nessuno, in campo internazionale. E invece l'ha vinta. E stavolta non ci ha potuto provare perché il Milan era troppo più forte. Si può anche accettare che una squadra che segna 5 gol al Real Madrid ne segni 4 alla Steaua, o no? Sembra di no, e via con la linguaccia. Mentre a Napoli si godono la coppa Uefa e sono primi in Europa anche loro, a Milano di questo si discute, e mi sembra assurdo. Nel momento in cui l'Inter non vince solo uno scudetto, ma lo stravince e allunga le mani su una impressionante serie di record, nel momento in cui tutti i giornali d'Europa scoprono che il Milan è venuto da un altro mondo (l'Equipe), qui si stropiccia il tempo in chiacchierette da cortile. Un'altra volta il Milan impari a vincere 1-0 al 90', così al massimo diranno che la coppa l'ha rubata. Morale: non c'è salvezza, processi se perdi e sospetti se vinci, gran bel paese è questo. Il paese dei furbi aveva sentenziato: l'Inter andrà a Bologna per pareggiare, senza dannarsi, e il Napoli, dopo i festeggiamenti, lascerà almeno un punto al Torino per questione di vecchie amicizie. Infatti: Bologna-Inter 0-6 e Napoli-Torino 4-1. Ultimo voto a Maradona e Tacconi (8) per la partita di Terni. Su quelli che l'hanno disertata hanno già detto tutto loro. Aggiungo uno zero.
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